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PATH WEBINAR 9 – INNOVAZIONE DIGITALE DEL SISTEMA SALUTE

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“Quali cambiamenti e quali opportunità di innovazione porterà la digitalizzazione nel Sistema Salute?

Sarà un vero e proprio cambio di paradigma, anche per le Associazioni di Pazienti”?

Le aziende possono essere un partner di valore
in questo cambio di mentalità?”

Queste e molte altre sono state le domande e le riflessioni discusse nel nono webinar del percorso PATH (Patient Association Talks Hub), che si è svolto il 23 luglio 2021, aperto con l’introduzione sulle implicazioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in tema salute, con particolare attenzione alla digitalizzazione.
La seconda parte dell’incontro poi si è svolto nel format della tavola rotonda, un momento di confronto per rendere gli appuntamenti del percorso PATH sempre più partecipativi.
Sono intervenuti Raffaella Cramarossa Government Affairs Lead Roche Italia
Nicola Provenza, membro della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati e Salvo Leone, Direttore Generale di Amici Onlus.
I temi oggetto dello scambio sono stati incentrati sulla visione di politica e istituzioni riguardo alla digitalizzazione del Sistema Salute e al suo impatto sui pazienti, oltre che sul ruolo delle Associazioni.

Elisabetta Sala, Patient Partner di Roche Italia, conduttrice dell’incontro, in apertura ha spiegato il significato di PATH (Patient Association Talks Hub, letteralmente Centro di Conversazione per le Associazioni dei Pazienti), un percorso iniziato lo scorso anno e dedicato alle associazioni di pazienti per condividere esperienze, riflessioni e competenze su aree di interesse comune.
Dei precedenti incontri, specialmente gli ultimi due in ordine di tempo, quello del 6 maggio era stato dedicato alla riforma del terzo settore (il nostro giornale ha pubblicato alcuni servizi in proposito – n.d.R.)
Quello del 22 giugno invece aveva trattato il tema della digitalizzazione e l’uso dei dati nell’ambito del sistema salute.
Un tema che aveva aperto la strada al nono incontro, come illustrato nella presentazione, ed ha affrontato il tema dell’innovazione digitale nel sistema salute e quindi del cambio di paradigma verso il quale ci si sta affacciando.
Non poteva mancare in apertura un intervento sulla pandemia da Covid, con la considerazione che sono state messe in luce criticità e aree di miglioramento del sistema ma dall’altra parte ha contribuito ad accelerare un processo di ammodernamento e innovazione digitale che nel nostro Paese stenta ad affermarsi.
Ora la sfida più grande a cui siamo chiamati sarà sistematizzare provvedimenti presi in fase emergenziale e renderli delle riforme strutturali.
Il piano nazionale di ripresa e resilienza va sicuramente in questa direzione.


La prima ad intervenire è stata Raffaella Cramarossa la quale ha chiarito che l’obiettivo del suo intervento era quello di dare un minimo di coordinate rispetto al quadro del piano nazionale ripresa e resilienza calato in Italia chiaramente con l’ottica della digitalizzazione e soprattutto ha cercato di trovare quella che poteva essere una visione per i pazienti spiegando sostanzialmente ciò che c’è nel piano.
Gli interventi attesi, le opportunità, in particolare con uno sguardo attento alla digitalizzazione quindi medicina, il fascicolo sanitario elettronico e poi anche qualche coordinata rispetto a quella che è la possibilità che le associazioni hanno dal punto di vista tecnico e pratico di interloquire con le istituzioni per farsi sentire, per partecipare alle scelte che detteranno il futuro dei prossimi cinque anni, ovvero il piano di ripresa e resilienza.
Ha ricordato come la pandemia abbia evidenziato la necessità di un piano straordinario che ha portato l’Unione Europea allo stanziamento di un’ingente somma per tutti gli stati membri e al 30 aprile l’Italia come tutti gli altri paesi ha presentato il proprio piano di Next Generation Italia che è stato approvato dalla Commissione a giugno e che ha ricevuto il via libera formale il 13 luglio scorso.
Da questa data è partito sostanzialmente quello che è il primo iter per l’anticipo del primo finanziamento, ovvero la Commissione Europea con il primo via libera ha consentito il pre finanziamento del 13% dell’intervento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che verrà stanziato entro il 20 settembre allo Stato italiano.
È articolato in tre fasi ovvero: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale e sei missioni.

