Le distrofie muscolari costituiscono un gruppo di malattie genetiche caratterizzate da una vasta gamma di sintomi, tra cui una progressiva debolezza e degenerazione muscolare, che può avere un impatto significativo sulla qualità di vita e sulla sopravvivenza dei pazienti. Sebbene clinicamente e geneticamente diverse, queste malattie condividono una caratteristica comune: la sostituzione progressiva del tessuto muscolare con tessuto fibroadiposo, determinando la perdita della capacità contrattile dei muscoli scheletrici responsabili dei movimenti volontari.
Attualmente, non esiste una cura definitiva per le distrofie muscolari, soprattutto per le forme più gravi e fatali della malattia. Tuttavia, nel corso degli anni, sono stati compiuti notevoli progressi nello sviluppo di terapie promettenti, che includono approcci genetici, cellulari e farmacologici. In questo articolo, forniremo una panoramica critica delle terapie attualmente in fase di sviluppo per le distrofie muscolari. Tra queste troviamo la terapia con oligonucleotidi antisenso, la terapia genica, l’utilizzo del genome editing con CRISPR, la terapia cellulare, la soppressione delle mutazioni non senso e l’impiego di composti chimici miranti a modificare il decorso della malattia.
L’obiettivo è di fornire informazioni chiare e comprensibili riguardo a queste importanti prospettive terapeutiche. Con una migliore conoscenza delle strategie in fase di sviluppo, si spera di contribuire a un futuro in cui la lotta contro le distrofie muscolari e le altre malattie genetiche possa progredire significativamente, portando speranza e sollievo alle persone colpite e alle loro famiglie. Va sottolineato che gli avanzamenti terapeutici in una specifica malattia genetica rara possono avere un impatto rilevante anche su altre malattie genetiche, così come su quelle più frequenti e di origine sporadica.
In particolare, la distrofia muscolare di Duchenne (DMD) è la forma più comune di distrofia muscolare con insorgenza nell’infanzia. Si tratta di una malattia legata al cromosoma X, causata dall’assenza della proteina muscolare distrofina. Di conseguenza, colpisce principalmente i maschi, sebbene in rari casi possa interessare anche le femmine. La DMD provoca una progressiva debolezza e degenerazione dei muscoli nel corpo, portando a una paralisi progressiva e risultando purtroppo fatale intorno ai 20-30 anni di età. La mutazione genetica responsabile, ovvero una mutazione nel gene DMD che codifica per la distrofina, si verifica prima della nascita e può essere ereditata o manifestarsi isolatamente con una nuova mutazione genetica non presente nella madre. I sintomi di debolezza muscolare diventano evidenti tra i 3 e i 5 anni di età, e la maggior parte dei pazienti utilizza una sedia a rotelle entro i 12 anni. Durante l’adolescenza, i muscoli cardiaci e respiratori si indeboliscono, causando gravi complicanze potenzialmente fatali. La DMD colpisce circa 1 maschio su 3.500-5.000 nati in tutto il mondo. I test genetici possono confermare la diagnosi e identificare la mutazione responsabile della malattia nel gene della distrofina.
La distrofina è essenziale per la funzione muscolare normale: interagisce con altre proteine sulla membrana cellulare per proteggere e stabilizzare le fibre muscolari durante la contrazione. Nei pazienti affetti da DMD, la mancanza di distrofina provoca danni muscolari progressivi e la sostituzione con tessuto adiposo e fibrotico.
Negli ultimi anni, sono stati compiuti notevoli progressi nello sviluppo di terapie molecolari per la DMD, come la terapia con oligonucleotidi antisenso (brevi sequenze di DNA o RNA) che mira a indurre lo “skipping” di alcuni esoni nel mRNA della distrofina, escludendo così l’effetto della mutazione e facendo riesprimere la proteina e altre terapie che intervengono sulle vie molecolari alterate a causa della mancanza di distrofina funzionale.
Tuttavia, i glucocorticoidi (il “cortisone”) sono ancora l’unico trattamento dimostrato in grado di rallentare, anche se in modo modesto, la progressione della malattia, nonostante gli effetti avversi legati al loro uso prolungato. Negli ultimi sei anni, la FDA ha approvato quattro farmaci mirati per la DMD che utilizzano la tecnologia “exon-skipping” per produrre più distrofina e l’EMA ha approvato un composto in grado di modulare le mutazioni non-senso. Nel giugno 2023, è stata infine approvata la prima terapia genica per la DMD dalla FDA.
