articoli

INTERVISTA AL PROF. CARULLI SULLE NOVITA’ IN ORTOPEDIA

Nel mese di maggio si è svolto in Argentina, a Buenos Aires, il Summit WFH 2023, il congresso mondiale dal titolo: “Nuovi sviluppi nei disordini coagulativi e del Sistema Muscolo Scheletrico (MSK)”.

Il Congresso Internazionale biennale WFH Muscolo Scheletrico (MSK) è stato incentrato soprattutto sulle persone affette da disturbi della coagulazione (n.d.R. – di seguito è pubblicata l’intervista al Prof. Carulli che ha partecipato come relatore al simposio di Buenos Aires in rappresentanza del nostro Paese).

Sono stati rappresentati circa 70 paesi e oltre 700 partecipanti che in presenza hanno reso l’evento un grande successo. Il Summit ha fornito una piattaforma per gli operatori sanitari, gli esperti del settore, i pazienti e le loro famiglie per discutere gli ultimi progressi e le sfide nel campo dell’assistenza completa.

Il Summit di tre giorni ha visto decine di sessioni coinvolgenti e stimolanti ed ognuna delle quali ha contribuito a far progredire la comprensione ai partecipanti e quindi migliorare la cura del paziente nel settore dei disturbi emorragici ereditari.
Il workshop pratico ha dato loro la possibilità di impegnarsi in discussioni faccia a faccia con gli esperti, mentre le sessioni mediche, multidisciplinari e muscolo scheletrico hanno permesso loro di ottenere informazioni preziose e conoscere gli ultimi progressi nella cura.
Ogni sessione ha registrato, inoltre, un alto livello di interesse, suscitando domande stimolanti da parte dei partecipanti, dimostrando l’importanza dei diversi aspetti della cura all’interno del suo quadro globale e ha sottolineato l’importanza di esplorare approcci innovativi.

Ai partecipanti sono inoltre state annunciate due importanti premiazioni WFH.
Nicholas Goddard ha ricevuto il Premio Pietrogrande, creato per riconoscere un/una professionista sanitario/a che abbia contribuito in modo significativo a promuovere la missione e gli obiettivi del Comitato Muscolo Scheletrico della WFH.
Gabriella Yamaguti-Hayakawa ha ricevuto il Christine Lee Young Researcher Award, assegnato in riconoscimento a un/una giovane ricercatore/ricercatrice di alto livello (studente laureato o borsista post-dottorato) che sia l’autore principale e il presentatore di un estratto altamente valutato in qualsiasi disciplina che coinvolge l’emofilia o altri disturbi emorragici correlati.


Nell’ambito dell’importante evento organizzato dalla World Federation of Haemophilia in Buenos Aires, cogliamo l’occasione di chiarire alcuni aspetti nella cura della persona con emofilia con il Prof. Christian Carulli Ortopedico del CTO del Careggi di Firenze, componente della commisione muscolo scheletrica del WFH e di AICE e Presidene della Commissione Emofilia della SIOT.

Prof. Carulli quanti pazienti con difetto della coagulazione lei segue in qualità di ortopedico?
“Ho l’onore di seguire personalmente dal 2006 circa un migliaio di soggetti affetti da svariate malattie emorragiche, di cui più di metà annualmente.
Ritengo che sia fondamentale una valutazione muscoloscheletrica periodica, che, assieme alla visita ematologica e alla profilassi, rappresentano le basi principali della moderna gestione in questo ambito”.

Lei è sicuramente uno dei maggiori esperti mondiali nelle problematiche ortopediche per pazienti affetti da MEC, ci vuole dire quali sono oggi le maggiori criticità?
“Molte criticità del passato sono risolte o in via di risoluzione.
Il coinvolgimento di specialisti è migliorato ma ancora insufficiente per permettere ad ogni Centro Emofilici di erogare gli stessi servizi in modo omogeneo. Personalmente, come Presidente della Commissione Emofilia della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, ho iniziato a coinvolgere un numero maggiore di ortopedici su tutto il territorio nazionale e a sensibilizzare, con articoli divulgativi scritti insieme a questi colleghi, la compagine di ortopedici e traumatologi sull’argomento.
Conseguenza del numero ancora non adeguato di ortopedici, tutt’ora esiste un pendolarismo dei pazienti verso Centri dedicati che sono in grado di offrire un numero maggiore di servizi: in paesi “ricchi” e “geograficamente compatti” come il nostro.
Questi spostamenti sono ancora accettabili ed effettuabili: in casi di urgenza purtroppo possono non essere sufficienti.
Infine, ancora non vi è fiducia totale per trattamenti infiltrativi articolari nei soggetti più giovani affetti da sinovite ed artropatia, a favore invece di interventi chirurgici (artroscopici o protesici): considerando l’aspettativa di vita analoga alla popolazione non emorragica, oggigiorno è necessario partire da questi approcci poco o nulla invasivi, in associazione con altri trattamenti (profilassi, tutori, fisioterapia, attività fisica costante, terapia medica), per evitare chirurgie sicuramente efficaci ma con necessità di interventi cruenti in età successiva ma sempre giovanile.
Certamente, laddove vi siano situazioni di grave compromissione articolare, il ricorso alla chirurgia è necessario ed è associato ad ottimi risultati clinici.
Tuttavia, bisogna sempre puntare al miglioramento e all’implementazione dei servizi”.

