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XIV GIORNATA MONDIALE DELL’EMOFILIA A ROMA E MILANO

ROMA, LUNEDì 16 APRILE 2018

La novità della Giornata Mondiale dell’Emofilia di quest’anno a Roma è stata senz’altro la presenza dei giovani: riuniti in gruppo, coesi e motivati.
Ho apprezzato molto l’intervento di uno di loro, nel corso dell’assemblea, perché appropriato e soprattutto mi ha permesso di focalizzare una caratteristica ormai costante dei nostri incontri: la volontà irrefrenabile di tornare al passato, a questioni apparentemente digerite, ma invece biliosamente vive che impoveriscono la comunità tutta e tolgono credibilità a coloro che si sono adoperati da sempre per i pazienti.
E allora mi sono detta, meno male che ci sono loro, che non sanno niente di questa novella, al massimo l’avranno intuita, ma hanno tutta l’aria di non curarsene, perché avranno pur altro per la testa.
E in “quest’altro” dobbiamo riporre fiducia.
Abbiamo bisogno di vedere le cose da angolazioni nuove, affidarci al loro intuito e supportarlo con l’esperienza che ancora non hanno raggiunto.
Non sto rinnegando il passato, né cercando di gravare di responsabilità la nuova generazione, quasi tutti conoscono la storia passata, ma è tempo di guardare avanti, lasciando indietro le cose inutili.
Per volare in alto bisogna sciogliere le zavorre e per essere credibili, fare ordine tra noi, ricordando le battaglie fatte tutti insieme per il raggiungimento degli obiettivi comuni.
L’eredità per i giovani dovrebbe essere la memoria sì, ma la certezza soprattutto delle nuove tematiche da affrontare, che non sono poche.
Cosa resta insomma di queste giornate di incontri e parole, se non il sentore che di tutte le cose dette resta il fatto che sembra difficile portare a compimento parte dei progetti, sia quelli preparati, quasi compiuti e, magari, digeriti nonostante tutto e che quelli anche soltanto “pensati”?
Penso all’ormai onfinito accordo Stato-Regioni.
è tutto pronto ma niente lo è realmente.
Stiamo giocando a ping-pong con qualcuno che ogni tanto si gira dall’altra parte e di chi sarà la colpa se la pallina cade e questo graverà inevitabilmente sui pazienti, pagheremo ancora noi.
Invece è prioritario dare al corpo medico lo spazio e il tempo per lavorare bene e “politicamente” possiamo farlo soltanto noi.
Ecco perché credo nelle giovani leve da sempre, voglio pensare che sapranno utilizzare la nostra esperienza per continuare a costruire e sapranno usare la nostra eredità per commettere altri errori probabilmente, ma non più quelli commessi da noi.
Sono certa che sapranno usare altri colori.

Maria Serena Russo

“Precarietà nell’assistenza.
Ri-partiamo dall’accordo Stato-Regioni”.
Questo l’appello lanciato dalla Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) in occasione dell’incontro:
“d’ACCORDO con MEC trattamenti omogenei, rilanciamo il dialogo”
La manifestazione si è svolto a Roma per celebrare la XIV Giornata Mondiale dell’Emofilia.
Obiettivo dell’evento quello di portare all’attenzione delle Istituzioni la mancata attuazione, a cinque anni dalla sua firma, dell’accordo per l’assistenza sanitaria ai pazienti affetti da Malattie Emorragiche Congenite (MEC).
“In Italia sono oltre 11.000 le persone affette da Malattie Emorragiche Congenite – ha dichiarato l’Avv. Cristina Cassone, Presidente FedEmo – Tra loro, poco più di 5.000 quelle con Emofilia A o B. Ad oggi siamo purtroppo costretti a registrare un’inerzia sostanziale da parte delle Istituzioni locali che non hanno dato seguito pratico a quanto contenuto nel documento. Questo è causa di un livello disomogeneo di assistenza interregionale che comporta non solo significativi costi socio-sanitari, ma anche forti disagi nella vita personale e lavorativa di pazienti e famiglie”.
Poche, infatti, le Regioni che al di là di un recepimento dell’Accordo hanno dato qualche seguito concreto al documento, tra cui Piemonte, Liguria, Lazio ed Emilia Romagna.
“Conoscere l’emofilia – ha affermato la Senatrice Paola Binetti – significa conoscere i diritti dei pazienti e garantire loro non solo le migliori cure possibili, sulla base di un aggiornamento scientifico accurato; significa anche intervenire con politiche sociali che facilitino un loro inserimento professionale adeguato alle loro capacità e competenze”.
Attraverso l’accordo MEC, raggiunto su istanza presentata da FedEmo, il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano si erano impegnati a definire il percorso assistenziale per le persone affette da MEC, al fine di garantire loro qualità, sicurezza ed efficienza nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria (LEA) in riferimento alla formulazione della diagnosi, al processo di cura, alla gestione delle emergenze emorragiche, alla prevenzione e al trattamento delle complicanze dirette ed indirette della patologia.
“L’impegno assunto con l’Accordo Stato-Regioni del 13 marzo 2013 – ha aggiunto la Senatrice Elena Fattori – non può e non deve essere disatteso. Definire un percorso assistenziale di qualità per le persone affette da MEC è un dovere al quale nessuna Regione può sottrarsi. Mi auguro che tutte le regioni rispettino l’impegno preso”.
Ad emergere nell’accordo MEC la necessità di assicurare la presa in carico del paziente con MEC in tutto il territorio nazionale, riducendo differenze ed iniquità di accesso alla diagnosi, alle cure e ai trattamenti ottimali in base alle evidenze scientifiche, tenendo conto degli indirizzi per la definizione di percorsi regionali o interregionali di assistenza. Garantire tutto ciò, attuando quanto di fatto è contenuto nell’accordo, oltre ad una ottimale presa in carico del paziente condurrebbe a una sicura razionalizzazione e a un più efficace controllo dei costi.

