storia
2004: 30 ANNI, UN RINNOVAMENTO NELLA CONTINUITÀ

Potevamo caratterizzare questo primo numero del nostro tredicesimo anno scegliendo da uno “schedario della memoria” con tante immagini e altrettanti ricordi. Abbiamo scelto di usare semplicemente alcuni messaggi, diversi tra loro, ma che caratterizzano il passato, il presente ed il futuro verso il quale guardiamo con immutata speranza.
Per il primo ci serviamo di un libretto edito da AGEOP-RICERCA, l’Associazione dei genitori di ematologia e oncologia pediatrica dell’Ospedale S. Orsola-Malpighi di Bologna.
AGEOP-RICERCA affianca ed integra la propria attività a quella dell’equipe ospedaliera, garantendo finanziamenti a settori d’intervento particolarmente qualificati. Il libretto che contribuiamo a vendere ne è uno stupendo esempio.
Il secondo è di chi ha raccolto l’invito della Baxter, nostro supporto storico, ad ideare una nuova veste grafica per il nostro giornale.
Dicono semplicemente: “…siamo un’agenzia di relazioni pubbliche. Per dirla in modo semplice, comunichiamo. Conoscete tutti quelle espressioni come “ti dichiaro, ti prometto, ti proibisco…”.
Sono un caso del nostro linguaggio. Le parole, nel momento in cui le usiamo, stiamo compiendo un’azione, stiamo realizzando quello che stiamo dicendo.
Lo vediamo in certe frasi che usiamo spesso, come quelle che dicono “ti prometto che mi occuperò di quella cosa, ti nomino capoclasse, ti proibisco di telefonarmi, vi dichiaro marito e moglie, chiedere scusa…fare una dichiarazione d’amore…i giuramenti… Non sono soltanto parole, sono azioni, fanno quello che dicono.
Ecco, il nostro lavoro, la comunicazione, è un po’ come usare queste espressioni: un dire che è tutt’uno con fare. La comunicazione è, e deve essere, parte integrante del fare. E nel nostro caso del fare salute (nel senso più ampio).
Una comunicazione costruita su campagne di prevenzione e informazione rivolte ai cittadini, ma fatta anche di sostegno alle azioni di quelle persone che quotidianamente “fanno” la salute sul territorio: medici e soprattutto le associazioni, proprio come EX.
Per questo quando ci è stato chiesta una proposta per celebrare il trentesimo compleanno della rivista abbiamo raccolto la sfida.


SALUTE PER TUTTI: ANCHE PER I CITTADINI CON MALATTIE RARE

Questo è uno degli argomenti che ormai trattiamo da anni. Nel nostro Paese è diventato quasi di moda parlarne ed è anche stato creato un Centro per le malattie Rare. Ma che cosa sono in realtà?

In Italia vengono definite rare le malattie che hanno una incidenza di 1 su 5.000 casi. Per l’Unione Europea, invece, l’incidenza è di 5 casi su 10.000, mentre il Congresso degli Stati Uniti ha fissato la soglia di 20.000 casi “rari” sul totale della popolazione americana.
Perfetto è l’accordo su quale sia l’identità di queste patologie: scarsamente conosciute e studiate, spesso ignorate, possono colpire in tutte le età, avere come bersaglio qualunque organo o apparato, portare ad una moralità precoce, sfociare in esiti cronici e gravemente invalidanti.
Ad oggi, gli italiani affetti da malattie rare sono circa 1 milione. Si comprende così, perché sono al centro di un dibattito generale che negli ultimi anni si è sviluppato a livello europeo, centrandosi sia sugli aspetti scientifici che su quelli normativi, tesi a regolamentare e definire meglio un problema da sempre percepito come reale ma mai di fatto affrontato seriamente.
In Italia, in recepimento delle misure normative emesse dall’UE nel 1999, è stato concepito un vasto progetto-obiettivo, fondato sul Decreto Ministeriale n. 131/2000 e poi regolamentato dal successivo DM n. 279/2001, che costituisce un grande contenitore comprendente circa 350 malattie identificabili – tra cui l’emofilia e tutte le coagulopatie emorragiche e le talassemie – (ricordiamo che per l’Organizzazione Mondiale della Sanità il numero complessivo di malattie rare è di 5000).
Sono tutte di esclusiva competenza di una grande rete nazionale, compito della quale è lo sviluppo delle conoscenze che sono concretizzati nella compilazione di un nuovo, ampio, articolato e aggiornato Registro Nazionale di pazienti e malattie rare.
Al vertice vi è il Centro Nazionale Malattie Rare, facente parte dell’Istituto Superiore di Sanità, massimo organo tecnico scientifico afferente al Ministero della Salute.
I Centri Interregionali hanno compiti di collettori dei dati da far giungere al Centro Nazionale e di coordinamento della capillare struttura di Presidi medici per le stesse malattie rare, che costituiscono la base locale territoriale.
“Le malattie rare rappresentano un problema si sanità pubblica – ha esordito la dottoressa Domenica Taruscio responsabile del Centro – mancanza di trattamento e riabilitazione, mancanza di informazione, mancanza di informazione, difficile accesso ai servizi sanitari”.
Ha poi presentato il nuovo sito tematico riservato che l’Istituto Superiore di Sanità ha messo a disposizione di medici e pazienti come luogo virtuale di informazioni e aggiornamento.
L’indirizzo web è: www.malattierare.iss.it

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LE LEGGI E LE PENSIONI

RICONOSCIUTA L’INDENNITÀ ANNUALE DI PENSIONE PER TUTTI I TALASSEMICI

In luglio 2002 pubblicammo le modalità attuative per questa pensione che prevedeva la corresponsione di un’indennità annuale di importo pari a quello del trattamento minimo della pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in favore dei lavoratori affetti da talassemia major e drepanocitosi che avessero raggiunto un’anzianità contributiva pari o superiore a dieci anni, avendo raggiunto almeno trentacinque anni di età.
Ricordiamo che è consentito il cumulo del beneficio sia con la retribuzione lavorativa, sia con qualsiasi prestazione pensionistica e corrisposta con cadenza mensile per tredici mensilità.
Nell’articolo di luglio dell’anno scorso facevamo notare come da questo decreto fossero stati esclusi i talassemici intermedi trasfusione-dipendenti.
La legge finanziaria 2003 approvata negli ultimi giorni dell’anno appena trascorso, ha corretto la dimenticanza includendo le categorie mancanti. Quindi tutti coloro che sono affetti da talassemia major, talassodrepanocitosi, drepanocitosi e talassemia intermedia, di fronte ad un’anzianità contributiva pari o superiore a dieci anni, con almeno trentacinque anni di età, possono richiedere l’indennizzo mensile pari alla pensione minima.
L’articolo 39 della finanziaria 2002 è quindi così modificato.

