Il 2010 si caratterizzò soprattutto per le iniziative delle associazioni, per le nuove terapie e per le notizie sulle sperimentazioni rivolte alla terapia genica, soprattutto nel campo della talassemia.
Ma il primo numero si occupò di quello che venne definito il “Progetto F.O.R.T.E.” un acronimo che stava per Formazione Operatori riabilitazione Trattamento Emofilici.
IL PROGETTO F.O.R.T.E. (FORMAZIONE OPERATORI RIABILITAZIONE TRATTAMENTO EMOFILICI)
C’è una frase molto significativa, pronunciata da un medico del ministero della salute inglese: “I miei pazienti capiscono il loro problema meglio di quanto possa farlo io stesso”.
Si tratta di una consapevolezza importante.
Ma per vivere una vita anche professionale, pienamente consapevole, servono anche altri tipi di conoscenza.
Noi della Federazione e della Fondazione Paracelso, che lavoriamo con obiettivi comuni, abbiamo cercato di fare proprio questo.
Abbiamo cercato di aggiungere un altro pezzo al nostro personale puzzle che è la terapia globale dell’emofilia.
Il progetto FORTE Formazione rivolta ad Operatori della Riabilitazione per il Trattamento degli Emofilici, è nato dall’ascolto dei bisogni dei pazienti, attività che la Federazione ha sempre svolto con attenzione per colmare quelle lacune che a volte hanno creato vuoti troppo gravi.
La dove c’è una mancanza nasce un progetto ed è proprio così che è nato il Progetto FORTE.
Nel 2008 è stato predisposto da Fondazione Paracelso e Federazione Paracelso e Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) un questionario, ed è stata svolta una raccolta di dati su tutto il territorio nazionale che ha portato a risultati abbastanza sorprendenti, non tanto per le informazioni raccolte, che in parte già si conoscevano, quanto per l’importanza che alcune “mancanze” assumevano nella vita delle persone.
Con il questionario si era proposto l’intento di utilizzare le rispettive conoscenze, in ambito clinico e sociale, per portare in evidenza gli spazi di miglioramento dei servizi in tutte le regioni italiane e per realizzare specifici progetti nei rispettivi ambiti.
Fra tutti i dati raccolti sono emersi alcuni aspetti particolarmente significativi.
Nella graduatoria delle problematiche che il paziente emofilico avvertiva come maggiormente urgenti, al primo posto è risultata proprio la “problematica articolare e riabilitativa” con una percentuale del 27,6.
E laddove ci si riferiva ai servizi da garantire “alla porta di casa”, ovvero raggiungibili entro 1 ora, al primo posto è stata segnalata la distribuzione dei farmaci con il 74,9 e al terzo posto, con un’interessante percentuale del 49,1 sono risultate fisioterapia e riabilitazione.
È anche dalla rilevazione di questi dati, e forti dell’esperienza maturata negli ultimi anni da alcuni professionisti fisioterapisti, osteopati e fisiatri, che è nato il progetto FORTE.
Vi era la reale esigenza di colmare una grande lacuna creatasi, e consolidatasi, negli anni in Italia.
È con questi presupposti che nel 2003 la Federazione, grazie alla disponibilità dimostrata dalla Direzione Sanitaria della Clinica Domus Salutis e dalle personali sensibilità del dottor Martinelli e del dottor Passeri, ha potuto realizzare un passo fondamentale nel campo dell’assistenza ai pazienti emofilici con artropatia, che già da anni ricevevano un eccellente servizio di chirurgia ortopedica grazie alla professionalità sviluppata dal dottor Solimeno, presso il CTO di Milano, chirurgo fra i pochissimi in Europa con riconosciute capacità tecniche d’intervento su pazienti scoagulati e con artropatie degenerative, assicurando loro la possibilità di accedere a una struttura riabilitativa di altissimo standard, con professionisti adeguatamente preparati a intervenire sul recupero postoperatorio del paziente emofilico.
Il corso, così come concepito, si è posto pochi, ma fondamentali obiettivi:
- Formare e sensibilizzare un gruppo selezionato di fisioterapisti, motivandoli al trattamento del paziente emofilico.
