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INTERVISTA ALLA DOTTORESSA ORIGA

Abbiamo incontrato la dottoressa Raffaella Origa, una pediatra che svolge la sua attività presso l’ospedale Microcitemico dell’ARNAS Brotzu di Cagliari, ed è anche ricercatrice presso l’Università di Cagliari, neo presidente della SITE, durante la due giorni di convegni di Ferrara il 25 e 26 di settembre e le abbiamo rivolto alcune domande in relazione al suo impegno sia come ricercatrice che come medico che cura i talassemici sardi.

“Come ricercatrice – ha esordito – mi occupo di ricerca clinica sulle emoglobinopatie e principalmente sulla talassemia.
Da diversi anni sono la responsabile di diversi trials clinici che riguardano le nuove molecole per la gestione della talassemia stessa ed inoltre mi occupo di pensare quali possano essere le ricerche da investigare nell’ambito della talassemia e delle emoglobinopatie in genere.
La mia carriera universitaria è stata un poco frammentata ma dal marzo di quest’anno sono di nuovo ricercatrice ma continuo quotidianamente la mia attività assistenziale rivolta ai pazienti talassemici.
All’ospedale Microcitemico mi occupo principalmente di persone con beta talassemia trasfusione dipendente cioè talassemici major.
Il Centro ne segue circa 470 che trasfondono regolarmente ogni due-quattro settimane
Abbiamo anche qualche centinaio di pazienti che non sono dipendenti dalla trasfusione affetti da beta e alfa talassemia dei quali però io non mi occupo personalmente.
Da noi i pazienti, essendo numerosi, hanno un medico di riferimento ed io personalmente ne seguo 85, giornalmente, anche se in assenza dei colleghi mi occupo anche degli altri.
Siamo un bel gruppo coeso di medici che collaborano positivamente.
Per quanto riguarda pazienti con drepanocitosi da noi ne afferiscono circa una quindicina”.

Da neo presidente della SITE vorrebbe spiegare ai nostri lettori che cos’é?
“E’ una società scientifica nell’ambito delle emoglobinopatie e significa Società Italiana di Talassemia ed Emoglobinopatie.
Raccoglie figure professionali diverse.
Medici di varie discipline ad esempio come me che sono pediatra, ma ci sono anche ematologi, internisti, infermieri, biologi e assistenti sociali.
In pratica tutti coloro che si occupano di prevenzione, di assistenza, di ricerca, di supporto ai pazienti, sia bambini che adulti, nell’ottica di una integrazione tra i vari professionisti ed anche di aggiornamento continuo che riteniamo poi sia la base per seguire al meglio tutti i pazienti”.

Sappiamo che nel nostro Paese le persone con talassemia sono seguite in moltissimi Centri, non tutti dedicati alla talassemia o alle emoglobinopatie, molti di piccole dimensioni sono alloggiati in reparti come i Centri trasfusionali o altro.
Esiste uno scambio di notizie tra di voi sul modo di governare il sistema italiano o le comunicazioni non sono continue?
“L’assistenza al paziente nel nostro Paese è certamente di tipo cosiddetto eterogeneo ed esistono tante realtà piccole all’interno dei Centri trasfusionali o di altri Reparti (Pediatria, Oncoematologia etc.) che non hanno le emoglobinopatie come unica missione.
Considerando che la talassemia è una patologia complessa e che richiede una expertise specifica, numerosi specialisti che facciano rete intorno al talassemologo, e un continuo aggiornamento per le continue novità di questo periodo, una situazione ottimale non è certamente presente dappertutto.
Il primo passo che la SITE ha compiuto e ritengo sia molto importante in quest’ottica, è quello di un censimento che raccolga tutti i Centri di ogni dimensione e ne raccolga soprattutto le caratteristiche. Per il momento hanno aderito 131 Centri e già si nota chiaramente che ci sono pazienti che sono seguiti in strutture che non hanno a disposizione tutto ciò che è necessario per essere seguiti in maniera completa e ottimale e questo fa certamente la differenza condizionando la prognosi in maniera determinante.
Quindi, come detto, stiamo proseguendo in questa indagine conoscitiva.
In questo nuovo ruolo mi sento di desiderare che la SITE non sia vista come una società elitaria ma vorrei che qualunque professionista in qualsiasi parte del nostro Paese ed anche in Centri piccolissimi, portasse le sue difficoltà e le sue richieste e mi piacerebbe coinvolgere sempre di più i professionisti che magari sino ad oggi sono rimasti nell’ombra.
Sono convinta che tutti possiamo dare un contributo e ritengo altrettanto che il coinvolgimento sia un passo essenziale per rinnovare l’interesse nella cura dei pazienti, soprattutto perché non possiamo accettare che esistano pazienti trattati in modo diverso e non idoneo”.