emoexQueste sono le sei missioni:
la digitalizzazione che di fatto oltre ad essere un’asse è anche il tema principale che si pone anche come strumento in tutte le sei missioni che sono:

Transizione verde
Trasformazione digitale
Crescita intelligente, sostenibile e inclusiva
Coesione sociale e territoriale
Salute e resilienza economica, sociale e istituzionale
Politiche per le nuove generazioni, l’infanzia e i giovani

Nel suo intervento ha insistito sulla salute senza trascurare la missione forse più importante che è rappresentata dalla inclusione e coesione soprattutto perché interessa il ruolo del terzo settore, quello delle associazioni di volontariato.
Innanzitutto, quella pubblicata nella slide è la cifra che il nostro paese ha chiesto ed ottenuto dall’Europa.
Ha evidenziato che questi interventi sono nelle mani delle Regioni e degli enti coinvolti nelle amministrazioni locali.
Ma esiste una governance più ampia nella quale si parte dalla cabina di regia rappresentata dalla presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero dell’Economia e della Finanza, da un partenariato economico, sociale e territoriale e da una segreteria tecnica.
Tutto questo affinché il Parlamento riceva delle relazioni semestrali sugli investimenti e sulla loro implementazione.
Bisogna soprattutto tenere conto della capacità di ascolto delle associazioni interessate.
All’interno del tavolo tecnico gestito dalla Presidenza del consiglio saranno presenti i rappresentanti della società civile e delle associazioni per fare in modo di avere informazioni su quelle che potrebbero essere difficoltà o proposte.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, assieme al Ministero dell’Economia e Finanze, ha il compito di monitorare e rendicontare.
Per la missione salute sono stati stanziati circa 15 miliardi per rafforzare la medicina territoriale suddivisa in reti e strutture e telemedicina per l’assistenza territoriale e l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale.
Gli interventi previsti si riferiscono alle “Case della Comunità” per garantire la prevenzione della salute e la presa in carico della comunità di riferimento; alla domiciliarità per l’erogazione delle cure domiciliari per aumentare il volume delle prestazioni rese in assistenza domiciliare in popolazione di età superiore ai 65 anni; le cure intermedie dove il progetto prevede la realizzazione di 381 ospedali di comunità entro il 2026 per gestire la presa in carico dei pazienti che necessitano di interventi sanitari a media o bassa intensità evitando così accessi impropri alle strutture ospedaliere.
Per quanto riguarda invece l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), la riforma attraverso un decreto legislativo, prevede entro al fine del 2022, tre obiettivi:
1) per il parco tecnologico e digitale ci sarà un consistente investimento in nuove grandi apparecchiature ad altro contenuto tecnologico per migliorare quelle che hanno più di cinque anni di età;
2) per il sistema di raccolta dati il progetto prevede l’integrazione di tutti i documenti sanitari le tipologie diverse, l’integrazione dei documenti da parte delle Regioni ed il potenziamento entro la metà del 2022 della infrastruttura tecnologica per il monitoraggio dei LEA;
3) infine per potenziare la ricerca biomedica il finanziamento di programmi di ricerca nel campo delle malattie rare attraverso bandi entro il 2023 e 2025.
Tutto questo dovrebbe creare opportunità per la gestione delle cronicità, della telemedicina e del fascicolo sanitario elettronico.
Come potranno le associazioni di categoria, del terzo settore e le associazioni di pazienti diventare protagoniste della implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza?
A livello nazionale analizzando e monitorandone l’evoluzione attraverso i provvedimenti del Governo e del Parlamento.
A livello regionale individuando i tavoli di lavoro già esistenti o che saranno istituiti.
Individuare le proprie istanze e sensibilizzare le istituzioni sul tema di interessa attraverso incontri e media.
Sono previste audizioni all’interno delle Commissioni parlamentari o del tavolo permanente per il partenariato. Infine creando partnership con enti o interlocutori terzi che sposano questi temi.