“I traguardi terapeutici raggiunti – ha affermato la Dott.ssa Elena Santagostino, Presidente Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE), Responsabile Unità Emofilia, Centro Angelo Bianchi Bonomi, IRCCS Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – hanno portato l’aspettativa di vita del paziente con emofilia ad essere paragonabile a quella della popolazione generale.
Pertanto, oggi con l’invecchiamento della popolazione emofilica dobbiamo far fronte alla gestione degli esiti cronici legati alla coagulopatia persistente (artropatia degenerativa e rischio emorragico pluridistrettuale), oltre che alla comparsa di comorbidità tipiche dell’età avanzata quali le malattie cardiovascolari, tumorali e metaboliche che hanno un importante impatto sulla gestione clinica globale.
Per potere rispondere a questi bisogni, in continua evoluzione, i Centri per la cura dell’emofilia devono avvalersi di specifiche competenze cliniche specialistiche ed organizzarsi per rispondere in maniera efficace ed efficiente a tali sfide”.
“L’emofilia – ha concluso l’Avv. Cassone – attualmente, grazie alle opzioni terapeutiche disponibili, è sostanzialmente comparabile ad una condizione di cronicità con risorse, cure e professionalità dedicate. Cercheremo di sviluppare questo tema per immaginare come potrebbe configurarsi in futuro il sistema emofilia nel nostro Paese.
La Giornata Mondiale dell’Emofilia è un momento importante per dare voce ai bisogni insoddisfatti dei nostri pazienti, ma vuole essere anche un momento costruttivo, di confronto e di reale collaborazione con le Istituzioni affinché la qualità di vita delle persone con Malattie Emorragiche Congenite possa migliorare in maniera concreta”.

IL COMUNICATO UFFICIALE
Il Ministero della Salute con il “Piano sulla cronicità” ha voluto condividere con le Regioni uno strumento per sistematizzare a livello nazionale le attività nell’area della cronicità, rendere più omogeneo possibile il processo assistenziale e supportare le Regioni nel processo di transizione verso un modello integrato, volto a valorizzare tutti gli attori dell’assistenza.
E inoltre, con tale documento, ha voluto creare le premesse per migliorare l’alleanza terapeutica tra equipe/persona e rendere attivo il coinvolgimento anche nei processi decisionali del volontariato, al quale però è necessario fornire gli strumenti per fargli acquisire una cultura etica e manageriale.
Inoltre va considerato che, per affrontare le problematiche relative ala tutela dei soggetti con emofilia, il 13 Marzo 2013 è stato sottoscritto l’Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla definizione dei percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da Malattie Emorragiche Congenite (MEC).
Tale provvedimento evidenzia la necessità di garantire un’adeguata presa in carico del paziente con MEC in tutto il territorio nazionale, riducendo differenze ed iniquità di accesso alla diagnosi, alle cure e ai trattamenti ottimali in base alle evidenze scientifiche, tenendo conto degli indirizzi per la definizione di percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da queste malattie.
Pertanto, considerando che l’efficienza delle politiche sanitarie risiede nella capacità organizzativa, nell’attivazione di percorsi integrati e nella definizione di modelli di assistenza basati sull’integrazione, sulla partecipazione del paziente e dell’Associazionismo, l’impegno di tutti gli interlocutori deve essere focalizzato:
* nell’assicurare in ogni Regione ed in ogni azienda locale la corretta ed adeguata assistenza per far si che la persona con emofilia  venga valutata e trattata con modalità uniformi, e protocolli comuni, che garantiscano risposte di qualità percepibile ed oggettivabile;
* nel garantire l’equità e la facilità d’accesso alle strutture che siano in grado di affrontare la specifica espressione di malattia;
* nel raccogliere dati epidemiologici e clinici che consentano di definire le reali necessità di salute.