Sappiamo tutti della mancanza di sangue periodica ed a volte prolungata non soltanto stagionalmente, in quasi tutto il territorio nazionale.
Pensa che sia la SITE, magari in collaborazione con le associazioni dei pazienti, potrebbe mettere in atto azioni per uscire da questa situazione?
“Sarebbe certamente per me la più grande conquista ma francamente non so se ce la faremo anche se certamente, insieme, ci proveremo sia con le associazioni dei pazienti che con le istituzioni preposte.
A breve avremo una riunione con il Centro Nazionale Sangue ed è importante che le istituzioni conoscano la realtà e le dimensioni del problema.
Sono convinta e lo dico perché provengo da
una Regione, la Sardegna, che oltre che molti pazienti ha grandi problemi da questo punto di vista e sono convinta che si possano decisamente migliorare le cose con una migliore organizzazione a livello sia nazionale che regionale.
Mi rendo conto che non sarà facile ma la SITE si propone di entrare nel problema su vari fronti, iniziando da quello della donazione.
Siamo decisamente al fianco dei pazienti e nella prima riunione del nuovo Consiglio Direttivo abbiamo istituito un gruppo di lavoro che si occuperà proprio delle iniziative sul territorio ed in particolare di quelle per promuovere sul territorio la donazione che poi è alla base di tutto perché possiamo avere tante e nuove terapie ma se manca il sangue tutto è vanificato per la qualità di vita dei pazienti che non arriveranno a guarigione completa”.

A Ferrara, da dove stiamo parlando in questo momento, abbiamo visto molte facce nuove di giovani medici.
I pazienti da tempo temono per questa difficoltà nel ricambio generazionale.
Pensiamo soprattutto al rischio di perdita delle professionalità importanti.
Sappiamo però che la SITE sta facendo una politica di informazione basata su incontri con i nuovi medici.
Quali obiettivi vi prefiggete?
“Questo è effettivamente un problema reale e non ancora risolto.
La cosiddetta crisi delle vocazioni in questo campo c’è ed in parte credo che dipenda dal fatto che un tempo, tradizionalmente il professionista che andava ad occuparsi di talassemia era il pediatra ed ora trovare dei pediatri che abbiano voglia ed interesse a seguire pazienti che oggi nella maggior parte dei casi bambini non sono più, non è semplice.
Penso che di talassemia possano occuparsi altrettanto bene pediatri o medici internisti o ematologi; l’importante che ci sia la passione e la consapevolezza che la talassemia non si può gestire da soli ma che si ha necessità di una serie di professionisti.
Per quanto riguarda la SITE è stata organizzata dal precedente Consiglio Direttivo una Master Class rivolta ai giovani interessati alla talassemia ed alle emoglobinopatie in genere.
Ci piacerebbe ripeterla ed affiancarla ad un’altra Master Class rivolta al personale infermieristico che non è certo di secondaria importanza.
Il paziente sa bene infatti quanta importanza abbia un personale infermieristico competente e soprattutto umanamente adatto a seguire questi pazienti che soffrono di una malattia cronica. Insisto nel rimarcare che non ci siano soltanto specialisti medici ma anche infermieri specialistici”.

