emofilia
Trattamento

TRATTAMENTO DELLE ARTROPATIE EMOFILICHE

 

IL TRATTAMENTO DOMICILIARE

Essere presente, partecipare, aiutare, assicurare, prestare: sono una serie di interventi diretti e di premure assidue che spiegano l’importanza ed il significato del processo di Nursing.
La necessità di sviluppare in maniera globale questo servizio sta aumentando, coinvolgendo sempre più l’interesse degli operatori sanitari: è l’infermieristica del cambiamento e ha alla base lo scopo di fornire elementi di tipo concettuale, metodologico ed applicativo, per la concretizzazione di ogni iniziativa.
Per raggiungere tale obiettivo ci si deve orientare propositivamente e si devono individuare principi la cui modificazione produca ricadute operative dirette, volte al miglioramento e/o all’ottimizzazione dei processi assistenziali in attuazione.
Questo tipo di assistenza, oltre ad essere vantaggiosa sul piano economico in quanto si sostituisce al breve ricovero o al ricovero improprio, migliora sicuramente la qualità della vita che si offre al paziente, permettendo il suo inserimento nella vita sociale e familiare, e favorendo una gestione della malattia in maniera sempre più autonoma e libera da ogni turbamento.Un servizio di fondamentale importanza: l’assistenza domiciliare
L’assistenza domiciliare all’emofilico rappresenta una forma superiore di alternativa all’ospedalizzazione e rispetta i principi della complessità e della globalità dell’intervento: il soggetto destinatario è tutelato analogamente a quanto avviene in ambiente ospedaliero.
Il Nursing domiciliare, come servizio in più per il paziente è di fondamentale importanza e di elezione nell’educazione all’autogestione della malattia.
Ciò comprende:

  • l’infusione del fattore antiemofilico in casi di emergenza, nell’immunotolleranza e durante la profilassi
  • la giocoterapia
  • il controllo degli accessi venosi
  • tutto ciò che riguarda l’aspetto psicologico e sociale per una migliore qualità della vita.

L’operatore sanitario impegnato in questo processo di Nursing deve essere adeguatamente preparato ed istruito, affinché acquisti autonomia e  responsabilità.

IL FISIOTERAPISTA: APPROCCIO E PROBLEMATICHE

La limitazione funzionale derivante da qualsiasi tipo di evento traumatico, in seguito a patologia degenerativa o intervento chirurgico, porta il paziente ad una serie di disagi fisico-psicologici per l’instaurarsi di una disabilità.
Questo crea una ripercussione negativa sulla qualità della vita del paziente che vive e subisce questa condizione. Ma disabilità non significa handicap e non deve diventarlo. La DISABILITA’ è l’impossibilità a svolgere il proprio ruolo nei modi considerati normali; diventa HANDICAP quando le
barriere architettoniche e sociali impediscono l’assolvimento del proprio ruolo
.
Nel trattamento della suddetta patologia oggi sono diverse le strategie che si possono applicare ed integrare: farmacologiche, riabilitative, chirurgiche.
L’ntegrazione di queste strategie diventa fondamentale nel trattamento di una patologia complessa come l’artropatia emofilica.

Esiste uno studio svedese secondo il quale la possibilità di sottoporre il paziente emofilico ad una profilassi con fattore della coagulazione carente e fisioterapia permette di limitare i danni o almeno contenere il danno motorio ed eventualmente posticipare il ricorso alla terapia chirurgica.
Spesso, infatti, i soggetti che si sottopongono ad intervento chirurgico sono giovani e presentano quadri clinici di estrema serietà.
La riabilitazione di questi pazienti presuppone una buona conoscenza della patologia di base, l’emofilia, e le eventuali conseguenze di un approccio terapeutico errato.

Indispensabile la conoscenza della terapia
E’ molto importante conoscere la terapia farmacologica in atto al momento della seduta terapeutica ed in particolare il dosaggio del fattore di coagulazione carente; ciò permette al terapista una corretta e costante modulazione dell’intervento riabilitativo evitando, o almeno limitando, il rischio di sanguinamento.
L’esperienza è stata rivolta a pazienti sottoposti ad artroprotesi, che spesso necessitano di rassicurazioni sulla transitorietà delle manifestazioni dolorose e di spiegazioni sul metodo terapeutico.
Nel post operatorio il paziente ha spesso paura di utilizzare la sua nuova articolazione e mette in atto una serie di schemi ed atteggiamenti, utilizzati già prima dell’intervento, in modo da preservare l’arto.
Il ruolo educativo del terapista è essenziale in questa fase perché spiega al paziente cosa è opportuno fare per migliorare la performance motoria ed eventualmente correggere le posture errate.

Le motivazioni e la partecipazione del paziente
Il paziente deve essere motivato al recupero funzionale in quanto deve partecipare al programma rieducativo e non subirlo. Nel percorso normale di rieducazione il paziente sottoposto ad intervento di protesizzazione inizia il trattamento fisiochinesiterapico già dalla seconda giornata.
In quarta e quinta giornata il programma riabilitativo prosegue in palestra e si compone di varie fasi: manovre preparatorie, stretching e massaggio sfiorante dell’arto, mobilizzazione attivo-assistita del segmento, rinforzo muscolare, rieducazione propriocettiva al fine di migliorare la stabilità dell’articolazione, rieducazione al passo al fine di ridurre scompensi ed atteggiamenti viziati durante il cammino.

Un programma di idrochinesi terapia
Ove sia possibile si rivela utile impostare un programma di idrochinesi terapia. La terapia in acqua, eseguita attorno ai 34°-36°, porta notevoli benefici: esplica un azione antidolorifica e rilassa i nervi, permette l’appoggio ed il cammino dell’arto protesizzato qualora non fosse possibile iniziare
immediatamente distribuendo tutto il carico, permette il rinforzo della muscolatura grazie alla resistenza offerta dall’acqua, esplica effettivi benefici sulla sfera psicologica del paziente.
Il trattamento riabilitativo dovrebbe sempre mirare al maggior recupero funzionale specifico per ogni soggetto.

Il recupero però potrebbe essere ostacolato da diversi processi patologici che intervengono durante l’iter riabilitativo. Questi possono essere:

  • infiammazione,
  • infezione della ferita
  • aderenze della cicatrice ai tessuti sottostanti
  • blocco articolare resistente a tutte le manovre di facilitazione
  • quadro radiografico dubbio
  • infezioni concomitanti secondarie.

Il concetto di terapia di mantenimento
Una volta terminato il trattamento riabilitativo post-chirurgico viene consigliato al paziente di continuare ad effettuare una terapia di mantenimento al fine di evitare ricadute e possibilmente prevenire ulteriori danni motori.
Il concetto di terapia di mantenimento prevede la possibilità di intraprendere un’attività sportiva a bassi regimi.
In Olanda sono state fatte delle vere e proprie classificazioni di sport che il paziente emofilico può praticare anche in base al grado di severità della patologia.
L’intervento riabilitativo di tipo conservativo e, quando non sia sufficiente, la chirurgia forniscono in molti casi la possibilità di un buon recupero della qualità della vita in tutti i suoi ambiti