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PERCHE’ SONO CAMBIATE
LE TECNICHE DI LAVORAZIONE DEL SANGUE E DEL PLASMA?

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Abbiamo pensato che fosse necessario chiarire il perché abbiamo chiesto ad un esperto del settore di spiegare ai nostri lettori il metodo di lavorazione delle sacche di sangue e di globuli rossi, in base anche alle nuove disposizioni nazionali.
Il tutto nasce ad inizio anno 2016 ni Emilia-Romagna, quando ad una riunione del Tavolo Tecnico delle Emoglobinopatie che si svolge periodicamente tra i responsabili della sanità regionale, i medici ed i pazienti, il Centro di cura della talassemia di Ferrara aveva fatto notare come da qualche mese gli intervalli fra una  trasfusione e l’altra fossero  diminuiti a causa del minor volume di globuli rossi contenuti nelle sacche.
Questo ha portato tutta una serie di conseguenze ed allarmi.
I pazienti talassemici affermano che diminuire i tempi di trasfusione vuole dire più accessi ospedalieri, più buchi, più rischi di infezioni, aumento del ferro in circolo, meno giorni di lavoro ecc..
Questa situazione ha allertato la comunità dei pazienti.
Sembrava che il tutto nascesse dal fatto che era cambiato il sistema di raccolta e lavorazione del plasma.
Infatti a fine 2015, tutte le sacche di sangue raccolte nel ferrarese, dovevano confluire in un unico Centro per l’Emilia-Romagna che è a Bologna.
L’associazione di Ferrara fece anche una indagine per capire se le donazioni erano diminuite, ma i Centri di raccolta avevano documentato come le donazioni fossero aumentate (anche se di poco).
Indagando, si era notato che le sacche di sangue erano di quantità minore ed i pazienti stavano chiedendo perché non si potessero avere sacche con concentrati maggiori di globuli rossi.
Si è passati a questa metodica in base al Decreto Ministeriale del novembre 2015 che istituisce un nuovo tipo di lavorazione del sangue, per avere una maggiore sicurezza e uno sfruttamento maggiore della donazione.
Per cercare di comprendere meglio tutto questo ci siamo rivolti al dott. Paolo Rebulla, un esperto a livello internazionale della lavorazione del sangue e della preparazione degli emocomponenti, autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche, che ha diretto dal 2005 al 2013 l’Unità Operativa di Medicina Trasfusionale, Terapia Cellulare e Criobiologia del Policlinico di Milano. Attualmente il dott. Rebulla si occupa di ricerca biomedica e biotecnologica, con particolare riferimento allo sviluppo di nuovi prodotti terapeutici ottenuti dal sangue del cordone ombelicale, nell’ambito di progetti di ricerca coordinati dal Centro Nazionale Sangue di Roma.

Prima di leggere quanto ha scritto il dott. Rebulla ci siamo permessi di rivolgergli una domanda, sapendo della  sua esperienza personale nella terapia trasfusionale, in generale e nella talassemia in particolare.

Dott. Rebulla, ci può descrivere in modo sintetico le tappe fondamentali del sistema trasfusionale dagli anni 60 ai giorni nostri?
Ho iniziato a lavorare al Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano nel 1972, quando ero studente del 5° anno di medicina, per preparare una tesi di laurea sulle malattie emolitiche.
Dopo alcuni anni di ricerche svolte in questo campo, il prof. Sirchia mi propose di sviluppare presso il Centro le nuove metodiche di preparazione degli emocomponenti che si stavano tempestivamente affermando nel mondo grazie alla disponibilità dei sistemi di sacche multiple di plastica, che avevano progressivamente sostituito i tradizionali flaconi di vetro usati fino agli anni 60 per il prelievo del sangue.
La disponibilità delle sacche di plastica ha permesso di sviluppare tecniche di preparazione di globuli rossi, piastrine e plasma in modo semplice ed efficiente e di migliorare significativamente la qualità della trasfusione.
Un elemento fondamentale di questo miglioramento è stato lo sviluppo dei filtri per la rimozione dei globuli bianchi dai globuli rossi e dalle piastrine. Negli anni 80 abbiamo valutato in diversi studi l’efficacia di questi filtri, che attualmente rimuovono fino al 99,99% dei globuli bianchi originariamente presenti nel sangue donato, consentendo di prevenire la quasi totalità delle reazioni febbrili causate dai globuli bianchi.
All’inizio di questi studi decidemmo di rimuovere sistematicamente il buffy-coat (v. articolo a fianco) dalle unità di globuli rossi, al fine di migliorare l’efficacia della filtrazione e di rimuovere gran parte del plasma – possibile causa di reazioni allergiche, particolarmente nei pazienti politrasfusi – dai globuli rossi.
Gli anni 90 hanno visto importanti progressi nei test di selezione infettivologica dei donatori di sangue, fortemente stimolati dagli elevati rischi di trasmissione dei virus epatitici e dell’HIV.
Più recentemente, ulteriori progressi sono stati ottenuti con la disponibilità commerciale di procedure per la riduzione dei patogeni negli emocomponenti mediante irradiazione con raggi ultravioletti.
Altri sviluppi importanti si sono ottenuti con le nuove tecniche di biologia molecolare applicate allo studio dei gruppi sanguigni, che si affiancano attualmente alle tradizionali tecniche sierologiche, consentendo  una migliore valutazione della compatibilità fra donatore e ricevente.
Ciò è molto rilevante per i pazienti politrasfusi che sviluppano anticorpi contro i globuli rossi.
A livello organizzativo, negli ultimi anni tutti in Paesi ad economia avanzata hanno realizzato importanti piani di consolidamento delle attività trasfusionali che hanno portato alla centralizzazione delle sedi di preparazione degli emocomponenti, consentendo importanti economie di scala e più elevati livelli di standardizzazione e qualità degli emocomponenti attraverso l’adozione di metodiche di frazionamento automatizzate”.