Lei è studiosa e ricercatrice di nuove molecole.
Come vede il futuro della cura, al di là naturalmente di avere il sangue sufficiente?
Quali sono le novità anche, quelle vere e non quelle che sentiamo spesso troppo esagerate, per quanto riguarda la terapia genica o meglio il miglioramento comunque di una qualità di vita che è già nettamente migliorata?
“Come detto anche al congresso, la terapia genica con lentivirus, che ha prodotto risultati decisamente interessanti e aveva già ricevuto l’autorizzazione ad essere impiegata in Europa per un sottogruppo di pazienti con talassemia trasfusione-dipendente, ha avuto uno stop per problemi legati alla decisione sul prezzo.
Continuano ad andare avanti, e con risultati decisamente interessanti, gli studi sull’altro tipo di terapia genica, l’editing genomico, per il quale in Italia è coinvolto l’ospedale Bambin Gesù.
Per quanto riguarda le altre terapie, a Cagliari siamo coinvolti negli studi incentrati sul Luspatercept (è una molecola innovativa in grado di ridurre la necessità di trasfusioni – n.d.R.) che è la molecola decisamente più vicina ad essere utilizzata nella pratica clinica.
Stiamo aspettando che compaia sulla Gazzetta Ufficiale e siamo ragionevolmente certi che divenga disponibile entro qualche mese.
Ciò che mi aspetto non è una risposta miracolosa in tutti i pazienti e questo per l’esperienza ormai acquisita in questo campo e dai dati già presenti in letteratura.
Penso però che sia uno strumento valido che possa offrire un aiuto nel senso di migliorare ulteriormente la qualità di vita ed anche un aiuto nel senso della conseguente introduzione di una minore quantità di ferro e quindi un aiuto per quanto riguarda l’efficacia della chelazione.
Il problema è che ora abbiamo soltanto degli indizi e non troppe certezze relativamente a quello che sarà il paziente ideale per avere la massima risposta al Luspatercept. Per questo ci sarà da lavorare.
Negli studi clinici infatti come sempre ci si rivolge ad una popolazione molto selezionata e quindi bisognerà vedere che impatto avrà il luspatercept nella realtà clinica.
La SITE ha creato un gruppo di studio che si occuperà di aiutare il clinico a utilizzare questo farmaco nel modo migliore e per avere la massima risposta –cosa non scontata, anzi che richiede attenzione ed esperienza.
Questo gruppo di lavoro cercherà anche di rispondere alla domanda su chi è il paziente ideale per ricevere luspatercept, analogamente a quanto fatto per la terapia genica.
Ripeto comunque che sono convinta che in una parte dei pazienti otterremo dei risultati significativi in quanto già lo vedo con il protocollo compassionevole che sta coinvolgendo molti Centri tra cui quello di Cagliari.
Ci sono molte altre molecole in studio, o ancora nella fase di sperimentazione sugli animali o nelle prime fasi sull’uomo.
Sono soprattutto molecole che agiscono sulla eritropoiesi (è il processo di formazione dei globuli rossi attraverso una serie di elementi cellulari immaturi – n.d.R.) o sull’assorbimento del ferro a livello gastrointestinale, che sono due processi tra loro legati.
Nessuna di loro sembra poter essere risolutiva, ma ciascuna potrebbe dare il suo contributo ed è possibile che la talassemia divenga come altre patologie, ovvero da affrontare attraverso una politerapia, con più farmaci che cooperano insieme agendo sia sul versante anemia che su quello dell’accumulo di ferro.
In questo modo sarà probabilmente possibile una gestione sempre migliore per quei pazienti, soprattutto adulti, che non saranno candidabili per la guarigione con la terapia genica e che se ne potranno avvantaggiare con notevoli benefici sulla qualità della vita.
In conclusione, abbiamo un enorme entusiasmo per quello che sarà il futuro, ma è importante, soprattutto per terapie che al momento hanno coinvolto un limitato numero di pazienti e per un periodo di tempo limitato, essere molto prudenti.
Possiamo prevedere per i prossimi anni un’altra era e sono fortemente ottimista in questo senso, però per il momento i piedi li teniamo ben fermi a terra”.

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