- Fare sì che tali fisioterapisti partecipino alle attività del Centro Emofilia di riferimento, intervengano sui pazienti, se possibile in ambito ospedaliero, e comunque sempre in stretta collaborazione con i medici del Centro Emofilia.
- Costruire un network in Italia, fra fisioterapisti specializzati nel trattamento del paziente emofilico di qualsiasi età.
- Fidelizzare una nuova generazione di fisioterapisti che “coagulino” attorno a sé i pazienti afferenti al Centro Emofilia.
Sono stati pertanto coinvolti tutti i Centri Emofilia italiani, oltre alle associazioni, aprendo il reclutamento a 10 fisioterapisti che in qualche modo avevano già avuto contatto con il paziente emofilico.
Al termine del corso saranno realizzati dei percorsi di controllo che consentano di mantenere viva l’attenzione sul tema e contribuiscano a fidelizzare il fisioterapista ad un Centro Emofilia dando luogo, là dove possibile, anche all’erogazione di specifiche borse di studio.
Il corso, che si è articolato il 3 differenti moduli svoltisi ad aprile, giugno e ottobre 2009, prevedeva 3 momenti formativi suddivisi nella mattina e nel pomeriggio di sabato e nella mattinata di domenica.
La parte teorica, molto ampia, ha compreso la conoscenza della malattia, le conseguenze degli episodi emorragici, le strategie di movimento, del perché muoversi e del perché fare riabilitazione in previsione di un intervento chirurgico, oltre al perché fare rieducazione post-chirurgica senza sottovalutare mai il rapporto costo-beneficio.
Si è trattato di un’opportunità unica per incontrare altri professionisti aprendosi ad uno scambio interregionale e di esperienze, che ha arricchito l’esperienza di ognuno di loto, oltre che di un’occasione per incontrare i pazienti, e le realtà associative sinergiche con il mondo dei medici.
Risulta esemplare a questo proposito l’associazione locale del centro emofilia di Milano ha messo in atto sostenendo i costi delle prestazioni professionali del fisioterapista che assiste a tutti i check-up dei pazienti e integra l’analisi con una specifica rilevazione posturale e motoria.
I terapisti neo formati all’approccio sul paziente emofilico rappresentano un patrimonio per tutti, inestimabile ed è altrettanto fondamentale lo spirito con cui loro stessi decideranno di mettersi a disposizione di tutta la comunità.
Ora che il 1° corso si è concluso bisognerà far sì che i fisioterapisti partecipino alle attività del Centro Emofilia di riferimento, intervengano sui pazienti, se possibile in ambito ospedaliero, e comunque sempre in stretta collaborazione con i medici del Centro Emofilia e con i fisiatri e gli ortopedici che con il Centro collaborano.
A tale proposito è importante ricordare alcuni passaggi all’intervento di Alessandra Tartarelli, la quale ha sottolineato quale sia la differenza fra il termine mestiere, che si riferisce alla capacità di realizzare un’attività professionale che si è acquisita e si è affinata nell’esercizio pratico, nell’applicazione di strumenti dei quali si diventa sempre più abili intenditori, e il termine professione, che indica invece non solo la padronanza della messa in pratica di attività appropriate ma anche la capacità di collegarsi ad un corpus di riferimenti teorici di una disciplina da cui derivano le basi per lo svolgimento del lavoro e che al tempo stesso si contribuisce ad arricchire attraverso la realizzazione del lavoro stesso.
C’è tanto lavoro da fare. E solo uniti lo possiamo fare.
Fedemo e Fondazione Paracelso ritengono che anche l’apertura di questo capitolo possa dare un contributo fondamentale al miglioramento della qualità di vita del paziente emofilico.
Siamo tutti consapevoli che sarà una strada lunga e non priva di difficoltà, però crediamo che il beneficio e la soddisfazione possono essere tali, da far apparire quasi insignificanti le mancanze e le difficoltà che, inevitabilmente, ci si troverà a dover affrontare.
Ancora una iniziativa della associazioni, in questo caso della Federazione degli emofilici con il Progetto D.N.A. un acronimo che significava “Di Nuovo Assieme”.
Era la continuazione ideale del progetto PUER dedicato anche questo alle famiglie degli emofilici.
