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RICORDO DI GABRIELE CALIZZANI

Cari amici lettori,
mi rivolgo a voi perché sento la necessità di raccontarvi una storia, una delle tante che ho vissuto da quando dirigo questo foglio.
Purtroppo non è una storia a lieto fine ma mi ha insegnato come esistano figli che pur non essendo nati da noi, lo diventano attraverso un misterioso disegno del destino.
La storia inizia quando un fratello di nome Vincenzo ci lasciò nel 1993.
Allora avevo quasi avuto il tempo, negli anni (ventuno per l’esattezza) di abituarmi all’idea di perderlo.
Mi aveva soprattutto lasciato il sapore di quei vent’anni, una vita vissuta al suo fianco ed il suo stato di salute in qualche modo mi aveva avvertito.
Questa volta no, purtroppo, perché il tempo per abituarmi all’idea della perdita di un figlio non esiste; la si rifiuta sempre, con forza ed anche con disperazione.
Vincenzo mi lasciò un fardello di responsabilità che inizialmente mi spaventò.
Soltanto che LUI non mi aveva lasciato solo come credevo ma aveva avuto il merito (si fa per dire) di lasciarmi in eredità quello che per me diventò un secondo figlio.
Con Gabriele abbiamo avuto, come con Vincenzo, un’intensa collaborazione.
E non si pensi che lui sia cresciuto con i miei insegnamenti, sono stato io a crescere con i SUOI, con le sue battaglie per la vita che sono diventate le nostre anche se spesso ci sono stati inevitabili scontri legati alla diversa visione della vita dovuta anche alla differenza di età.
Gabriele, un “guerriero” sopravvissuto a tante battaglie combattute tutte con coraggio.
Ed il tempo che ha dedicato anche agli altri era segnato nel suo destino fin da studente universitario, prima come volontario della associazione di Ravenna e poi, da laureato, nella Federazione Nazionale nella quale diventerà presidente.
Ho vissuto insieme a lui le paure ed i dolori che inevitabilmente porta qualche volta la malattia.
Poi, nel tempo, l’ho perso un po’ di vista perché, come tutti i figli, ha seguito la sua strada ed ha trovato anche l’amore della sua vita.
Ecco, appunto, la SUA vita che non è stata mai semplice, come tanti emofilici della sua età, anche se c’era l’emoderivato a farti sentire “come gli altri fra gli altri” (questa frase l’avevamo ereditata entrambi la Vincenzo).
L’ultimo suo incarico in ordine di tempo era al Centro Nazionale Sangue dove ricopriva il ruolo di responsabile del settore Plasma e Medicinali Plasmaderivati e di componente del Comitato Scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità, dando anche un forte contributo all’avvio dei programmi di cooperazione internazionale che prevedono la donazione di farmaci plasmaderivati a paesi esteri, per i quali si è sempre impegnato in prima persona.
Il grande pubblico degli emofilici lo aveva conosciuto nel 2009 quando era stato eletto presidente della Federazione degli Emofilici (Fedemo) ma lui aveva avuto modo di rivelare le sue capacità e la sua propensione a risolvere molti dei problemi legati alla sua patologia: l’emofilia.

