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LA GESTIONE DELLE COMPLICANZE MUSCOLO-SCHELETRICHE IN EMOFILIA

Il 19 novembre 2020 si è svolto il webinar “La gestione delle complicanze muscolo-scheletriche dell’emofilia: dalle esigenze quotidiane delle persone con emofilia al registro nazionale delle protesi articolari”.
L’iniziativa nasce dal suggerimento delle associazioni ARLAFE di Genova e ASE di Catania, in collaborazione con alcuni eminenti ematologi patrocinato dall’Associazione Italiana dei Centri Emofilia, dalla Federazione delle Associazioni Emofilici e con il Certificato della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT).

Nelle oltre due ore di evento, sono stati trattati in modo sintetico, ma omnicomprensivo, aspetti ematologici, ortopedici e sociali, con spunti sulla parte riabilitativa.
Una sessione è stata dedicata alla parte tecnico-chirurgica con proposta di creazione di un registro nazionale sugli interventi protesici articolari, svolti in gran numero nei centri di riferimento, ma anche in altre realtà che stanno acquisendo ottime competenze nella gestione ortopedica dei soggetti con malattia emorragica.
E’ stato registrato un numero inatteso di partecipanti, appartenenti a vari profili sanitari e non: medici specialisti in ortopedia e traumatologia, in fisiatria, in ematologia ed altre specialità cliniche, fisioterapisti, persone con emofilia, rappresentanti di associazioni di pazienti, informatori scientifici del farmaco.
Al di là dell’ottimo feedback sulle relazioni e sul format scelto per l’evento, abbiamo avuto prova dell’interesse suscitato dal tema e da tutte le figure coinvolte attraverso le numerose domande che ogni relatore ha ricevuto.
Vediamo innanzitutto di chiarire brevemente che l’emofilia è la più frequente sindrome emorragica per quanto catalogata come malattia rara, e risulta molto invalidante soprattutto dal punto di vista ortopedico.
Sebbene il moderno trattamento ematologico abbia risolto le più gravi complicanze della malattia, il dolore e la limitazione funzionale per l’importante coinvolgimento articolare determinano un negativo impatto sulla qualità della vita nei soggetti colpiti, in gran parte molto giovani.
Pertanto, la valutazione ortopedica periodica ed i trattamenti correlati rappresentano gli aspetti cruciali della cura dei soggetti con emofilia.
Ci sono nel territorio nazionale molti Centri Emofilia che capillarmente assistono i pazienti in modo adeguato: tuttavia, pochi ortopedici ancora si occupano di questo tipo di problematiche, nonostante la loro grande preparazione ed adeguata capacità tecnica.

GLI OBIETTIVI DELL’INCONTRO
Questo webinar si proponeva i seguenti obiettivi:
• diffondere la conoscenza delle problematiche muscolo-scheletriche in emofilia e le possibilità terapeutiche che in questo ambito l’ortopedia moderna offre;
• valutare l’opportunità di creare un registro nazionale degli interventi protesici in questa popolazione, dati gli indubbi vantaggi che questo determinerebbe;
• comprendere le esigenze dei pazienti e delle loro associazioni nelle aree in cui Colleghi ortopedici potrebbero essere coinvolti.

