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UN INCONTRO CON I RICERCATORI DEL TIGET SULLA TERAPIA GENICA DELL’EMOFILIA

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Nel numero di EX di gennaio abbiamo pubblicato una notizia che ha provocato parecchio fermento nella popolazione emofilica.
Il titolo del trafiletto era: “Emofilia: nuovi sviluppi per la terapia genica all’ospedale San Raffaele di Milano”.
Siamo stati sommersi da telefonate e da mail che chiedevano informazioni più dettagliate.
Abbiamo quindi chiesto un appuntamento con i ricercatori del TIGET (Istituto San Raffaele – Telethon per la Terapia Genica) direttamente impegnati nello sviluppo di strategie per la terapia genica dell’emofilia.per un incontro che si è rivelato poi un vero e proprio piccolo mini-convegno del quale diamo ampia relazione ai nostril lettori.
Il nostro incontro è stato organizzato dalla Dott.ssa Alessia Daturi che lavora da nove anni a Telethon come responsabile del “filo diretto con i pazienti”.

Conosciamo quindi per prima questa struttura.

L’Ufficio “Filo diretto con i pazienti” è stato costituito nel novembre 2004.
Si relaziona con i singoli pazienti e le associazioni di malattie rare con il principale obiettivo di creare sinergie per il progresso della ricerca scientifica nel suo percorso verso la cura delle malattie genetiche.
In particolare si occupa di:
* coordinare il network delle Associazioni amiche di Telethon;
* attraverso la consulenza di esperti, informare su come creare un’associazione, favorire la ricerca su una malattia, contattare esperti internazionali, fare rete o creare una bio-banca;
* offrire informazioni sulle singole malattie genetiche e sullo stato della ricerca scientifica in tal senso (Infoline);
* indirizzare i pazienti ai centri di riferimento e agli specialisti;
* favorire il contatto e lo scambio tra persone che condividono situazioni simili;
* raccogliere e divulgare storie dei pazienti (raccontaci@telethon.it);
* contribuire alla creazione di una cultura condivisa sulle logiche del finanziamento della ricerca scientifica;
* creare percorsi di empowerment con le Associazioni di pazienti.


Seguire gli sviluppi di tutti i progetti legati a Telethon sarebbe un’impresa molto difficile, perché noi, da anni, cerchiamo di informare soprattutto su quelli che sono “mirati” alle malattie che seguiamo con più assiduità, l’emofilia e la talassemia.
Il 30 aprile, dopo la nostra specifica richiesta rivolta a Telethon, siamo stati invitati a Milano per un’intervista, ma ci siamo subito resi conto del fatto che era stata organizzata per noi una sorta di “mini-convegno” al quale erano presenti tre ricercatori del TIGET guidati dal Prof. Luigi Naldini, presente anche lui all’incontro e che conosceremo più avanti assieme ai suoi collaboratori.
È stata, inutile nasconderlo, una piacevolissima sorpresa di cui intendiamo dare ampia relazione ai nostri lettori, soprattutto allo scopo di informarli sullo stato di avanzamento delle attività di ricerca.

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CHE COS’E’ IL TIGET
Innanzitutto, visto che ne siamo stati ospiti, conosciamo il TIGET.
Si tratta dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica.
La sua missione è quella di sviluppare la ricerca di base, preclinica e clinica riguardante la cura di malattie genetiche attraverso la terapia genica, che mira ad introdurre nelle cellule dei pazienti il gene corretto per la produzione della forma funzionale del fattore deficitario.
Il TIGET è stato fondato nel 1995 congiuntamente dall’IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) Ospedale San Raffaele e dalla Fondazione Telethon. Dal 2008 l’Istituto è diretto da Luigi Naldini.
È situato all’interno di locali attrezzati messi a disposizione dall’Ospedale San Raffaele e riceve un finanziamento da Telethon, concesso sulla base di una rigorosa valutazione periodica  effettuata ogni 5 anni dalla Commissione medico-scientifica (con un aggiornamento a metà del ciclo di finanziamento).
Circa 130 persone sono attive all’interno dell’Istituto, inclusi i ricercatori, il personale amministrativo e lo staff tecnico.