IL PROGETTO HUB & SPOCK
La sua prima azione importante l’aveva compiuta quando per primo contribuì a stilare un documento per l’assistenza degli emofilici in Emilia-Romagna, quello che diventerà il progetto “Hub & Spok” e che sarà poi esportato anche in molte altre Regioni.
Aveva avuto modo anche di stilare un documento dove campeggiava la sua firma e pubblicato dal nostro giornale nel mese di gennaio del 2000 che riproduco integralmente nel quale si comprendeva bene la sua determinazione.
“C’è molta attesa da parte degli emofilici, delle associazioni che li rappresentano e dei medici dei Centri per la cura.
L’anno che si è chiuso è stato caratterizzato da un forte impegno per sensibilizzare gli amministratori regionali sui problemi concreti connessi all’assistenza.
Prima fra tutti l’accesso alla terapia con farmaci ricombinanti, poi ultimo in ordine di tempo, ma non di importanza, l’assistenza globale, in tutte le fasi della malattia attraverso un approccio multidisciplinare che risulta essere vincente sia per la qualità di vita dei pazienti, sia per il risparmio sui costi della malattia.
Il punto di partenza per affrontare in maniera organica questi problemi è nell’approvazione di un documento dal titolo: “Assistenza alla popolazione emofilica in Emilia Romagna”.
È il frutto degli incontri che si sono svolti presso l’Assessorato alla Sanità tra la Federazione delle Associazioni Emofiliche, i referenti dei Centri ed i responsabili del CRAT (Coordinamento Regionale delle Attività Trasfusionali).
In particolare sono stati presi in esame i seguenti temi: significato del piano terapeutico, modalità di distribuzione dei prodotti antiemofilici, consenso informato, corsi per l’autoinfusione, rete dei centri regionali per la cura dell’emofilia, centri di riferimento regionali, assistenza nell’emergenza, registro regionale delle coagulopatie congenite.
È stata definita una fase transitoria della durata di 6 mesi dall’avvio del programma, durante la quale saranno affrontati nel dettaglio alcuni temi trattati e al termine della quale sarà possibile fare un bilancio delle iniziative intraprese.
Oggi stiamo aspettando che il punto zero, per l’inizio del semestre, venga fissato attraverso l’approvazione del documento.
Lo stato attuale di “bozza” ne ha finora ridotto la valenza e l’impatto sulle Aziende Sanitarie del territorio regionale.
Ne è una dimostrazione il fatto che nonostante teoricamente non vi siano problemi, nella pratica l’accesso alla terapia ricombinante viene negato in alcune aree dello stesso territorio regionale.
Non è una motivazione sufficiente la mancanza di disponibilità del prodotto sul mercato, anche perché fin quando non ne viene programmato l’acquisto non ne può essere stimolata la produzione.
Non ci dovrà essere diversità di trattamento
Un dato certo oggi è che essere emofilici è diverso da una città all’altra nella regione: non solo per il tipo di farmaco da assumere, ma anche per l’assistenza che si riceve.
Per evitare qualsiasi equivoco, ciò non è dovuto alla mancanza di professionalità dei medici, ma a carenze superiori, di carattere organizzativo e gestionale.
Quelle a cui si vorrebbe porre rimedio attraverso il reale avvio del programma regionale.
Finora quindi, il problema non è stato nella mancanza di volontà da parte dei medici, ma in chi ha soffocato la loro voglia di curare al meglio gli emofilici non disgiunta dalla consapevolezza degli aspetti economici ad essa connessi.
C’è, tra i medici, chi ha tenuto i gomiti alti per difendere la professionalità e l’esperienza acquisite nella cura dell’emofilia a servizio e a tutela dei pazienti rubando tempo alla propria vita privata per poterne disporre nei confronti dei malati.
C’è chi ha dovuto arrendersi alle logiche del reparto o dell’ospedale o dell’Azienda di appartenenza, che gli hanno “imposto” di dover rinunciare al tempo necessario all’assistenza di pazienti tanto “scomodi”.
Logiche misere di razionamento della spesa, ma soprattutto miopi perché incapaci di riconoscere i reali benefici a lungo termine di una cura adeguata dell’emofilia anche in termini economici.
Non a caso sarà presto emanato a livello ministeriale un regolamento in grado di tutelare le malattie rare, tra cui l’emofilia, che prevede una rete di presidi regionali per il trattamento di queste condizioni.
Adesso che un nuovo entusiasmo traspare dall’attività di questi medici e di accompagna ad una concreta disponibilità a spendere altro tempo nella “cura” degli emofilici, come ad esempio attraverso la collaborazione alla costituzione di un registro regionale, l’organizzazione di corsi per l’autoinfusione e si arricchisce di una veste nuova attraverso l’impegno “politico” (nel senso più valido del termine) negli incontri di quest’ultimo anno, spetta a chi ha responsabilità decisionale non deludere le aspettative dei medici e la nostra domanda di salute.
Del resto vi è stata una forte disponibilità e capacità di ascolto di chi in Assessorato è stato interlocutore delle associazione e dei medici, anche se purtroppo non è stato supportato da un adeguato potere decisionale, rendendo discontinui e talora dispersivi gli incontri avuti.
La serietà dell’impegno di medici e pazienti
Giustificata quindi a tutt’oggi la nostra preoccupazione e dei medici circa la reale volontà da parte dell’Amministrazione regionale di affrontare il problema emofilia in modo adeguato.
La futura disponibilità ad una collaborazione costruttiva da parte delle associazioni e dei medici ha come punto irrinunciabile la valorizzazione del lavoro fatto finora, attraverso l’approvazione integrale e senza modificazioni del documento sopracitato”.

