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IL CENTRO EMOFILIA DI “HUMANITAS” IN UN’INTERVISTA CON IL DOTT. LODIGIANI E LA DOTT.SSA MANCUSO

L’idea dell’intervista al dott. Corrado Lodigiani ed alla dottoressa Maria Elisa Mancuso è nata dal programma che il nostro giornale ha ormai da anni alla ricerca dei Centri di cura dei pazienti con malattie emorragiche congenite.
Questa è comunque la prima volta che ci rechiamo in una struttura privata collegata con il Servizio Sanitario Nazionale.
Poi, il giorno 26 novembre scorso partecipando all’incontro
“Ascoltiamoci” tenutosi presso il Centro Congressi dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano con le famiglie dei pazienti emofilici, nel razionale del programma abbiamo letto tra l’altro: “L’obiettivo dell’incontro è quello di presentare alle persone con malattie emorragiche congenite ed alle loro famiglie lo stato dell’arte ed il futuro della terapia e di toccare i principali temi legati all’approccio multidisciplinare con il coinvolgimento degli specialisti che già ruotano attorno alla cura di queste persone”.
In questa breve premessa confessiamo che leggendo la storia dell’Istituto Clinico Humanitas la sorpresa è stata grande quando abbiamo letto che: “Le origini di Humanitas, risalgono alla seconda metà degli anni ’80 da un incontro con il prof. Nicola Dioguardi”.
Lo avevamo conosciuto verso la fine degli anni ’70 a Milano, in occasione della presentazione di un libro sull’emofilia e ’altro autore era un giovane medico di nome Pier Mannuccio Mannucci, che è stato suo allievo e che poi ha fatto la storia della cura dell’emofilia in Italia.
Dioguardi quindi crea Humanitas che nel 1996 apre i battenti e al suo interno apre un Centro Trombosi e Malattie Emorragiche.


Dott. Lodigiani, lei entra come assistente nel 1998 e segue poi tutto il percorso, come aiuto e poi come direttore del Centro.
Il Centro, attualmente denominato Centro Trombosi e Malattie Emorragiche, un servizio clinico specializzato nella prevenzione, diagnosi e cura delle malattie da trombosi e delle malattie emorragiche congenite ed acquisite, è quindi a tutti gli effetti da considerare uncentro MEC.
A questo punto le chiediamo di farci una scheda tecnica del Centro e come è nato realmente.
“Rispondo facendo riferimento alla sua premessa e dicendo che il prof. Dioguardi, che ho avuto il piacere di conosceree anche di curare negli ultimi anni della sua vita, non solo ha avuto l’idea di fondare l’ospedale colloquiando su un prato di montagna con il suo caro amico dr. Romagnoli, allora presidente della Reale Mutua, ma ha anche deciso che si sarebbe chiamato “Humanitas”.
Questo aspetto lo trovo importante perché si collega a quello che è lo spirito del nostro Centro.
Infatti Dioguardi ha voluto che l’ospedale si chiamasse così perché desiderava un ospedale dedicato al paziente nella sua interezza e non solo alla cura della sua malattia. Un progetto che inizialmente sembrava utopistico.
Io ero un giovane medico appena specializzato in Medicina Interna presso la scuola del prof. Mannucci ed ebbi il coraggio di andare a lavorare in un Istituto che era stato appena convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale.
A quel tempo Humanitas era poco più di una clinica privata convenzionata solo per i ricoveri.
Non si potevano fare visite ambulatoriali con il Servizio Sanitario Nazionale, ma si usavano delle tariffe uniche paragonabili agli attuali ticket.
Racconto questi particolari per inquadrare meglio quale é stata la lunga e talora difficile storia del Centro Trombosi e Malattie Emorragiche.
Siamo partiti quindi in un piccolo ospedale costituito inizialmente da un padiglione unico e poche centinaia di posti letto, specializzato soprattutto nella cura dei malati oncologici e chirurgici ed oggi ci ritroviamo parte di un IRCCS, Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, privato ma interamente convenzionato con il SSN con circa 1000 posti letto e oltre 10.000 accessi ambulatoriali ogni giorno.
Da circa 10 anni è stata inoltre istituita un’Università con corsi in inglese di Medicina e Chirurgia, denominata Hunimed in cui ogni anno vengono accolti centinaia di studenti provenienti da tutti i Paesi del mondo.
È stato un processo al quale ho partecipato interamente con grande emozione e soddisfazione.
Per tanti anni il nostro Centro è stato prevalentemente dedicato ai malati di trombosi perché l’assenza di una piena convenzione con il SSN per l’attività ambulatoriale rendeva più difficoltosa la presa in carico delle persone con Malattie Emorragiche congenite.
Inoltre vicino a noi vi erano i Centri Emofilia di Milano e Pavia, e quindi non c’era “interesse” o meglio necessità di creare un’altra realtà simile.
Dal 1998 tuttavia abbiamo continuato ad occuparci di questi pazienti, facendo nuove diagnosi o gestendo la profilassi emostatica in pazienti provenienti da tutta Italia, inviati in Humanitas per essere sottoposti ad interventi chirurgici o a cure particolari.
Infatti, Humanitas nel tempo è diventato un polo clinico, chirurgico ed oncologico di grande importanza, e molto recentemente Agenas (Agenzia nazionale per lo sviluppo del sistema salute – n.d.R.) lo ha riconosciuto come uno dei due migliori ospedali che eroga prestazioni SSN in Italia.
Negli ultimi due anni e mezzo abbiamo allargato le possibilità di presa in carico dei pazienti con MEC sapendo di poter contare su un Centro che è un’Unità Operativa Complessa e indipendente in cui operano sette medici, fra cui la dottoressa Maria Elisa Mancuso che è la Referente clinica e scientifica del Centro Malattie Emorragiche e e la dott.ssa Elena Banfi che opera come data manager e study coordinator per la nostra attività di ricerca clinica.
Presso il Centro infatti, oltre a prestare assistenza clinica si svolgono numerosi studi clinici sia nell’ambito della Trombosi che delle MEC”.

