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LE TRASFUSIONI E L’ACCUMULO DI FERRO

La trasfusione deve essere eseguita, come dicono le linee guida di cura, ad intervalli ravvicinati, evitando di trasfondere grosse quantità di sangue in tempi prolungati.
Le trasfusioni servono per normalizzare il livello di emoglobina, che in alcuni pazienti viene tenuta più bassa perché con l’avanzare dell’età il fabbisogno di ossigeno è minore. Tale livello va comunque considerato parallelamente al manifestarsi dell’espansione midollare.

Altro argomento strettamente legato alle trasfusioni è l’accumulo di ferro che danneggia il muscolo cardiaco e il muscolo del tessuto conduttivo, con riduzione della forza contrattile e i relativi problemi di ritmo. Non è possibile dare indicazioni precise sul rapporto ferritina/danno d’organo perché deve essere valutato soggettivamente. E’ certamente più semplice la valutazione nel fegato attraverso la biopsia o lo SQUID.
Si possono comunque avere alti livelli di ferritina e bassi valori di ferro tossico nell’organismo.

Si stanno inoltre perfezionando nuove metodiche per rilevare il sovraccarico nel cuore attraverso scintigrafia e risonanza magnetica.

I medici sono stati chiari quando hanno detto che non è valutabile, in linea generale, il punto in cui la ferritina diventa tossica, ma si valuta in termini di chelazione (processo che rende i minerali – nel caso specifico il ferro – assorbibile dall’organismo) ben fatta o meno. Il paziente con ferritina inferiore a 1500 è considerato ben chelato e quindi può avere una vita quasi normale.

I PROBLEMI E COME AFFRONTARLI

il Desferal e il Deferiprone (oggi anche in associazione) sono fondamentali per la chelazione, ma si sono considerati anche gli inevitabili effetti collaterali (orecchio, ossa, occhio o piastrinopenie).
I problemi cardiaci

La buona chelazione significa meno accumulo di ferro, soprattutto a livello del cuore che spesso presenta le famose extrasistoli, sopraventricolari o ventricolari (da valutare con un “holter”).
La tachicardia sopraventricolare sporadica è un evento senza rilevanza particolare che assume maggiore importanza se è persistente ma che comunque non danneggia il cuore. Se invece è ventricolare deve essere seguita da una terapia correttiva. Ci sono comunque protocolli terapeutici in base alle varie situazione e forme di tachicardia.

Nelle discussioni si tende spesso a non affrontare l’argomento della morte:  in questa riunione, invece, è stato discusso con una certa serenità a riprova della grande maturità e coscienza dei pazienti.
Si è parlato della “morte aritmica” improvvisa, non legata necessariamente alla talassemia, ricordando che la cardiopatia ha una pluralità di aspetti per cui i farmaci vanno valutati singolarmente.

Nel caso dei drepanocitici è stato confermato come la sostituzione del sangue non comporti problemi cardiaci.
Per la microcardiopatia (la disfunzione contrattile), con buoni regimi trasfusionali e buona chelazione, si ha un’incidenza minore.

La febbre

La presenza di febbre nel paziente può essere una controindicazione alla trasfusione è ma se è in buone condizioni generali può affrontare la trasfusione, magari somministrandogli prima una compressa di tachipirina.

Se la febbre è superiore a 38 gradi ed il paziente è stato splenectomizzato si deve intervenire con terapia antibiotica, sospendendo temporaneamente la terapia ferrochelante o comunque fino alla risoluzione del quadro clinico. Per coloro che hanno la milza, invece, si interviene con l’antibiotico soltanto se la febbre si protrae a lungo.

La febbre per altro può essere di varia origine, tenendo in considerazione che il paziente potrebbe anche essere affetto da epatite. Partendo dal presupposto che da quando è stato introdotto il test, la possibilità di essere infettati dal virus dell’epatite C attraverso le trasfusioni è molto bassa, se non addirittura nulla, si deve tuttavia dire come affrontare questo virus che è presente nell’80/90% dei pazienti meno giovani.

L’epatite C

La biopsia può essere un sistema valido per controllare il processo infiammatorio nel fegato, non invece l’accumulo di ferro.
Se c’è parecchia fibrosi la metodologia SQUID può essere attendibile. Per la cura esiste l’Interferone ed altri trattamenti. L’efficacia non è in genere molto alta e comunque in pazienti che rispondono bene a volte ci sono delle recidive.

Il virus dell’epatite C si trasmette per via ematica e quindi anche attraverso il rapporto sessuale e, teoricamente, anche in presenza di perdita di sangue. In uno studio effettuato non c’è stata evidenza di trasmissione diretta. Si consiglia comunque il rapporto protetto. Attualmente comunque con le tecniche di inattivazione moderne, negli ultimi anni non vi sono stati casi di trasmissione di epatite C.

Il diabete

Un altro pericolo per il talassemico è rappresentato dal diabete. Si sa però che la solita buona chelazione può far regredire il problema.
L’intolleranza glucidica comunque non significa diabete ma deve essere un campanello di allarme. E’ necessario affrontare serenamente e con coscenza la malattia, anche attraverso un percorso di assistenza psicologica.

A domande precise da parte dei pazienti, soprattutto dovute all’ansia di sapere esattamente il percorso di vita, l’importante è dare risposte certe, anche motivando la “rigidità” della cura da seguire. C’è un punto fondamentale dal quale partire: la fiducia tra medico e paziente. È una tappa fondamentale che va vissuta in vari modi, ma soprattutto non come una costrizione.