Quali sono i campi dove svolge la sua attività?
Oltre all’emofilia, le principali malattie genetiche studiate al TIGET sono:

Ada-Scid: rara immunodeficienza che si manifesta già a partire dai primi mesi di vita, comunemente conosciuta come “la malattia dei bambini bolla”.
Il sistema immunitario dei bambini affetti è gravemente compromesso e il loro organismo è incapace di difendersi persino da infezioni comuni come il raffreddore o la varicella. La ricerca condotta al TIGET sotto la guida di Alessandro Aiuti e Maria Grazia Roncarolo ha portato alla messa a punto di una terapia genica efficace che ad oggi ha permesso di trattare con successo 20 bambini provenienti da tutto il mondo.
Grazie a un accordo siglato con la multinazionale farmaceutica GlaxoSmithKline, la terapia genica per l’ADA-SCID potrà nei prossimi anni diventare un farmaco a tutti gli effetti ed essere così fruibile da pazienti di tutto il mondo.

Leucodistrofia metacromatica (MLD):
grave malattia neurodegenerativa che nelle forme più gravi porta alla perdita progressiva di tutte le capacità cognitive e motorie.
Non esiste ad oggi alcuna cura efficace, tuttavia dal 2010 è in corso al TIGET uno studio clinico guidato da Alessandra Biffi che sta valutando sicurezza ed efficacia della terapia genica con vettori lentivirali (derivati cioè dal virus HIV, a partire da un’intuizione di Luigi Naldini).
Ad oggi sono già 21 i bambini che hanno ricevuto la terapia prima dell’esordio conclamato della malattia e i primi risultati sono molto incoraggianti: la terapia genica si è finora dimostrata sicura e in grado di prevenire l’insorgenza della malattia.

Sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS):
rara immunodeficienza che si manifesta già a partire dai primi mesi di vita con infezioni ricorrenti e aggressive e la tendenza a sviluppare emorragie, tumori del sangue e autoimmunità.

Dal 2010 è in corso al TIGET uno studio clinico guidato da Alessandro Aiuti che sta valutando sicurezza ed efficacia della terapia genica con vettori lentivirali. Ad oggi sono già 7 i bambini che hanno ricevuto la terapia prima dell’esordio conclamato della malattia e i primi risultati sono molto incoraggianti: la terapia genica si è finora dimostrata sicura e in grado di ripristinare difese immunitarie funzionanti.

Beta-talassemia: tra le più comuni malattie ereditarie, è dovuta a un deficit di una delle catene dell’emoglobina. Ad oggi l’unico trattamento disponibile è rappresentato dal trapianto di midollo o dalle trasfusioni, a cui il paziente deve sottoporsi regolarmente, accompagnate dall’assunzione di farmaci per contrastare l’accumulo tossico di ferro.

Grazie alla ricerca condotta al TIGET dal team di Giuliana Ferrari, nel 2015 partirà uno studio clinico per valutare se la terapia genica con vettori lentivirali possa rappresentare una valida alternativa ai trattamenti oggi disponibili.

Mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS-I): rara malattia da accumulo lisosomiale, che nelle forme più gravi è caratterizzata da difetti di crescita, deformità scheletriche, insufficienza cardiaca, malfunzionamento di fegato e milza, ritardo mentale.
Il trapianto di midollo osseo nei primi mesi di vita è l’unico trattamento disponibile, ma è solo parzialmente efficace.
Grazie alla ricerca condotta al TIGET dal team di Alessandra Biffi, è in preparazione uno studio clinico per valutare se la terapia genica con vettori lentivirali possa rappresentare una valida alternativa al trapianto e sia in grado di cambiare il decorso della malattia.

Granulomatosi cronica (CGD):
rara immunodeficienza caratterizzata dall’incapacità dell’organismo di difendersi dalle infezioni da parte di funghi e batteri.
Si manifesta fin dai primi anni di vita con un’estrema suscettibilità a questo tipo di infezioni, che possono colpire numerosi organi e tessuti.
Al TIGET, il team di Alessandro Aiuti sta lavorando per mettere a punto una terapia genica efficace per questa malattia, per la quale al momento l’unica possibilità è rappresentata dal trapianto di midollo.

Leucodistrofia a cellule globose (GLD) meglio conosciuta come malattia di Krabbe: grave malattia neurodegenerativa da accumulo lisosomiale, che porta già nei primi anni di vita alla perdita progressiva di tutte le capacità cognitive e motorie.
Non esiste ad oggi alcuna cura efficace.

