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CONOSCERE LA DREPANOCITOSI

Per il terzo anno consecutivo l’associazione ABAD (Associazione Bambini Affetti da 
Drepanocitosi, ha organizzato l’evento “CONOSCERE LA DREPANOCITOSI”.
 La presidente Nabu Dieng Seynabou e il marito Gueye Elhadji Mbacke sono il motore trainante dell’associazione e sono molto attivi. La manifestazione si è svolta a Bologna presso la sala in Piazza dell’Unità. Un ringraziamento particolare va rivolto alla Fondazione Italiana Leonardo Giambrone, all’AVIS, e all’associazione “Pace Adesso”. Il Comune di Bologna ha dato il suo patrocinio attraverso il Quartiere Navile. Ringraziamento particolare quindi perché senza il quale l’evento non sarebbe stato realizzabile. 
La Signora Nabu ha aperto la giornata illustrando le immagini degli anni precedenti.

È poi intervenuta Maddalena Quattrocchi come rappresentante nazionale della drepanocitosi per la Fondazione Italiana Leonardo Giambrone che ha illustrato l’importanza delle associazioni. Far parte di un’associazione vuol dire prendersi a cuore le problematiche dei pazienti e delle famiglie. L’associazione non deve mai prendere il posto dei medici, ma fare da ponte, quando è necessario, tra pazienti e medici. Unendo le forze, ognuno per ciò che gli compete, si riesce a collaborare e formare una squadra che lavora a favore di tutte le persone coinvolte.

La dottoressa Elena Facchini dell’Ospedale S. Orsola di Bologna, ha parlato della drepanocitosi (Sickle Cell Disease, SCD) che è una malattia genetica ereditaria del globulo rosso causata da un’anomalia dell’emoglobina. Questa malattia è molto diffusa tra le popolazioni di Africa, India, Carabi e bacino del Mediterraneo. Negli ultimi anni i fenomeni d’immigrazione, soprattutto dall’Africa e dal Medio ed Estremo Oriente, hanno portato a vivere in Italia molti portatori di questa emoglobinopatia.
 La malattia spesso è determina da crisi dolorose improvvise. Esse possono ripetersi anche più volte all’anno e richiedono spesso numerose ospedalizzazioni.

Il dottor Giovanni Palazzi del Policlinico di Modena, ha parlato della sua esperienza in ospedale, di come ha visto crescere nel corso degli anni il numero di bambini affetti da questa malattia. Le difficoltà che ha avuto ai primi tempi poiché era una malattia quasi del tutto sconosciuta, mentre oggi avere pazienti con drepanocitosi è un problema che si può condividere. Ha anche lanciato l’idea di un convegno per il 2020 sempre rivolto ai pazienti.

La Dott.ssa Donatella Venturelli del Servizio Immunotrasfusionale di Modena, ha riferito dell’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro, denominato “Drepanocitosi LAB” degli alunni e le alunne di Modena, che prevedeva esperienze di stage presso il laboratorio del Servizio Immunotrasfusionale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena.
 Nel corso del progetto, studenti e studentesse hanno potuto seguire tutto il processo trasfusionale, a partire dalla donazione sino alla lavorazione e poi all’assegnazione degli emocomponenti presso il Servizio Immunotrasfusionale, e comprendere così l’importanza della donazione di sangue per aiutare questi pazienti. Nonostante esistano farmaci per trattare questa patologia, la donazione di sangue riveste tuttora un’importanza fondamentale per la soluzione degli eventi acuti. Soprattutto è importante che la donazione la facciano anche le altre etnie poichè il sangue dei caucasici ha caratteristiche che non sono consone con quelle di altre razze. Gli antigeni nel sangue se non perfettamente compatibili, prima o poi creano una reazione che è estremamente pericolosa.

Per la dottoressa Monica Benni dell’Ospedale S. Orsola di Bologna, uno dei traguardi della cura è creare un’alleanza tra chi cura e chi è curato, promuovendo la consapevolezza della necessità, per chi ne è affetto, di prendere coscienza del proprio stato e diventare protagonista attivo della cura. Questo è particolarmente vero per i bambini che devono vivere la vita nel modo più normale possibile nonostante questa condizione cronica che dura tutta la vita.
 Da qui l’esigenza di insegnare e promuovere stili di vita sani e incoraggiare allo sport, al gioco e a tutte le attività che normalmente dovrebbe vivere un bambino.
 Infine ha parlato Fallou un ragazzino senegalese affetto da questa malattia. La platea lo ha applaudito con molto fervore.

Babacar Ndiaye, presidente Associazione Senegalese-Coordinamento migranti di Bologna, dopo avere ascoltato con molto interesse tutto, ha dichiarato che è disponibile a dare il suo aiuto per quanto riguarda l’informazione rivolta alla sua comunità sulla necessità della donazione di sangue e fare da mediatore tra i medici e la sua popolazione.
Da rilevare che alla manifestazione hanno partecipato persone che non hanno famigliari con problemi di drepanocitosi. Nella platea c’erano anche due commissari della prefettura di Bologna che hanno espresso il loro interesse nel conoscere un mondo che era a loro sconosciuto. Sapere che il messaggio dato è arrivato a tutti indistintamente in maniera chiara e comprensibile da sempre molta soddisfazione. Ripaga di tutti gli sforzi, il tempo dedicato al volontariato.

La giornata si è conclusa con le musiche e danze afro come ogni anno. Anche questo è un modo per comunicare e scambiare esperienze di vita.

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