DI NUOVO ASSIEME
La dolce cornice delle verdi Apuane che ci accoglie dopo dieci anni dal primo incontro PUER non è cambiata e non è diversa l’emozione che ho vissuto da “esterno” immerso in questo mondo ormai da oltre 36 anni.
Famiglie al completo, bambini, adolescenti, questa è stata la novità più importante del programma DNA.Famiglie con le stesse apprensioni, i dubbi iniziali sulla vita futura dei loro figli ma con una novità: la consapevolezza di non essere più soli di fronte a quella che ci ostiniamo a chiamare malattia, ma che piano, piano, soprattutto per i giovani, acquista una dimensione diversa, sempre più partecipata.
I lavori eseguiti dai gruppi ne sono la dimostrazione, non soltanto visiva che è rimasta negli occhi e soprattutto nel cuore delle persone che hanno partecipato e si augurano che l’esperienza continui.
Durante il weekend dello scorso 11 e 12 settembre si è svolto l’incontro di avviamento del programma DNA (Di Nuovo Assieme) della Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo).
L’incontro, a carattere nazionale, si proponeva l’obiettivo di focalizzare i bisogni delle famiglie con giovani bimbi emofilici e di indagare, per la prima volta, richieste e problematicità degli adolescenti emofilici.
Si sono ritrovati al Ciocco, nello splendido contesto naturalistico dell’Appennino toscano, 20 famiglie e 12 adolescenti provenienti da 12 differenti regioni (Trentino, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna): in totale circa 100 persone.
Il luogo dell’incontro non è casuale; oltre 10 anni fa proprio in quello stesso posto prese il via uno dei progetti di maggior successo della Federazione, il programma PUER.
Compito di proseguire il lavoro realizzato fin qui attraverso il programma PUER attualizzando, se necessario, le modalità di intervento a sostegno dei genitori e introducendo alcuni aspetti di novità.
In particolare i due gruppi di famiglie (divise a seconda dell’età dei bimbi) hanno svolto una parte della propria attività insieme ai propri figli, con l’intento di rendere ancora più allargato il confronto.
Così, al momento fondamentale dell’incontro e dello scambio di esperienze tra genitori, si è affiancata una parte, sostanzialmente ludica ma con finalità di emersione delle esigenze individuali, che ha visto i bimbi direttamente protagonisti.
Oggi possiamo dire che questa formula è stata fortemente gradita dai partecipanti. Il giocare e lavorare insieme ai propri figli in un gruppo allargato ha messo in luce dinamiche significative dei rapporti intra-familiari, evidenziando risorse e difficoltà di ognuno, elaborate poi a beneficio di tutti.
Oltre ai due gruppi di famiglie è stato invitato al Ciocco anche un gruppo di adolescenti (ragazzi dai 14 ai 20 anni), emofilici o fratelli e sorelle di emofilici.
Una grande parte del merito della riuscita dell’incontro è da attribuire alle tre fantastiche coordinatrici dei gruppi.
FedEmo ha sempre ritenuto il supporto alle famiglie un’area strategica di intervento della propria attività istituzionale e, attraverso un’attualizzazione degli strumenti ad essa dedicati, vuole continuare il proprio impegno su questo fronte.
A riprova dell’importanza, anche programmatica, che l’incontro ha ricoperto per la Federazione, è significativo il fatto che al Ciocco fosse presente l’intero Direttivo a fianco di Renata Liotti, referente FedEmo per quest’area di attività.
Che dire? Sono stati due giorni e mezzo intensi, emozionanti, stimolanti e proficui, così come tante volte ci è capitato di vedere quando si è avuta la possibilità di fare incontrare tra loro le famiglie.
Anche il tempo è stato dalla nostra parte riservandoci due giornate soleggiate e terse che ci hanno permesso di apprezzare la bellezza del luogo e i fantastici panorami delle Alpi Apuane.
Naturalmente una parte preponderante dei servizi è stata dedicata alla ormai decennale lotta per ottenere risarcimenti equi per tutti coloro che furono infettati negli anni 80/90.
Le transazioni, le rivalutazioni degli indenni e le battaglie per essere ascoltai dai governi che si susseguivano senza soluzione di continuità.
