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CHI E’ LO PSICOTERAPEUTA

emoex

Ho pensato di scrivere queste poche righe dopo avere riflettuto quanto possa essere difficile per una persona fare la prima telefonata allo psicologo-psicoterapeuta.

Perché chiamare?
Dallo psicologo si va perché si è matti!
E poi chi è questo “oscuro” personaggio che ha abitato tante fantasie e racconti?
Un mago, un confessore, uno stregone, ecc …?

La risposta è che è una persona come tante altre.
Bisogna prima di tutto sapere che il titolo di psicologo si conferisce dopo cinque anni di università, un anno di tirocinio e un esame di stato che permette l’iscrizione all’albo. Psicoterapeuta si diventa dopo altri quattro anni di specializzazione.
Forse un po’ tutti abbiamo bisogno di intraprendere un lavoro di riflessione e scoperta di sé che ci porti alla realizzazione di una vita più piena e appagante, che non significa senza dolori o sofferenze.

La vita è anche questo.

Significa però potersi alleggerire da quei traumi che tanto appesantiscono e che ogni giorno, come fossero un’ombra, inseguono la persona che cerca di scapparne, magari non voltandosi.
Che sofferenza però constatare che girandosi sono ancora lì, a volte più scuri di prima.

Perché accettare tutto questo?
Davvero non si può fare qualcosa per cambiare quel senso d’impotenza? Frustrazione? Rabbia? Colpa?
Perché bloccare il tempo e la vita al momento di quel trauma? Perché non provare a cercare di leggerlo, viverlo, toccarlo, guardarlo con occhi diversi?

La vita pone tutti di fronte a degli ostacoli, delle cadute, dei dolori, ma è solo quando sono chiusi in uno scrigno, senza lasciare spazio alla parola di esprimersi, che assumono la configurazione di un mostro.
Non è cercando di cancellare la sofferenza che questa sparisce; prima o poi ci porta il conto, magari sotto una forma che non ci si aspetta. Ad esempio alcune manifestazioni adolescenziali non sono altro che un modo di urlare “Aiutatemi”. Non lasciamo che quel grido non trovi orecchio che ascolti e parola che non significhi.
Non permettiamo che diventi esasperazione.
L’essere umano ha sempre ricercato la parola.
Pensiamo ai bambini che con fatica cercano di riprodurre le parole che attentamente ascoltano.
La parola permette di esprimere, capire, chiedere, ecc …
E quando la parola viene meno sono i gesti ad assumere il posto principale.

Mi domando: se la parola è così importante per la nostra sopravvivenza perché non farne uso in tutta la sua potenzialità?
La psicoterapia analitica è un viaggio che s’inizia con un compagno sconosciuto, straniero che pone al servizio dell’altro gli strumenti per visitare una terra ignota.
Forse all’inizio le lingue saranno diverse, ma a poco a poco s’imparerà a comunicare con la parola delle emozioni e dei significati e ci si arricchirà nella scoperta di “quartieri” più turbolenti e di altri più tranquilli.
Ma sarà la visione finale ciò che importerà.
Sarà un viaggio faticoso e lungo, ma se non avesse queste caratteristiche sarebbe solo ricco di false o incomplete conoscenze.
Una terra ampia e inesplorata ha bisogno che la si osservi con cura perché la sua ricchezza diventi risorsa interna.
Se questo viaggio ha arricchito, nonostante le paure o le preoccupazioni iniziali di camminare in strade che si sentono più pericolose, forse è valsa la pena farlo.
Se questo percorso in salita e discesa ha permesso di scoprire una terra, che si pensava fosse buia o povera o pericolosa, come piacevole, appagante, colorata allora anche in questo caso ne è valsa la pena.

Ma se non si prova a percorrere quella strada, mai si potrà sapere se si poteva fare diversamente, se poteva essere diverso.
Davvero chi va dallo psicoterapeuta è matto?
Penso che la persona che dentro di sé trova la forza per provare a cambiare e che cerca con sacrificio di raggiungere quella che spesso sentiamo definire “serenità”, bene forse non è così matta visto che sceglie di vivere!

La psicoterapia psicoanalitica è quindi uno strumento che ci permette di scoprire e vedere che dopo il temporale c’è l’arcobaleno, che sotto le nuvole c’è un sole che aspetta solo di scoprirsi e scaldare quello che lo circonda.

Cito per finire le parole di Marco Aurelio tratte da “La libertà interiore” (p.73), che non commenterò per lasciare nel silenzio della riflessione spazio di pensiero:
“Se una cosa ti riesce difficile, non supporre subito che sia umanamente impossibile; ma pensa piuttosto che se una cosa è possibile e appropriata all’uomo, deve essere accessibile anche a te”.
 
Dott.ssa Anita Gagliardini
Cell. 339-8395129
e-mail: agagliardini@libero.it

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