Il 12 Ottobre 2018, a Firenze, si è svolto l’evento “Patto di Sangue”.
Durante questo incontro accadde una cosa inedita nella storia della Sanità in generale e, nello specifico, per il tema del sangue.
Istituzioni, la politica, chi dona il sangue e chi lo riceve accettarono di intraprendere un percorso unico che portasse all’individuazione di una strada ben precisa: fare in modo che, nel nostro paese, chi ha bisogno di sangue e plasma sia nelle condizioni migliori per riceverlo.
Il moderatore e giornalista Fabio Mazzeo aveva introdotto il dibattito concentrandosi sulle contraddizioni che questo tema porta con sé: una legge nazionale che mira all’autosufficienza, ma che deve arrivare attraverso 20 sistemi regionali più le Provincie per essere attuata.
Un sistema in cui la sensibilizzazione degli italiani nei confronti della donazione non viene mai attuata attraverso un unico grande appello, ma bensì da decine di micro-appelli, tanti quante sono le associazioni volontarie di raccolta di sangue; e infine l’esistenza di una campagna di donazione del sangue, ma l’assenza di quella per la donazione del plasma.
E se è vero che Fabio Mazzeo, sollevando tali contraddizioni, aveva anche così sottolineato le problematiche relative a questo sistema, è anche vero che erano state le dichiarazioni degli ospiti presenti a mettere in luce una maggiore problematica dibattutasi durante tutto l’evento: il rapporto tra la Sanità e le Istituzioni.
Ciò che emerse è una difficoltà di comunicazione e di collaborazione tra la Sanità e le Istituzioni, e quindi la necessità di un maggiore coordinamento tra Nazione, Regioni e Associazioni.
Il percorso di questa alleanza è proseguito con un secondo atto andato in scena il 22 Novembre a Rieti (Vedre nostro servizio su Ex di gennio alle pagine 8 e 9 – N.d.R.).
A dare nuovamente il via a questa esperienza è stato sempre il dott. Fabio Mazzeo che, come nella precedente occasione, ha introdotto gli speaker di questo evento, invitandoli ad effettuare un’analisi di contesto del tema sangue, adeguata agli ospiti presenti in sala; in gran parte studenti di scuole superiori del territorio.
Il valore aggiunto di questo secondo atto, infatti, è stata sicuramente la presenza dei giovani; sono loro la vera speranza che possano realizzarsi tutti gli sforzi finora messi in atto per porre fine all’emergenza sangue nel nostro Paese.
In ragione di ciò, l’evento ha avuto come tema centrale l’atto del dono nel suo senso etico e l’importanza della donazione come atto di solidarietà verso la società e verso noi stessi.
A tal riguardo sono emerse le condizioni che rendono il dono eticamente rilevante.
Prima tra tutte c’è l’anonimato, caratteristica che all’interno di una società dello spettacolo come la nostra – ovvero una società in cui, soprattutto per via dei social, il confine tra pubblico e privato si rivela essere molto labile – è sicuramente una novità.
L’anonimato garantisce che la relazione tra chi dona e chi riceve non sia vincolata e non ci sia possibilità di condizionamento.
Il secondo principio è la volontarietà; donare è una scelta libera e consapevole.
È solo in questo caso, infatti, che il dono diventa autenticamente nostro.
Infine, la gratuità.
In una società in cui tutto ha un prezzo, essa assume un valore enorme.
D’altra parte non in tutto il mondo questo è vero; negli Stati Uniti, ad esempio, c’è una maggiore disponibilità di sangue, ma non c’è gratuità.
Il sangue, invece, è una risorsa importante tanto quanto l’acqua: è un bene di tutti che va preservato a tutti i costi.
Quest’ultimo punto è sicuramente motivo di orgoglio per l’Italia: pochissimi possono avere un Servizio sanitario nazionale, e quello italiano cerca di mantenere equità.
Da noi la salute è un diritto.
A fine evento e in presenza di così tanti giovani, i relatori si sono soffermati su una problematica che ultimamente affligge il nostro Paese.
Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità i donatori di sangue nel mondo sono 112 milioni; non molti se rapportati ai 7 miliardi di persone che lo popolano. Inoltre, negli ultimi anni i donatori sono diminuiti e i meno generosi sono proprio i giovani.
Queste stime dimostrano come sia necessario continuare a investire sulle opere di sensibilizzazione.
In Italia l’autosufficienza è ancora stabile, ma già dal 2015 cominciava a percepirsi la diminuzione dei donatori.
Una delle cause di questa diminuzione risiede nel fatto che l’Italia è il secondo paese più vecchio del mondo; ciò fa sì che la maggior parte della popolazione non rientri più negli standard della donazione.
Sono i giovani la speranza italiana affinché l’autosufficienza possa continuare a sussistere; solo così l’Italia potrà garantire cure uniformi e appropriate.
Ilaria Nardinocchi