Legge 28 dicembre 2001, n. 448 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002).
1. I lavoratori affetti da talassemia (morbo di Cooley) e drepanocitosi, nonché talassodrepanocitosi e talassemia intermedia in trattamento trasfusionale o con idrossiurea, che hanno raggiunto un’anzianità contributiva pari o superiore a dieci anni, in concorrenza con almeno trentacinque anni di età anagrafica, hanno diritto a un’indennità annuale di importo pari a quello del trattamento minimo delle pensioni a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

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I CONVEGNI INTERNAZIONALI

IL CONVEGNO MONDIALE SULLA TALASSEMIA

I temi più importanti svolti nel corso del convegno.

Medicina trasfusionale
Dal mese di giugno del 2002, le sacche di sangue da trasfondere, vengono sottoposte onde renderlo più sicuro, ad una metodica denominata NAT o PCR, che consiste nell’amplificare in modo esponenziale, al fine di poterli meglio individuare, i virus unitamente ai frammenti del loro DNA, dell’epatite C e del virus dell’AIDS.
Tra qualche mese la stessa metodica verrà estesa al virus dell’epatite B, anche se per i talassemici ed i politrasfusi in genere, il vaccino relativo, offre una sicura protezione.
Si è poi accennato alla recente tecnica lavaglobuli, del tutto avanzata come tecnologia che permette di stoccare le emazie lavate che altrimenti dovrebbero essere utilizzate nelle 24 ore.
Inoltre è stata sottolineata la necessità di predisporre accorgimenti sempre più efficaci al fine di scongiurare il rischio di errori di identificazione del paziente.
Sono poi allo studio nuovi metodi per inattivare agenti infettanti diversi da quelli già individuati, riducendo i rischi di contrarre malattie infettive diverse da quelle conosciute

Chelazione
Il Desferal è efficace (anche se meno in fatto di chelazione del ferro negli organi) ma presenta il grosso fastidio della somministrazione per infusione.
Il Deferiprone (L1) è fondamentalmente meno efficace del Desferal a livello di tessuti, ma in virtù delle piccole dimensioni della sua molecola, rimuove più facilmente gli accumuli di ferro negli organi.
Per questi due si è avuta la conferma dell’efficace azione sinergica che si ottiene somministrandoli nella così detta forma “combinata”, come è stata sottolineata l’efficacia nella somministrazione “alternata”.
Circa ICL670, si può dire che la sua efficacia è grosso modo pari a quella del Desferal, anche se le aspettative erano di gran lunga superiori.
La tendenza emersa al convegno è che per ottimizzare la chelazione, occorre avvalersi di almeno due preparati (forse anche tre) in grado di rimuovere, ma soprattutto prevenire, l’accumulo di ferro nei principali organi e, ovviamente, a livello dei tessuti.

Risonanza magnetica
Si è ormai delineata la convinzione che l’ausilio della risonanza magnetica va assumendo un notevole rilievo nel monitoraggio dell’accumulo di ferro epatico e cardiaco, principale fonte di seri problemi per la vita del talassemico.
Se si tiene conto dell’importanza che riveste la situazione casrdiaca nel talassemico per la sua salute, disporre di uno strumento che dia ampia sicurezza sul deposito di ferro in detto organo è estremamente indispensabile.

Squid
L’annuncio sulla istallazione in un Ospedale di Catania 8il 5° del mondo), delle apparecchiature per eseguire lo SQUID, al fine di misurare l’accumulo di ferro nel fegato, è stata una piacevole sorpresa.
Anche se lo SQUID, come detto, può essere rimpiazzato, solo per il fegato, dalla risonanza magnetica, consente per chi vi sottopone, un accertamento diagnostico più veloce e più agevole rispetto alla R.S.N.

Trapianto di midollo
Sul trapianto di midollo osseo la tecnica, così come evidenziato dagli esperti, si sta sempre più affinando. Lo sforzo è quello di praticare, nei confronti del ricevente, un condizionamento sempre più soft in modo tale da contenere i rischi per il paziente, derivanti dall’assunzione di farmaci immunosoppressori in dosi elevate.

Epatite C
L’orientamento è quello di ricordare all’impiego, per via intramuscolare, dell’interferone pegilato (a lento rilascio) in associazione con la ribavirina, un antiretrovirale recentemente scoperto.
Questo trattamento, che dà risultati positivi in circa 50% dei casi, non può essere esteso a tutti soprattutto perché la ribavirina, talvolta, dà luogo ad emolisi, aggravando, quando ciò si verifica, il grado già severo di anemia del talassemico.

Le aspettative future e la speranza nella terapia genica
Il dott. Sadelain, incalzato dal suo collega Dr. Stefano Rivella, che presiedeva la sessione del convegno sulla terapia genica, ha dichiarato che entro tre anni conta di essere in grado di poter eseguire sull’uomo il trasferimento del gene sano della betaglobina.
Sadelain ha poi riferito, anche se non direttamente interessato, della sperimentazione clinica di terapia genica attuata su undici persone, presso un Istituto degli Stati Uniti, affette da SCID, una gravissima malattia che colpisce il sistema immunitario.
Dieci di loro hanno ottenuto la completa guarigione. Purtroppo due di loro, a distanza di tre anni sono andati incontro, forse a causa dei vettori oncoretrovirali impiegati, ad una forma di leucemia.
Lo scienziato ha aggiunto che questo nella talassemia è del tutto improbabile poiché gli accorgimenti messi a punto dal suo laboratorio sul ruolo del gene trasferito sono tali da escludere tale evento.

Attivatori o induttori dell’emoglobina fetale
Dal convegno, pur non emergendo eclatanti notizie, si registrano due precise indicazioni: la prima riguarda gli illustrati risultati di un imponente mole di lavori scientifici prodotti, finalizzati al miglioramento dell’attuale terapia; la seconda concerne, stando a quanto riferito, sulle prospettive future in ordine alle alternative alla terapia attualmente praticata anche se le passate delusioni possono alimentare pessimismo, che ci dobbiamo sforzare di combattere al pari della talassemia, mobilitandoci, concretamente, come associazioni, nessuna esclusa, soprattutto a sostegno di chi finalizza la ricerca alla scoperta di nuovi ritrovati per la cura farmacologica o genetica della talassemia.