A questo punto la conduttrice si è rivolta all’onorevole Provenza chiedendo quali fossero le priorità in questo ambito e quale l’impatto che le istituzioni si aspettano sul sistema e sui pazienti.
“Si parla tanto di digitalizzazione – ha affermato – si parla moltissimo di implementazione tecnologica di telemedicina.
Io me ne sono occupato un po’ prima del Covid poi è chiaro quando è emerso tutto uno scenario di inefficienze, di distorsioni del Servizio Sanitario Nazionale e le criticità sono andate crescendo nel corso della pandemia, il tema della telemedicina ha occupato il centro del dibattito.
La mia prima interrogazione parlamentare, la prima interpellanza urgente al Ministero della salute è datata aprile 2020.
Questo a sancire un impegno su un aspetto che però andava proiettato assolutamente nello scenario futuro e non necessariamente soltanto nell’emergenza perché in realtà, lo dico con grande rammarico, c’è la disomogeneità sui territori del nostro Paese che purtroppo crea delle grosse problematiche.
Non in tutte le regioni siamo avanti da questo punto di vista e mi riferisco ovviamente all’implementazione tecnologica.
Quindi il rischio qual è?
Di non avere un territorio che sia pronto in qualche modo ad assorbire l’innovazione tecnologica.
Se non riusciamo prima ad entrare nel dettaglio di un modello organizzativo che poi renda assumibile questa implementazione tecnologica, rischiamo di aumentare le difficoltà.
È una cosa che da diversi mesi può suonare un po’ stonata perché tutti si aspettano che siamo pronti con la telemedicina; in realtà dobbiamo prepararci, dobbiamo farlo in fretta sul modello organizzativo che deve tenere conto però, come è stato ampiamente citato nell’introduzione e cioè c’è una necessità assoluta, un riequilibrio del rapporto tra ospedale e territorio, la possibilità che non solo si vada sempre sui concetti già noti di appropriatezza diagnostica clinica e terapeutica ma anche di appropriatezza organizzativa ma soprattutto appropriatezza di ambiti di cura.
Basterebbe solo questo per ridurre le liste di attesa, per fare in modo che ci siano le cosiddette dimissioni protette, vale a dire quelle strutture intermedie che non solo fanno da filtro rispetto all’arrivo eventuale della struttura ospedaliera, ma anche che accolgano e prendano in carico realmente il paziente dopo la situazione gestita per le patologie soprattutto di alta complessità a livello ospedaliero.
È chiaro che per fare questo bisogna ragionare in termini di attori che sono coinvolti in questo scenario di telemedicina.
Mi riferisco ai pediatri di libera scelta, agli specialisti ambulatoriali e anche agli infermieri perché la figura dell’infermiere di comunità interessa tutto ciò che attiene l’assistenza domiciliare integrata.
L’implementazione tecnologica può dare una grande accelerazione se però abbiamo molto chiaro il concetto di nuovo modello organizzativo.
Quindi l’implementazione tecnologica può determinare il cambio di passo, la mia risposta e certamente affermativa se insegniamo chiaramente un modello organizzativo che la renda assorbibile dal modello stesso.
Dobbiamo attrezzarci non soltanto perché abbiamo delle risorse ma per riportare alla pari le Regioni che sono lontane dal poter sviluppare questo modello”.

