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RUBRICA PSICOLOGICA – COLLABORARE PER CURARE

Udicesima puntata della rubrica psicologica.
Leggiamo un libro in cui un adolescente vive la separazione tra i genitori.
Emerge in questo racconto l’importanza del dialogo, in qualsiasi situazione, di fronte a qualsiasi emozione.

I libri sono uno spunto importante per porci domande e riflessioni. Qualsiasi tipo di libro, anche quello che non ci è piaciuto, fa risuonare corde emotive e ci mette nella condizione di pensare.
Uno degli ultimi libri che ho letto, benché di appena 134 pagine, è un condensato di elementi che spingono a un’attenta riflessione sull’adolescenza. Si potrebbe analizzare da diversi punti di vista, ma io vorrei sottolineare in particolare un aspetto che spesso non è troppo considerato: la collaborazione tra adulti nella presa in carico di una persona sofferente.
Il titolo del libro “Le fedeltà invisibili” di Delphine de Vigan introduce già prepotentemente il problema.
Un soggetto, soprattutto un adolescente in divenire, è altamente complesso e non possiamo pensare che le persone che si occupano di lui possano smettere di comunicare tra loro.
In questo caso si perderebbe l’insieme dell’individuo, bloccando la propria visione su un unico aspetto rischiando di “feticizzarlo” o di interpretarlo erroneamente perché mancano gli elementi dell’intero contesto.
Avremo, nelle migliori delle ipotesi, colto una minima parte della condizione di sofferenza.
L’autrice ci racconta come un giovane adolescente vive la separazione altamente conflittuale tra due persone che non si parlano.
Théo non trova spazio di espressione in mezzo al fuoco acceso tra due genitori che si chiudono narcisisticamente in se stessi.
La lotta serrata tra coniugi non permette di creare uno spazio, nella loro mente, per il figlio che cerca di gestire il dolore psichico scindendosi tra il padre, depresso, e la madre.
Purtroppo Théo trova una modalità autodistruttiva per allontanarsi da una sofferenza insostenibile.
Beve e ribeve nel tentativo di stordirsi e dimenticare, cancellarsi come si è sentito cancellare dalla mente del mondo degli adulti.
Qui penetra il senso d’invisibilità, il non esserci per l’altro che porta a cercare la morte. Per fortuna quest’adolescente trova a scuola una professoressa che sente, nel rapporto con Théo, risuonare la sua sofferenza e combatte per scoprire cosa accade al giovane.
Per lei non sarà facile districarsi nel rebus della vita del suo alunno, tanto che sarà sospesa dall’insegnamento.
Si ripete così quell’incapacità di soffermarsi a sentire, ascoltare, percepire con tutti i sensi, la sofferenza altrui per nominarla e prendersene cura.
Sarà lei che con la sua caparbietà, sensibilità, ma soprattutto con quell’incessante capacità di farsi domande sulla sofferenza che salverà il giovane. Théo ha un amico, anche lui figura importante e che lo aiuterà a suo modo. Sì perché anche lui troppo “inesperto”, trova solo alla fine del racconto la forza di chiamare aiuto.
Solitudine di adolescenti che non trovano la sicurezza di appoggiarsi in un mondo adulto troppo fragile e troppo immerso nel negare le difficoltà dell’altro.
Molti passaggi nel testo sottolineano la defezione dei “grandi” di collaborare per occuparsi dei giovani. Manca la possibilità di parlarsi e di accettare il discorso dell’altro anche se questo crea angosce.  Quante volte succede che si sottolinei che il figlio adolescente sta male e il genitore nega questa possibilità?
E lo fa non perché cattivo genitore, ma perché per lui è così doloroso vedere questa realtà, che cerca di tenerla lontana.
La colpa lo avvolge e vorrebbe respingerla, perché si sarebbe voluto essere migliori per i propri figli.
Ma tutto questo deve trovare lo spazio per esprimersi perché attraverso la verbalizzazione si fa strada alla percezione.
Se si può parlare si può vedere ciò che accade.
Tuttavia la mancanza di confronto tra adulti spinge ancora di più l’adolescente verso un meccanismo di scissione, frattura che quotidianamente egli cerca di contrastare per raggiungere l’integrità psico-corporea. Allargo questa tematica anche per i professionisti che si prendono cura di pazienti.

Non ci può essere la presa in cura senza un’integrazione tra operatori a meno che non si voglia correre il rischio di cadere nella frammentazione o in una “feticizzazione” di parti del paziente. Con il termine feticismo intendo focalizzarsi su un unico aspetto super investendolo, perdendo le altre parti in gioco. Il gioco della complessità richiede un’integrazione tra le parti.
Confrontarsi con gli altri permette di ampliare le proprie vedute, ma per riuscire in questo intento bisogna essere in grado di aprirsi all’opinione altrui anche mettendo in discussione le proprie teorie o interpretazioni. Tuttavia ritengo che l’elemento cardine sia ascoltare le parole dell’altro.
Nel libro l’insegnante, a più riprese, sottolinea alcune “stranezze” di Théo, ma perché i colleghi sottovalutano questa percezione?
Che cosa succede nel corpo insegnante che non permette di accogliere questa sofferenza?
Ripetizione di una dinamica famigliare nella quale nessuno è visto? Dinamiche inconsce all’interno del gruppo di colleghi? Dinamiche tra scuola e famiglia? Aspetti socio-culturali? Sta di fatto che l’elusione di queste domande porta il protagonista a perdersi in una solitudine profonda che non fa altro che confermagli continuamente la sua inesistenza.
Non è forse l’altro che “guardandoci” afferma il nostro essere? Questo ragazzo lascia tracce di sé a scuola, con gli amici, in famiglia, agli adulti, ma nessuno, per vari motivi, riesce a raccoglierle per crearne una trama storica che rappresenti la realtà vissuta dal giovane adolescente.
E senza storia non si esiste.
Per questo dobbiamo aprirci all’altro pensandolo come individuo complesso di cui cogliamo una sola piccola parte e per questa ragione sarebbe auspicabile, dal mio punto di vista, una comunicazione integrata tra professionisti e no. Perché un soggetto non è solo una gamba, un piede, un cervello, ma un corpo e una mente che continuamente “battono” di emozioni.

Anita Gagliardini
agagliardini@libero.it

Bibliografia
De Vigan D.(2018), “Le fedeltà invisibili”, Ed. Einaudi

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