IL CONGRESSO DELLA WORLD FEDERATION HAEMOPHILIA

A novembre abbiamo parlato, dopo avervi partecipato, del Congresso Mondiale dell’Emofilia, e ci siamo schierati dalla parte di chi non ha relazione per poter intervenire.
“Se tu potessi mandare un messaggio a tutte le mamme che hanno un figlio emofilico che cosa diresti?”
“…di avere pazienza, compassione, tolleranza e amore”.
Così, semplicemente, Shirin Ravan Bood, iraniana, rispondeva alla mia domanda.
Eravamo entrambe a Bangkok lo scorso ottobre, in occasione del XXVI congresso della Federazione Mondiale dell’Emofilia.
“Nella mia patria – ci aveva detto quella mamma – gli emofilici accertati, compresi i von Willerbrand, sono 5000 (ma il numero è sicuramente maggiore), l’HAV è endemico, l’HBV rara e l’HCV ha colpito il 65/70% di emofilici ed il 30% dei bimbi sotto i 12 anni. Ma dove soprattutto un forte spirito di solidarietà permette loro di dare emoderivati ad alta purezza e assistenza sanitaria a circa 50 emofilici afgani che non hanno alcun tipo di farmaco, ma solo sangue”.
Dati statistici ancora più allarmanti provengono da altri Paesi del sud asiatico, Africa, Europa orientale e America del sud, dove le situazioni precipitano spesso nel caos e nella disperazione.
Eppure l’appello di una madre che dice alle altre di dare amore e avere pazienza, sembra scavalcare tutte le ingiustizie ed i problemi economici e politici, prima che sanitari, di tanti Paesi.
Tutto questo mi riporta al congresso mondiale dell’Aia, quando riscontrammo lo stesso spirito combattivo nei genitori di piccoli emofilici e talassemici palestinesi.
Era il 1998. Dopo quell’incontro fortuito, riuscimmo ad inviare loro materiale sanitario, convinti che, al di là di quel, se pur minimo, apprezzabile gesto, con gli anni le cose sarebbero cambiate per loro e per altri nelle medesime condizioni.
Ci si illudeva che qualcosa potesse cambiare. In realtà, la maglia rotta della rete, è diventata sempre più un buco senza fondo.
Inutile poi cercare i responsabili.
Unica vera colpa sembra essere sempre la miseria che partorisce il sottosviluppo e lo sfruttamento fatto da chi su chi.
Quel gemellaggio servì solo ad alleviare le sofferenze di pochi e per un breve periodo.
2004, congresso di Bangkok, cos’è cambiato?
Le richieste di aiuto sono sempre più numerose e tante le iniziative di gemellaggio per sostenere con materiali, prodotti, aggiornamenti sanitari, le innumerevoli situazioni di disagio, sparse un po’ ovunque nel pianeta.
Altrettanto pochi gli impegni dei governi locali per affrontare le emergenze sanitarie. Governi nei quali la corruzione è endemica e il privilegio di pochi si nutre dello sfruttamento della popolazione più debole, perpetrando con incredibile arroganza ogni tipo di sopruso e il silenzio e l’accettazione diventano il pane quotidiano.
“Can you help me?”. È l’appello, uno dei tanti, da Phone Penh, Regno di Cambogia, firmato da Robin Devenish.
Se è un regno, ci sarà anche un re, mi dico, e una corte e del fasto probabilmente. Non lo so. I dati dell’UNICEF parlano del 9,6% di mortalità infantile, che arriva al 13,8% sotto i cinque anni ed il 50% dei bambini sono anemici e sottopeso.
E questa non è la sola realtà terribile se pur vera, che ogni giorno milioni di persone devono sostenere nella disperazione e nella solitudine più assoluti. I messaggi di aiuto provengono non sempre da stati che sono veramente poveri, cioè privi di risorse proprie. È il problema millenario e irrisolto del rapporto tra la forza e il diritto del più debole. Alle persone che soffrono e subiscono le malattie, le guerre e le carestie, non voglio pensare che rimangono solo la speranza o l’aiuto dal cielo. Ma che uno Stato di diritto, dal Caucaso al Cile, garantisca loro una vita per vivere e non per campare.

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LE INIZIATIVE REGIONALI

IL REGISTRO REGIONALE DELLE MALATTIE EMORRAGICHE DELL’EMILIA-ROMAGNA

La rete dei servizi è organizzata secondo il modello Hub & Spoke: Centro di Riferimento Regionale collegato a sette Centri emofilia – Il Registro regionale, il primo in Italia, è inserito in un sito web con un’area pubblica e un’area riservata agli operatori.
Una rete di servizi per l’emofilia e le malattie emorragiche congenite formata da un Centro di riferimento regionale (nell’Azienda Ospedaliero-Universitarie di Bologna, Ferrara, Modena, nell’Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia, nelle Aziende Usl di Piacenza, Ravenna e Cesena).

Un registro regionale – il primo in Italia – delle malattie emorragiche congenite curato dal Centro di riferimento regionale quale strumento di informazione e di scambio che permette, tra l’altro, il monitoraggio epidemiologico e la sorveglianza della qualità dell’assistenza. È quanto ha realizzato la Regione Emilia-Romagna per l’emofilia e le malattie emorragiche congenite.
Annarita Tagliaferri, responsabile del Centro di riferimento regionale di Parma ha affermato: “Abbiamo 8 Centri e dunque una capillarità di servizi in tutto il territorio molto elevata: basti pensare che in Italia ci sono complessivamente 47 Centri per l’emofilia. Il Registro costruito ed alimentato da tutti i Centri, ha l’obiettivo fondamentale di essere uno strumento per migliorare l’assistenza alle persone ammalate .
A questo fine, infatti, è di grande importanza avere dati epidemiologici, monitorare l’evolvere delle patologie e delle complicanze, avere i dati e monitoraggi sui trattamenti terapeutici”.
“La realizzazione di questo Registro
 – ha aggiunto il dott. Calizzani, presidente regionale della Federazione delle Associazioni degli emofilici – è per noi molto importante.
Rappresenta una significativa presa di coscienza di un problema e dei bisogni di noi pazienti.
Le associazioni, costituite in Federazione Regionale, esprimono una forte soddisfazione per l’Istituzione del Registro Regionale delle Coagulopatie Congenite.
La disponibilità dei dati attendibili sul numero, sulla gravità, sulla distribuzione geografica dei pazienti affetti presenta un notevole valore soprattutto nell’ambito di patologie rare, quali la nostra.
Può significare infatti la presa di coscienza da parte della Regione e delle Aziende Sanitarie di un bisogno di salute; il nostro, che non può essere ignorato. Può significare l’inizio di un’effettiva programmazione dei servizi al fine di garantire una risposta assistenziale. Può essere lo strumento per avviare un percorso di qualità dei Centri Emofilia e delle strutture in cui essi trovano collocazione.
Il Registro, assieme all’elaborazione di protocolli di trattamento condivisi, all’attività di formazione ed aggiornamento e ad un miglioramento dell’appropriatezza prescrittivi, rappresenta anche il primo risultato di un lungo percorso (5 anni) iniziato dalle Associazioni dei pazienti dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con i medici referenti dei Centri e con l’Assessorato Regionale alla Sanità”.