Abbiamo sintetizzato a seguire tutte le tappe di queste rivendicazioni.
SULLE TRANSAZIONI IL SILENZIO DEL MINISTERO
L’argomento più dibattuto è sempre stato quello inerente le transazioni con il Ministero della Salute sui danni da trasfusioni di sangue ed emoderivati infetti, in considerazione del fatto che un gruppo di emofilici ed i familiari dei deceduti avevano usufruito di un decreto legge nel 2004, che aveva permesso loro di ottenere un risarcimento.
Provvedimento sacrosanto ma iniquo perché aveva escluso alcune migliaia di persone nelle stesse condizioni.
Sia nei blog che nel nostro giornale si partì con un servizio dell’avvocato Marco Calandrino il quale il 31 luglio 2008 aveva partecipato, con un gruppo di associazioni e di avvocati, alla riunione convocata presso il Ministero.
Da quella data, sui nostri blog e sullo stesso giornale, abbiamo percorso una strada che definire irta di ostacoli e trabocchetti, sarebbe riduttivo.
E qui tutti ormai sappiamo che l’unica certezza che abbiamo è “l’incertezza” in cui versano le oltre 6000 persone che hanno presentato domanda di accesso.
Incertezza perché non sappiamo se il Ministero terrà conto, e in che modo, della prescrizione.
Incertezza perché non conosciamo cifre e tempi di pagamento.
Incertezza per chi non ha l’ascrivibilità tabellare (i casi delle epatiti c.d. “silenti”) ma ha un procedimento in corso per farsela riconoscere.
QUALCHE DICHIARAZIONE D’INTENTI
Le uniche voci che abbiamo ascoltato in interventi ufficiali sono state quelle del Sen. Cesare Cursi, Presidente dell’Osservatorio Sanità e Salute, e del Sen. Antonio Tomassini, Presidente della XII Commissione Igiene e Sanità del Senato, in occasione dell’incontro svolto a Roma il 12 novembre 2009, in una sala adiacente il Senato.
Allora l’avvocato Calandrino dopo l’incontro di Roma scrisse: “…ritengo che tale ‘completa realizzazione’, avuto riguardo alla ratio delle leggi citate (cioè ‘chiudere’ il contenzioso giudiziario di essere, riconoscendo un risarcimento dei danni subiti) possa significare solo una cosa: consentire l’accesso alla transazione a tutti coloro che hanno pendente una causa contro lo Stato (eventualmente, aggiungo io, valutando le diverse posizioni solo per proporre importi differenziati).Solo così, solo definendo tutte le cause in maniera transattiva, raggiungeremmo l’obiettivo sotteso alle leggi 222 e 244 del 2007”.
LE NOSTRE RICHIESTE
- Coloro che erano in causa al 1° gennaio 2008 devono essere ammessi alla transazione, ripetiamo: tutti ammessi.
- Danneggiati con mancata ascrivibilità: se ci sono giudizi (o procedimenti amministrativi) in corso per farsela riconoscere, che portino ad esito positivo.
- Prescrizione: non va utilizzata, e in subordine deve essere usata non per escludere, ma per – eventualmente – fare proposte differenziate negli importi. Una prescrizione considerata di 10 (o 15) anni.
- Coloro che hanno promosso una causa dopo il 1° gennaio 2008 devono essere comunque inseriti in un elenco di interessati a definire con una transazione il proprio contenzioso giudiziale, e anche a questi danneggiati deve essere formulata una proposta transattiva, anche se “in coda” a coloro che avevano instaurato la causa prima del 1° gennaio 2008 (in fondo le leggi 222 del 29.11.07 e 244 del 24.12.07 si riferivano a cause “tutt’ora pendenti”, ma… pendenti a quale data? La data del 1° gennaio 2008 è stata introdotta dal successivo decreto interministeriale, e peraltro non corrisponde nemmeno a quella di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle due citate leggi).
- Tempi rapidi per l’istruttoria, tempi rapidi nella formulazione delle proposte transattive, tempi rapidi nei pagamenti: se il Ministero dell’Economia (come dissero) è interessato ad anticipare gli importi per l’intero, evitando la rateizzazione.
Stiamo sognando? Crediamo di no: se c’è volontà amministrativa e politica, tutto è possibile.
