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Lieve….ma non troppo!

La forma lieve di emofilia è sempre stata considerata una patologia minore rispetto alle altre forme. I pazienti portatori di questo disturbo della coagulazione presentano infatti una diatesi emorragica ridotta, i sanguinamenti spontanei sono rari, la diagnosi non sempre immediata. Pazienti e clinici tendono quindi a sottovalutarla e a concentrarsi sulle forme più gravi che invece richiedono maggiori attenzioni da parte di tutti.

Ma è veramente così?

Come dicevamo in precedenza, la diagnosi non è sempre immediata. Se non c’è familiarità per emofilia, non vengono eseguiti interventi chirurgici o non accadono eventi traumatici tali che portano il soggetto in questione a sanguinare in maniera alquanto sospetta, la scoperta di essere un paziente emofilico può avvenire anche in tarda età.

I bambini generalmente si scoprono emofilici dopo che un evento traumatico, spesso orale (rottura frenulo linguale, morso, ecc.), ha causato in loro un sanguinamento copioso e difficilmente controllabile se non dopo l’utilizzo di agenti emostatici.

Nell’adulto la diagnosi di emofilia avviene invece spesso contestualmente ad interventi chirurgici programmati, magari anche minori. Gli esami ematici eseguiti di routine evidenziano infatti alterazioni della coagulazione che analisi più approfondite portano a collocare nell’ambito della patologia emofilica.

La scoperta più o meno tardiva dipende anche dal livello di fattore circolante, pazienti con livelli intorno al 4%  possono presentare un fenotipo emorragico molto simile a soggetti con emofilia moderata, quelli invece che presentano valori di fattore superiore al 15% si avvicinano di più ai soggetti sani.

Il sanguinamento nei pazienti lievi è sostanzialmente dovuto ad eventi post-traumatici. Nel bambino lo sport o l’attività fisica in genere sono nella maggior parte dei casi gli agenti scatenanti del trauma e del successivo sanguinamento. E’ raro infatti che i piccoli pazienti con questa forma di patologia siano in profilassi, se lo sono è perché hanno già avuto diversi eventi durante le loro attività e quindi si è deciso di proteggerli da eventuali ulteriori emorragie traumatiche con un concentrato di fattore sostitutivo, non è mai una profilassi primaria. Il rischio in questi pazienti è che il susseguirsi di emorragie nelle stessi sedi porti ben presto alla formazione delle cosiddette “target joints”, articolazioni bersaglio, anticipatorie di una artropatia emofilica. Fondamentale quindi in questi giovani pazienti è intervenire precocemente ed instaurare una profilassi precoce nei casi più a rischio di sviluppare questa forma di danno articolare.

Negli adulti le cose cambiano. Se l’artropatia non si è sviluppata, se non vengono praticate attività fisiche che pongono il paziente a rischio di sanguinamento, se non vengono svolti lavori in cui il fisico è messo alla prova, è meno frequente e probabile lo sviluppo di eventi emorragici post-traumatici. L’emofilico lieve adulto sviluppa però le stesse comorbidità della popolazione generale, patologie queste che possono portare a sanguinamenti spontanei anche gravi.

L’abstract dal titoloHigh risk of intracranial haemorrhage in adult mild haemophiliac patients: data from the EMO.REC Registry” recentemente presentato al Congresso WFH 2018 di Glasgow dal Centro Emofilia di Padova illustra i dati ricavati dal Registro EMOREC, registro seguito oramai da diversi anni dal dr. Zanon, in cui si evidenzia come i soggetti con emofilia lieve, la maggior parte di loro trattati con una copertura emostatica a domanda, hanno la stessa probabilità di sviluppare un’emorragia cerebrale anche fatale dei pazienti affetti da forme di emofilia grave o moderata.

Tra i fattori implicati, oltre alla mancanza di una profilassi che pone  comunque i pazienti a rischio di sanguinamento, l’ipertensione arteriosa spesso mal controllata è risultata  quella che strettamente correla con l’instaurarsi del sanguinamento cerebrale e che differenzia i gruppi di pazienti considerati.

 

In conclusione possiamo quindi affermare che l’emofilia lieve e senza dubbio una patologia meno impegnativa delle forme grave o moderata, ma non deve essere sottovalutata. In base ai livelli di fattore presenti e alla varie fasi della vita, vanno di volta in volta considerati attività fisica, attività lavorativa e comorbidità.

La profilassi nei pazienti lievi deve essere considerata qualora il rischio emorragico e il rischio di portare a danni permanenti (es. artropatia) diventino sovrapponibili a quelli che si riscontrano nei pazienti con forme più gravi.

Fondamentale nei pazienti adulti è trattare in maniera corretta e controllata le patologie concomitanti, l’ipertensione in primis.

 

Lieve, quindi questa forma, ma non troppo.

 

Dr.ssa Samantha Pasca

Centro Emofilia di Padova