Le funzioni principali dei Centri “Spoke” sono:

  1. assistenza globale ai pazienti in tutte le fasi della malattia
  2. pronta disponibilità h 24
  3. diagnostica di laboratorio di primo e secondo livello
  4. counselling genetico di primo livello
  5. organizzazione di corsi di autoinfusione
  6. promozione di programmi di prevenzione, informazione e formazione

Le funzioni principali del Centro “Hub”, oltre a quelle previste per gli Spokes sono:

  1. Coordinamento della Rete e consulenza telefonica h 24
  2. Identificazione di percorsi diagnostico-terapeutici e definizione di protocolli di trattamento
  3. coordinamento delle competenze multispecialistiche
  4. diagnosi molecolare e couselling genetico di secondo livello
  5. coordinamento di corsi di autoinfusione
  6. svolgimento di corsi di formazione
  7. istituzione e gestione del Registro Regionale di patologia

Gli obiettivi del Registro:

  • fornire il dato epidemiologico della Regione Emilia-Romagna
  • eseguire il monitoraggio della patologia e delle sue complicanze
  • rilevare l’andamento dei costi farmaceutici e sanitari nel tempo
  • monitorare i regimi terapeutici, i ricoveri ospedalieri e gli interventi chirurgici
  • rilevare dati sulla qualità della vita e sugli aspetti sociali
  • migliorare la qualità dei dati raccolti dai Centri e quindi l’assistenza

Questo registro, che è il primo esempio italiano di Registro Regionale delle Malattie Emorragiche Congenite, realizzato grazie anche all’impegno e al contributo costante dei Medici dei Centri Emofilia della Regione, manterrà il suo significato e la sua utilità solo se verrà costantemente aggiornato semestralmente, per cui auspichiamo una continua collaborazione con i Centri e un persistente interesse e sostegno da parte dell’Assessorato alla Sanità dell’Emilia-Romagna.

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I LABORATORI DI RICERCA E LA RICERCA DELLA TERAPIA GENICA

La notizia della creazione di laboratorio per la ricerca sulla talassemia presso l’Università di Ferrara, finanziato da una associazione di volontariato ha fatto il giro del mondo, innanzitutto per l’importanza dell’iniziativa e poi per la evidente implicazione a livello di ricerca. Non potevamo fare a meno di rivolgere alcune domande al ricercatore.

Intervista al prof. Roberto Gambari

Prof. Gambari, la collaborazione con l’Associazione veneta per la lotta alla talassemia di Rovigo dura dal 1996 e nel 2000 si è intensificata con la creazione del ThalLab.
Come valuta questa esperienza con un’associazione di volontariato?
“Sicuramente positiva e, per quanto mi riguarda, del tutto nuova.
Mi era già capitato di intraprendere ricerche applicate per associazioni private ma non mi era mai capitato di avere un rapporto personale così stretto con un’Associazione, basato su frequenti scambi di opinioni e d’informazioni, su frequenti incontri e conferenze telefoniche, su frequenti “missioni congiunte” presso piccole e medie imprese potenzialmente interessate ai prodotti delle nostre ricerche, sull’organizzazione di seminari divulgativi e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica”.

Qual è l’obiettivo principale della sua ricerca?
“Al controllo dell’espressione genica in cellule normali e patologiche.
L’obiettivo principale della ricerca del ThalLab è quello di identificare e caratterizzare molecole in grado di stimolare nell’adulto affetto da betatalassemia la produzione di emoglobina fetale (HbF).
Se riuscissimo ad ottenere questo risultato utilizzando molecole che non presentano effetti tossici collaterali, potremmo essere in grado di proporre una terapia alternativa per la cura di questa malattia.
Attualmente, il gruppo di ricerca che coordino è, penso, strutturato in modo da coprire tutti gli aspetti della ricerca, che spaziano dalla diagnostica molecolare, allo studio della regolazione dell’espressione genica, allo sviluppo di nuove biomolecole terapeutiche, allo sviluppo di sisetmi per lo studio in vivo di induttori di HbF, allo sviluppo di terapie innovative per complicanze cliniche rilevanti, quali l’osteoporosi”.

La nascita del ThalLab ha dato prospettive nuove alla sua ricerca?
“La nascita del Thal-Lab ha soprattutto permesso di dare un’organizzazione alla ricerca, che era condotta in modo temporaneo, anche se ad ottimi livelli.
Abbiamo molto presto pensato di realizzare una “Home page” del ThalLab, allo scopo di rendere visibili le iniziative a chi è in grado di utilizzare Internet.
Tale sito (
www.talassemiaricerca.unife.it) è aggiornato periodicamente e riporta tutte le attività e i risultati ottenuti dal ThalLab, dando anche informazioni generali sulle basi molecolari della talassemia, sulla sua terapia, nonché informazioni sui “link” utili.
Mi sono reso disponibile a produrre un CD-ROM sulla talassemia, che abbiamo chiamato “Thal-World (Pianeta Talassemia)”, in collaborazione con l’ASL di Ferrara.
Le problematiche riguardanti la talassemia sono organizzate su due livelli, uno per studenti delle scuole medie, l’altro per studenti delle scuole superiori ed universitari.
Da un punto di vista “pratico”, accanto alla nascita del ThalLab, l’accordo con l’AVTL prevedeva forme importanti di sostegno alla ricerca che in questi anni hanno permesso di acquisire strumentazioni e materiale di consumo, nonché attivare un numero importante di borse di studio per giovani ricercatori, senza i quali non avremmo certamente ottenuto i dati che abbiamo conseguito”.

