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L’ENTE EUROPEO DEI FARMACI ED IL FARMACO DA TERAPIA GENICA

La nostra Redazione da qualche tempo è in continuo contatto con persone affette da talassemia e anemia falciforme perchè ogni giorno nelle agenzie informative specializzate si susseguono notizie su farnaci cosidetti da terapia genica.
Nelle nostre pagine pubblichiamo articoli cercando sempre poi di avere spiegazioni da parte dei medici che curano questi pazienti. Anche in questo nuovo anno abbiamo una serie di notizie che naturalmente pubblichiamo ma con una raccomandazione.
Abbiamo la certezza che la ricerca sta facendo grandi progressi però dobbiamo sempre avere certezze sulla efficacia rivolgendoci a chi li segue ogni giorno.
Per questo motivo, fin da ora, comunichiamo che nei prossimi numeri del giornale ci rivolgeremo appunto ai nostri medici ai quali daremo l’utlima parola.

L’ultima novità in ordine di tempo perchè è del mese di dicembre pubblicata appunto in gennaio, si chiama exagamglogene autotemcel (exa-cel), terapia genica sperimentale per il trattamento dei pazienti affetti da anemia falciforme o da beta-talassemia dipendente dalle trasfusioni.
Terapia di Vertex e CRISPR Therapeutics per la quale è stata presentata all’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio, accolta favorevolmente il 25 gennaio di quest’anno.
Trattandosi di terapia genica l’Ente Europeo che controlla i farmaci (EMA) attuerà la procedura di autorizzazione centralizzata: attraverso il suo Comitato scientifico valuterà la documentazione presentata dall’azienda farmaceutica, verificando il rapporto beneficio/rischio sulla base dei dati di qualità, efficacia e sicurezza del medicinale ed esprimerà un parere in un tempo massimo di 210 giorni.
Il parere del Comitato verrà poi trasmesso alla Commissione Europea, che emanerà una decisione finale sull’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale.
La presentazione della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco exa-cel è supportata dai risultati di due studi globali di fase 3 volti a valutare il farmaco come terapia somministrata una sola volta in un’unica dose in persone affette da anemia falciforme o da beta-talassemia dipendente da trasfusioni.
I primi risultati di questi studi, ancora in corso, sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine a gennaio 2021 e coinvolgono pazienti di età compresa tra i 12 e i 35 anni.
Che cosa è il processo di Editing Genico
Le cellule staminali e progenitrici ematopoietiche dei pazienti arruolati in questi studi sono raccolte dal loro sangue periferico e modificate utilizzando la tecnica CRISPR/Cas9.
Le cellule modificate sono, quindi, re-infuse nel paziente nell’ambito di un trapianto di cellule staminali , un processo che prevede, tra le altre cose, un trattamento con un condizionamento mieloablativo con il farmaco busulfano.
I pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche potrebbero anche manifestare effetti collaterali (da lievi a gravi) non correlati alla somministrazione di exa-cel.
I pazienti saranno inizialmente monitorati per determinare quando le cellule modificate inizieranno a produrre cellule ematiche mature, un processo noto come attecchimento (engraftment).
Dopo l’attecchimento, i pazienti continueranno a essere monitorati per osservare l’impatto di exa-cel su diversi parametri di valutazione della malattia e sulla sicurezza.

Editing genomico: che cos’è e a cosa serve? Sarà la terapia del futuro?

Abbiamo già avuto modo di spiegarlo in un precedente articolo ma per validità di informazione lo riproponiamo.
L’editing genomico è una tecnologia altamente innovativa che funziona come un “correttore di bozze” del DNA: interviene in maniera precisa per trovare e correggere gli errori genetici.
Molti considerano l’editing genomico come la terapia genica del futuro, visto che permetterebbe di correggere un gene difettoso direttamente là dove si trova senza doverne fornire una copia sana dall’esterno.
Una tecnica da Nobel?
La vera rivoluzione in questo campo è arrivata nel 2012 con la scoperta del sistema Crispr-Cas9, che ha messo in secondo piano i sistemi di editing denominati nucleasi a dita zinco (zinc-finger nucleases), meganucleasi e TALEN che erano stati utilizzati fino ad allora dai ricercatori di tutto il mondo. CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, espressione traducibile in italiano con brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari) ha dimostrato, fin da subito, una potenzialità e una versatilità fino a poco prima inimmaginabili: qualunque tipo di cellula vegetale, animale, inclusa quella umana, può essere modificata geneticamente e la correzione può avvenire anche per un singolo errore, e ovunque nel genoma.
Inoltre, questa tecnica è facile da utilizzare, veloce ed economica, tutti fattori che contribuiscono ad ampliarne le potenzialità in ambito terapeutico.
Una rivoluzione che ha premiato le sue scopritrici e autrici dell’ormai famoso studio pubblicato su Science nel 2012 – Emmanuelle Charpentier, Direttrice del Max Planck Unit for the Science of Pathogens a Berlino, e Jennifer A. Doudna, Professoressa all’University of California (Berkeley) – a vincere il Premio Nobel per la Chimica 2020 per lo “sviluppo di un metodo di editing genomico” basato su CRISPR che è l’acronimo di “Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats”, ovvero sequenze geniche che si ripetono a intervalli regolari.
Sono associati i geni Cas (“CRISPR associated”, da cui deriva “Crispr-Cas9”) che codificano enzimi capaci di tagliare il DNA che non viene tagliato in modo casuale, ma in un punto preciso grazie alla presenza di un RNA guida.
Questo sistema è stato originariamente scoperto nei batteri, nei quali agisce come arma di difesa contro i virus – un po’ come il sistema immunitario umano – e funziona in maniera semplice ma con grande efficienza.
Il sistema CRISPR si basa sulla combinazione di due elementi: un enzima Cas e un RNA guida che si appaia al DNA del virus per indicare a Cas il punto in cui tagliare. Come nel caso della terapia genica, anche la strategia di editing basata su CRISPR può essere somministrata in vivo (direttamente nell’organismo) o ex vivo (all’esterno, su cellule vive prelevate dell’organismo).
Ad oggi la ricerca nell’ambito dell’editing genomico spazia dalle malattie genetiche, in particolar modo quelle rare, ai tumori, passando per le malattie neurologiche (Alzheimer e Parkinson), fino alle malattie infettive (HIV).

Ritornando alle dichiarazioni del prof. Locatelli, Italia ed Europa sono tagliate fuori dalla terapia genica…
Allora? Sì e no.
Perché, fortunatamente, c’è un’alternativa: è in sperimentazione (sempre al Bambino Gesù) un altro approccio, che usa la tecnica Crispr per ripristinare la produzione di una diversa forma di emoglobina presente nel sangue fetale e non affetta da talassemia, che viene normalmente soppressa dopo la nascita.
L’idea è di “riaccendere” questo interruttore per far sì che l’emoglobina fetale sostituisca quella adulta.
“A giugno scorso, durante il congresso della Società europea di ematologia – conclude Locatelli – abbiamo presentato i risultati delle sperimentazioni, che sono molto incoraggianti: 42 dei 44 pazienti arruolati, oltre il 95%, sono diventati indipendenti dalle trasfusioni. Ora c’è da aspettare l’approvazione dell’Ema e dell’Aifa, che ragionevolmente dovrebbero arrivare entro uno o due anni”.
E i costi? “Non si conoscono: la negoziazione deve ancora cominciare”.