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EMOFILIA: LE PAROLE CHIAVE PER UN SERENO RITORNO A SCUOLA

Cari lettori di Ex, da poco tempo ho iniziato a collaborare con questa rivista sperando però che il sodalizio sia duraturo e fruttuoso.
La redazione mi ha chiesto di scrivere alcune righe per presentarmi, ma non è sempre facile raccontare se stessi senza rischiare di tediare i lettori.
Cercherò quindi di evidenziare in poche righe le cose fondamentali della mia vita che serviranno a capire chi sono e come sono giunta ad occuparmi di emofilia.
Sono originaria di un piccolo paesino di montagna incastonato nelle Dolomiti Friulane, Forni di Sopra (UD), i miei genitori non erano medici né infermieri né tanto meno impiegati in un qualche ambito sanitario, erano operai in una delle molte occhialerie cadorine, non mi è stata quindi inculcata fin da piccola la passione per la medicina.
Il sacro fuoco della medicina non ardeva quindi in me fin dalla più tenera età, magari per eredità familiare, a questa “arte” sono giunta tardi, da adulta consapevole.
Prima ho percorso altre vie. Mi sono diplomata al Liceo Scientifico “G.Marinelli” di Udine, ho poi proseguito gli studi universitari laureandomi in Scienze Biologiche (indirizzo biomolecolare) presso l’Università di Trieste. La mia passione era la ricerca, ma forse non il mio destino.
Ho lavorato per alcuni anni presso il Dipartimento per il Trapianto del Midollo Osseo interno alla Medicina Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliera di Udine, poi, per motivi strettamente economici, ho dovuto ripiegare sull’informazione medico scientifica, attività degnissima, ma che non era certo quello che desideravo fare.
Tutto questo finchè un giorno ho fatto un incontro totalmente casuale che mi ha cambiato la vita.
Dovete sapere che io ho sempre fatto parte dell’Associazione Friulana Donatori di Sangue, sia come donatrice, sia come facente parte dei direttivi sezionali e provinciali dell’associazione stessa.
Un giorno del lontano 2008 mentre ero ad un incontro organizzato dalla sezione cittadina di questa associazione ho incontrato il dr. Giovanni Barillari, che conoscevo già da parecchio tempo, e che all’epoca era il responsabile del Centro Malattie Emorragiche e Trombotiche interno al Dipartimento di Medicina Trasfusionale Udinese.
Parlando con lui del più e del meno, di cosa stessi facendo in quel momento e quant’altro è uscita da parte sua la proposta di ritornare a lavorare in ospedale per occuparmi della parte scientifica, della ricerca e della gestione degli studi clinici in corso presso il centro da lui diretto.
Ho accettato entusiasta, ritornavo a occuparmi di ricerca!
Devo dire che nei primi tempi ero un po’ un pesce fuor d’acqua: il mio capo mi parlava di deficit della coagulazione, di fattori sostitutivi, ecc., cose per me allora assolutamente sconosciute. Ho dovuto imparare tutto. E in breve tempo.
Ricordo ancora il primo convegno AICE: ho passato due giorni a cercare di capire cosa fossero questi PUPs continuamente nominati. Decisamente un pesce fuor d’acqua!
Da allora molte cose sono cambiate.
Ho intrapreso la carriera medica frequentando la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Univeristà di Udine, ho gestito molti di trials clinici e pubblicato decine di articoli. Ora la coagulazione, i suoi trattamenti non sono per me oscuri.
Ora non lavoro neanche più a Udine, da una anno mi trovo a Padova presso il Centro Emofilia diretto dal dr. Ezio Zanon, dove ogni giorno miglioro la mia conoscenza della materia.
Come ho detto molte cose sono cambiate in questi anni, ma quello che è più cambiato è forse il mio approccio alle patologie emorragiche.
Ho imparato a conoscere non solo le patologie e i trattamenti, ma soprattutto le persone, i pazienti, i genitori e familiari dei pazienti, con le loro paure, le loro speranze per il futuro e i loro bisogni.
Mi sono sempre più appassionata ad un argomento che spero mi sarà permesso di seguire anche in futuro, riuscendo forse  a dare il mio contributo affinchè chi è affetto da queste patologie della coagulazione possa sempre più avere una vita sovrapponibile a chi di queste non ne soffre.
Spero di non avervi tediato con questo mio racconto, e spero altresì di avervi almeno un po’ raccontato chi sono.
Durante la nostra collaborazione avremo comunque la possibilità di conoscerci meglio.
Concedetemi solo un ringraziamento a chi in questi anni mi ha permesso di entrare a far parte di questo mondo.