Quali sono i risultati più rilevanti dell’attività del ThalLab?
“Negli anni tra il 2001 e 2003 abbiamo identificato una serie di molecole in grado di indurre HbF in cellule eritroidi isolate da soggetti normali e talassemici; nel 2003 abbiamo dimostrato per la prima volta un utilizzo di molecole basate sugli acidi peptido nucleici (PNA) come molecole decoy per fattori di trascrizione; nel 2003 abbiamo sviluppato oligonucleotidi a doppia elica che causano apoptosi di osteoclasti e utilizzabili nella terapia sperimentale dell’osteoporosi; nel 2004 abbiamo messo a punto un protocollo diagnostico innovativo, basato su biosensori, per identificare le quattro mutazioni del gene per la beta globina più frequenti nel nostro territorio”.

Il ThalLab ha importanti rapporti di collaborazione internazionali?
“Le più solide sono con il prof. Stefano Rivella di New York che lavora alla Cornell University e con il prof. Fibach di Israele”.

Il ThalLab è in possesso di diverse molecole che inducono in modo significativo emoglobina fetale. Quali sono le prospettive di un loro sviluppo farmaceutico?
“Le più interessanti sono state da noi “protette” da specifici brevetti. Ad esempio il brevetto che riguarda la rapamicina e quello che riguarda l’angelicina.
A mio giudizio le molecole su cui puntare sono la mitramicina, l’angelicina e la rapamicina, e la ricerca, nel prossimo futuro, si dovrà concentrare anche a valutare decine e decine di analoghi di queste molecole.
Le prospettive nello sviluppo farmaceutico delle nostre ricerche sono però fortemente condizionate dal fatto che i farmaci in grado di curare la talassemia sono considerati “farmaci orfani”, poiché questa malattia non è frequente. Per questo motivo risulta molto difficile convincere industrie farmaceutiche ad investire in questo settore.
Penso che l’individuazione di partners industriali da coinvolgere nel trasferimento tecnologico dei nostri risultati sarà uno dei principali obiettivi del ThalLab nel prossimo futuro.
Per il futuro, sto seriamente pensando di lavorare per la creazione di uno “Spin-off accademico” che faciliti anche l’individuazione di partners industriali”.

Il ThalLab dispone di mezzi finanziari sufficienti?
“La situazione del ThalLab, a mio avviso, è buona perché ad esso viene destinata parte dei numerosi finanziamenti di origine pubblica e privata su cui può contare il mio gruppo di ricerca.
Tuttavia, oltre all’intervento rilevante dell’Associazione di Rovigo, servirebbero altri finanziamenti di origine pubblica e privata (MURST-COFIN, MURST-FIRB, AIRC) su cui può contare il mio gruppo di ricerca.
Tuttavia, oltre all’intervento rilevante e determinante dell’AVLT di Rovigo, servirebbero altri finanziamenti dedicati alla ricerca sulla talassemia perché, a parte la qualità della ricerca, la “quantità” della sperimentazione traducibile in “prodotti della ricerca” dipende in larga misura dal numero di ricercatori coinvolti e dal livello dei finanziamenti ottenuti”.


IL TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI DA CORDONE OMBELICALE

Ricordiamo in sintesi ciò che affermava il prof. Locatelli nel gennaio 2003 a proposito del trapianto di cellule staminali da cordone

ombelicale:“Per anni chi doveva fare un trapianto di cellule staminali emopoietiche, l’ha fatto esclusivamente impiegando il midollo osseo del donatore. Poi si è capito che anche il sangue del cordone ombelicale poteva essere impiegato perché contiene un alto numero di cellule staminali. Il vantaggio maggiore è rappresentato dal fatto che le cellule immuno competenti sono meno capaci di aggredire i tessuti del ricevente e quindi è inferiore il rischio di sviluppare complicanze immunologiche. Inoltre il sangue placentare è immediatamente disponibile, mentre per trovare un donatore di midollo osseo compatibile si impiega molto più tempo, e spesso questo è un fattore cruciale per la prognosi dei pazienti.
Inoltre con il sangue da cordone ombelicale è possibile effettuare trapianti da donatori non perfettamente compatibili, proprio in funzione dell’immaturità dei linfociti del sangue placentare. Gli svantaggi invece sono rappresentati dal numero limitato di cellule a differenza del midollo osseo che ne contiene un numero pressoché illimitato.
Questo fa sì che il trapianto da sangue placentare sia una strategia impiegata prevalentemente in pazienti in età pediatrica e comunque raramente in soggetti con un peso corporeo superiore ai quaranta chilogrammi.
Per quanto riguarda i pazienti talassemici poi i risultati sono stati molto positivi, oserei dire entusiasmanti. Infatti, tra tutti i pazienti trapiantati fino ad ora in Europa con sangue placentare da fratello o sorella compatibile, non si è avuto nessun decesso associato al trapianto stesso.

Al S. Matteo ora hanno utilizzato la tecnica della moltiplicazione cellulare in laboratorio e questo aprirebbe potenzialmente la strada anche al trapianto degli adulti che per ora sono esclusi.
Abbiamo ritenuto nostro preciso dovere dare questa ultima notizia perché alcuni articoli apparsi nei giornali avevano fatto sì che trapelassero informazioni sbagliate che avrebbero generato ulteriori illusioni fra i talassemici adulti che, attualmente, sono esclusi, anche se la speranza resta legata alle banche di cellule staminali che aumenterebbero le possibilità di compatibilità.
E qui si innesta il cosidetto “dubbio etico” legato al concepimento di un bambino per salvare il fratello o la sorella malati, come è stato il caso di cui si parla.
Vediamo cos’è esattamente avvenuto a Pavia.
Sono nati due gemelli alla madre del bambino talassemico. Dei due cordoni ombelicali, uno era particolarmente ricco di cellule staminali, l’altro, più scarso, è stato inviato a Milano al Policlinico dove esiste la “cell-factory”, una sorta di “fabbrica” di cellule staminali fondata, come ci aveva detto il prof. Locatelli nel 2003, cinque anni fa dall’attuale Ministro della Sanità.
Il trattamento di tipo bio-tecnologico, a cui il cordone ombelicale viene sottoposto, consente l’aumento delle staminali di almeno 50 volte.
Al bambino sono state trapiantate le cellule sufficienti e dopo altre due settimane il suo sangue ha iniziato a produrre cellule autonomamente. La nostra spiegazione può sembrare semplicistica ma pensiamo possa rendere quanto è avvenuto o comunque sta avvenendo, riaprendo una strada già aperta ad un nuovo modo di combattere diverse malattie altrimenti incurabili o inguaribili.
E torniamo ai soliti e risaputi discorsi.
I finanziamenti pubblici per una ricerca praticamente inesistente ed una politica che cerca, paradossalmente, anche attraverso le leggi, in qualche modo, di vanificare ciò che la scienza ottiene.

TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI CORDONALI NELLA TALASSEMIA

Non potevamo non citare a proposito il caso di Luca, il bambino di 5 anni affetto da talassemia major, guarito grazie ad un trapianto di cellule staminali, espanse, prima di essere infuse, di 60 volte in laboratorio, prelevate dal cordone ombelicale di due fratelli gemelli, messi al mondo alcuni mesi fa, con la tecnica del “preimpianto”, ha suscitato, a livelli (bioetici, religiosi, scientifici, ecc.), come ampiamente riportato da tutti gli organi di stampa, reazioni e clamori a profusione, per lo più ingiustificati e frutto, il più delle volte, di superficialità.
È innegabile che ci troviamo di fronte ad una grossa scoperta nel campo della medicina, le cui significative ricadute, su centinaia di migliaia di pazienti, a partite dai talassemici, hanno portata incalcolabile.
Resta però un grosso rammarico, senza nulla togliere alla grandiosità della prodigiosa invenzione.
Ed è quello di essere sempre costretti, per la riuscita del trapianto, alla compatibilità del donatore e ricevente, qualunque sia l’età e qualunque sia il peso del soggetto da trapiantare.
È vero, come sostengono gli esperti del settore, che rispetto al trapianto di midollo osseo, dove la presenza dei sei parametri aplotipi o loci) di compatibilità non consente deroghe, l’impiego delle cellule staminali cordonali, rende, per la risposta immunitaria meno aggressiva, la compatibilità in parola più flessibile, per cui, anche con quattro aplotopi identici può essere affrontato il trapianto.
È quanto mai plausibile, al riguardo, che la ricerca approfondisca sempre più la conoscenza dei meccanismi della compatibilità perfezionando i necessari accorgimenti scientifici al fine di rendere estensibile il trapianto in questione a tutti gli interessati.

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LE LEGGI ED I DECRETI PER LE PERSONE INFETTATE DAI VIRUS HIV E HCV

Riproposti i termini per la modifica della legge sull’indennizzo

La ormai famosa e vituperata Legge 210 del 1992, trasformata e “rinnovata” ormai ogni anno, ad ogni cambiamento di Governo, ha avuto sempre talmente tanto spazio nel nostro giornale che ormai è diventata quasi un tormentone ed una frustrazione per chi l’ha “subita” ed anche per chi, come noi è costretto a parlarne per informare i lettori. Abbiamo sintetizzato alcuni punti dei tanti di cui ci siamo occupati nel 2004.
Ecco i punti salienti e le conclusioni del dr. Giorgio Morales Difensore Civico della Toscana, in merito alla riapertura dei termini.

PROPOSTA PER ELIMINARE I TERMINI DI PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE
La riapertura dei termini per presentare le domande, sia per i cittadini danneggiati da vaccini che da emotrasfusioni, che non hanno potuto presentare la domanda nei ristretti termini previsti dalla legge perché non adeguatamente informati della facoltà di richiedere l’indennizzo;

PROPOSTA PER UN AUMENTO DELL’INDENNIZZO
L’aumento sostanziale dei ratei dell’indennizzo;

PROPOSTA PER CONCEDERE A TUTTI LA RETROATTIVITA’
La retrodatazione dell’indennizzo dal manifestarsi degli eventi dannosi anche per i soggetti contagiati da pratiche emotrasfusionali, così come già riconosciuto per i danni correlati alle vaccinazioni, sia obbligatorie che facoltative;

PROPOSTA DI CONGRUO INDENNIZZO PER MANCATO GUADAGNO
La corresponsione di un equo indennizzo per il mancato guadagno subito dai genitori o dai familiari delle persone danneggiate a causa dei sacrifici subiti, delle aspettative frustate e delle difficoltà quotidiane comunque patite e rese necessarie per l’assistenza al figlio o al parente, con particolare riferimento ai cittadini che hanno subito gravi danni da pratiche vaccinali;

PROPOSTA PER L’AMMISSIONE DI PROVE TESTIMONIALI
L’ammissione di prove testimoniali nei casi ove la documentazione clinica necessaria per provare il nesso causale tra la patologia contratta e le terapie infette praticate sia stata smarrita dalle ASL (cartelle cliniche, registri operatori, cartelle anestesiologiche, schede vaccinali, registri di carico e scarico delle unità di sangue e suoi derivati dei Centri Trasfusionali, registri di Pronto Soccorso attestanti la somministrazione della sieroprofilassi antitetanica), non potendosi far gravare sul cittadino lo smarrimento o la mancata conservazione della stessa;

PROPOSTA PER LA VALUTAZIONE DELL’INVALIDITA’ TEMPORANEA
Il diritto all’indennizzo dei danni reversibili per il tempo di accertata permanenza della patologia con esiti di invalidità temporanea pluriennale;

PROPOSTA DI UNA TANTUM PER LA GRAVITA’ INFERIORE ALLA OTTAVA CATEGORIA
La corresponsione di un indennizzo una tantum per le patologie di gravità inferiore alla ottava categoria ora non tutelate.


LA GIUSTIZIA È UGUALE PER TUTTI?

C’era una volta la Giustizia…
Potrebbe essere l’inizio di una favola moderna che per qualcuno (troppo pochi) si conclude in questi giorni.
Una favola tragica legata alle persone che negli anni ’80 erano state infettate dagli emoderivati e dalle trasfusioni di sangue e plasma.
Un gruppo di avvocati, ai quali va il ringraziamento per essersi battuti strenuamente, lanciarono, undici anni fa, a Vicenza, la proposta di una “causa” contro lo Stato, essendo la legge 210 promulgata nel 1992, non ancora entrata in vigore e ritenuta insufficiente perché riconosceva sì il “nesso causale”, ma rappresentava una sorta di indennità equiparata ad una “calamità naturale” ed aveva escluso, oltre alla evidente responsabilità dello Stato, molti che, non essendo stati informati tempestivamente dalle istituzioni, avevano compilato le domande fuori dai termini di legge (soprattutto gli HCV positivi, infatti la legge prevede ancora un termine di tre anni dalla data di infezione alla presentazione della legge o dalla infezione acquisita).