La conduttrice poi si è rivolta a Salvo Leone in quanto rappresentante dei pazienti, chiedendogli una risposta sul perché sia importante la digitalizzazione e per il sistema e come un’associazione di pazienti può aiutare il sistema a questo cambio di paradigma.
“Un dibattito di questo tipo – ha esordito – deve far comprendere alle associazioni di pazienti che si va verso un cambiamento che significa passare dalla tutela dei diritti e dell’assistenza alla conoscenza dei dati delle persone.
Vorrei fare una riflessione parlando del fatto che ci troviamo in una situazione che mi ricorda molto il 1978.
Qualcuno penserà perché proprio questa data? Nel 1978 nasce il Sistema Sanitario Nazionale e se ricordiamo come era messo questo paese nel ’78.
C’era la crisi energetica, e un paese che era allo sbando dal punto di vista del governo.
Ci furono un gruppo di politici che in quella situazione che si potrebbe definire “drammatica” per chi se lo ricorda, si misero d’accordo per creare un sistema che ad oggi, con tutti i problemi, con tutte le mancanze ecc., se stasera andiamo a letto ci ammaliamo, siamo tranquilli perché domani mattina non dovremo pagare.
Ecco questo è uno dei grossi vantaggi del Sistema che abbiamo a nostra disposizione e che noi,
e qui mi rivolgo ai colleghi delle associazioni di volontariato collegate, dobbiamo contribuire a supportare ed a sostenere perché questo è un grande vantaggio e ci troviamo in una situazione simile a quella in cui grazie alla buona politica, perché esistono rappresentanti delle istituzioni che sono delle persone che fanno un lavoro al servizio della comunità e cercano di cambiare questo sistema, si può costruire qualcosa di positivo.
Relativamente alla digitalizzazione, vi segnalo che i dati, non c’era bisogno della pandemia per capirli.
Già nel 2012 c’era uno studio dell’ENPAM che è l’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Medici aveva calcolato risparmi derivati dall’uso di strumentazione digitale grazie alla deospedalizzazione di pazienti cronici resa possibile anche dalla tecnologia.
Nel 2012 erano tre miliardi di euro all’anno, per cui la digitalizzazione in questo caso non significa accedere ai fondi che per fortuna siamo riusciti ad ottenere, ma significa anche implementare delle strategie che ci permetteranno anche di risparmiare e di garantire una migliore qualità di vita alle persone che rappresentiamo.
Diciamo che siamo all’inizio della più grande rivoluzione tecnologica della storia, della medicina e forse qualcuno lo deve iniziare a comprendere, soprattutto i medici, le associazione credo che l’abbiano compreso, perché il futuro della salute sarà caratterizzato da dati completamente interoperabili, piattaforme aperte, assistenze orientate al consumatore ma soprattutto in ambito sanitario la digitalizzazione è una componente essenziale di efficienza del governo clinico, tale da garantire anche un’assistenza sanitaria personalizzata.
Noi spesso parliamo di personalizzazione delle cure, di assistenza standardizzata o assistenza personalizzata.
Questa è fondata sulla partecipazione e sulla consapevolezza del paziente ed a questo punto è importante creare un patrimonio di registrazioni sanitarie che permettano lo sviluppo di applicazioni centrate sui pazienti in modo che le informazioni sanitarie siano integrate e disponibili.
Iniziamo a pensare di portare l’ospedale vicino al paziente.
Questo rappresenterà un risparmio soprattutto in termini di spostamenti, un accesso alle cure in maggiore sicurezza.
Noi consideriamo l’importanza fondamentale del coinvolgimento dei pazienti in tutte le fasi di questa nuova visione digitale e quindi conferire loro maggiori poteri ed anche maggiori responsabilità soprattutto anche mettere a disposizione strumenti che siano facili da comprendere”.

