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NUOVE FRONTIERE NELLA PREVENZIONE DEGLI EMARTRI SPONTANEI

Osservazione clinica a cura della dottoressa Elena Boccalandro,
fisioterapista e osteopata del Centro Emofilia e Trombosi “Angelo Bianchi Bonomi”, Fondazione IRCCS Policlinico Milano

Le manifestazioni cliniche tipiche dell’emofilia sono sanguinamenti ricorrenti, che causano danni alle articolazioni e richiedono un approccio multidisciplinare per la gestione. Gli eventi emorragici si verificano principalmente nel sistema muscolo-scheletrico, specialmente a livello articolare. Caviglie, ginocchia e gomiti sono le articolazioni maggiormente colpite, seguite molto più raramente da spalle e anche. Dopo il verificarsi di tre o più sanguinamenti in una singola articolazione entro un periodo consecutivo di 6 mesi, l’articolazione viene identificata come articolazione bersaglio. I segni clinici dell’interessamento articolare sono difficoltà di deambulazione, mobilità ridotta e tumefazione dovuta a ipertrofia sinoviale palpabile.
A lungo termine tale condizione articolare provoca anche contratture muscolari e capsulari con artropatia invalidante. Nell’emofilia, il sanguinamento muscoloscheletrico è stato classificato come traumatico o spontaneo: quest’ultimo interessa quasi esclusivamente pazienti con malattia grave o moderatamente grave.

Ma qual è la vera causa di queste emorragie? Sono veramente spontanee come generalmente affermato?
L’osservazione clinica ci suggerisce che nelle persone e particolarmente nell’infante con emofilia A o B grave, gli emartri non si verificano spontaneamente ma sono invece la risposta a ripetute sollecitazioni sull’articolazione al momento di azioni motorie ben definite. Le manifestazioni clinicamente più evidenti sono sanguinamenti muscolari o articolari ed avvengono non appena il bambino inizia a muoversi e a camminare. Questi eventi emorragici sono localizzati più frequentemente nelle ginocchia, nelle caviglie o nei gomiti, le principali articolazioni di sostegno durante le attività motorie del bambino. La spiegazione razionale di questo fenomeno può essere compresa osservando lo sviluppo motorio dell’infante che, a partire dai 6-9 mesi dopo la nascita, raggiunge tappe motorie importanti. La padronanza della posizione seduta e la curiosità legata alla necessità di raggiungere oggetti vicini sono i meccanismi che favoriscono il primo sviluppo psicomotorio e poi, passo dopo passo, l’inizio delle prime strategie motorie funzionali.

Tali strategie sono scelte dall’infante con emofilia anche per vicariare i possibili microsanguinamenti articolari subclinici. Il dolore associato causato dal continuo stress meccanico può non essere notato dai genitori o dai medici, non solo perché gli infanti non sono in grado di verbalizzarlo, ma anche perché il sistema nervoso centrale istruisce il sistema muscolo-scheletrico ad adottare strategie compensatorie come l’andatura antalgica o addirittura il rifiuto totale del cammino per evitare dolore all’arto colpito. Nella nostra esperienza, queste strategie alternative legate alle attività motorie precoci, se non adeguatamente corrette implicano a lungo termine schemi di movimento meno efficienti ed ergonomici di quelli corretti e creano le condizioni per l’insorgenza di disfunzioni dell’intero sistema muscolo-scheletrico. Un movimento disarmonico, che implica una sollecitazione squilibrata dei due arti favorendo l’uso a discapito dell’altro porta facilmente all’insorgere di una disfunzione motoria. Tutto questo predispone le superfici articolari ad infiammarsi più facilmente: vi è così la comparsa di un emartro. Questo meccanismo rende queste articolazioni “bersaglio” perché più fragili. Il ripetuto sanguinamento subclinico e spesso asintomatico distrugge la cartilagine, deforma la superficie articolare e a lungo termine il danno diviene irreversibile.

Nella prima infanzia, i tessuti del sistema muscoloscheletrico sono costituiti soprattutto dalla componente elastica rispetto a quella fibrotica: per questo, probabilmente nei primi mesi di convivenza con l’emofilia, è più frequente osservare la comparsa di sanguinamenti sottocutanei o muscolari piuttosto che articolari. Solitamente alla fine del primo anno di vita, esattamente quando il bambino inizia ad acquisire la posizione eretta, la pressione articolare aumenta, soprattutto a livello di caviglie e ginocchia, e iniziano così a comparire le prime emorragie articolari clinicamente osservabili. L’emartro nei gomiti è solitamente meno frequente rispetto alle altre due articolazioni, e ciò probabilmente accade quando queste articolazioni sono state sollecitate eccessivamente durante la fase di gattonamento.

Con queste premesse, si può quindi ipotizzare che le articolazioni bersaglio siano le prime a subire il maggior stress meccanico e che il sistema nervoso centrale, in risposta al dolore che tale sollecitazione provoca, metta in atto una strategia funzionale alternativa che consenta di salvaguardare l’articolazione dolente, utilizzando risorse che il sistema muscolo-scheletrico ha a disposizione. Durante l’infanzia e fino alla completa maturazione dell’apparato locomotore, le risorse elastiche disponibili riescono a compensare bene questo problema. Tuttavia, a meno che il sistema muscolo-scheletrico non venga aiutato a recuperare queste risorse, vengono implementate strategie di movimento alternative, introducendo così modalità di movimento disfunzionali che spesso causano danni all’intero sistema muscolo-scheletrico.
Tale processo di degenerazione a cascata porta inesorabilmente ad una sempre maggiore riduzione funzionale globale e spesso arriva a compromettere in modo irreversibile la biomeccanica delle articolazioni: che per ripristinare la loro mobilità, in età adulta richiedono la sostituzione della stessa con una protesi.