LA STORIA DELLE CAUSE
Nell’autunno del ’93 appunto, a Vicenza, al convegno triennale della Fondazione dell’Emofilia, gli emofilici che avevano ritenuto di dover seguire gli avvocati Lana, Randi e Tocco dell’Unione Forense per i Diritti dell’Uomo, intentando causa allo Stato, avevano avuto nuove informazioni in proposito e sul come intraprendere una strada collettiva per accelerare i riconoscimenti.
In quell’occasione l’avvocato Tocco disse: “…è chiaro che per ottenere il pieno risarcimento del danno occorrerà agire giudizialmente. È possibile con un’unica causa formare un unico collegio di difesa al quale concorreranno in egual misura tutti i partecipanti e all’interno del quale ogni singolo danneggiato potrà avanzare la propria domanda. L’azione giudiziaria sarà utile e necessaria e attirerà l’attenzione del Parlamento, dell’opinione pubblica e del Governo per costituire il grimaldello per rendere giusta la legge in atto facendola applicare senza indugi”. (La legge, infatti, oltre a non essere stata pubblicizzata dagli uffici competenti, si stava “disperdendo” in una serie di ritardi tipicamente italiani, intasando i già ristretti locali degli uffici creati appositamente per la legge stessa).
In quell’occasione, non molti emofilici se la sentirono di intraprendere questa che si prospettava una vera e propria incognita, anche economica. Gli undici anni di battaglie legali infatti ne sono la prova.
Il decreto legge che sarebbe poi stato inserito nella finanziaria per ottenere la copertura economica, inizialmente comprendeva tutti i politrasfusi, poi fu “corretto” inserendo soltanto la parola “emofilici”.
Intanto anche un altro consistente gruppo di talassemici aveva ottenuto una prima sentenza favorevole, prima dell’entrata in vigore del decreto.
A Roma, in aprile, il sottosegretario alla Sanità, Cursi, ha dichiarato che il Governo si adopererà affinché tutti coloro che hanno ottenuto o otterranno una sentenza favorevole, avranno lo stesso trattamento.
Ma ci saranno i soldi per risarcire tutti?

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La materia più delicata che abbiamo affrontato in questo 2004 è stata senz’altro la famosa Legge 40, varata proprio quest’anno. Sintetizziamo qui gli argomenti e gli interventi più significativi.

LA LEGGE SULLE NORME IN MATERIA DI PROCREAZIONE ASSISTITA (LEGGE 40/2004)
UN DOCUMENTO DELLA FEDERAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI EMOFILICHE

  1. l’accesso alle tecniche di procreazione assistita sarà consentito solo qualora non si possano eliminare le cause che impediscono la procreazione.
    Sterilità ed infertilità dovranno essere documentate e certificate dal medico.
    La condizione di portatrice di malattie genetiche non rientra fra queste possibilità.
    L’accesso alla PMA (procreazione medicalmente assistita) viene così negato alle famiglie con casi di emofilia ed in generale alle donne portatrici di malattie genetiche. Le coppie di genitori infatti di altro figlio malato o comunque tutte le portatrici accertate non potranno ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita per avere altri figli sicuramente sani. Questo perché molte di loro non sono in possesso dei “requisiti” di sterilità o di infertilità imposti dal nuovo testo di legge. È bene sottolineare che l’aborto terapeutico può essere praticato dalla 12alla 16settimana di gravidanza, mentre la diagnosi pre-impianto in caso di fecondazione assistita viene eseguita nelle poche ore successive all’avvenuta fecondazione dell’ovulo.
    Viene spontaneo chiedersi se non è contraddittorio (o forse dovremmo dire del tutto illogico) prevedere la possibilità di ricorso all’aborto terapeutico di un feto con età gestazionale compresa tra 12 e 16 settimane e non prevede la stessa possibilità nel caso di un embrione fecondato da poche ore e non ancora impiantato nell’utero materno.
    Viene inoltre tolta la possibilità di ricorrere alle tecniche di PMA a tutte le coppie sierodiscordanti (emofilici HIV+ e partner sieronegative).
    Nel caso di coppie con infezioni sessualmente trasmissibili, per cui non esistono ancora trattamenti risolutivi per il partner affetto o protettivi per il partner indenne, l’utilizzazione di tecniche di fecondazione assistita permette di eliminare la componente infettiva riducendo o eliminando il rischio di contagio.
    Queste coppie non possono essere definite come sterili o infertili, perché non possono verificare con ripetuti rapporti spontanei la possibilità di concepimento, dato che questo comporta un elevato rischio di infezione.
    Un’interpretazione stringente della legge impedisce quindi a queste coppie di avvalersi di tecniche di lavaggio seminale che permettano loro di realizzare il desiderio di avere un figlio senza trasmettere l’infezione al partner, se non in quella percentuale di coppie in cui siano presenti fattori di infertilità maschile o femminile così gravi da definire la coppia come infertile “ab initio”.
    Nelle coppie sierodiscordanti infatti, per consentire una gravidanza senza rischi alla donna sieronegativa, è necessario ricorrere ad un processo di lavaggio del seme del soggetto emofilico HIV positivo, a tale tecnica, per aumentare le possibilità di successo di gravidanza, si fa seguire una fecondazione extracorporea dell’ovulo (FIVET e/o ICSI).
  2. Potranno ricorrere alle tecniche di procreazione solo le coppie formate da maggiorenni di sesso diverso, sposate o conviventi, in età potenzialmente fertile ed entrambi viventi.
  3. Fecondazione omologa: sarà possibile creare un embrione solo se il seme ed ovulo provengono dalla coppia che si rivolge alle tecniche di fecondazione assistita. Vietata l’eterologa che prevede un donatore esterno. È di nuovo questo il caso dei pazienti emofilici HIV positivi. Questi soggetti, infatti, sono costretti ad assumere farmaci antiretrovirali (trascrittori delle proteasi inversa e inibitori della proteasi), indispensabili per ridurre la replicazione del virus dell’HIV e dunque consentire la loro sopravvivenza (farmaco salvavita). L’assunzione dei suddetti farmaci, registra spesso tra gli effetti collaterali, una ridotta fertilità del seme. Vietando la fecondazione eterologa si privano questi pazienti della possibilità di procreare e si spingono gli stessi a recarsi in altri paesi dove tale procedura è invece regolarmente effettuata.
  4. No alla clonazione e alla crioconservazione degli embrioni, non si potranno produrre più embrioni di quelli strettamente necessari ad un unico e contemporaneo impianto e comunque non più di tre. Sarà permesso congelarli per garantire il trasferimento nell’utero solo in caso di gravi problemi di salute della donna.
  5. Divieto di ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione e del gamete. Introduzione della così detta “procedura dell’impianto forzoso”. La legge prevede, nell’eventualità in cui una coppia abbia fatto ricorso alle tecniche di procreazione assistita, la possibilità che la volontà possa essere revocata da ciascuno dei soggetti solo fino al momento della fecondazione dell’ovulo. La legge prevede inoltre l’assurdo obbligo del trasferimento in utero di tutti gli embrioni prodotti, anche di quelli malati. Nel terzo millennio il concetto di società civile impone che le possibilità messe a disposizione dalla scienza siano accessibili a tutti i cittadini, rimandando alla coscienza dei singoli le scelte etico-morali.