Al TIGET i gruppi di ricerca di Alessandra Biffi e Angela Gritti stanno studiando diverse strategie terapeutiche per tentare di restituire a questi bambini l’enzima mancante.
Ada-Scid: rara immunodeficienza che si manifesta già a partire dai primi mesi di vita.
Il sistema immunitario di questi bambini è gravemente compromesso e il loro organismo è incapace di difendersi persino da infezioni comuni come il raffreddore o la varicella.
Grazie alla ricerca condotta al Tiget sotto la guida di Alessandro Aiuti e Maria Grazia Roncarolo è stata messa a punto una terapia genica efficace che ad oggi ha permesso di trattare con successo 18 bambini provenienti da tutto il mondo.
Grazie a un accordo siglato da Telethon GlaxoSmithKline, la terapia genica per l’ADA-SCID potrà nei prossimi anni diventare un farmaco a tutti gli effetti ed essere così fruibile da pazienti di tutto il mondo.
Leucodistrofia metacromatica: grave malattia neurodegenerativa che nelle forme più gravi porta alla perdita progressiva di tutte le capacità cognitive e motorie.
Non esiste ad oggi alcuna cura efficace, tuttavia dal 2010 è in corso al Tiget uno studio clinico guidato da Alessandra Biffi che sta valutando sicurezza ed efficacia della terapia genica con vettori lentivirali (derivati cioè dal virus Hiv, a partire da un’intuizione di Luigi Naldini).
Ad oggi sono già 13 i bambini che hanno ricevuto la terapia prima dell’esordio conclamato della malattia e i primi risultati sono molto incoraggianti: la terapia genica si è finora dimostrata sicura e in grado di prevenire l’insorgenza della malattia.
Sindrome di Wiskott-Aldrich: rara immunodeficienza che si manifesta già a partire dai primi mesi di vita con infezioni ricorrenti e aggressive e la tendenza a sviluppare emorragie, tumori del sangue e autoimmunità.
Dal 2010 è in corso al Tiget uno studio clinico guidato da Alessandro Aiuti che sta valutando sicurezza ed efficacia della terapia genica con vettori lentivirali.
Ad oggi sono già 7 i bambini che hanno ricevuto la terapia prima dell’esordio conclamato della malattia e i primi risultati sono molto incoraggianti: la terapia genica si è finora dimostrata sicura e in grado di ripristinare difese immunitarie funzionanti.
Beta-talassemia: tra le più comuni malattie ereditarie, è dovuta a un deficit di una delle catene dell’emoglobina. Ad oggi l’unico trattamento disponibile è rappresentato dal trapianto di midollo o dalle trasfusioni, che vanno fatte regolarmente e accompagnate dall’assunzione di farmaci per contrastare l’accumulo tossico di ferro. Grazie alla ricerca condotta al Tiget dal team di Giuliana Ferrari nel 2015 partirà uno studio clinico per valutare se la terapia genica con vettori lentivirali possa rappresentare una valida alternativa ai trattamenti oggi disponibili.
Mucopolisaccaridosi di tipo I: rara malattia da accumulo lisosomiale, nelle forme più gravi è caratterizzata da difetti di crescita, deformità scheletriche, insufficienza cardiaca, malfunzionamento di fegato e milza, ritardo mentale. Il trapianto di midollo osseo nei primi mesi di vita è l’unico trattamento disponibile, ma è solo parzialmente efficace. Grazie alla ricerca condotta al Tiget dal team di Alessandra Biffi nel 2015 partirà uno studio clinico per valutare se la terapia genica con vettori lentivirali possa rappresentare una valida alternativa al trapianto, in grado di cambiare il decorso della malattia.
Granulomatosi cronica: rara immunodeficienza caratterizzata dall’incapacità di dell’organismo di difendersi dalle infezioni da parte di funghi e batteri. Si manifesta fin dai primi anni di vita con un’estrema suscettibilità a questo tipo di infezioni, che possono colpire numerosi organi e tessuti. Al Tiget, il tram di Alessandro Aiuti sta lavorando per mettere a punto una terapia genica efficace per questa malattia, per la quale al momento l’unica possibilità è rappresentata dal trapianto di midollo.