I genitori sono le prime figure centrali nell’ accudimento dell’infante, e come tali sono quelle che per primi possono e devono saper riconoscere delle alterazioni funzionali nella gestualità dei propri figli. Devono inoltre essere in grado di interagire precocemente con loro, proponendo le corrette attività motorie fin dai primi mesi di vita, in modo che l’infante possa sviluppare appieno le funzioni muscolo-scheletriche raggiungendo progressivamente a tempo debito tutte le principali fasi evolutive dello sviluppo. L’esperienza, costituita da un insieme di attività motorie proposte al bambino, gioca un ruolo fondamentale nell’apprendimento delle abilità necessarie per raggiungere adeguate mete di sviluppo motorio. L’esperienza non è determinata esclusivamente dalle caratteristiche individuali ma piuttosto dalle modalità di cura e di stimolo offerte durante le diverse fasi della crescita del bambino: dalle consuete attività quotidiane ai giochi e agli stimoli che si dovrebbero offrire al bambino ogni giorno.

Pertanto, se i genitori sono consapevoli dell’importanza del tempo da dedicare loro stimolandoli da un punto di vista sensoriale e motorio fin dai primi mesi di vita, il bambino si svilupperà al meglio e raggiungerà tutte le principali fasi dello sviluppo. Al contrario, se i genitori commettono o consentono frequenti errori posturali e offrono troppo poche attività motorie, il bambino rischia di rallentare lo sviluppo e di saltare tappe fondamentali dello sviluppo motorio.

Ma quali sono queste tappe?
Le fasi principali dello sviluppo del movimento infantile possono essere riassunte come segue:
1- posizione prona: quando il bambino è posto a pancia in giù mentre è sveglio con qualcuno che lo guarda.
2- Rotolamento: la prima abilità di movimento di transizione che permette al bambino di cominciare ad esplorare il suo mondo e ad usare insieme entrambi i lati del corpo, in modo da poter imparare a usare braccia e gambe insieme (preludio allo strisciare e al gattonare).
3- Strisciare: questo movimento permette al bambino di ottenere un maggiore controllo del proprio corpo rispetto al rotolamento e gli offre una maggiore possibilità di interazione con l’ambiente circostante.
4- Pivoting (o clock shifting): questo movimento consiste nella capacità del bambino, in posizione prona, di ruotare in entrambe le direzioni, facendo perno con una parte del corpo, solitamente un braccio.
5- Pivottare: questo movimento, detto anche ‘camminare sul fondo schiena’, se presente, tende ad essere più duraturo, perché vantaggioso rispetto agli altri: le mani sono libere di afferrare, esplorare e trasferire gli oggetti circostanti e non c’è paura di instabilità e cadute.
6- Strisciare: non è una tappa obbligatoria per l’accesso alla deambulazione, tuttavia è solitamente molto frequente e di notevole importanza per la coordinazione motoria. Il bambino che inizia a gattonare si muove in avanti con le mani e le ginocchia come sostegno, mentre gli arti inferiori rimangono flessi. Questa andatura può essere simmetrica omolaterale quando gli arti superiori e inferiori dello stesso lato si muovono contemporaneamente, oppure asimmetrica incrociata quando gli arti superiori e inferiori dei diversi lati si muovono insieme.
7- Posizione eretta con aiuto: il bambino passa da sdraiato a seduto senza assistenza, si alza con un piede in avanti e inizia a camminare con due mani tenute.
8- Camminare: i bambini strisciano su per le scale, si alzano dal pavimento senza supporto e iniziano a camminare da soli. Inoltre si accovacciano e si alzano senza aggrapparsi ad alcun supporto.

Nel bambino con emofilia, diverse sollecitazioni articolari favoriscono l’insorgenza del sanguinamento. L’uso precoce della terapia profilattica con concentrati di fattori della coagulazione o di farmaci innovativi come emicizumab ha ridotto drasticamente il numero di sanguinamenti muscolari e articolari ma senza eliminarli. Mirare a zero sanguinamenti è l’obiettivo della moderna terapia dell’emofilia, ma il risultato di ottenere nessun sanguinamento evidente potrebbe non essere sufficiente per prevenire danni articolari. Affrontare qualsiasi sanguinamento subclinico dovrebbe quindi essere l’obiettivo di una terapia veramente efficace. Clinici, infermieri e fisioterapisti devono quindi informare meglio i genitori su come osservare il loro bambino, cogliere ogni minimo segno di problemi di fondo (dolore da microsanguinamento, ecc.), e quindi intervenire immediatamente interrompendo un circolo vizioso di eventi che alla fine causano danno articolare irreversibili. Non si può escludere che il sanguinamento subclinico muscolare o articolare nel neonato possa essere causato anche da movimenti troppo bruschi durante la vestizione o il cambio del pannolino. Particolare attenzione va quindi prestata alla posizione che assume un neonato/infante nello spazio, alla sua predilezione per un lato del corpo piuttosto che per l’altro, e ai movimenti più armoniosi da un lato perché neonati e infant potrebbero non essere in grado di riferire dolore piangendo o parlando, ma invece evitando la posizione dolorosa o rifiutando di camminare o svolgere determinate attività se queste generano dolore. La raccolta di queste informazioni in un diario aiuterà i fisioterapisti e gli ematologi a riconoscere un interessamento articolare molto precoce e a correggere queste disfunzioni.
L’attenta osservazione fin dalla nascita della gestualità motoria del bambino con emofilia e la rapida guarigione in caso di disfunzione sono, insieme all’attuazione precoce della profilassi, l’appropriata strategia sinergica per evitare anche il più piccolo danno articolare nell’emofilia.