Abbiamo incontrato il dott. Paolo Radossi, responsabile del Centro Emofilia dell’Ospedale San Giacomo di Castelfranco Veneto.
Erano circa nove anni che non facevamo visita a questo che è un Centro storico nel panorama deI Centri del nostro Paese ed anche uno dei più “antichi”.
L’ultimo Medico, in ordine di tempo, per intenderci, con la M maiuscola e non solo con la laurea in tasca, che si sono susseguiti in questo zona del Veneto.
Ci teniamo a sottolinearlo con la maiuscola semplicemente perché abbiamo trovato qui ciò che ci augureremmo fosse anche in tutti gli altri sparsi nel territorio nazionale.
Qui c’è una tradizionale cinquantennale.
Basti pensare parlando di questo Centro, al dott. Agostino Traldi che si batté con tutte le forze per diffondere la “cultura della sicurezza del dono” fra i volontari del sangue, Avis in primis in quegli anni dove c’era soltanto quello e poi il famoso crioprecipitato. Questo per difendere tutti gli ammalati e salvare la vita dei suoi “ragazzi” emofilici. Era stato istituito nel 1973, dopo di lui c’è stato il dott. Davoli e poi il dott. Tagariello da poco andato in pensione tanto per citare i nomi più noti. La struttura che ospitava il Centro emofilia storico ora è stata adibita ad altra attività ed il Centro è stato portato al quinto piano di un moderno complesso ospedaliero, ma la caratteristica dell’assistenza non è cambiata come si potrà evincere dalla nostra intervista.
Fatta la premessa obbligatoria, abbiamo rivolto alcune domande al dott. Radossi, prima fra tutte la attuale scheda tecnica.
“Il Centro emofilia di Castelfranco Veneto fa parte integrante dell’Unità Operativa Complessa di Ematologia attualmente diretta dal dott. Roberto Sartori, primario incaricato. Il reparto segue prevalentemente pazienti affetti da malattie oncoematologiche oltre che pazienti affetti da patologie ematologie non neoplastiche e della coagulazione. L’assistenza medica è prestata in tutto l’arco delle 24 ore in tutti i giorni della settimana. Fino alle 20 c’è un medico ematologo presente, dalle 20 alle 8 del giorno dopo c’è un medico ematologo reperibile che viene chiamato nel caso di necessità. I pazienti emofilici hanno un accesso diretto al reparto, questo significa che in caso di urgenza non devono passare dal Pronto Soccorso con notevole risparmio di tempo. Il paziente, quando arriva in reparto viene seguito sia se ha necessità del trattamento con fattori della coagulazione o se ha altri problemi. Naturalmente il medico che l’accoglie può affrontare emergenze coagulative se lo ritiene necessario, oppure prescrivere accertamenti radiologici, di laboratorio avvalendosi anche di consulenti di altre specialità. 4 dirigenti medici sono dedicati prevalentemente al Day Hospital, al reparto di degenza e ai due ambulatori divisionali aiutati in alcune occasioni da 3 colleghi del Servizio Trasfusionale con cui condividiamo alcune specifiche attività. Da sempre siamo caratterizzati per questo forte legame con il Centro Trasfusionale che è sede di raccolta e della lavorazione del sangue della provincia di Treviso e dove storicamente venivano in passato preparati i concentrati del fattore VIII. Cerchiamo, al di là dei propri compiti specifici, di essere intercambiabili. Il nostro centro ha un settore di citofluorimetria per la diagnostica delle malattie oncoematologiche. È presente un laboratorio di biologia molecolare che impegna due biologhe per l’attività diagnostica per l’emofilia, sia A che B. Eseguiamo diagnosi molecolare di emofilia su pazienti e famigliari correlati sia per i nostri pazienti che per i centri che ne fanno richiesta. Il nostro Centro in particolare detiene il database delle mutazioni genetiche dell’emofilia B. In questi anni abbiamo sempre cercato, sotto la spinta del dr Tagariello e di chi lo ha preceduto, di mantenere una attività scientifica, pubblicazioni e studi clinici. In particolare abbiamo sempre avuto il sostegno da parte di AVIS con la quale collaboriamo tramite l’associazione ONLUS APE “AVIS per progresso ematologico” e negli ultimi anni da parte di AIL – Associazione Italiana Leucemie. Solo grazie alla collaborazione reciproca è stato ed è possibile dedicarci a attività diverse da quelle istituzionali ma altrettanto importanti”.
Quanti pazienti seguite suddivisi per tipo di emofilia?