È in gioco oltre il diritto alla salute, il diritto a un giusto risarcimento: è un’esigenza di civiltà giuridica definire in maniera dignitosa questa triste e vergognosa pagina della nostra storia sanitaria.
Lo dobbiamo, lo deve lo Stato italiano, a tutti coloro che sono morti, ai loro familiari, e a coloro che, tutt’ora in vita, portano ogni giorno sul proprio corpo i segni della sofferenza e del dolore.
MANOVRA FINANZIARIA E RIVALUTAZIONE DELL’INDENNIZZO
Il racconto infinito degli indennizzi e delle transazioni si arricchisce (si fa per dire) di un altro capitolo certo non edificante per le Istituzioni e frustrante per tutti coloro che sono costretti a subire decisioni inique e ingiuste.
In questo servizio i nostri lettori avranno modo di leggere i comunicati del Collegio degli avvocati, della Fedemo e del Presidente dei talassemici della Sardegna.
Inoltre ancora una considerazione dell’avvocato Marco Calandrino.
“Con la recente manovra finanziaria vengono lesi i diritti di migliaia di cittadini che hanno contratto, per negligenza dello Stato, gravissime malattie, come l’AIDS e l’epatite virale, a seguito di contagio con sangue infetto: a loro spetterà un terzo in meno della pensione”.
Lo affermano in un comunicato l’avvocato Mario Lana, presidente dell’Unione Forense per la tutela dei diritti dell’uomo e del Coordinamento Sangue Infetto e gli altri legali che sottoscrivono il comunicato, che difendono oltre 5000 danneggiati in causa contro il Ministero della Salute.
“L’articolo 11 commi 13 e 14 del DL 78\2010 – dichiarano i legali – nega la rivalutazione degli indennizzi con decorrenza retroattiva, congelando gli importi al 1992. Un salto indietro di 18 anni, quando le cifre erano ancora in lire, che comporta una perdita del valore della pensione delle vittime da sangue infetto di oltre un terzo. È un provvedimento ingiusto e discriminatorio che va a colpire una categoria di «veri» invalidi, gravemente ammalati e bisognosi di cure”.
Sottolineando l’inammissibile interferenza del potere legislativo su quello giudiziario e l’irragionevole disparità di trattamento, gli avvocati ritengono che il decreto violi la Costituzione e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e si auspicano che in sede di conversione vengano eliminati i commi 13 e 14 perché, diversamente, sarà assai probabile un ricorso alla Corte Costituzionale e alla Corte di Strasburgo.
Quest’ultima ha già condannato l’Italia per la violazione di tali diritti nel caso di cittadini talassemici danneggiati da emotrasfusioni infette.
“Piuttosto – concludono nel comunicato – sarebbe assai più efficiente per il risanamento delle finanze dello Stato prevedere il collegamento telematico tra gli uffici erogatori degli indennizzi e pensioni di invalidità e gli uffici dello stato civile, in modo da aggiornare in tempo reale l’elenco degli invalidi deceduti, evitando in tal modo eventuali abusi”.
IL COMUNICATO STAMPA DELLA FEDERAZIONE DEGLI EMOFILICI EMESSO IL 3 GIUGNO
FedEmo chiede con forza la modifica della Legge Finanziaria 2010 che colpisce i contagiati dall’utilizzo di farmaci salvavita emoderivati, vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni.
La Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) desidera richiamare con urgenza l’attenzione di tutti i media e delle Istituzioni su quanto previsto dalla Legge Finanziaria 2010, ai commi 13 e 14 dell’articolo 11. Tali commi disciplinano la rivalutazione dell’indennizzo ex lege 210/92, concesso a chi in passato ha contratto l’epatite e/o l’Aids attraverso l’utilizzo di farmaci salvavita emoderivati o da trasfusioni contenenti virus patogeni.
“L’attuale manovra finanziaria lede i diritti di almeno 50.000 cittadini danneggiati dal sangue infetto” è quanto affermato oggi dall’Unione Forense per la Tutela dei Diritti dell’Uomo.
