Gli inibitori sono anticorpi generati dal sistema immunitario. Percepiscono i fattori della coagulazione contenuti negli emoderivati e iniettati con le infusioni come elementi estranei, distruggendoli in parte o totalmente.
Questa reazione indesiderata del sistema immunitario costituisce una possibile complicanza del trattamento sostitutivo dell’emofilia e ha come conseguenza la limitazione o la inibizione totale dell’efficacia degli emoderivati infusi.
Tuttavia sono stati osservati una serie di elementi di sicuro interesse.
Ad esempio: nei casi di emofilia con 0% di fattore è possibile che il sistema immunitario faccia fin dalla nascita una specie di inventario dei componenti del proprio organismo e che, non figurandovi il Fattore VIII, questo non venga accettato dall’esterno, pur essendo necessario.
È anche possibile che la serie di lavorazioni a cui è sottoposto l’emoderivato contenente il Fattore VIII alteri o snaturi la molecola del fattore, stimolando la reazione inibitoria.
Il dott. Gringeri ha anche sottolineato l’interazione tra l’inibitore e il virus dell’HIV nei pazienti infetti. Durante la fase di aggressione del virus HIV, quando il numero dei CD4 diminuisce, testimoniando l’indebolimento delle difese immunitarie, si assiste alla scomparsa dell’inibitore. Questo evento fa pensare che nella necessità di far fronte a una invasione dell’organismo molto più aggressiva e pericolosa, il sistema immunitario tolleri i fattori coagulativi. A possibile conferma di ciò si osserva che nel momento in cui la fase aggressiva dell’HIV diminuisce e aumentano i CD4, si ripresenta l’inibitore. Per quanto riguarda le percentuali di incidenza, tenendo presente che sono vari i metodi di indagine diagnostica, ma sempre uguali le risposte, lo stesso Gringeri ha evidenziato che circa il 10% dei pazienti sviluppa l’inibitore. Occorre tuttavia tenere presente che una quantità imprecisata di pazienti ne sviluppa una forma molto lieve e transitoria, quasi mai rilevabile con test di laboratorio.
Quanto alla capacità dei vari tipi di emoderivati di stimolare lo sviluppo degli inibitori, le percentuali di incidenza sono le seguenti:
- circa il 25% per i plasma-derivati
- circa il 10% nei prodotti dove il Fattore VIII è unito al Fattore Von Willebrand (FVIII/vWF)
- circa il 30% per i concentrati ricombinanti
Generalmente, l’inibitore compare per la prima volta entro la decima infusione. Quindi sono proprio i bambini a rappresentare la fascia d’età più critica. Dopo la cinquantesima infusione la possibilità scende.
Va tenuto infine presente che il cambio di un concentrato con un altro, specialmente nel caso si passi da un plasma-derivato ad un ricombinante, espone al rischio di sviluppare l’inibitore, anche se sono state praticate decine e decine di infusioni.
Perciò il cambio di concentrato deve essere valutato con molta attenzione e deve avvenire solo in casi di forza maggiore.
TERAPIA DELL’INIBITORE
In particolare, le strategie di risoluzione degli episodi vanno definite sulla base di due suddivisioni degli emofilici. Queste suddivisioni giocano attorno a due caratteristiche presenti: la quantità o titolo e la sua potenza o risposta.
Così avremo inibitori a basso titolo (meno di 10 Unità) o ad alto titolo (dalle 10 Unità in su), misurati in Unità Bethesda (valore di misura del titolo definito nei laboratori di Bethesda negli Stati Uniti). Ancora più importante la risposta dell’inibitore, che si suddivide in alto e basso rispondente.
Sulla base di queste possibili associazioni di caratteristiche si articolano le strategie di soluzione degli episodi.
Inbitore a bassa rispondenza
Quello a bassa rispondenza rappresenta la situazione più semplice da affrontare. Difatti è possibile ottenere buoni risultati nel trattamento degli episodi utilizzando un dosaggio di concentrato all’incirca doppio in confronto ai dosaggi precedenti la comparsa dell’inibitore. È possibile effettuare con tale regime la profilassi. Ed è possibile che l’inibitore si riduca o sparisca, dimostrando che l’organismo ha “imparato” a riconoscere o a tollerare il fattore.
Inibitore ad alta rispondenza
Molto più complessa è la strategia da tenere nel caso di inibitore ad alta rispondenza. Le possibili soluzioni sono molte ma nessuna, allo stato attuale, del tutto soddisfacente. E in tutti i casi, bisogna valutare con grande attenzione l’opportunità di una soluzione o di un’altra.
La considerazione principale è che l’uso del Fattore VIII (in quantità opportunamente calcolate), anche in questi casi, risulta essere la terapia elettiva nelle emorragie più gravi o negli interventi chirurgici. Per poter riservare a questi episodi l’uso e l’efficacia propria del Fattore VIII, è necessario trattare gli episodi minori con concentrati o farmaci alternativi.
Negli anni sono stati raggiunti risultati buoni con l’uso di Fattore VIII di origine porcina o complessi protrombinici attivati. Attualmente la tecnologia ricombinante permette di realizzare un FVII attivato (rFVIIa) con buone capacità di by-passare l’utilizzo del FVIII, e buona efficacia.
Affrontando il tema dell’immunotolleranza con o senza l’ausilio di farmaci immunosoppressori e di altro tipo, differenziando i vari approcci, tutti hanno come elemento comune la somministrazione di altissime dosi di FVIII (fino a 200 unità per kilo di peso) a intervalli regolari.
Nuove possibili vie di approccio al problema sono allo studio preliminare. In particolare, è attualmente in sperimentazione a Milano un possibile FVIII ibrido o “mutante”, come è stato definito dalla dottoressa Santagostino, costituito in parte da fattore umano e in parte porcino. La speranza è che un fattore così caratterizzato possa svincolare in qualche modo la reazione immunologica.