A questo punto la dottoressa Maria Elisa Mancuso che da tre anni lavora all’Humanitas ha aggiunto:
“Il dott. Lodigiani vi ha spiegato molto bene come Humanitas oggi sia un grande ospedale dove ogni paziente ed in particolare con MEC è gestito in totale convenzione con il SSN.
Purtroppo per scarsa informazione spesso vige il luogo comune dell’ospedale privato a pagamento, ma la realtà è ben diversa”.

Continuando nel rispondere alla nostra domanda il dott. Lodigiani ha così continuato:
“Il nostro Centro Emofilia esiste ed opera da quando esiste Humanitas, tuttavia negli ultimi due anni moltissimi pazienti affetti da malattie emorragiche congenite gravi hanno chiesto di essere presi in carico e quindi abbiamo creato e potenziato un’equipe multidisciplinare costituita da tutti gli specialisti che più sono coinvolti nella cura del paziente con MEC, coinvolgendo anche tutti specialisti che possono contribuire alla cura della persona nella sua interezza al di là del problema della coagulazione (es. prevenzione cardiovascolare).
Per noi è stato molto importante creare una equipe multidisciplinare allargata sapendo di poter contare su un ospedale che è un’eccellenza per tante specialità mediche e soprattutto chirurgiche.

L’altro aspetto importante è che di recente Humanitas ha acquisito la Clinica San Pio X, oggi Humanitas San Pio X, che è quasi del tutto dedicata alla cura della donna e del bambino: possiamo quindi contare sulla opportunità di offrire ai nostri pazienti più piccoli un’assistenza pediatrica ed un’assistenza specialistica di tipo ginecologico alle donne con MEC.
Humanitas San Pio X è oggi uno dei più grandi punti nascita della città di Milano, con oltre 1500 parti/anno.
Sempre in Humanitas San Pio X è attivo una Unità Operativa specializzata nella chirurgia del piede e della caviglia di cui i pazienti emofilici hanno spesso necessità.
Abbiamo inoltre la fortuna di poter contare su chirurghi ortopedici che in un anno eseguono migliaia di interventi di protesi all’anca, ginocchio, caviglia, aspetto che costituisce una garanzia di successo.
Anche questo aspetto ha contribuito a costruire un Centro d’eccellenza per le MEC”.

Dottoressa Mancuso, il dott. Mancino che per quasi trent’anni ha curato gli emofilici della Romagna e quando è andato in pensione ha sentito la necessità di offrirci la sua grande esperienza, ha una preoccupazione che si concretizza con una domanda:
Perché a livello universitario non c’è qualcuno che istituisce corsi specifici per far in modo che un giovane
medico quando entra in una struttura ospedaliera abbia
una informazione sull’emofilia? Voi avete un’università,
avete pensato di fare questo?
“Purtroppo in ambito universitario quando si parla di ematologia si intende per lo più l’ oncoematologia – ha risposto la dottoressa Mancuso – Per questo motivo non è facile sensibilizzare gli studenti alla parte dell’ematologia non oncologica che comprende l’emostasi.
Da noi in Humanitas e Hunimed però sia studenti che specializzandi hanno l’opportunità di frequentare il nostro centro e comprendere quanto l’emostasi e la trombosi siano argomenti con cui tutti i medici prima o poi si devono confrontare. Rispetto alla volontà di fare qualcosa per contribuire a portare sempre di più le nostre specifiche competenze a livello di formazione noi abbiamo un progetto e lascio rispondere il dott. Lodigiani”.