Donazione di sangue in Italia
Nel 2014, 287 Servizi Trasfusionali e 360 Unità di Raccolta associative hanno raccolto in Italia 2.587.869 unità di sangue intero da 1.712.456 donatori. Nello stesso anno, parte di tali donatori sono stati sottoposti rispettivamente a 414.935 e 78.973 procedure di aferesimono- e multi-componente (Attività del sistema trasfusionale italiano – 2014, Rapporti ISTISAN 15/49).
Da queste donazioni sono stati ottenuti 6.061.877 emocomponenti (Tabella 1), che sono stati utilizzati per trasfondere 631.863 pazienti, così suddivisi: 531 pazienti sono stati trasfusi con sangue intero, 592.201 con globuli rossi concentrati, 50.771 con piastrine, 70.570 con plasma e 3.169 con altri emocomponenti.

Preparazione degli emocomponenti
Presso i centri trasfusionali, le unità di sangue intero vengono sottoposte a semplici procedure di centrifugazione differenziale, che consentono di separare le diverse popolazioni cellulari (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) sulla base della loro densità specifica.
Durante la centrifugazione, i globuli rossi, che rappresentano la popolazione più ‘pesante’ (a più elevata densità specifica), si concentrano nella parte inferiore del contenitore, mentre nei segmenti superiori si concentrano i globuli bianchi e le piastrine.
Se la centrifugazione iniziale del sangue è effettuata a bassa velocità, circa il 70% delle piastrine (che rappresentano la popolazione cellulare più ‘leggera’) rimangono sospese nel plasma supernatante. Questa frazione, che viene denominata ‘plasma ricco di piastrine’ (PRP, figura 1A), contiene anche circa 1/3 dei globuli bianchi originariamente presenti nel sangue donato.
Alternativamente, se la centrifugazione iniziale viene effettuata a velocità elevata, oltre l’80% delle piastrine e 2/3 circa dei globuli bianchi si concentrano in un volume di 40-50 mL denominato ‘buffy-coat’ (BC, figura 1B), che si forma in corrispondenza dello strato superiore dei globuli rossi concentrati.
La scelta di utilizzare una centrifugazione iniziale a bassa o ad alta velocità dipende primariamente dalla tipologia di emocomponenti che il centro trasfusionale intende produrre.

Se il centro trasfusionale ha un elevato fabbisogno di concentrati piastrinici, che vengono primariamente utilizzati per la trasfusione dei pazienti affetti da malattie onco-ematologiche quali leucemie, linfomi, mielomi, mielodisplasi ecc., o che manifestano gravi emorragie successive a traumi o nel corso di interventi chirurgici, può essere necessario integrare la produzione di piastrine dalle unità di sangue intero con la raccolta mediante aferesi, nella quale vengono prelevate al donatore solo le piastrine.

La separazione del sangue intero può avvenire secondo due modalità alternative: la metodica ‘da PRP’ o la metodica ‘da BC’. Nel primo caso, alla prima centrifugazione del sangue intero a bassa velocità, segue una seconda centrifugazione del PRP a velocità elevata, che consente di concentrare le piastrine in un volume di plasma adatto alla loro conservazione (circa 50 mL). Nella metodica di produzione di piastrine da BC, dopo la prima centrifugazione del sangue intero a velocità elevata, il BC – che contiene oltre alle piastrine e ai globuli bianchi anche 15-20 ml di globuli rossi sospesi in 20-30 mL di plasma – viene separato dai globuli rossi concentrati. Una successiva centrifugazione lenta di 4-5 BC risospesi in un’unica sacca contenente una ‘soluzione additiva’ adatta alla conservazione delle piastrine consente di ottenere un concentrato di piastrine risospese in 35% plasma / 65% soluzione additiva.