Terapia Genica per la DMD
La terapia genica, che utilizza un virus adeno-associato (AAV) come vettore virale non patogeno per trasferire una copia del gene sano, rappresenta un approccio razionale e promettente per trattare malattie genetiche come la DMD. Nella DMD, l’obiettivo è ripristinare l’espressione funzionale della distrofina, che viene realizzata trasferendo nelle cellule del paziente il gene della micro-distrofina utilizzando AAV. La sovraespressione della distrofina a lunghezza intera è difficile a causa delle sue dimensioni notevoli, quindi i ricercatori hanno sviluppato mini-/micro-distrofine più corte, ma contenenti gli elementi ritenuti essenziali per la sua funzionalità. Questa scelta è stata suggerita dall’osservazione che i pazienti che esprimono naturalmente la micro-distrofina presentano una forma più lieve di malattia. Negli animali, l’espressione della micro-distrofina ha mostrato significativi miglioramenti con localizzazione corretta della micro-distrofina sulla membrana delle cellule muscolari, riducendo la fibrosi muscolare e aumentando la resistenza e la trasduzione di forza.
Questi risultati positivi hanno portato a incoraggianti studi clinici sull’uomo utilizzando diverse serotipi di AAV (rh74 e AAV9).
A giugno 2023, la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha concesso l’approvazione accelerata di ELEVIDYS (delandistrogene moxeparvovec-rokl) per il trattamento di pazienti DMD pediatrici deambulanti di età compresa tra 4 e 5 anni con una mutazione confermata nel gene DMD. ELEVIDYS è la prima terapia genica per la DMD, è progettata per agire sulla causa sottostante della malattia e richiede un’unica somministrazione endovenosa. ELEVIDYS utilizza un virus adeno-associato (AAVrh74) per introdurre micro- distrofina nel tessuto muscolare dei bambini con DMD, compensando parzialmente l’assenza del gene funzionale della distrofina e correggendo il difetto genetico sottostante che causa la DMD. ELEVIDYS è stato valutato in tre studi clinici in corso: SRP-9001-101, SRP-9001-102 e SRP-9001-103. L’approvazione accelerata è stata concessa principalmente sulla base dei dati provenienti da SRP-9001-102 e SRP-9001-103. Oltre 80 pazienti trattati nei tre studi hanno contribuito al profilo di sicurezza di ELEVIDYS. ELEVIDYS è attualmente oggetto di uno studio clinico di fase 3 globale, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo chiamato SRP-9001-301 (EMBARK) che coinvolge 126 partecipanti con DMD di età compresa tra 4 e 7 anni. Anche il nostro centro alla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano partecipa alla sperimentazione.
Il trattamento è stato testato su pazienti DMD deambulanti di età compresa tra i 4 e i 7 anni. Tuttavia, FDA ha concesso l’approvazione accelerata solo per un gruppo di età più ristretto, quello dei pazienti di età compresa tra 4 e 5 anni. La FDA ha dichiarato che, nel prendere la sua decisione, ha “considerato i potenziali rischi associati al farmaco, la natura minacciosa e debilitante della malattia per questi bambini e l’urgente necessità medica non soddisfatta”. La richiesta di approvazione è stata sostenuta dai risultati della Fase II, dove Elevidys ha avuto successo nel raggiungere l’endpoint biologico principale dell’espressione della proteina micro- distrofina. Tuttavia, non ha mostrato differenze significative rispetto al placebo in termini di endpoint funzionale misurato con l’Assessment North Star Ambulatory (NSAA). Il risultato biologico è assolutamente significativo, ma il gruppo di esperti valutatori ha notato che gli studi clinici sulla terapia genica non avevano fornito “prove inequivocabili” di un beneficio clinico nei pazienti DMD deambulanti. Questo potrebbe essere attribuito al fatto che i bambini trattati appartengono a una fascia d’età in cui i sintomi sono ancora molto lievi; quindi, gli effetti della terapia possono essere meno evidenti considerato anche il breve periodo di osservazione.
Il gruppo di studio ha anche sollevato l’aspetto della reattività incrociata tra i virus AAV, che potrebbe impedire ai pazienti trattati con Elevidys di ricevere in futuro altre terapie geniche più efficaci. In generale, la valutazione è stata comunque positiva.
Come parte del percorso di approvazione accelerata, sarà completato lo studio confermativo EMBARK i cui risultati definitivi sono attesi entro la fine del 2023. Inoltre, esistono altri 3 approcci di terapia genica con AAV- micro/mini distrofina attualmente in fase di sviluppo clinico.
Il genome editing è un’altra promettente strategia terapeutica molecolare per correggere le mutazioni della distrofina nella DMD. Attraverso tecnologie come CRISPR-Cas9, è possibile identificare e modificare specifiche sequenze genetiche difettose nel gene DMD, riparando così il DNA endogeno delle cellule affette, senza introdurre materiale genico esogeno. Questo approccio innovativo potrebbe consentire di ripristinare la produzione della propria distrofina, ma corretta, nei pazienti DMD. Tuttavia, è ancora una tecnologia in fase di sviluppo e richiede ulteriori studi prima di poter essere applicata clinicamente.