La conduttrice ha evidenziato che questa transizione digitale sarà senz’altro una sfida completa ma complessa e sarà possibile raggiungere gli obbiettivi soltanto grazie alla condivisione tra tutte le parti della società, comprese le imprese.
A quel punto si è rivolta a Raffaella Cramarossa Government Affairs Lead Roche Italia chiedendole quale potrà essere il ruolo di un’azienda impegnata in quest’ambito può rivestire nella partnership con il sistema.
“Parto dal dire che alcune parole chiave del PNNR è rappresentata dalla partecipazione pubblico/privata perché molto di quello che si sta costruendo non può prescindere da modelli virtuosi che già esistono sul territorio facendo riferimento naturalmente a livello nazionale.
Io rappresento un’azienda che una vocazione alla partnership come sistema a risolvere problemi. In questo caso credo che la chiave per poter interagire in maniera efficace e contribuire sia quello di mettersi in ascolto.
Per questo motivo Roche ha iniziato a valutare quelle che sono le attività chiave del Piano. Abbiamo esempi di progettualità che già vanno nella direzione di creare strutture sul territorio per quanto riguarda la sanità più vicina al paziente”.
La conduttrice si è poi di nuovo rivolta all’onorevole Provenza sul tema dell’accesso perché la digitalizzazione sarà una vera rivoluzione e sarà fondamentale che sia uno strumento condiviso e di unione che non accentri al contrario disomogeneità che già sono presenti.
Come si può fare quindi per permettere un accesso equo alla digitalizzazione su tutti i pazienti del territorio ed anche in termini generazionali.
“È un grande tema che si allarga ai più fragili e che hanno la necessità di essere assistiti.
In questo momento, al Senato, assieme alla collega Paola Boldrini ho promosso il gruppo parlamentare sulle cronicità perché in realtà avevamo notato che durante la pandemia la problematica dei pazienti cronici e tutte le patologie che necessitavano di una reale presa in carico venivano veramente messe in secondo piano con delle problematiche importanti soprattutto per quanto riguarda le liste d’attesa ed una mancata assistenza.
Quando si parla di un accesso equo io direi che intanto degli accordi di programma vincolati e facendo in modo che sia stabilito il ruolo forte del ministero della salute ma questo onestamente basta leggere il PNRR per capire che questa cosa qui è già sancita, dicevo un ruolo forte rispetto alle regioni che poi dispongono di fondi finalizzati, sottolineo in questa occasione che per esempio nella scorsa legge di bilancio è stato approvato un mio emendamento che destina proprio delle risorse, vincola delle risorse all’implementazione tecnologica in special modo alla telemedicina per quanto riguarda le regioni.
Rispetto a qualche spunto che mi viene anche ascoltando gli altri interventi devo sempre sottolineare che facendo da 35 anni la professione di medico, ho sempre sentito dire che il paziente andava messo al centro e mi sono chiesto dopo 35 anni arrivando in Parlamento come mai questo paziente al centro non ci arriva mai.
E quindi io sono orientato nella mia attività politico-parlamentare di trovare una soluzione.
Non penso di avere la bacchetta magica perché non ce l’ha nessuno però ho una chiave di lettura ed è anche molto chiara in senso che fino a quando ciascuna categoria prova a tenersi stretta la sua posizione o a difendere il suo territorio e non mettersi a disposizione di una visione più generale, rischia di danneggiare la difesa e la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale che più che mai in questo momento deve essere difeso in maniera stenua.
Poi quando si parla di salute, spesso lo dico ed è un concetto che mi preme sottolineare, è stata l’introduzione a qualche riferimento all’aspetto sociale, io parlo sempre di socio-sanitario perché in realtà non possiamo sganciare il concetto di salute da quello che è il discorso sociale, economico e direi anche relazionale che è quello che c’è più mancato addirittura in questo periodo di pandemia.
Quindi una visione complessiva della salute.
L’altro cenno era anche al rapporto pubblico privato, non demonizzare il privato ma fare in modo che tutto questo sia governato dal pubblico che però può creare delle sinergie importanti con il privato, sempre che si definiscano bene ruoli e funzioni.
Io penso che tutto questo può avere una grande possibilità di impattare positivamente sulla realtà della salute della nostra popolazione se riusciremo a fare una politica integrata cioè strategie mirate alla salute in ogni ambito a partire dalla scuola, alla valorizzazione degli operatori, quello che si chiama il benessere organizzativo, all’integrazione dei professionisti.
Vorrei sottolineare a questo punto il discorso della didattica nel senso che dobbiamo preparare un cambio nei medici di medicina generale non soltanto generazionale.
Abbiamo dei medici giovani proiettati verso il futuro ai quali dobbiamo provare a far recuperare la direzione clinica della professione medica. Creare una sorta di osservatorio sulla cronicità come abbiamo fatto istituendo il gruppo parlamentare penso possa rappresentare uno a livello istituzionale a vari livelli.
Dobbiamo convincerci di portare veramente il paziente al centro altrimenti si farà molta fatica e portare il paziente al centro significa passare attraverso un recupero vero del rapporto tra medico e paziente che non può essere sostituto soltanto dalla implementazione tecnologica”.