malattia di Krabbe: grave malattia neurodegenerativa da accumulo lisosomiale, che porta già nei primi anni di vita alla perdita progressiva di tutte le capacità cognitive e motorie. Non esiste ad oggi alcuna cura efficace. Al Tiget i gruppi di ricerca di Alessandra Biffi e Angela Gritti stanno studiando diverse strategie terapeutiche per tentare di restituire a questi bambini l’enzima mancante.
Sindrome IPEX: rarissima malattia genetica fortemente invalidante e spesso fatale già entro il primo anno di vita, in cui il sistema immunitario della persona malata reagisce contro i propri organi. Ha un esordio precoce, caratterizzato da diversi sintomi tra cui una gravissima forma di diabete neonatale, diarrea intrattabile, eczema, anemia e ipotiroidismo autoimmuni. L’unica possibilità di cura è rappresentata dal trapianto di midollo, ma al Tiget il team di Rosa Bacchetta sta studiando se la terapia genica possa risultare efficace e diventare quindi un’alternativa quando il trapianto non è fattibile.
Il Prof. Luigi Naldini è nato a Torino nel 1959 e si è laureato in Medicina e chirurgia all’Università di Torino nel 1983.
Presso lo stesso ateneo, dopo un periodo di perfezionamento negli Usa, ha conseguito nel 1987 il dottorato di ricerca in Scienze citologiche e morfogenetiche. Dopo una lunga permanenza all’estero, nel 1998 è tornato in Italia come direttore del Laboratorio di terapia genica dell’Istituto per la ricerca e cura del cancro di Candiolo (Torino). Nel 2003 si è trasferito all’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (TIGET), di cui è direttore dal 2008.
È anche direttore della Divisione di medicina rigenerativa, cellule staminali e terapia genica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e professore ordinario di Istologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Attività scientifiche
Negli 11 anni successivi al dottorato di ricerca, Luigi Naldini si è diviso tra l’Italia e gli Stati Uniti, svolgendo attività di ricerca presso il dipartimento di Scienze biomediche e oncologia dell’Università di Torino, il laboratorio di Genetica del Salk Institute for Biological Studies di La Jolla (California) e la Cell Genesys di Foster City (California). Luigi Naldini è uno dei massimi esperti mondiali nel campo della terapia genica: a lui si deve lo sviluppo dei primi vettori lentivirali ibridi derivati dal virus HIV, responsabile dell’Aids.
Erano presenti all’incontro alcuni collaboratori del Prof. Naldini.
Il Dott. Alessio Cantore ha una laurea in Biotecnologie e un dottorato di ricerca in Biologia molecolare e cellulare.
Da 9 anni fa parte del gruppo del Prof. Naldini e lavora allo sviluppo di vettori lentivirali per il trasferimento genico al fegato e per la terapia genica dell’emofilia.
La Dott.ssa Michela Milani si è recentemente laureata in Biotecnologie e collabora al suddetto progetto con il Dott. Cantore.
Il Dott. Andrea Annoni è laureato in Biologia ed ha un dottorato di ricerca in Biotecnologie. Si occupa di studiare gli aspetti immunologici legati alla terapia genica diretta al fegato per l’emofilia.
La Dott.ssa Federica Basilico è laureata in Biotecnologie ed ha un dottorato di ricerca in Biochimica. Fa parte del gruppo come manager dell’accordo di collaborazione che Fondazione Telethon e Ospedale San Raffaele hanno recentemente siglato con la biotech americana Biogen, per sviluppare la terapia genica per il trattamento di entrambe le forme di emofilia, la A e la B.
Era presente anche la Dott.ssa Michela Gabaldo in qualità di manager dell’alleanza che vede coinvolti TIGET e la multinazionale farmaceutica GlaxoSmithKline (GSK) e che riguarda lo sviluppo fino all’autorizzazione all’immissione in commercio della terapia genica per alcune patologie rare., fra cui Ada-Scid, MLD e WAS., B-thalassemia, MPS-1, GLD e CGD.