Lorenzo Mantovani, professore Associato all’Università Bicocca di Milano, parlando della personalizzazione dell’assistenza, dell’organizzazione delle cure, dei sistemi, delle reti e dei percorsi si è chiesto:
“Come è meglio gestire questa condizione cronica?
L’emofilia va ancora intesa come una malattia rara, devastante, fatale oppure come una condizione cronica che accompagna il paziente lungo il corso di una lunga vita? I modelli assistenziali sviluppati quando l’emofilia era invalidante e fatale sono ancora adeguati oggi? Oppure essi vanno aggiornati, assimilando la gestione del paziente emofilico a quella di un individuo affetto da una malattia cronica? Quali reti assistenziali e quali percorsi all’interno del nostro sistema sanitario sono più adatti alla gestione di un individuo con emofilia? Queste sono le domande da porre oggi, e a cui rispondere, alla luce delle nuove esigenze e dei nuovi bisogni, maturate pur con sofferenza, attraverso una straordinaria storia di successo della medicina”.

DALLA LOMBARDIA
Il Dott. Massimo Giupponi
Presidente di Federsanità ANCI Lombardia – Direttore Generale ATS della Brianza, ha parlato della riforma sanitaria in Lombardia
 e della domanda De presa in carico dei pazienti cronici e fragili, affermando che la riorganizzazione del sistema si è basata sulla consapevolezza che l’aumento delle cronicità chiede di cambiare modi, tempi e processi nell’erogazione dei servizi per la salute.
Il nuovo assetto organizzativo rappresenta quindi un modello funzionale ad affrontare il tema cruciale delle cronicità e delle fragilità.
Concludendo ha illustrato
Iisicurato sul territorio lombardo da circa 300 realtà sanitarie e socio-sanitarie tra cui il cittadino potrà liberamente scegliere quella più idonea alla presa in carico della sua necessità. Da gennaio a oggi sono state postalizzate circa 1.800.000 lettere e 1.300.000 saranno postalizzate entro la fine di aprile.
I soggetti gestori stanno procedendo all’arruolamento ed alla presa in carico dei pazienti cronici e fragili, con la supervisione ed il supporto delle ATS.

DAL PIEMONTE
L’Assessore alla Sanità del Piemonte Antonio Saitta ha inviato un documento nel quale si parla della Rete per la cura delle malattie emorragiche congenite ha predisposto un piano di organizzazione dell’assistenza attraverso la definizione di una rete di presidi sanitari in grado di garantire cure adeguate nell’intero percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale.
Per meglio definire la situazione a livello regionale, è stato elaborato e diffuso un questionario alle varie Aziende sanitarie regionali che ha consentito di individuare le strutture dotate dei requisiti minimi previsti dalle normative da individuare quali centri esperti-presidi accreditati per la diagnosi e cura.
I problemi principali rilevati ad oggi in Piemonte nella cura dei pazienti affetti da malattie emorragiche congenite sono:
Strutturazione della rete integrata per la cura dell’emofilia e delle MEC
Gli obiettivi sono:
garantire equità di accesso ai servizi assicurando standard adeguati di prestazioni ai cittadini ottimizzando e rendendo fruibili allo scopo le competenze disponibili in modo da:
ottenere una diagnosi appropriata e tempestiva;
* facilitarel’accesso ai programmiterapeutici presso i Centri specialistici;
* avviare l’attività di prevenzione;
* realizzare economie di gestione (maggiore efficienza);
* migliorare la qualità dei servizi (maggiore efficacia).
Il modello prescelto è quello di un’organizzazione a rete orizzontale, assimilabile a una rete paritetica, dove i nodi, centri esperti per Malattie Emorragiche Congenite, sono costituiti da strutture “esperte” – Presìdi accreditati di diagnosi e cura- in possesso di standard omogenei di competenza e di organizzazione per la diagnosi e cura di pazienti con emofilia e MEC.
Questo modello permette, tra le altre cose, di valorizzare la presenza sul territorio regionale di strutture che hanno già l’accreditamento professionale AICE econsente, inoltre, di coniugare l’esigenza di distribuzione diffusa dei servizi, dislocati il più vicino possibile agli utenti, con la presenza di pochi centri altamente qualificati in cui concentrare competenze specialistiche di elevata professionalità.
Il governo della rete viene assicurato da una cabina di regia rappresentativa dei centri esperti e servizi coinvolti, nominata dalla Direzione Sanità.