“Presso il nostro centro afferiscono circa 200 pazienti di Castelfranco e non solo. Tra questi una cinquantina sono affetti da emofilia A grave e una trentina da emofilia media, altri con emofilia B grave e moderata o altri difetti della coagulazione.
In maggioranza si tratta di popolazione adulta. Circa una metà sono veneti; gli altri
In una precedente intervista la dottoressa Santagostino, rispondendo ad alcune nostre domande come presidente dell’AICE, a proposito del riconoscimento dei Centri MEC ha così risposto: “Abbiamo un lavoro molto serrato su due filoni quello più importante è quello riguardante il riconoscimento dei Centri di Malattie Emorragiche Congenite e che venga fatta una legge che ancora non c’è”. Voi come MEC siete stati riconosciuti ufficialmente?
“Abbiamo superato l’accreditamento da parte di AICE. Siamo riconosciuti come Centro di riferimento regionale.
Siamo in grado di affrontare i molti aspetti dell’emofilia: dalla diagnosi molecolare, alla diagnosi prenatale fino a interventi di chirurgia maggiore ortopedica e non.
Attualmente, grazie all’aiuto del nostro data manager, siamo impegnati in alcuni studi (fase 1, fase 2, fase 3) per nuovi farmaci dedicati alla cura dell’emofilia, oltre a studi osservazionali”.
Fate i controlli per la personalizzazione della cura?
“Facciamo i controlli almeno una volta all’anno, con maggior frequenza a seconda dell’età del paziente o in presenza di inibitori. Il mercoledì è la giornata dedicata all’emofilia.
Come medico credo che “personalizzazione della cura” sia visitare il paziente, informare il paziente, valutare periodicamente i bisogni espressi”.
Visto che siete nel reparto di ematologia, avete a disposizione orari sufficienti da poter seguire i pazienti?
“Siamo in grado di accogliere in ogni momento i pazienti emofilici.
Come detto prima, abbiamo un giorno a settimana dedicato all’emofilia che è il mercoledì.
Il paziente viene poi seguito secondo necessità e in base alle sue esigenze con accesso diretto al reparto.
Mi preme sottolineare che il personale infermieristico conosce bene le problematiche legate all’emofilia e è un tramite fondamentale nel rapporto con il paziente”.
L’aderenza o compliance come viene chiamata, alla terapia dei pazienti è buona? Quanti sono in percentuale in profilassi?
“Abbiamo sempre pensato che il paziente sia un soggetto in grado, se ben informato, di affrontare la propria malattia.
Quindi ritengo sia necessario valutare con il paziente stesso l’opportunità della scelta del regime di trattamento.
I soggetti in profilassi mantengono una buona compliance, che si misura attraverso anche la recidiva o meno di sanguinamenti: questo ci dà modo di regolare la frequenza delle infusioni.
Altri invece mantengono un trattamento a domanda: o per il fatto che hanno un “fenotipo emorragico” lieve, o per il fatto che, soprattutto se avanti con gli anni, hanno uno stato di artrosi più che di “malattia attiva”.
Che ruolo svolge l’associazione dei pazienti in questo Centro e qual è la collaborazione con i medici e con le autorità sanitarie?
“Da sempre c’è una collaborazione stretta con la locale associazione dei pazienti emofilici “LAGEV” pur mantenendo una reciproca indipendenza di ruolo. Quando è possibile partecipiamo alle riunioni del Direttivo dell’associazione dei pazienti come personale sanitario. Il presidente in genere è spesso presente in reparto, in particolare quando sia ricoverato un paziente emofilico o se ne sia richiesta la presenza. Raccoglie le annotazioni di tutti e le esprime liberamente”.
A questo punto interviene il presidente della LAGEV Piero Valiante che afferma: “da 40 anni ormai tra i pazienti e i medici che si sono succeduti c’è un rapporto di fiducia. Noi abbiamo questa caratteristica di dire “io mi vado a ricoverare dal mio medico poi ho bisogno dell’ortopedico o altro specialista,, lui viene si confronta con me ma soprattutto con il mio medico”.
Per chiarire ulteriormente il concetto il dott. Radossi riprende la parola e afferma che: “in effetti l’ematologo è l’interfaccia tra il paziente emofilico e lo specialista ortopedico, ma anche di altre specialità, possano essere dentista, chirurgo, laboratorista, e perché no anche radiologo. In occasione di interventi chirurgici il paziente viene accolto presso il nostro reparto e il consulente viene giornalmente in ematologia piuttosto che il paziente resti in altri reparti specialistici che hanno generalmente altre priorità.
