Ad oggi, come tutti sanno, il gold standard nel trattamento dell’emofilia grave o moderata-grave consiste nella somministrazione del concentrato del fattore mancante in regime di profilassi al dosaggio di 25-40 UI/kg due o tre volte alla settimana, in funzione del fatto che si voglia trattare un paziente affetto da emofilia B o A.
Rispetto al trattamento al bisogno, attuato solo in caso di sanguinamento acuto, la profilassi ha notevolmente migliorato la qualità della vita dei pazienti emofilici, ha ridotto il numero e la frequenza degli eventi emorragici spontanei, ha ridimensionato la gravità degli eventi emorragici secondari a traumi ed ha permesso di raggiungere un’aspettativa di vita sovrapponibile a quella dei soggetti non affetti dalla patologia emofilica.
I pazienti gravi o moderati gravi trattati in regime di profilassi fin dalla tenera età presentano inoltre un ridotto danno articolare con un netto calo dell’artropatia debilitante e deformante.
Nonostante tutto ciò si può però ancora migliorare.
L’obiettivo che si pongono attualmente i clinici è infatti quello di raggiungere un Annual Bleeding Rate (ABR), un tasso di sanguinanti annuo, pari a zero, ma per fare questo occorre modificare l’approccio al paziente.
Bisogna infatti passare dal concetto che tutti i pazienti che presentano un’emofilia di un determinato tipo e grado sono uguali e che pertanto anche il regime, il dosaggio e la frequenza della terapia devono essere uguali, ad un concetto che vede ogni paziente come unico e quindi diverso dall’altro anche a parità di patologia e gravità della stessa.
Diversi sono infatti i fattori che vanno ad interagire con la corretta riuscita terapeutica, alcuni sono fattori modificabili, che magari variano con il passare del tempo e con l’età del paziente, altri sono invece fattori genetici che non possono essere cambiati.
Tra i fattori modificabili ci sono sicuramente lo stile di vita: un paziente che svolge un’attività fisica costante, magari anche impegnativa (nuoto, ciclismo, tennis, ecc.) avrà sicuramente un rischio maggiore di incappare in un trauma rispetto ad un soggetto di pari età e condizione che non pratica alcuna attività fisica. Il primo avrà pertanto bisogno di un quantitativo di farmaco superiore, infuso in modo diverso, magari più prossimo alle sedute sportive rispetto al secondo.
Altri fattori che si modificano con il tempo sono alcuni parametri farmacocinetici del paziente. Da piccoli il nostro metabolismo è più rapido, pertanto anche per quanto riguarda i fattori della coagulazione infusi si ha una loro più rapida eliminazione e una minore permanenza in circolo rispetto all’adulto. Il bambino necessita pertanto di somministrazioni più frequenti e dosaggi maggiori per ottenere lo stesso grado di copertura emostatica del soggetto di maggiore età. Una determinazione del profilo farmacocinetico è quindi consigliabile prima di intraprendere un trattamento. Fino a pochi anni fa costruire una curva farmacocinetica costava parecchio tempo e impegno sia al paziente che centro emofilia, erano necessari infatti diversi prelievi in successione dopo la somministrazione del farmaco che limitavano molto l’esecuzione di questa analisi. Negli ultimi anni però sono stati messi a punto alcuni strumenti che con soli pochi prelievi (3-4), impiegando un’analisi statistica di popolazione o Bayesiana riesce a determinare il profilo farmacocinetico del singolo paziente e ad aiutare il clinico ad impostare la corretta terapia emostatica. I nuovi strumenti informatici a disposizione permettono quindi di ottenere questi dati con facilità in caso di necessità (primo trattamento, modifica dello stile di vita, modifica del farmaco, ecc.) e meritano sicuramente una trattazione separata e più approfondita.
Tra i fattori non modificabili, la genetica gioca sicuramente un ruolo di primo piano infatti a parità di grado di emofilia due soggetti possono presentare un numero di sanguinamenti diversi in base proprio alla genetica che si trova alla base della loro patologia.
Molti sono quindi i fattori che vanno ad agire sulla riuscita della terapia utilizzata nel trattamento dell’emofilia, ma per cercare di avvicinarsi sempre più all’optimum, all’azzeramento degli eventi emorragici, occorre sempre più avvalersi di un trattamento personalizzato, costruito o meglio ritagliato sul paziente, che tenga conto di tutti gli aspetti che abbiamo nominato e di altri che coinvolgono il singolo paziente.
La terapia del futuro non è quindi più una terapia standard, codificata e fissa, ma una terapia “tailored”, sartoriale, unica per ogni soggetto considerato, modificabile nel tempo, più mirata ed efficace.
Dr.ssa Samantha Pasca – Centro Emofilia di Padova