Questo documento servirà come apripista per quelli che poi diventeranno i Centri MEC dei quali Gabriele si è fatto interprete sia come presidente di FedEmo che da componente dell’Istituto Superiore di Sanità quando sarà assunto al Centro Nazionale Sangue.

IL PRIMO IMPEGNO ALL’ESTERO
Non si può pensare di sopravvivere ad un figlio senza perdere una parte di se stessi e lui, lo ripeto, era diventato un figlio.
E perdendomi così nel ricordo di tante esperienze vissute con lui voglio raccontarvi anche ciò che molti non conoscono.
Noi di Ravenna, essendo un’associazione (unica al mondo nell’esempio) che comprende al suo interno anche i talassemici e nel quadro delle tante iniziative rivolte anche ai Paesi meno fortunati, avevamo avviato un programma a favore dei talassemici della Romania e dal 13 al 19 gennaio del 1996, quando Gabriele era ancora studente universitario, avevamo avuto una serie di incontri nella città di Bucarest, con le famiglie ed i medici che le curavano ed il programma che era iniziato nel 1995, si era concretizzato con la consegna di una quarantina di pompette per l’infusione del Desferal avvenuta durante un simposio dal titolo: Talassemia major; aspetti clinici ed implicazioni sociali”, preceduto da un incontro al Ministero della Sanità con l’impegno di istituire un progetto di Centro unico attrezzato.
Gabriele aveva avuto un ruolo importante nei colloqui non foss’altro perché conoscendo al meglio la lingua inglese, aveva fatto da interprete.
Era anche intervenuto al convegno e queste erano state le sue parole:
“Mi rivolgo alle oltre cento persone presenti per commentare in tono triste che in questa giornata non abbiamo ascoltato proposte o progetti concreti.
L’unico gesto significativo è stato la consegna gratuita da parte nostra delle pompette ed il progetto già partito di istituire una associazione italo-rumena.
Vogliamo puntualizzare che la nostra associazione ed il giornale EX non intendono scavalcare né le autorità rumene né tantomeno i medici e le famiglie di malati che dovranno con la loro volontà ottenere gli obiettivi più importanti.
Tutto questo però non potrà risolvere i problemi legati alla cura adeguata se l’associazione che si creerà non sarà unita nei confronti delle autorità competenti”.

Ho voluto ricordare questo suo intervento perchè già allora aveva le idee chiare su quale avrebbe voluto essere il suo ruolo non soltanto in Italia ma anche a favore delle popolazioni del mondo meno fortunate.
Mi fermo qui, cari amici, perché preferisco che altri raccontino di lui, del suo impegno e del suo vissuto, ma non posso dimenticare che tra i suoi tanti sogni di guerriero indomito, aveva realizzato assieme a Francesca, quello più bello, al quale avevano dato un nome: Sofia.

Brunello


“Un legame potente, elevato, affettuoso, ironico e intriso di stima”

