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CORSO DI FORMAZIONE
SULLA DREPANOCITOSI

emoex

Il corso aveva come obiettivo quello di fornire al personale sanitario informazioni atte a riconoscere e trattare le diverse complicanze della drepanocitosi, patologia che a causa dei flussi migratori degli ultimi anni si sta osservando più frequentemente anche nelle nostre strutture sanitarie.
La drepanocitosi (SCD) è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della sanità come un problema di salute globale, interessando un elevato numero di persone prevalentemente nell’area del centro Africa, ma anche nell’America latina e nelle aree del Mediterraneo.

Sono state affrontate e dibattute le seguenti tematiche.

Screening neonatale
L’identificazione della malattia nei nuovi nati permette di applicare misure preventive come la profilassi antibiotica a lungo termine e un programma vaccinale adeguato contro Streptococco pneumonite, Meningococco ed Haemophilus Influenzae, comportando un considerevole aumento della sopravvivenza di questi pazienti.
Nella realtà locale della provincia di Modena in considerazione dell’alto numero di immigrati è stato istituito un programma (operativo da 1 anno) di screening neonatale per emoglobinopatie applicato ai nuovi nati da madri provenienti dalle zone endemiche per la malattia.
Il riconoscimento alla nascita della malattia consente di effettuare fin dall’inizio le misure di prevenzione e il riconoscimento precoce delle complicanze.

Necessità di “comprehensive care”
Trattandosi di patologia monogenica ma multiorgano, il trattamento di questi pazienti deve essere del tipo “comprehensive care”, con centri per la diagnosi ed il trattamento collocati in ospedali che dispongano di multidisciplinarità specialistiche.
L’obiettivo cardine, una volta riconosciuta la malattia, è quello di evitare o ritardare il più possibile la comparsa delle complicazioni che praticamente col trascorrere del tempo vengono ad interessare tutti gli organi ed apparati

Complicanze della malattia
La milza è abitualmente il primo organo ad essere compromesso: ne risulta pertanto una condizione di asplenia funzionale con predisposizione alle infezioni prevalentemente quelle da microrganismi capsulati.
Il danno renale si manifesta nelle fasi precoci  con ipostenuria e microalbuminuria asintomatica; col tempo si ha un progressivo deterioramento della funzione renale fino a quadri di IRC severa con necessità di dialisi e/o di trapianto.
A carico del sistema respiratorio la sindrome acuta polmonare (ACS-acute chest syndromE) è l’evento che più frequentemente determina l’ospedalizzazione in questi pazienti e rappresenta la principale causa di morte. Col tempo si instaurano deficit respiratori di tipo restrittivo e soprattutto quadri importanti di ipertensione polmonare con coinvolgimento cardiaco secondario.
A carico del cervello si rileva un’ alterata velocità del flusso a livello delle arterie cerebrali, gli infarti silenti sono frequenti e gli stroke si verificano in circa il 10% dei bambini e degli adolescenti.

Uso dell’idrossiurea
Attualmente l’idrossiurea risulta sottoutilizzata specialmente nelle aree geografiche dove dovrebbe essere maggiormente impegata. È indicata nei pazienti con omozigosi SS o microdrepanocitosi con episodi dolorosi ricorrenti o sindromi polmonari acute.
Essa agisce, attraverso un meccanismo di soppressione midollare che favorisce i precursori  contenenti HbF.
Ne risulta un incremento  della sintesi di HbF con attenuazione della sintomatologia legata alla malattia (riduzione delle crisi dolorose, delle sindromi polmonari acute) e netto beneficio soggettivo nel paziente.
Non sembra essere efficace nel preservare la funzione splenica mentre invece sono positivi gli effetti sul rene (in alcune casistiche vengono segnalati anche miglioramenti significativi della funzione renale).
Al momento attuale non risulta provato un effetto leucemogeno e/o oncogeno dell’idrossiurea: i dati rilevati sono sovrapponibili a quelli riscontrati nella popolazione che non ne fa uso.

Trasfusioni ed eritroexchange
È ampiamente dimostrata l’efficacia del trattamento trasfusionale periodico  nella prevenzione dello stroke (riduzione del 90%) e nella prevenzione delle  sindromi polmonari acute ricorrenti. Purtroppo i fenomeni di allo-immunizzazione sono frequenti: si verificano infatti  nel 30% circa dei pazienti trasfusi soprattutto per i diversi pattern antigenici della popolazione caucasica che costituisce la stragrande maggioranza della popolazione dei donatori.
Il supporto trasfusionale comporta come conseguenza principale il sovraccarico marziale che pertanto deve essere gestito in maniera analoga a quanto previsto per i pazienti talassemici: pertanto quando possibile è  molto meglio utilizzare procedure di EEX.

Conclusioni
La formazione del personale sanitario, in particolar modo quello delle strutture di emergenza – urgenza è fondamentale al fine del riconoscimento precoce dei pazienti affetti e delle numerose complicanze della malattia che possono esordire in maniera anche drammatica. Un approccio multidisciplinare è necessario nel trattamento a lungo termine.

Silvia Macchi

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