“Il comma 13” spiega l’avv. Marco Calandrino, uno dei consulenti legali di FedEmo, “bloccando gli importi ai valori di oltre 15 anni fa, di fatto nega il principio che una prestazione solidaristica come l’indennizzo, debba essere adeguata al costo della vita. Preclude, inoltre, la concessione di ogni rivalutazione futura in materia, anche a quei soggetti in possesso di una sentenza favorevole già passata in giudicato”.
“Il comma 14” prosegue Calandrino, “è costituzionalmente dubbio, dal momento che pretende di annullare l’efficacia di sentenze della Magistratura passate in giudicato (perché non impugnate a suo tempo dal Ministero della Salute)”. Tutto questo appare in evidente contrasto con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. “Tale decisione ci sorprende e ci lascia increduli poiché presenta una profonda iniquità” è il commento di Gabriele Calizzani, Presidente di FedEmo. “Ci appelleremo alla particolare sensibilità di coloro che all’interno del Governo hanno sempre dimostrato attenzione e rispetto per le categorie di malati coinvolte. Solleciteremo un intervento immediato, data l’urgenza dalla situazione”.
FedEmo, congiuntamente alle altre Associazioni di rappresentanza dei danneggiati, intraprenderà tutte le azioni legali, politiche e di sensibilizzazione in suo potere affinché siano modificati quei commi ritenuti inaccettabili. Considera inoltre necessario informare l’opinione pubblica sulla natura iniqua della Legge in discussione e sul mancato rispetto degli impegni precedentemente presi in materia da parte delle Istituzioni preposte.
Roma, 3 giugno 2010
Naturalmente una voce importante sull’argomento delle rivendicazioni è stato trattato quasi ad ogni numero dal nostro avvocato. In questo caso ci racconta (in un sunto) le sue impressioni.
CHI L’HA VISTO?
Ero tornato a Bologna dopo l’incontro del 5 maggio scorso al Ministero della Salute a Roma fiducioso e speranzoso.
A distanza di oltre due mesi non posso non evidenziare che:
- il preannunciato comunicato ministeriale sul sito web del Ministero a “riepilogo” dell’incontro del 5 maggio è comparso due mesi dopo…;
- il preannunciato incontro a inizio giugno per informazioni e confronto sul tema “prescrizione” non è stato convocato e non si è tenuto;
- il preannunciato incontro a fine giugno per informazioni e confronto sui moduli transattivi non è stato convocato e non si è tenuto.
Nel frattempo il Ministero sta continuando a chiedere a noi avvocati di integrare la documentazione relativa alle domande di accesso alla transazione, essenzialmente chiedendo copia dell’atto di citazione.
A mio parere ciò non era necessario nel caso di “attori” che hanno iniziato la causa, in quanto per loro la data di “pendenza lite” si evince dal certificato rilasciato dalle Cancellerie dei Tribunali (da cui risulta l’iscrizione a ruolo, peraltro successiva alla notifica dell’atto di citazione).
La richiesta ministeriale ha un senso invece in relazione agli “intervenuti” in una causa, dato che dai certificati delle Cancellerie non sempre risulta la data di intervento, e quindi uno potrebbe essere intervenuto dopo il 1° gennaio 2008 in causa antecedente.
Il Ministero, invece, sta chiedendo a tutti, indifferentemente, di integrare: questo comporta ulteriore tempo e impegno, senza che se ne comprenda la ragione per il motivo appena esposto.
RIVALUTAZIONE ED I COMMI 13 E 14 DELLA “MANOVRA CORRETTIVA”
Questo che la Redazione decise fosse l’editoriale non fu scritto da noi componenti ma da un signore che in qualche modo ripercorreva il “calvario” di coloro che non da anni chiedevano non soltanto giustizia ma equità di trattamento e rispetto per sofferenze subite e che continuano.
Il messaggio di Riccardo fu “forte e chiaro”, anche se pensiamo che restituire la tessera elettorale cancelli l’ultimo barlume di democrazia.
Calpestata e offesa quanto si vuole, ma ancora democrazia e quindi libertà di pensiero e di esprimerlo (almeno quello) come è il voto.
Quando stendiamo queste note di riassunto dei nostri anni sappiamo che Riccardo purtroppo è andato ad ingrossare la lista di coloro che hanno pagato con la vita la possibilità di curarsi.