GLI INCONTRI INFORMATIVI
L’incontro di primavera (biennale): con un format innovativo Telethon coinvolge le associazioni amiche in una giornata di formazione dove i pazienti stessi sono chiamati a raccontare le buone prassi legate ai percorsi di ricerca scientifica che hanno realizzato insieme a Telethon (biobanche, registri dei pazienti).
E-patients, e-parents, e-doctors: giornata formativa dedicata a pazienti, genitori e medici alle prese con il reperimento di informazioni sulle patologie rare, organizzata in collaborazione con Orphanet Italia. L’obiettivo è quello di fornire una serie di linee guida sull’uso responsabile del web dopo la prima diagnosi e approfondire la conoscenza dei social network come strumenti a supporto della comunicazione delle malattie rare.
La Convention scientifica di Telethon (biennale): un evento che riunisce la comunità scientifica Telethon e la comunità dei pazienti. Il programma comprende infatti sessioni scientifiche, che prevedono interventi di relatori internazionali e relatori Telethon così come la presentazione di poster sui progetti di ricerca in corso, e un convegno per le associazioni amiche di Telethon, che rappresenta un momento di formazione su temi scientifici esposti in modo “laico” dai ricercatori stessi alle associazioni.

I progetti di ricerca
Passiamo quindi ad illustrare come si svolge la ricerca sull’emofilia e quali sono i progetti:
Telethon destina i propri fondi ad attività di ricerca interna, ossia svolta presso gli istituti fondati da Telethon, ed esterna, ossia condotta presso istituti pubblici o privati non profit di tutta Italia.
Per quanto riguarda l’impegno di Telethon a favore della ricerca sull’emofilia, sono stati sinora finanziati otto progetti di ricerca esterna, per un totale di un milione di euro circa, ed uno di ricerca interna, che ha ottenuto per tre volte il rinnovo del finanziamento da parte di Telethon, per un totale di ottocentomila euro circa. Quest’ultimo è appunto il progetto del Prof. Naldini e del Dott. Cantore, tuttora in corso, su cui abbiamo scelto di focalizzare questo articolo.
Esiste una cosiddetta ricerca esterna che consta di otto progetti finanziati per un totale di un milione di euro.Due sono i progetti attualmente in corso: uno seguito da Mirko Pinotti dell’Università di Ferrara, per l’emofilia B ed uno da Francesca Fallarino, Università di Perugia, per l’emofilia A.
Poi c’è la ricerca interna, quella appunto del Tiget, con un progetto  finanziato per un totale di 833.208 euro attualmente in  corso: TGT11D03, PI di Luigi Naldini, collaboratore Alessio Cantore.

Oltre ai progetti specifici sull’emofilia, Telethon ha finanziato 113 progetti di ricerca su malattie del sangue e degli organi ematopoietici, per un finanziamento totale di 27.116.508 euro.

IL COMUNICATO STAMPA
Nel corso dell’incontro ci è stato consegnato un comunicato stampa che riproduciamo quasi intergralmente.
Milano, 5 marzo 2015 – Un team internazionale di ricercatori guidati da Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia genica (TIGET) di Milano, ha messo a punto una terapia genica che potrebbe offrire una cura definitiva per l’emofilia B, malattia genetica dovuta al difetto di uno dei fattori della coagulazione del sangue che causa sanguinamenti spontanei, dannosi per l’organismo e potenzialmente letali.
Questa terapia agisce alla base della malattia fornendo l’informazione genetica corretta alle cellule del paziente perché possano produrre un fattore della coagulazione funzionante.
Lo studio, frutto della collaborazione del gruppo di Luigi Naldini con ricercatori in Germania, Francia, Belgio e USA è pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Translational Medicine.
La terapia genica è stata sperimentata su alcuni cani già malati di emofilia B, ai quali sono stati somministrati vettori lentivirali portatori del gene sano. Una singola somministrazione del vettore ha ripristinato stabilmente l’espressione del fattore della coagulazione mancante e ridotto considerevolmente i sanguinamenti spontanei a più di 5 anni dal trattamento. […]
La potenzialità terapeutica della terapia genica per questa malattia è stata recentemente dimostrata in alcuni pazienti affetti da emofilia B e trattati con vettori derivati dal virus adeno-associato che trasferiscono il fattore IX della coagulazione, il gene difettoso in questa patologia.
Tuttavia non sarà possibile estendere questa terapia a tutti i pazienti a causa di alcune limitazioni di questi vettori.
È quindi necessario sviluppare strategie alternative.
I vettori lentivirali, derivati in origine dal virus HIV, potrebbero dimostrarsi vantaggiosi in questo senso.
Questi vettori sono stati già utilizzati con risultati favorevoli in via sperimentale in bambini affetti da alcune immunodeficienze o malattie neurodegenerative presso il TIGET, trattando le cellule staminali del sangue prelevate dai pazienti e poi reinfuse dopo il trattamento.
Nel nuovo studio i vettori lentivirali sono iniettati direttamente nel sangue, attraverso cui raggiungono il fegato, sede naturale di produzione del fattore IX della coagulazione, dove inseriscono in alcune cellule una copia funzionante del gene.
Le cellule del fegato, così corrette, possono quindi immettere continuativamente il fattore nel circolo sanguigno, all’interno del quale potrà svolgere la sua funzione, quando necessario.
“In questo lavoro abbiamo valutato l’efficacia e l’eventuale tossicità della somministrazione diretta di vettori lentivirali in tre cani affetti da emofilia B, tutti nati presso la colonia di Chapel Hill in North Carolina e che rappresentano il modello più vicino all’uomo di questa malattia; tutti e tre i cani sono vivi, stanno bene e hanno riportato un beneficio duraturo (a più di cinque anni di osservazione) in seguito alla terapia genica, dimostrabile dalla riduzione o assenza di sanguinamenti spontanei” afferma Alessio Cantore, ricercatore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (TIGET) e primo autore dello studio.
Coautori dello studio sono Eugenio Montini, ricercatore al TIGET e Marco Ranzani, dottorando di ricerca, che hanno dimostrato l’assenza di complicazioni a lungo termine della terapia dovute all’inserzione dei vettori lentivirali nel DNA delle cellule del fegato su modelli sperimentali da loro sviluppati.
Luigi Naldini commenta: “Questo lavoro pone le basi per una prossima sperimentazione clinica della terapia genica dell’emofilia B con i vettori lentivirali, anche se serviranno ancora alcuni anni di lavoro per garantire efficacia e sicurezza anche nell’uomo. Una prospettiva oggi più realistica, grazie anche all’accordo siglato da Fondazione Telethon e Ospedale San Raffaele con l’azienda americana Biogen per lo sviluppo clinico di questa terapia”. […]

