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I MEDICI INCONTRANO I PAZIENTI EMOFILICI

Si è svolto a Recanati, il 2 luglio, l’ultimo in ordine di tempo, degli incontri che avevano come titolo: “Dialoghi sull’emofilia – i medici incontrano i pazienti”.
Anche in questo caso finalmente un incontro al quale hanno partecipato le associazioni, gli emofilici, le famiglie dell’Abruzzo, delle Marche e della Romagna.
Scelta del luogo indovinata perché Recanati è una sorta di balcone affacciato sul mare Adriatico e sulla riviera del Conero.
Tra le sue mura aleggiano idealmente le rime più famose di Giacomo Leopardi (a Silvia, il sabato del villaggio….) che è stato poeta, filosofo, scrittore, ritenuto il maggior poeta dell’ottocento italiano e una delle più importanti figure della letteratura mondiale.
Ha partecipato un pubblico numeroso di famiglie che hanno trovato il modo di porre una serie di domande ai medici dei Centri emofilia presenti.
La dottoressa Isabella Cantori del Centro emofilia di Macerata, Chiara Biasoli del Centro emofilia della Romagna, la dottoressa Patrizia Di Gregorio del Centro emofilia di Chieti, la dottoressa Lisa Pieri del Centro emofilia di Firenze e la dottoressa Giovanna Summa del Centro emofilia di Pescara hanno risposto come sempre con la semolcità e la chiarezza tipica dei nostri medici.

Si è parlato soprattutto delle terapie e della disponibilità dei farmaci innovativi e della terapia personalizzata.
Altro argomento affrontato con il massino interesse è stato quello dell’importanza di avere una rete di assistenza sanitaria efficiente e per questo sono intervenuti i rappresentanti delle associazioni dei pazienti che svolgono un ruolo importantissimo a livello politico istituzionale.
Argomento particolarmente sentito questo, visto che l’assistenza purtroppo non è ancora allo stesso livello in tutto il territorio nazionale.
In questo caso si è parlato del progetto che si sta sviluppando nella Regione Abruzzo che il nostro giornale ha trattato nel numero di maggio di quest’anno (vedere la pagina 10 di maggio/giugno – n.d.R.).
La discussione più interessante poi si è sviluppata quando si è parlato della vita del paziente e della famiglia, del dolore fisico e del disagio nonostante che la qualità di vita sia migliorata decisamente.
L’importanza di questi incontri che si ripetono, a nostro parere, non è tanto nel parlare della terapia che ormai tutte le famiglie degli emofilici conoscono molto bene, ma del momento in cui c’è il confronto con il medico al quale si rivolgono domande che magari vengono quasi spontanee in presenza di altre famiglie che hanno gli stessi problemi, gli stessi dubbi e desiderano condividere la loro vita quotidiana con altri.
Tutto questo, è bene ricordarlo, nella certezza che i nostri medici sono disponibili e parlano un linguaggio comprensibile come è avvenuto a Recanati.
Anche importante non dimenticare chi permette che questi incontri abbiano luogo ai quali rivolgiamo il nostro ringraziamento.
Argomenti e discussioni che si erano sviluppati dopo che a tutti i partecipanti era stato offerto un pranzo preparato dai frati francescani dell’Abazia di Recanati, preparato e servito nel loro refettorio e che hanno avuto modo di parlarci anche delle missioni alle quali si dedicano in tutto il mondo.
In qualche modo è stato un incontro “diverso” ma utile.
Il trasferimento poi che è avvenuto alla sede del convegno che era presso l’hotel Palazzo Bello, non ha fatto dimenticare l’incontro con loro ed il vostro cronista, in qualche modo coinvolto in questa atmosfera vuole regalare ai nostri lettori un editoriale che ha letto nel loro periodico che si intitola “Voce francescana” e nel quale parla di “camminare”.

“Camminare è il ritmo dell’uomo. Un’andatura in cui il tempo, liberato dalle strozzature della fretta, si decomprime per risvegliare il cuore all’accoglienza di ciò che lo circonda.
Negli ultimi decenni, camminare è stato perlopiù un imperativo medico per rimediare alla sedentarietà ipernutrita dei nostri tempi, o un allenamento sempre più performante dentro un clima agonistico. Eppure, se i tempi recenti segnano una crescente riscoperta dei cammini e del cosiddetto turismo lento, forse la ragione va cercata più in profondità, in una sorta di reazione istintiva ai mali di oggi.
Proviamo a scavare un po’ più a fondo e domandiamoci: cosa affligge l’uomo odierno?
Lo riassumerei in quattro grandi motivi: eccessiva velocità, prigionia tecnologica, intimo isolamento e perdita del senso. Da ciascuno di essi discende una serie di altre conseguenze deleterie per la persona.
Dal primo motivo vengono quel senso di frenesia che accompagna ogni singola azione – come se tutto quello che facciamo dovesse essere fatto nel più breve tempo possibile, altrimenti si affaccia il senso di colpa! –, e lo stress schiacciante che l’imposizione di questo ritmo disumano provoca.
Dal secondo deriva il distacco dalla natura, l’atrofia dei sensi, il disincanto di fronte al mondo, l’assenza di un sano piacere per mancanza di condizioni atte a gustare la bellezza di un panorama, di un profumo, di un suono, di un sapore, o del toccare ed esplorare il mondo con le mani, come facevamo da bambini.
Il terzo motivo ci ricorda che la moltiplicazione di relazioni superficiali non supplisce al desiderio di condivisione profonda: nelle relazioni la quantità non sostituisce la qualità e la persona dalle mille relazioni si ritrova sola nell’intimo, con un malinconico senso di solitudine che non sa colmare.
Da ultimo, l’uomo di oggi procede ma non cammina, si muove ma senza meta, avanza privo di un perché. L’orizzonte che dà senso alla vita e conferisce la motivazione ad ogni passo è dissolto.
Procediamo disorientati.
Oggi l’uomo sta riprendendo a camminare: per la nostalgia di una bellezza che non trova più; per il desiderio di non subire il tempo, ma di abitarlo e di assaporare lentamente ciò che vive; per la gioia di ridestare i sensi e di ritrovare lo stupore dinanzi al mondo; per condividere nell’amicizia e per dare un senso alle cose.
In tal senso, il cammino è una terapia integrale che ricentra l’uomo sull’essenziale e gli restituisce una gioia semplice e pura.
Chi diventa pellegrino si ritrova più felice, comprende che più si è leggeri meglio si cammina, e che la gioia è fatta di poche cose, quelle giuste.
E allora…buon cammino, pellegrino!”.