Paola Pisanti, medico consulente del Ministero della Salute e componente della Cabina di Regia del Ministero della Salute, ha affermato:
“La giornata mondiale dell’emofilia rappresenta l’occasione non solo di valutare ogni anno i progressi ottenuti in campo medico e nel settore dell’assistenza in ambito sanitario e sociale, ma anche per riflettere su quanto ancora rimane da fare per promuovere le cure e il sostegno alle persone affette da emofilia.
Il Ministero della Salute con il “Piano sulla cronicità” ha voluto condividere con le Regioni uno strumento per sistematizzare a livello nazionale le attività nell’area della cronicità, rendere più omogeneo possibile il processo assistenziale e supportare le Regioni nel processo di transizione verso un modello integrato, volto a valorizzare tutti gli attori dell’assistenza.
E inoltre, con tale documento, ha voluto creare le premesse per migliorare l’alleanza terapeutica tra equipe/persona e rendere attivo il coinvolgimento anche nei processi decisionali del volontariato, al quale però è necessario fornire gli strumenti per fargli acquisire una cultura etica e manageriale.
Inoltre va considerato che, per affrontare le problematiche relative ala tutela dei soggetti con emofilia, il 13 Marzo 2013 è stato sottoscritto l’Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla definizione dei percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da Malattie Emorragiche Congenite (MEC).
Tale provvedimento evidenzia la necessità di garantire un’adeguata presa in carico del paziente con MEC in tutto il territorio nazionale, riducendo differenze ed iniquità di accesso alla diagnosi, alle cure e ai trattamenti ottimali in base alle evidenze scientifiche, tenendo conto degli indirizzi per la definizione di percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da malattie emorragiche croniche (MEC).
Pertanto, considerando che l’efficienza delle politiche sanitarie risiede nella capacità organizzativa, nell’attivazione di percorsi integrati e nella definizione di modelli di assistenza basati sull’integrazione, sulla partecipazione del paziente e dell’Associazionismo, l’impegno di tutti gli interlocutori deve essere focalizzato nei seguenti opbiettivi:
* nell’assicurare in ogni Regione ed in ogni azienda locale la corretta ed adeguata assistenza per far si che la persona con emofilia  venga valutata e trattata con modalità uniformi, e protocolli comuni, che garantiscano risposte di qualità percepibile ed oggettivabile;
* nel garantire l’equità e la facilità d’accesso alle strutture che siano in grado di affrontare la specifica espressione di malattia;
* nel raccogliere dati epidemiologici e clinici che consentano di definire le reali necessità di salute”.


Prima esperienza alla Giornata Mondiale dell’Emofilia
Scopriamo un nuovo entusiasmo tra i giovani di Fedemo

Queste sono le poche parole con cui definirei l’esperienza da me vissuta.
Può apparire come un’esagerazione ma non credo di poter dare una testimonianza più esatta di questa.
Domenica 15 aprile.
Dopo un lungo viaggio in treno finalmente siamo arrivati a Roma, dove il giorno successivo si sarebbe tenuto l’annuale incontro in ricorrenza della Giornata Mondiale dell’Emofilia, un evento che vede riuniti i medici, i rappresentanti delle associazioni ed i ragazz, per discutere e guardare al futuro del tema che lega tutti noi: l’emofilia, una malattia di cui ormai siamo divenuti i portavoce.
Una volta arrivati ed aver lasciato i bagagli in camera, io e mio padre ci siamo uniti all’assemblea della Federazione, dove si è parlato delle scelte intraprese a livello direzionale e della situazione che attualmente vive il paziente emofilico in Italia, in particolare delle differenze che, a livello regionale, rendono assai diversificato il metodo di trattare i pazienti.