Ed il dott. Lodigiani ha così risposto:
“Io sono professore a contratto in Hunimed e da anni tengo all’interno della nostra università lezioni specifiche sui problemi della coagulazione e due di queste lezioni sono completamente dedicate alle MEC.
Crediamo molto nel fatto che stando a contatto con studenti e specializzandi, si riesca in qualche modo a stimolarli ad amare la coagulazione come è successo a noi.
Da anni specializzandi di medicina interna ed ematologia ruotano regolarmente all’interno della nostra unità operativa e speriamo che inqualcuno di loro, come già avvenuto, grazie al nostro esempio ed entusiasmo nasca la stessa vocazione”.

L’entusiasmo che abbiamo visto il giorno 26 novembre durante l’incontro con i pazienti, non soltanto delle numerosissime famiglie presenti ma soprattutto dei medici che sono intervenuti, ci ha fatto tornare indietro nel tempo di qualche anno. Con la dott.ssa Mancuso ci siamo conosciuti nel mese di gennaio del 2005 a Campora San Giovanni in occasione di un convegno. In quella occasione il nostro giornale rivolse alcune domande a due giovani medici.
Uno dei due giovani medici era proprio la dottoressa Mancuso.
Fra le risposte che ci diede ci colpì
particolarmente questa: “Mi occupo di coagulazione dal 1999 e in particolare dal 2002 – affermò – seguo l’attività clinica quotidianamente e svolgo attività di ricerca e questo mi motiva particolarmente perché la ricerca e la clinica a mio parere devono andare di pari passo negli interessi di un medico.
La ricerca infatti può essere di base, di laboratorio e applicata ai pazienti. Questo è quello che mi coinvolge di più perché per me non può esistere il medico senza l’incontro con il paziente”.

E concludendo disse: “Non bastano componenti come l’entusiasmo e la professionalità ma servono anche capacità organizzative e possibilmente trovare una realtà che colga il cambiamento.
Mi rendo conto che realtà già strutturate non lo accolgono facilmente. Parlo con i pazienti o con i genitori dei bimbi emofilici, parlo soprattutto delle cose che possiamo fare adesso pur non tralasciando qualche considerazione su orizzonti futuri ma ancora non attuabili come la terapia genica”.

Abbiamo seguito il percorso della dottoressa Mancuso e tre anni dopo le abbiamo chiesto se avrebbe voluto entrare a far parte del nostro gruppo della vacanza in Romagna.
Lei non ha esitato un attimo nel risponderci affermativamente ed ora è insieme al nostro gruppo con la dottoressa Chiara Biasoli.
Ha portato il suo entusiasmo ma soprattutto le sue capacità e la sua umanità.
A questo punto l’ultima domanda diventava inevitabile.

Dopo tutto quello che mi ha detto nel 2005, e dopo il suo percorso professionale, sia come medico che come ricercatrice, come vede il futuro della cura dell’emofiliao che cosa è cambiato?
“Quello che ho detto è sempre valido perché fa parte di me e quando parlavo di organizzazione ribadisco quello che ho detto anche il 26 novembre parlando alle famiglie ed ai pazienti presenti: senza delle fondamenta solide è molto difficile costruire e io ho trovato in Humanitas delle fondamenta solide che mi hanno dato la possibilità di continuare un percorso che avevo già iniziato.
Il futuro lo vedo pieno di opportunità non soltanto dal punto di vista terapeutico.
Il mondo dell’emofilia è un mondo particolare ed è un mondo che ascolta sempre di più la voce delle persone.
Anche l’ascolto è uno strumento terapeutico.
Inoltre oggi sono disponibili tantissimi farmaci che compongono un ventaglio enorme di opportunità e che ci consentono di fare una terapia personalizzata per il singolo individuo dando sempre più importanza alla voce di chi questa terapia la deve fare: questo è fondamentale per il successo terapeutico.
Se anche abbiamo terapie efficaci, guardando al futuro e sperando che la cura definitiva arrivi, è cruciale fare delle scelte terapeutiche che non tengano conto solo dell’efficacia e della sicurezza dei farmaci ma anche della possibilità di restituire alla persona la vita che ciascuno vuole vivere.
Per fare così, io medico ho bisogno di ascoltare chi mi sta di fronte, perché devo imparare dall’altro quali sono queste esigenze di vita e fare di tutto ricco e pieno di opportunità, quello che è più adatto a quella singola persona.
Questa per me è la chiave ed è quello che mi dà più entusiasmo.
Sentirmi dire quando una persona torna “io sto bene”, oppure “faccio cose che pensavo di non poter fare”, quello per me è il successo medico”.
Ecco quindi che a questo punto si completa il messaggio che il 26 novembre aveva concluso il razionale scientifico:
“E’ molto importante ricordare che i migliori risultati si ottengono considerando il singolo individuo nella sua unicità e valutando attentamente aspetti che esulano dalla valutazione strettamente clinica durante il processo decisionale di definizione della strategia terapeutica più opportuna”.
Ed ancora:
“Un momento di ascolto reciproco fra professionisti in ambito sanitario e persone con malattie emorragiche congenite in cui il flusso di informazioni possa da un lato aumentare le conoscenze e dall’altro accogliere punti divista ed esigenze non ancora del tutto soddisfatti”.