Il trattamento del pre e post intervento è un aspetto decisamente importante, quindi la gestione da parte dell’ematologo e del personale infermieristico del nostro reparto è prevalente”.
Girando per l’Italia ci siamo trovati di fronte a quella che chiamiamo la crisi delle vocazioni cioè ci sono molti Centri dove esiste un pericolo concreto che si perda il patrimonio di professionalità conquistato in tanti anni. Anche voi correte questo pericolo?
“Ci è stata data assicurazione che i pazienti emofilici continueranno ad essere seguiti a Castelfranco, in una collocazione idonea e che un medico ematologo sarà assunto a supporto delle nostre attività.
L’associazione LAGEV si è spesa a vari livelli per “mettere in sicurezza” il Centro emofilia dal rischio di una riorganizzazione non consona alle esigenze dei pazienti effetti da emofilia ma anche di tutti i pazienti affetti da malattie oncoematologiche che si rivolgono al nostro reparto”.
Parliamo dei nuovi farmaci. Qual é la prospettiva attuale e quale può essere quella futura?
“Attualmente i pazienti affetti da emofilia hanno la fortuna, diversamente da altre malattie rare, di avere una ampia scelta di farmaci, e altri saranno a breve immessi nel mercato.
Questo è potenzialmente un grande vantaggio.
Tuttavia la portata innovativa dei nuovi farmaci per la cura dell’emofilia dovrà essere misurata nei prossimi anni.
I prodotti per la cura dell’emofilia B hanno dimostrato di rispondere alle aspettative in termini di emivita.
Non altrettanto sembra avvenire per i prodotti dedicati all’emofilia A.
Anche per i pazienti affetti da emofilia e inbitori anti VIII i farmaci in arrivo sono una assoluta novità rispetto a fattori bypassanti.
Esiste infine tutta una serie di farmaci tuttora in uso, sia plasmaderivati che ricombinanti, che mantengono un loro ruolo e che devono essere tenuti in considerazione nella scelta del trattamento per il paziente”.
Ha ragione chi afferma che il paziente oggi potendo auto-infondersi, corre il rischio che di allontanarsi dal Centro?
“Con il trattamento domiciliare (autoinfusione) il paziente è una persona indipendente e libera di trascorrere una vita normale, nei limiti inevitabilmente connessi alla sua malattia.
Il legame con il centro si mantiene con visite periodiche.
Sovente l’utilizzo del telefono (il reparto è sempre attivo) è utile per fare riferimento al personale infermieristico e al medico.
Come detto all’inizio il paziente sa di trovare in ogni momento la risposta la più adeguata possibile presso il nostro reparto e la maggior parte dei pazienti hanno mantenuto uno stretto rapporto con la nostra struttura anche per aspetti affettivi. In fin dei conti gli aspetti umani e non solo quelli tecnici sono molto importanti nel percorso di cura”.
Questa domanda è rivolta al presidente dell’Associazione. Alla luce di tutto quello che abbiamo detto, qual’é l’azione che svolge l’associazione oggi nei confronti delle autorità sanitarie se necessario, dei medici o delle autorità politiche?
“Siamo l’interfaccia dei nostri medici. Dove non possono intervenire loro lo facciamo noi.
Siamo qui ormai da 50 anni ed anche la popolazione ci conosce e ci vuole bene.
In pratica siamo stati in qualche modo “adottati”.
Decine di noi si sono trasferiti in questa città. Per noi è un legame forte come un cordone ombelicale.
Qui si vive con la sicurezza di dire: quando non sto bene, in dieci minuti sono in ospedale dove c’è sempre qualcuno che ti accoglie e ti conosce. Se poi un nostro malato ci segnala qualcosa io ho il dovere di confrontarmi con lui e con il medico per cercare di risolvere il problema. Nell’indipendenza dei due ruoli ovviamente, ognuno fa la propria parte. Se poi dobbiamo arrivare ad un altro risultato certamente c’è la collaborazione. Naturalmente il peso “politico” di un’associazione è diversa verso la Direzione sanitaria, di quello che può essere un dipendente. Un punto di forza è forse anche una struttura non eccessivamente grande e dispersiva. A noi non è mai mancato niente fino ad ora al punto che, ripeto, molti di noi hanno deciso di venire a fare una vita più tranquilla venendo a vivere direttamente a Castelfranco”.
Servizio a cura della Redazione