Le metodiche di produzione di piastrine da PRP sono state messe a punto e vengono correntemente utilizzate negli USA. Le metodiche da BC sono state sviluppate in Europa, ove vengono attualmente utilizzate da gran parte dei centri trasfusionali. Numerosi lavori scientifici documentano la migliore qualità e la minore incidenza di reazioni trasfusionali delle piastrine da BC in soluzione additiva, che contengono meno globuli bianchi e meno plasma, rispetto alle piastrine da PRP, che sono sospese in 100% plasma. Queste migliori caratteristiche hanno favorito la recente adozione della metodica da BC anche da parte di alcuni Paesi non europei che precedentemente usavano la metodica da PRP, fra cui il Canada, il Sud Africa e l’Australia.
Se il centro trasfusionale non ha necessità di produrre concentrati di piastrine, o sceglie – nonostante il costo maggiore – solamente la produzione in aferesi, un’unica centrifugazione ad alta velocità delle unità di sangue intero rappresenta una scelta appropriata, perché consente di ottenere direttamente un concentrato di globuli rossi contenente poco plasma e una unità di plasma povero di piastrine. La presenza di un basso contenuto di plasma nel concentrato di globuli rossi rappresenta un vantaggio perché riduce la frequenza di reazioni allergiche alle proteine plasmatiche. A seguito della rimozione quasi totale del plasma, i globuli rossi ‘superconcentrati’ vengono risospesi in soluzioni ‘additive’ con formulazione ottimizzata per la loro conservazione (ad esempio SAGM, PAGGS, ADSOL).

E’ vantaggioso rimuovere il BC dai globuli rossi concentrati?
Oltre alla lapalissiana considerazione che la rimozione del BC è necessaria per la produzione di piastrine da BC, è opportuno ricordare che la rimozione sistematica del BC dai globuli rossi concentrati venne originariamente proposta ed adottata negli anni ’80 del secolo scorso con il principale obiettivo di rimuovere gran parte dei globuli bianchi presenti nel sangue donato all’inizio del periodo di conservazione dei globuli rossi (pre-storage).

Questa procedura si è rivelata particolarmente rilevante ed efficace per la prevenzione delle reazioni trasfusionali febbrili nei pazienti cronicamente trasfusi affetti da emoglobinopatie e sindromi mielodisplastiche negli ultimi decenni del secolo scorso, quando i filtri per la rimozione dei leucociti dagli emocomponenti erano meno efficaci di quelli prodotti attualmente e quando la filtrazione – non effettuata sistematicamente –  veniva spesso eseguita al momento della trasfusione (post-storage).
La filtrazione post-storage è stata successivamente abbandonata, dato che non consente di rimuovere dai globuli rossi molecole biologicamente attive e frammenti dei leucociti degradati durante la conservazione, che possono causare reazioni febbrili e immunodepressione nei pazienti trasfusi.
Nonostante il progressivo miglioramento della rimozione dei leucociti ottenuta con i filtri di più recente produzione, la rimozione pre-storage del BC (e di gran parte dei globuli bianchi presenti nel sangue donato) rimane una procedura di attuale interesse alla luce di recenti studi che hanno identificato un’associazione fra la comparsa di alcuni eventi avversi post-trasfusionali e la presenza di particelle sub-cellulari (denominate a seconda delle dimensioni ‘esosomi’, ‘microparticelle’ o ‘microaggregati’) rilasciate dai globuli bianchi e dalle piastrine durante la conservazione degli emocomponenti e non rimosse dagli attuali filtri.

Conclusioni
La rimozione pre-storage del BC dalle unità di globuli rossi concentrati, a fronte dello svantaggio di ridurne il contenuto di emoglobina di circa il 10%, consente di migliorarne la purezza sia in relazione al contenuto di plasma e al numero di globuli bianchi residui, che al contenuto di esosomi, microparticelle e microaggregati. Alla luce dei dati attualmente disponibili, è verosimile attendersi che tale miglioramento possa contribuire ad innalzare ulteriormente il già elevato livello attuale di sicurezza della trasfusione di globuli rossi. Parallelamente, la disponibilità dei BC consente di migliorare la qualità dei concentrati piastrinici utilizzati per prevenire o trattare le emorragie nei pazienti affetti da malattie ematologiche o sottoposti ad interventi chirurgici.
Gli importanti progressi conseguiti negli ultimi anni nella produzione degli emocomponenti sono stati recepiti a livello internazionale nei più recenti documenti regolatori di tali attività.

Per quanto riguarda l’Italia, il decreto 2 novembre 2015 “Disposizioni relative ai requisiti di qualità e sicurezza del sangue e degli emocomponenti”, vieta nell’articolo 21, comma 8, la produzione di piastrine con metodica da PRP:
“Trascorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, non è più consentita la produzione di concentrati piastrinici da unità di sangue intero attraverso la separazione intermedia di plasma ricco di piastrine, in ragione della esigenza clinica e di sicurezza di disporre sistematicamente di concentrati eritrocitari con minimo contenuto di plasma residuo, nonché di migliorare la resa quantitativa media delle unità di plasma da scomposizione del sangue intero”.

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Recente letteratura di riferimento
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