Screening genetico neonatale
L’emergere della medicina personalizzata offre opportunità senza precedenti per trasformare la diagnosi e la gestione tradizionale della DMD e di altre malattie genetiche. C’è pertanto una responsabilità collettiva nello sviluppare metodi di screening diagnostici precoci e più efficaci, in linea con le migliori pratiche e le misure di sanità pubblica. La diagnosi tempestiva, facilitata dallo screening neonatale di tutta la popolazione, potrebbe consentire migliori scelte di salute, accesso alle terapie, riabilitazione precoce e supporto psicosociale per i soggetti affetti e le loro famiglie.
Attualmente, gli approcci di screening per la DMD, ancora in fase di studi pilota, prevedono un processo a due fasi: inizialmente viene eseguito uno screening per identificare livelli elevati di CPK, un enzima muscolare che aumenta nelle distrofie muscolari, utilizzando campioni di sangue prelevati dal tallone del neonato e applicati su un cartoncino, subito dopo la nascita. Se i livelli di CPK risultano elevati, viene poi effettuata un’analisi del gene DMD attraverso un prelievo di sangue.
Questo solleva il problema che altre malattie con CPK elevate possano essere individuate precocemente, portando a una diagnosi presintomatica, ma al momento con poche o nessuna soluzione terapeutica disponibile.
Man mano che ci avviciniamo a un futuro in cui le capacità genomiche si espandono, comprendere l’utilità, la fattibilità, l’accettabilità e l’attuazione dello screening genetico neonatale per la DMD attraverso un programma pilota potrebbe essere un modello per considerare questo approccio anche per altre malattie che hanno complessità genetiche simili e potrebbero non soddisfare attualmente in modo completo i principi e le pratiche standard dello screening neonatale che prevede la disponibilità di una cura.
La terapia con cellule staminali
Le cellule staminali del muscolo scheletrico, chiamate cellule satelliti, perché sono in posizione “satellite” rispetto alla fibra muscolare, giocano un ruolo fondamentale nella rigenerazione del tessuto muscolare dopo danni o lesioni.
Durante la crescita postnatale, le cellule satelliti forniscono nuovi miociti e, una volta mature, rimangono in uno stato quiescente ma capaci di fornire mioblasti per l’ipertrofia e la riparazione muscolare quando necessario. Queste cellule sono identificate dal fattore di trascrizione Pax7. Un equilibrio regolato tra la differenziazione e l’autorinnovamento delle cellule satelliti è essenziale per il mantenimento della loro funzione e del pool di cellule staminali.
Deficit nell’autorinnovamento possono comportare una riduzione del numero di cellule satelliti e una capacità di rigenerazione muscolare compromessa, cosa che è stato ipotizzato avvenire nelle distrofie muscolari.
Il ripristino della funzione delle cellule satelliti attraverso terapie geniche, modificazione genetica o piccole molecole potrebbe avere un enorme potenziale terapeutico per le distrofie muscolari. In alternativa è stata ipotizzata la sostituzione o integrazione delle cellule satelliti del paziente con il trapianto di cellule staminali muscolari sia del paziente corrette geneticamente ex vivo (autologhe) che cellule staminali da donatori sani compatibili (eterologhe).
Le cellule staminali muscolari possono essere ottenute principalmente da biopsie dei muscoli scheletrici o derivare da cellule staminali pluripotenti indotte, cioè cellule adulte, come quelle del sangue, riprogrammate per diventare pluripotenti e poi differenziate in cellule muscolari. Tuttavia, le modalità di trapianto, di biodistribuzione in tutti i muscoli e l’integrazione di queste cellule nel tessuto malato rappresentano ancora una sfida tecnica che finora non è stata superata.
Prospettive e Conclusioni
Lo sviluppo clinico di diverse strategie molecolari per la DMD e altre distrofie muscolari ha visto un’accelerazione promettente negli ultimi anni.
Tuttavia, il panorama è ancora complesso e non completamente definito a causa del numero di composti in diverse fasi di sviluppo, delle loro diverse modalità d’azione e dell’applicabilità genotipica specifica, cioè alcuni farmaci possono essere applicati solo a pazienti con un certo tipo di mutazione.
Le sfide derivanti dalla rarità e variabilità delle distrofie muscolari potrebbero essere superate in futuro attraverso l’uso di biomarcatori sensibili per il monitoraggio della malattia e della risposta terapeutica, di dati sulla storia naturale della malattia e di una miglior progettazione del disegno dei trial clinici. Inoltre, l’evoluzione di nuovi strumenti di correzione genica più precisi e sicuri potrebbe portare a significativi miglioramenti in campo terapeutico.
La scoperta di nuove terapie per la DMD e altre distrofie muscolari rappresenta un importante progresso nella ricerca medica, offrendo speranza e possibilità di migliorare la vita dei pazienti affetti da queste e altre malattie genetiche.
Il costante impegno della comunità scientifica e clinica in queste aree promettenti potrebbe aprire nuove vie per il trattamento e la gestione di queste patologie, contribuendo a migliorare la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie.
Prof. Stefania Corti,
Professore Ordinario di Neurologia, Università degli Studi di Milano,
Direttore SSD Malattie Neuromuscolari e Rare, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore, Policlinico Milano