Sorvolando sull’aspetto amministrativo, sul quale sono troppo poco informato per poter comprendere appieno ogni sfaccettatura, la mia attenzione si è soffermata sull’inattesa e sorprendente partecipazione da parte dei giovani, i quali hanno saputo donare alla riunione un punto di vista nuovo e spesso trascurato, condividendo le proprie opinioni e le esperienze da essi vissute.
Un’intervento che mi ha dimostrato la passione che può nascere nel compiere un’opera per chi, come loro, ha vissuto o dovrà vivere l’impegnativa esperienza del paziente emofilico.
A cena poi le sorprese non erano finite, non mi sarei mai aspettato di trascorrere la serata con delle persone tanto affabili.
La cosa eccezionale che mi ha colpito è stata la grande intesa che si è subito instaurata con gli altri ragazzi presenti, la sola consapevolezza di essere alle prese con persone che potevano comprendermi senza la necessità di un fiume di parole è stata sufficiente per trasformare una semplice cena in un episodio di grande importanza.
Persone che hanno assaporato, vissuto lo stile di vita al quale sono stato vincolato e che sanno quindi come conviverci senza venirne sopraffatti.
Non ho mai ritenuto di esser capace ad inserirmi in un gruppo e mostrarmi per quello che sono, ad integrarmi rapidamente.
La cosa è diversa però quando non devo nascondere i problemi che mi segnano e che limitano la semplice espressione di chi sono.
La cordialità e l’ospitalità che mi sono state presentate si sono rivelate le armi perfette per sconfiggere questi miei timori, ho avuto così modo di interagire con persone incredibili, trascorrendo assieme a loro un evento già di suo importantissimo, ma che senza la loro compagnia non avrebbe avuto la stesso spessore.
Il giorno seguente, siamo stati invitati a seguire la conferenza al Centro Congressi di Palazzo Rospigliosi, l’evento è stato ripreso dalle telecamere e a turni anche i ragazzi hanno avuto l’occasione di ricevere un’intervista personale così da trasmettere il proprio punto di vista.
Partecipazione ed unità sono state le chiavi dell’intera esperienza, importanti concetti che sono traspariti dai gesti e dalle idee di tutti i presenti alla conferenza, specialmente dai ragazzi.
Parlando da paziente che finora non ha seguito con troppa attenzione le vicende della Federazione, non posso che dire di esserne stato travolto in senso più che positivo.
La passione con cui ho visto gli altri ragazzi dedicarsi e l’impegno dei medici e degli amministratori delle varie associazioni mi ha fatto comprendere l’importanza di partecipare e cooperare per poter raggiungere poi uno status più felice per i pazienti, sia vecchi che nuovi.

Mattia


SENTI CHI PARLA – EVENTO ORGANIZZATO DA FONDAZIONE PARACELSO
Numerosi non i punti di contatto fra salute e giustizia, bisogni primari cui spesso le politiche sanitarie e del diritto offrono risposte orientate a una gestione puramente tecnica.
Tuttavia, nella vita della persona il danno all’io giuridico o all’io biologico può rappresentare un dramma esistenziale. La gestione tecnica rischia così di apparire soddisfacente al solo operatore o professionista, che nell’aderenza alla dottrina (codici  o giurisprudenza, linee guida o letteratura) ritiene di aver compiuto al meglio la propria missione, mancando però l’obiettivo di quella restitutio ad integrum che è principio del diritto e finalità ultima dell’intervento sanitario.
Giustizia riparativa da una parte e medicina narrativa dall’altra propongono concezioni e prassi che provano a ricondurre le rispettive discipline verso una maggiore attenzione alla persona, raccogliendo in definitiva  la medesima istanza di considerazione per il vissuto soggettivo.
Sono questi gli argomenti su cui si è riflettuto il 19 aprile a Milano, presso la Biblioteca  Ambrosiana, in compagnia di Gabrio Forti, Ordinario di Diritto  Penale e Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano, e Antonio Virzì, psichiatra e Presidente della Società Italiana di Medicina Narrativa.
Ha concluso la mattinae una drammaturgia collettiva condotta da Gigi Maniglia, mediatore familiare che nel proprio lavoro utilizza le tecnichee elaborate dal Teatro dell’oppresso, cercando il coinvolgimento dei presenti ed esplorando le risonanze dei temi trattati nella vita di tutti e nell’esperienza di malattia di alcuni di noi.

Nel prossimo numero tratteremo in modo approfondito le tematiche trattate.

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