L’incontro è stato introdotto dal dott. Giancarlo Castaman Direttore del Centro Malattie Emorragiche dell’Azienda Sanitaria di Careggi, Firenze, il quale ha dato la parola in apertura al prof. Christian Carulli del Centro Traumatologico Ortopedico Universitario di Careggi.
Abbiamo scelto proprio questa relazione, molto dettagliata, “condita” anche da una serie di immagini che hanno permesso anche visivamente di seguire il suo intervento.
“Cosa succede – ha esordito – quando avviene un sanguinamento a livello di una articolazione?
Il sangue si sparge ed agisce attraverso un meccanismo diretto ed indiretto sulla sinovia determinando una infiammazione.
Agisce negativamente anche sulla cartilagine articolare innescando quel processo cronico che chiamiamo “artropatia”.
Ci si è sempre chiesti se bastasse un singolo emartro a determinare questa artropatia: in realtà non è così, perché sappiamo che i micro-sanguinamenti che si realizzano nel tempo producono i danni maggiori, soprattutto nei soggetti che non fanno profilassi o con inibitori.
Una volta dal punto di vista ortopedico, si eseguiva la sinoviectomia per trattare la sinovite ed il paziente effettivamente stava meglio, ma spesso a breve termine: rigenerandosi la sinovia, fondamentale per il funzionamento di una articolazione, era possibile che i nuovi sanguinamenti determinassero una recidiva di sinovite, portando il soggetto all’intervento di chirurgia protesica.
Talvolta, il processo artropatico era talmente grave che non c’era alternativa alla “artrodesi” (fusione articolare o anchilosi chirurgica).
Oggi, in base all’attuale trattamento di profilassi, è raro ricorrere a questo intervento perché oltre alla terapia sostitutiva con la profilassi, esistono anche altre possibilità terapeutiche, come la terapia analgesica, l’uso di tutori e bendaggi, la fisioterapia e il ricorso alle infiltrazioni intra-articolari.
Che tipo di infiltrazioni?
Quelle di acido ialuronico, per cui il nostro gruppo di Firenze è particolarmente attivo (ma non siamo gli unici ad utilizzarlo in territorio nazionale ed internazionale) servono a ridurre i sintomi, a limitare la sinovite e a ritardare l’evoluzione dell’artropatia.
La sinoviortesi chimica (cioè l’infiltrazione di farmaci antibiotici come la rifampicina che agiscono direttamente sulla sinovite) è indicata quando la sinovite è molto più aggressiva e persistente, determinando frequentemente emartri.
Trattamento analogo è la radiosinoviortesi, ovvero il trattamento della sinovite con un prodotto a base radioattivo (“radio colloide”), di cui i dott. Solimeno e Pasta sono molto esperti.
Ci sono stati in passato dei dubbi sulla possibilità che i radio colloidi determinassero un aumentato rischio tumorale, soprattutto in soggetti in accrescimento: in realtà, sono stati singoli case reports (ovvero casi isolati pubblicati in letteratura) e come tali non considerabili una regola, per cui ad oggi possiamo dire che questo problema non sussiste.
Entrambe le strategie servono a stemperare in modo transitorio la sinovite, limitando sintomi ed emartri.
E quando tutto ciò non è sufficiente?
Bisogna ricorrere alla chirurgia! La mia trattazione si ferma all’artroscopia, che è un intervento mini-invasivo attraverso una telecamera e degli strumenti che passano attraverso dei piccoli portali cutanei.
Per quanto non sia un intervento risolutivo, in caso di sinovite persistente (senza miglioramenti ai trattamenti conservativi) o artropatia precoce che meccanicamente produce sintomi, può essere utile pulire l’articolazione, allo scopo di ritardare un intervento più importante.
Tutto ciò che ho detto in qualsiasi suo aspetto non prescinde da un’altra valutazione, che è quella riabilitativa, da parte dei fisiatri e fisioterapisti, che devono intervenire in maniera mirata conoscendo la malattia, la tipologia di articolazione ed artropatia, l’esistenza di altre articolazioni target e le caratteristiche del soggetto (età, livello funzionale, tipo di profilassi).
In conclusione, l’obbiettivo moderno dell’ortopedico è quella di limitare e prevenire il danno articolare e la sinovite, attraverso la visita periodica multidisciplinare, che rappresenta la chiave più importante: con essa, e’ possibile rilevare alterazioni precoci e trattarle efficacemente prima che il processo cronicizzi e determini danni gravi e permanenti.
Laddove vi sia necessità di un trattamento, è ragionevole partire con strategie conservative, farmacologiche o poco invasive. Laddove non ci siano indicazioni a queste o dove non si rilevino effetti adeguati, è chiaro che possiamo procedere con la chirurgia, che d’altra parte, assicura ottimi risultati clinici e funzionali”.
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All’incontro hanno partecipato e sono intervenuti:
il dott. Luigi Solimeno, direttore di Unità Complessa di Ortopedia al Policlinico di Milano che ha trattato l’argomento sui risultati della chirurgia protesica;
il dott. Gianluigi Pasta dirigente medico ortopedico al Policlinico S. Matteo di Pavia il quale ha illustrato l’utilità di un Registro della chirurgia protesica;
il prof. Massimo Innocenti Direttore del Centro Traumatologico Ortopedico di Firenze che ha trattato il tema della prevenzione, della tecnica e dei risultati della chirurgia.

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