Un sistema di riferimento, un insieme poliedrico di coordinate, costantemente versatile, immancabilmente attrattivo, in qualsiasi relazione amicale o professionale.
Gabriele era questo ed altro, molto altro.
Poteva occasionalmente apparire bizzarro, senza che, incredibilmente, la sua capacità di attrarre, coinvolgere, suscitare interesse potessero risentirne.
Anzi, le sue piccole fibrillazioni, esitazioni o defaillance, erano basilari per mantenerlo, agli occhi degli interlocutori, a un livello “umano”, accessibile e comprensibile a tutti.
Sono tanti gli incontri ai quali lo abbiamo accompagnato, affiancato e, pur senza che ne avesse necessità, sostenuto: era lui a sostenere noi.
In quelle occasioni ancor più emergevano lo spessore, la capacità di visione, l’energia con cui riusciva a condurre tutti su uno stesso piano, dal quale ripartire tutti insieme, verso scenari futuristici, sempre fantastici.
In quegli incontri, le persone di valore, anche se determinate a contrastarlo, per opinione o per ruolo, non potevano far altro che lasciarsi trascinare, coinvolgere in piani mirabolanti, presentati come se fossero alla portata di tutti, lì a un passo, atti ad essere realizzati in un batter d’occhio.
Era difficile replicargli, perché il valore di ciò che proponeva, i principi su cui si basava, il pregio degli obiettivi erano tali ed evidenti che anche le persone di potere, coloro che avrebbero potuto rifiutare senza giustificazioni, accettavano entusiaste le proposte e i progetti di Gabriele, e ne diventavano attivamente partecipi.
Perché il valore della persona era assoluto e piena ne era la percezione.
Non abbiamo mai trovato, nei progetti di Ga, fini che fossero meno che altissimi, solidaristici e universali.
Quand’anche gli capitava di trovarsi di fronte a personaggi tronfi, arroganti o ignoranti (politici, funzionari, dirigenti, associativi), che, per ottusità o codardia, per mantenere meschini status quo, timorosi di mettere a repentaglio interessi squallidi e personali, opponevano rifiuti secchi, illogici, ostinati – e ciò è capitato anche fino a pochi giorni prima che ci lasciasse – in questi casi, pur amareggiato e frustrato, riusciva comunque a immaginare alternative, con forza inesauribile, a trovare nuovi argomenti, con cui motivare noi e se stesso, lasciando tali stolide persone – piccole davvero – privi di quei traguardi cui ognuno dovrebbe aspirare nella vita.
In ogni circostanza un elemento siderale, capace di generare, attrarre, respingere, orbitare: trovarsi in posizione satellitare è stato un onore.
Non ricordiamo esattamente dove ci siamo incontrati la prima volta, ma è stato come trovarsi in uno spazio affiatato, d’intesa, come un rapporto in fieri, esploso tutto d’un tratto nella sua immediata intensità.
Un coup de foudre, per di più a tre.
Forse a un convegno triennale, siamo rimasti scompigliati dal ciclone di idee e iniziative piovuteci addosso, anzi ne siamo stati travolti: le battaglie in regione, la creazione di FedRed, la richiesta dei piani di assistenza, continuo pungolo per l’assessorato, la definizione della Rete, fino ai progetti di cooperazione internazionale.
Una perla è stato certamente il percorso che ha portato a Parma il primo convegno EHC in Italia; partenza trafelata un venerdì sera, Luca e Gabriele verso Montpellier sull’auto prestata da Brunello (che al ritorno si è pure guastata), costruendo, durante il viaggio, il programma e la presentazione, aggiungendo idee e fantasticando, come solo i nottambuli fanno, fino al prendere corpo di un modulo completamente innovativo: figuriamoci se si poteva fare una cosa normale!
Si era pensato di fare un pre-meeting con la sola partecipazione delle delegazioni dei Paesi dell’est, fino ad allora privi di tutte le basi associative e mediche.
Lì si è rivelata la “diversa quotidianità” di Gabriele, quel lavorare in gran parte di notte, perennemente in ritardo, generalmente nell’ultimo tempo utile, freneticamente e con ansie varie a completamento; quel disseminare tutto in posti assurdi, quella speciale mancanza di senso pratico, che forse in parte spiegava la nostra presenza, esecutori o custodi di una normalità formale.
Tutto sempre ripagato dai risultati, come appunto a Montpellier, dove Ga, seppur molto emozionato, conquistò la platea, come se fosse la cosa più normale al mondo e portò a Parma uno dei convegni EHC più importanti e partecipati, molto impegnativo, realizzato anche grazie all’aiuto e un po’ di preoccupazione di Andrea, Alessandro, Daniele e Francesco.
Infiniti gli episodi ilari, di quell’ilarità impossibile da comunicare, perché appartenente ai rapporti stretti, confidenziali, dove le grandi cose sono ridimensionate e le piccole cose, apparentemente semplici, diventano le più importanti: un gesto, uno sguardo, un sorriso, una battuta, codici e sub-codici esclusivi.
Battute ne abbiamo fatte all’infinito, senza limiti, e lui ne distribuiva di salaci e caustiche, ma sempre incorporavano anche la certezza dell’affetto e perfino la scusa per essere così sferzanti: dei piccoli capolavori.
Abbiamo riso tanto, davvero, e per questo è ancora più difficile accettare questa realtà, che sì è abbattuta su di noi: è terribile sapere che non sentiremo più la sua risata, fragorosa, sfrontata, incessante, vitale.