L’INTERVISTA
In conclusione abbiamo rivolto alcune domande al Prof. Naldini per chiarire meglio per i nostri lettori l’argomento che ci riguarda particolarmente da vicino: l’emofilia.
Partiamo da quello che abbiamo scritto sul nostro primo comunicato nel precedente numero del nostro giornale e lo trasformiamo in una domanda:

La strategia terapeutica dell’istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica permette di introdurre geni corretti e funzionanti nelle cellule dei pazienti affetti da malattie genetiche.
Il TIGET si sta impegnando nello sviluppo di strategie di terapia genica anche per il trattamento dell’emofilia di tipo A e B.
A che punto siete con la ricerca?
“Per quanto riguarda l’emofilia di tipo B, abbiamo ottenuto dati incoraggianti sulla sicurezza e l’efficacia della terapia genica con vettori lentivirali nel modello del cane emofilico B, mentre nel caso dell’emofilia A stiamo effettuando degli studi nel modello murino”.

Ancora nell’articolo da noi pubblicato in gennaio si afferma che:
Nel caso dell’emofilia la terapia genica mira a introdurre versioni funzionanti dei geni in grado di produrre le proteine coinvolte nel processo di coagulazione che sono carenti in questi pazienti.
La terapia genica sviluppata al TIGET si basa sull’impiego di vettori lentivirali, ottenuti dalla “ingegnerizzazione” del virus HIV per trasportare nelle cellule dei pazienti versioni funzionanti di quei geni che quando difettosi sono responsabili di specifiche malattie.
Prof. Naldini ci può chiarire meglio questo concetto?
“La nostra tecnica si basa su un particolare tipo di vettore, quello lentivirale, che deriva in origine dal virus HIV.
Per molti anni abbiamo lavorato all’ingegnerizzazione di questo virus in modo da farne un veicolo efficace e relativamente sicuro per inserire geni nelle cellule.
In questo caso, stiamo per primi sviluppando l’applicazione di questo veicolo alla terapia genica dell’emofilia A e B.
Altre strategie di terapia genica dell’emofilia usano infatti altri virus ingegnerizzati, quali ad esempio i virus adeno-associati, aventi proprietà differenti.
L’impiego di vettori lentivirali potrebbe risultare vantaggioso su vari fronti. Innanzitutto, questo tipo di vettore è in grado di accomodare sequenze di DNA anche di grandi dimensioni, quale è il caso del gene per il fattore VIII, coinvolto nell’emofilia A.
Inoltre, i vettori lentivirali possiedono la proprietà di integrarsi nel genoma della cellula ospite e di venire quindi tramandati attraverso i cicli di replicazione cellulare, persistendo nel patrimonio genetico delle cellule figlie. Di conseguenza, la terapia genica con vettori lentivirali, se dimostrata sicura e di successo, potrebbe in futuro essere impiegata anche in bambini affetti da emofilia, nei quali garantirebbe un beneficio terapeutico a lungo termine, dal momento che il gene funzionale verrebbe trasmesso dalle cellule corrette alla propria progenie cellulare, non venendo quindi “diluito” nel corso della crescita dei tessuti che avviene fisiologicamente nell’organismo.
Infine, nel caso dei sopra citati virus adeno-associati, una percentuale importante della popolazione ne viene infettata nel corso della vita e sviluppa una risposta immunitaria contro di essi, potenzialmente in grado di neutralizzare i vettori da essi derivati. I vettori lentivirali potrebbero offrire la possibilità di usufruire di una terapia genica anche a pazienti immunizzati contro virus adeno-associati.
D’altro canto la terapia genica basata su vettori lentivirali specificamente diretti alle cellule epatiche rappresenta una strategia ad uno stadio più precoce di sviluppo, che richiede quindi uno studio accurato di sicurezza ed efficacia in modelli preclinici”.