PERCHÉ DICIAMO NO ALLA LEGGE SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA

Riproduciamo il testo del cartello che ha come titolo: “No alla legge 40” al quale hanno aderito le seguenti associazioni e medici:
“Madre Provetta (Roma), Hera onlus (Cagliari), Amica Cicogna onlus (Salerno), Cerca un bimbo (Roma), Mammeonline, Margherita onlus, Riproduzione e Benessere (Bologna), Tribunale per i Diritti del Malato – Cittadinanza Attiva, Lega Italiana Fibrosi Cistica, Associazione Talassemici Regione Sardegna, Libera Associazione contro la Talassemia (Catania), Futuro senza Talassemia, i componenti il Comitato provinciale della Federazione Associazioni Nazionali Disabili (Bologna), COMETA, Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie onlus (ASMME), Federazione Nazionale delle Associazioni Emofilici onlus (FEDEMO), Associazione Neurofibromatosi, Società Medica Italiana di Paraplegia (So.Mi.Par.), Lega Italiana per la Lotta all’AIDS (LILA), Associazione per i diritti degli utenti e consumatori (ADUC), Coordinamento Italiano per la medicina rigenerativa (CIMER), Società Italiana di Fertilità e Sterilità, Associazione Ostetrici e Ginecologi ospedalieri (AOGOI), Società Italiana Operatori Procreazione Medicalmente Assistita (SIOPAM), Consorzio Mario Negri sud (Istituto e Ricerca), Associazione dei Medici e Biologi Riproduzione Assistita (AMBRA), Cittadini per la Democrazia (Caltanissetta), Consulta di Bioetica.

“NO ALLA LEGGE 40”

Diciamo no a questa legge perché:

  • Esclude le donne e le coppie fertili, anche se portatrici di gravi malattie genetiche o virali, dal ricorso alle tecniche di fecondazione in vitro. Per i talassemici, i sieropositivi ed i malati di fibrosi cistica, questo significa aumentare il rischio di trasmettere la malattia ai propri figli.
  • Impedisce la diagnosi genetica pre-impianto e la scelta di non impiantare un embrione malato, obbligando così la madre a dover scegliere il dramma di mettere al mondo consapevolmente un individuo destinato a sicure sofferenze e patimenti o il dramma di dover ricorrere all’aborto terapeutico.
  • Obbliga il trasferimento in utero di tutti gli embrioni prodotti, anche quelli malati. La donna e la coppia avrà come unica alternativa l’interruzione della gravidanza.
  • Impedisce la donazione di gameti e quindi il ricorso alla fecondazione eterologa questo significa, per esempio, che le donne e gli uomini malati di tumore, la cui fertilità è stata compromessa dalla chemioterapia, non potranno avere figli.

LA SCELTA CHE LA NOSTRA LEGGE NON PERMETTE

I due genitori hanno avuto la possibilità di scegliere fra dodici embrioni.
Hanno deciso di avere altri figli dopo la certezza medica che sarebbero stati sani e, soprattutto, aiutare il fratellino a guarire. Questo caso riapre clamorosamente la vicenda sulla legge 40 e dimostra soprattutto l’utilità della diagnosi pre-impianto. Si rafforzano così le convinzioni di un referendum e va avanti l’iniziativa per ottenere le 50.000 firme.
Ricordiamo ancora una volta i punti determinanti e negativi dell’attuale legge.

  1. La fecondazione assistita è autorizzata soltanto per le coppie con documentata infertilità o sterilità.
  2. È vietata la fecondazione con seme o ovocita di donatore o donatrice (eterologica).
  3. Non possono essere prodotti più di tre embrioni per ogni tentativo (nel caso di Pavia ne erano stati prodotti 12) e devono essere “tutti” trasferiti nell’utero senza congelarli.

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UNA VACANZA CHE COMPIE TRENT’ANNI

Concludiamo il racconto del 2004 con alcune immagini di una iniziativa che si svolge da trent’anni e cioè la vacanza invernale.
Lo facciamo innanzitutto per i più “anziani”, a quel 1975 a Panchià, in val di Fiemme ed a quel gruppo di “avventurieri” che avevano osato organizzare una vacanza sulla neve per gli emofilici. È stato soltanto un momento di nostalgia quando il giovedì sera alla pensione Soldanella, per festeggiare i trent’anni, ci siamo ritrovati tutti assieme e Cees Smit, con la voce rotta dall’emozione, ha ricordato i suoi ventinove anni insieme a noi; il grande calore e l’amicizia che ogni anno lo fanno ritornare dall’olanda, assieme alla moglie.
Nella stessa serata la Federazione Associazioni Emofilici ha voluto consegnare un ricordo di questi trent’anni ad alcuni amici che in qualche modo sono stati particolarmente vicini: Cees Smit, Alessandro Gringeri, Mariella Marchello, Brunello Mazzoli, Anna Sacchi e la famiglia Raccagni.
Abbiamo avuto modo di dimenticare l’avventura del viaggio con le bufere di neve in autostrada perché la settimana è stata allietata da uno splendido sole piena di moltissime attività. Ed avanti così ancora per tanti anni.
Come sempre i bambini (una ventina di tutte le età) sono stati la nota più lieta ed è stato dato modo loro di sbizzarrirsi con la fantasia attraverso il disegno.
Immagini simpatiche e che ci danno modo di apprezzare il mondo visto attraverso la loro fantasia e non soltanto, perché l’immagine che riproduciamo in copertina denota anche una certa familiarità con il disegno e la creatività.
Anna Sacchi è stata ancora una volta un’impeccabile organizzatrice.