Gabriele è stato un amico, un grande amico.
È stato un legame potente, elevato, affettuoso, ironico e intriso di stima.
Le nostre figlie si chiamano tutte “Sofia” e, nel dare il nome alla sua, la più piccola delle tre, Gabriele ha interrotto la casualità, per sottolineare la solidità di un’amicizia.
Siamo convinti che un giorno, da qualche parte e come se nulla fosse accaduto, ci ritroveremo… a ridere.

Luca e Simone


IL MESSAGGIO DI ANGIOLA ROCINO A NOME DELL’AICE

Carissimi,
oggi scrivervi mi è davvero difficile, pesante. Ancora nel pieno di una vita dedicata alla comunità di coloro che si occupano di emofilia e malattie emorragiche congenite in Italia e nel mondo, Gabriele Calizzani ci ha prematuramente lasciato.
Spetta ora a noi tutti, per ricordarlo al meglio e continuarne l’opera, portare avanti tutte le iniziative in cui aveva, incessantemente, con forza e caparbietà, profuso le sue energie.
Presidente di FedEmo dal 2008 al 2014, Gabriele aveva improntato il suo mandato su un concreto impegno nella lotta per la tutela dei diritti delle persone con emofilia.
Divenuto responsabile, nel 2013, del settore plasma e medicinali plasmaderivati del Centro nazionale sangue (CNS) presso l’Istituto Superiore di Sanità, è in questa veste che negli ultimi anni ha svolto un impareggiabile lavoro di coordinamento degli aiuti internazionali che il nostro Paese fornisce ad emofilici, soprattutto bambini, in Paesi che altrimenti non avrebbero un’adeguata disponibilità di farmaci.
L’iniziativa nasce dopo che, nel febbraio 2013, veniva siglato l’Accordo Stato-Regioni per “la promozione ed attuazione di accordi di collaborazione per l’esportazione di prodotti plasmaderivati a fini umanitari”, precedendo solo di un mese la sigla dell’Accordo Stato-Regioni per “la definizione dei percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da Malattie Emorragiche Congenite (MEC)” cui pure Gabriele aveva lavorato intensamente insieme ad AICE.
Ma è per la messa a disposizione dei concentrati dei fattori di coagulazione, derivanti dal plasma raccolto dai donatori italiani eccedenti il nostro fabbisogno nazionale, e lo sviluppo di reti assistenziali nei Paesi che ne beneficiano che Gabriele aveva profuso, negli ultimi anni, tutto il suo impegno: Afghanistan, Albania, Armenia, Egitto, India, Serbia e, in prospettiva, Palestina, El Salvador e chissà in quanti altri paesi ancora Gabriele avrebbe cercato di promuovere il programma WISH (World Federation of Hemophilia and Italian National Blood Centre for a Sustainable Supply for Hemophilia patients) siglato tra il CNS, in rappresentanza delle Regioni e delle Province Autonome, e la World Federation of Haemophilia (WFH).

PER I MENO FORTUNATI
“La realizzazione di questo progetto – aveva detto – rappresenta una grande sfida per tutto il Sistema e ha richiesto un grandissimo impegno di tutti gli attori coinvolti, il Ministero della Salute, il CNS, le Regioni, le Associazioni e Federazioni dei Donatori Volontari italiani del Sangue.
L’obiettivo di tutti è trovare soluzioni affinché i pazienti che hanno bisogno di tali medicinali possano avere garantiti accesso alle cure e una migliore qualità della vita in ogni parte del mondo”.

Il suo impegno era infatti principalmente orientato a ridurre le differenze tra Paesi a basso reddito e Paesi ad alto reddito nell’accesso ai concentrati di fattori della coagulazione: close the gap, per dirlo con le parole dello slogan della WFH del 2012.
Ma non è solo a questo che egli puntava, collaborando al programma EUHASS (European Haemophilia Safety Surveillance) e, più recentemente, all’EUHANET (European Haemophilia Network) bensì a diffondere maggiormente la cultura della qualificazione dei Centri Emofilia, mediante un programma di certificazione dei Centri, e la conoscenza della malattia attraverso la creazione di un sito web accessibile da diversi dispositivi.
Infine, il suo appello, insieme ad altri attori, a continuare a supportare le finalità del programma WISH e a diffonderlo ad altri Paesi che hanno a disposizione un sistema pubblico di raccolta del plasma da donatori volontari simile al nostro, mi auguro divenga un impegno di noi tutti e di tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di apprezzarne le doti professionali e umane.
Sono certa di interpretare il sentimento di voi tutti: AICE, stringendosi commossa intorno ai suoi cari, serberà caro il ricordo di Gabriele.