Voi attualmente state effettuando delle sperimentazioni sui cani, perché?
“Come già accennato, il primo passaggio delle sperimentazioni animali viene effettuato in specie di piccola taglia, quale il topo.
È  facile comprendere come, ad esempio, la quantità di vettore necessaria per il trattamento del topo sia nettamente inferiore a quella richiesta per l’uomo, il cui organismo è di dimensioni decisamente superiori. Questo, così come molti altri parametri, necessita di essere valutato in animali più vicini all’uomo, sia per la taglia sia per la fisiologia.
In questo caso stiamo collaborando con l’Università della North Carolina, negli Stati Uniti d’America, che ospita una colonia di cani affetti da emofilia B, che rappresentano ad oggi il modello più vicino all’uomo di questa malattia.
Effettuare degli studi in questi cani sulla sicurezza ed efficacia della terapia genica che stiamo sviluppando rappresenta quindi un passaggio naturale ed obbligato nel percorso di preparazione agli studi clinici nei pazienti”.  

Nello sviluppo della terapia genica per la talassemia e l’emofilia state seguendo due strade differenti, la prima mirata al midollo e la seconda al fegato. Il meccanismo alla base delle due non è quindi lo stesso?
“Per quanto riguarda la terapia genica della talassemia, il TIGET, e in particolare il gruppo della Prof.ssa Giuliana Ferrari, sta sviluppando una strategia ex vivo. La correzione genetica del gene della beta-globina, responsabile della patologia, viene effettuata attraverso l’impiego di vettori lentivirali in cellule staminali emopoietiche prelevate dal paziente stesso e reintrodotte nell’organismo a seguito della correzione. Differentemente, nel caso dell’emofilia stiamo mettendo a punto una strategia di terapia genica in vivo, in cui i vettori lentivirali sono somministrati per via endovenosa e diretti alle cellule del fegato”.

Quali possono essere le prospettive di questa ricerca nel prossimo futuro?
“Innanzitutto miriamo a completare gli studi sopracitati nei cani, per definire la dose terapeutica ottimale per efficacia e sicurezza. Un altro passaggio importante sarà quello di sviluppare un processo di produzione del vettore secondo criteri GMP (Good Manufacturing Practice, ossia Norme di Buona Fabbricazione), che assicurano un elevato standard di qualità del vettore prodotto per la somministrazione nell’uomo. Abbiamo certamente davanti ancora alcuni anni di lavoro”.

Durante il nostro incontro è stata ribadita più volte l’intenzione di avere un contatto continuativo e costruttivo con le associazioni dei pazienti, per promuovere la diffusione delle informazioni e per creare consapevolezza di quanto si sta facendo.
Riteniamo anche nostro preciso dovere di cronisti parlare dell’Unità di Ricerca Clinica Pediatrica dell’Ospedale San Raffaele, che ci è stato gentilmente concesso di visitare e che rappresenta il braccio clinico del TIGET. Qui sono ricoverati bambini provenienti da tutte le parti del mondo, inclusi Paesi all’avanguardia nella ricerca come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.
Le attuali attività cliniche riguardano l’impiego di protocolli sperimentali di terapia genica per il trattamento di ADA-SCID, Sindrome di Wiskott-Aldrich, Leucodistrofia Metacromatica (MLD) e Beta-talassemia, patologie che abbiamo descritto a pagina 13.

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