Quali problematiche a livello dell’apparato muscolo scheletrico lei vede nel futuro? Possiamo affermare che la sua generazione di ortopedici sarà l’ultima ad effettuare chirurgia protesica nei pazienti coagulopatici?
“Questa è la mia speranza e vedendo i progressi ottenuti in pochi anni direi che ho ragionevole certezza che molti interventi che abbiamo dovuto condurre negli ultimi 15-20 anni in soggetti anche molto giovani, con le terapie moderne e la valutazione multidisciplinare periodica, saranno evitati e relegati al limite ad età adulto/anziana, come avviene per la popolazione generale.
Capitolo a parte sarà la necessità di intervenire per sostituire gli impianti protesici messi precedentemente, arrivati a fine corsa: queste procedure devono ancora oggi e nel prossimo futuro essere gestite in Centri altamente dedicati, in quanto sono molto complesse e delicate”.

Lei ha partecipato all’ultimo WFH tenutosi a Buenos Aires, quali tematiche sono state trattate in ambito ortopedico e fisiatrico?
“Molti argomenti sono stati trattati come sempre, ma i focus principali in ambito muscoloscheletrico sono stati quelli sui trattamenti per la sinovite, sulle attività sportive da concedere ai soggetti con malattie emorragiche e le chirurgie in pazienti in trattamento con terapia non sostitutiva.
Per il primo aspetto finalmente vi è stato un focus sulle infiltrazioni di acido ialuronico e la sinoviortesi (infiltrazioni di rifampicina, in particolare) che devono attecchire maggiormente a livello mondiale e anche nei paesi meno abbienti, perché efficaci, eseguibili dappertutto e con costi personali, ospedalieri e sociali contenuti.
Per il secondo aspetto, si è ribadita la fondamentale indicazione a far svolgere attività fisica ai soggetti emorragici sin dall’età infantile, personalizzando gli sport ad ogni singolo paziente, al fine di evitare sovraccarichi articolari non solo inutili ma anche controproducenti (ovvero attività strenue, concentrate in un periodo di tempo ridotto e troppo competitive).
Per il terzo aspetto, è stata riportata e discussa positivamente la casistica più ampia e con maggior sorveglianza postoperatoria ad oggi, che è quella relativa all’esperienza fiorentina: i risultati non solo sono incoraggianti ma permettono di asserire che il profilo di sicurezza è ancora superiore a quelli dei trattamenti già da anni assodati”.

Risulta che lei sia il chirurgo ortopedico che ha effettuato il maggior numero di interventi su pazienti con emofilia, trattati con farmaci non sostitutivi.
Ci può dire se ha notato una differenza nella gestione intra e post operatoria, rispetto ai pazienti trattati con terapia sostitutiva?
“Ho la fortuna di collaborare giornalmente con un Centro Emofilia di eccellenza, in cui professionisti medici (esperti e specializzandi in Ematologia, Ortopedia e Traumatologia, Oncologia, Anestesiologia, Fisiatria, Radiologia e Infettivologia), Infermieri, Fisioterapisti, Tecnici e OSS da anni hanno acquisito esperienza significativa nella gestione di pazienti complessi: tutte le procedure preoperatorie, chirurgiche e post- intervento si svolgono in modo lineare anche con le nuove terapie.
In realtà durante l’intervento il profilo di sicurezza con tali farmaci è lo stesso di prima: tuttavia, vi è da dire che la preparazione preoperatoria dal punto di vista muscolare ed il recupero riabilitativo postoperatorio sono sicuramente più rapidi ed efficaci, per la probabile maggiore copertura antiemorragica fornita da queste terapie (come è anche per i farmaci long-acting).
Pertanto, efficacia e sicurezza sono senz’altro aspetti più che incoraggianti, a breve e medio termine ed in tutti i soggetti operati (ormai una quindicina)”.