Angiola Rocino
Presidente Reggente AICE


“I tuoi sogni li faremo vivere come se tu fossi qui con noi”

Quando ho appreso la notizia che Gab stava male di nuovo non volevo crederci. Era sbagliato tutto.
Sbagliato il momento, il luogo.
Dovevamo riprendere a fare tante cose.
Dopo anni di sacrifici le cose stavano prendendo la giusta piega, ma Gab ha dovuto cambiare di nuovo tutte le carte in tavola.
Le cambiava sempre.
E tu dovevi imparare a stargli dietro in corsa perché sennò lo perdevi.
Ti punzecchiava sempre perché lo sapeva: potevi fare di più.
Certe volte ti punzecchiava talmente che non lo sopportavi, perché ti chiedeva così tanto, pensavi, “non posso fare di più” pensavi.
E invece alla fine potevi fare di più; aveva ragione, alla fine aveva ragione. Uomo dalle mille visioni, uomo che sapeva guardare oltre, che riusciva ad avere la visione di insieme meglio di chiunque altro.
La vita gli ha lanciato il guanto della sfida e lui lo ha raccolto sempre, colpo dopo colpo.
Ha combattuto con coraggio e genialità e alla fine ha vinto e perso come tutti noi.
Ma dalle perdite ha imparato a raccogliere i pezzi e diventare più forte e dalle vittorie, ha imparato ad osare. Sì ad osare, sapeva osare come pochi di noi.
E ti portava a sognare, a sperare che questo nostro mondo in fondo fosse solo un piccolo mondo da aggiustare; e tu potevi aggiustarlo.
Tu, uomo qualunque, tu proprio tu, potevi dare il tuo contributo perché questo mondo fosse un posto migliore. E insieme ci abbiamo provato.
In realtà ci stiamo ancora provando.
E Gabry te lo prometto, ce la faremo. E tu sarai sempre con noi.
E lo faremo per te. Anzi continueremo a farlo con te.
Gabry stavolta la tua sfida è stata più grande di noi, ma anche stavolta hai cambiato le carte in tavola, anche stavolta sei riuscito a non perdere perché i tuoi sogni sono diventati i nostri e li faremo vivere come se tu fossi qui.
Ci hai insegnato ad osare e noi lo faremo con te.
Buon viaggio, caro amico mio.
Buon viaggio, caro compagno di viaggio.

Emanuela Marchesini


Il messaggio di Alain Weill, presidente della World Federation of Hemophilia
Mi dispiace moltissimo leggere la morte improvvisa di Gabriele,
Ho avuto diverse opportunità di incontrarlo e lavorare con lui in passato e ho sempre ammirato la sua conoscenza, gentilezza e dedizione per migliorare la qualità della vita delle persone emofiliache.
È stato anche determinante nella preparazione con il WFH del programma di donazioni ai paesi che necessitano di fattori di coagulazione derivati ​​dal plasma recuperato italiano.
Un buon amico se n’è andato
I miei pensieri sono con la sua famiglia e tutti voi.

Alain

Messaggio di cordoglio carico di stima
dal Dott. Arif Oryakhail dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo di Kabul:

“In ricordo di Gabriele
Oggi con profondo dolore abbiamo appreso che il nostro caro amico, il dott. Gabriele Calizzani, ci ha lasciato. È una grandissima perdita per tutti noi, un grandissimo dolore.
Il Centro emofilia di Kabul, l’Associazione Pazienti emofilici afghani, i pazienti emofilici e i loro genitori esprimono con noi il loro profondo dolore e si uniscono alla moglie e alla figlia, stringendole in un abbraccio carico di affetto, di calore, di riconoscenza per la persona che sempre ha fatto il possibile per aiutarli e che per sempre rimarrà nei loro cuori.
Non ti dimenticheremo mai e che la terra ti sia lieve, amico caro”.


Arif Oryakhail

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