Samantha Pasca

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Settembre tempo di scuola
Questo periodo rappresenta per tutti, bambini, genitori ed insegnanti un momento importante che cambia nuovamente la routine quotidiana dopo il periodo di vacanza estivo appena trascorso o che rappresenta una assoluta novità per chi fino a pochi mesi prima era ancora il piccolo di casa.
Come giungere quindi preparati a questo importante appuntamento? Semplicemente osservando alcuni piccoli accorgimenti, seguendo alcune parole chiave.

Consapevolezza
Il bambino che cresce deve essere sempre più reso consapevole di quali siano le caratteristiche della sua malattia.
L’emofilia è una condizione che permette di vivere una vita assolutamente identica a quella degli altri compagni, ma per ottenere questo devono essere rispettate delle regole ben precise.
Il bambino deve essere capace di riconoscere i rischi e i problemi correlati all’emofilia (sanguinamenti spontanei, emartri, ecc) in modo tale da prevenirli o intervenire per tempo per risolverli.
Il bambino con l’inizio della scuola inizia una nuova vita sempre più staccata da quella dei genitori, pertanto è fondamentale aiutarlo a diventare quanto più possibile autonomo.
Anche i genitori però devono assumere la consapevolezza che il loro bambino sta crescendo e che non possono più avere un controllo assoluto su tutto quello che gli accade, i genitori devono rendersi consapevoli che è il bambino ad essere emofilico e che pertanto tutto quello che riguarda la sua salute deve essere condiviso con lui.
L’inizio della scuola deve quindi coincidere con l’inizio del distacco del bimbo dal tranquillo ambito familiare, i genitori devono quindi favorire questo, non contrastarlo per paura di cosa possa succedere se loro non ci sono
Per quanto riguarda gli insegnanti consapevolezza coincide con conoscenza.
Conoscere l’emofilia, con tutto quello che ne concerne, permette agli insegnanti di non isolare il bambino emofilico, di non ritenerlo un bambino diverso dagli altri, ma di integrarlo nella classe in modo identico a quanto avviene per gli altri alunni.
Trattamento
Il bambino affetto da una forma grave di emofilia è generalmente trattato in regime di profilassi due o tre volte a settimana con il concentrato del fattore carente.
Questa profilassi deve sempre essere eseguita in modo corretto per ridurre al minimo il rischio di sanguinamento soprattutto nei momenti più a rischio come a scuola dove il bambino corre, gioca e si diverte con i compagni o durante la pratica di una qualsiasi attività sportiva.
Il farmaco va infuso al mattino, prima di recarsi a scuola perché così si è certi che in circolo ci  sia un quantitativo di fattore elevato, necessario a proteggere il bambino dai rischi.
Infondere il bambino nel pomeriggio esclusivamente per una maggiore praticità vanificherebbe questo beneficio, il maggior quantitativo di fattore circolante si avrebbe infatti di sera/notte durante il riposo.
Il trattamento va rivalutato periodicamente e condiviso con i medici del centro emofilia.
Se infatti il bambino modifica il proprio stile di vita, ad esempio aumentando l’attività fisica o l’orario di svolgimento della stessa, anche la terapia va modificata e personalizzata per renderla quanto più efficace possibile.
I bambini affetti da forme non gravi di emofilia non sono invece trattati in regime di profilassi e il fattore carente viene somministrato loro solo in caso di bisogno.

Primo soccorso
Tutti i bambini emofilici in profilassi o non possono svolgere le attività previste dal programma scolastico, gite e sport compresi, ma devono cercare di evitare quelle a maggior rischio di traumi.
In caso di lievi contusioni, di piccole ferite o di abrasioni superficiali è sufficiente nel primo caso, applicare ghiaccio e tenere a riposo la parte interessata; mentre nel secondo caso, le ferite vanno disinfettate, come viene abitualmente fatto ed eventualmente può essere applicato un po’ di ghiaccio per favorire l’arresto rapido del sanguinamento.
In caso di ferite più gravi, quando si rende necessaria l’infusione endovena del fattore della coagulazione carente, gli insegnanti devono prontamente avvertire i genitori ed eventualmente predisporre il trasporto del bambino al Pronto Soccorso.
Trasporto immediato al Pronto Soccorso e somministrazione del concentrato di fattore devono invece essere messe in atto in caso di trauma cranico per prevenire il rischio di emorragia cerebrale.

Serenità
Osservando alcune piccole norme precauzionali il bambino emofilico può quindi vivere la propria esperienza scolastica con serenità.
La scuola rappresenta per i bambini il primo passo verso la vita adulta e far capire loro che non ci sono ostacoli insormontabili causati dall’emofilia può senz’altro renderli più consapevoli riguardo le loro possibilità future.
Genitori ed insegnanti possono anch’essi vivere con serenità questo periodo, i trattamenti ad oggi a disposizione riducono notevolmente i rischi e rendono infatti i bambini emofilici del tutto paragonabili ai loro compagni.

Dr.ssa Samantha Pasca
Centro Emofilia di Padova

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