La domanda invitabile da parte degli ascoltatori che non poteva mancare è quali sono concretamente le azioni che le associazioni possono portare avanti quotidianamente per essere partecipi alla digitalizzazione rivolta a Salvo Leone.
“Farei una piccola premessa perché al di là di tutto quello che stiamo parlando e visto che siamo tutti, sia noi che le società scientifiche, le aziende, le istituzioni perché è questo quello che rendono reale le criticità emerse e le richieste alle istanze delle associazioni secondo me dobbiamo stabilire delle alleanze multi stakeholder di settore per evitare duplicati e fare in modo di sviluppare in modo efficiente ed efficace tecnologie digitali pertinenti alle esigenze del paziente.
Cioè tutto questo lo stiamo facendo nella visione di assistenza al malato, cioè assisterlo a vivere meglio, assisterlo a migliorare la patologia perché in alcuni casi non vorrei che si commettesse l’errore che è quello di dire “abbiamo tanti soldi a disposizione, come li utilizziamo?”.
Il processo dovremmo farlo inverso, dire “cosa ci serve?” e poi cerchiamo i soldi per realizzare queste cose.
Per rispondere alla domanda io credo che intanto dovremmo capire quali sono le tecnologie digitali di maggior impatto dotato del più ampio potenziale per conferire ai pazienti maggiori poteri e responsabilità.
Dal nostro punto di vista gli amici sono le cartelle cliniche elettroniche dotate di intelligenza artificiale perché con gli algoritmi probabilmente dei medici in futuro non significa che non avremo più bisogno, ma lavoreranno meglio grazie alla tecnologia originale e soprattutto dispositivi a supporto di una vita autonoma, fare in modo che la tecnologia permetta al paziente e non soltanto a quello cronico, di vivere autonomamente.
Bisognerebbe provare a pensare dal punto di vista culturale alle persone che tuteliamo se sono contenti di questo sistema che stiamo usando, cercando di fare in modo che ci sia una partecipazione vera. Inoltre incoraggiare l’uso delle tecnologie digitali.
E per fare questo si deve lavorare anche con gli operatori sanitari per renderli finalmente consapevoli di queste tecnologie, comprendendo insieme il valore che possono avere per i pazienti”.

L’onorevole Provenza ha poi insistito su un argomento: “Recuperare il ruolo clinico del medico di medicina generale ed attribuire ai Distretti un ruolo centrale, in particolare perché effettivamente come spesso affermano che loro sono la “porta del sistema” ed è il primo accesso che va benissimo ma il vero problema è chi governa e cioè chi ha le chiavi di quella porta.
Non possiamo pensare che ciascuna categoria sia nelle condizioni di isolarsi rispetto al contesto generale.
Creare un territorio che accolga l’implementazione tecnologica è una premessa per una vera presa in carico del paziente.
Dobbiamo tutti insieme ragionare in termini concreti”.
Il suo commento da medico è legato al fatto che ciascun professionista trovi la sua legittimazione professionale nella dimensione clinica.
È non è un semplice discorso per il semplice motivo che consentirà un notevole risparmio di risorse che potranno essere investite nel mantenimento di un sistema di Servizio Sanitario Pubblico più forte.
Ha promesso che personalmente attraverso il suo ruolo combatterà strenuamente fino in fondo perché crede nella missione che si è dato e cioè che il paziente ritorni al centro.

Raffaella Cramarossa rispondendo alla domanda: operativamente ed organizzativamente quali sono le strutture che se ne occuperanno?
Quel tempo è già ora – ha affermato – nel senso che molti dei progetti sono in via di stesura ed alcune regioni hanno già iniziato a lavorare su propri progetti (quali sono queste regioni?) per l’implementazione di questi progetti, l’anno scorso e le strutture sono già operative.
A livello nazionale invece ci sono delle strutture che si stanno occupando della scrittura delle norme ed anche a livello locale c’è la possibilità di intervenire.
Naturalmente i progetti regionali saranno esaminati e poi validati dalla cabina di regia del ministero dell’economia”.

Altra domanda su: come si riuscirà a conciliare uniformità sul piano nazionale del Servizio Sanitario considerando le 21 sanità esistenti ad oggi?
La risposta è stata: “Non è mai stato semplice né lo diventerà oggi conciliare il pregio del PNRR; a mio modesto parere ci sono degli interventi di carattere nazionale e pensiamo ad esempio al fascicolo sanitario elettronico che viene sottratto di fatto a quella che è la variabilità delle regioni con degli atti nazionali che ne determinino l’intera operabilità, criteri minimi e capacità di dialogo con le specificità locali.
Esiste poi un criterio di territorialità che si deve tener presente in un territorio come il nostro e che vede appunto i progetti su base regionale per cui non è importante che ogni regione abbia lo stesso flusso nella gestione sul territorio del paziente ma che siano garantiti i servizi in linea con le attese.
E questo si può fare interloquendo con le Regioni, facendo sì che attuino delle politiche adatte al territorio, all’epidemiologia, al tipo di situazione anche economica determinata dalle quote che arriveranno dal PNRR e che siano in grado di ascoltare però anche i portatori di interesse che poi sul territorio ci vivono”.

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