Ancora una volta lo stato dice “no”.
“No lo aveva detto alle nostre vite, nel momento in cui decise che moltissimi di noi potevano infettarsi di virus mentre ignari facevamo una trasfusione di sangue o un’infusione di emoderivati.
No lo aveva detto quando alcuni di questi signori potevano finire in galera, ma gli amici degli amici sono intervenuti per proteggerli e difenderli.
Mentre noi ci ammalavamo, mentre noi passavamo le nostre giornate a capire per quale maledetta ragione il nostro fegato era ormai diventato una florida coltivazione di virus, mentre noi morivamo a venti, a trenta o a quarant’anni.
Mentre sempre noi dobbiamo ricordarci due volte l’anno di dire allo stato che siamo ancora vivi, perché se no il vitalizio della legge 210 te lo sospendono.
Perché altrimenti, quello che loro chiamano provvidenza economica, ritorna nel grande salvadanaio (non mi stupirei se avesse la forma di un porcellino).
Propongono transazioni per chiudere lì la faccenda, per evitare che ognuno singolarmente chieda un risarcimento milionario ma i soldi non ci sono, la crisi è mondiale, il paese deve capire che occorrono dei sacrifici e poi, esiste sempre il salvadanaio, prenderemo da lì i soldi per le transazioni, forse.
Dentro quel salvadanaio avevano già messo diversi soldini, perché da bravi economi, da parsimoniose casalinghe, si erano preventivamente organizzati nel non rivalutare, secondo il tasso di inflazione programmata, una parte (guarda caso la più corposa) dell’indennità integrativa speciale.
Incredibile, qualcuno se ne accorge, intenta una causa e cosa ancor più incredibile la vince!!!
Lo stabilisce la Suprema Corte di Cassazione, mica la riunione del condominio.
Bello!!! Davvero una bella notizia, considerando che molti poveri cristi vivono solo di quella provvidenza, di botto si sarebbero trovati qualche migliaio di euro di arretrati e un assegno con una rivalutazione almeno dignitosa.
Sai che faccio? – dice l’avveduta casalinga – prima tergiverso un po’, dico che è competenza del giudice del lavoro, ma no di un giudice di pace, anzi meglio di un tribunale ordinario, lì sì che si perde un sacco di tempo.
Magari nel frattempo qualcun altro morirà così non becca né la rivalutazione né tanto meno la transazione.
Ma la casalinga non è contenta, questi sembrano coriacei, pellacce dure a morire, bisogna che faccia loro un bel discorsetto.
“In questa casa si spende troppo (loro le chiamano manovre correttive) e con un bel decreto legge sancisco che: il comma 2 dell’art. 2 della legge 25 febbraio 1992, n.210 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso di inflazione”.
Traduzione: Non è colpa mia se siete nati emofilici, talassemici o se vi siete fatti male vent’anni fa, non posso mica preoccuparmi di ognuno di voi, che diamine.
Ma la suprema corte di cassazione non ha detto un’altra cosa?
Fatto sta che la parsimoniosa casalinga sembra libera di interpretare sentenze e con un po’ di creatività, sistemare le faccende di casa.
Facciamo un bel dispetto a questa casalinga, non arrendiamoci, non piangiamoci addosso, non facciamoci vedere troppo tristi o troppo incazzati, alziamoci ogni mattina mandando a quel paese l’epatite e l’aids.
Mettiamo in disordine le stanze di questa casa facendoci trovare vivi ogni giorno, la casalinga alla fine dovrà rompere il salvadanaio e dovrà soprattutto chiederci scusa.
Fino a quel giorno però, lascio il mio certificato elettorale alla casalinga, non mi va più di votare per lei e per gli amici dei suoi amici”.
UNA VERA E PROPRIA TEGOLA SI E’ POI ABBATTUTA SU TUTTI GLI ORGANI DI INFORMAZIONE DEL VOLONTARIATO (NOI COMPRESI) PER LA ELIMINAZIONE DELLE TARIFFE POSTALI AGEVOLATE.
Una manovra che ha tagliato una gran parte di informazione libera, escludendo così categorie già penalizzate da una informazione ufficiale inesistente o addirittura fuorviante. L’editoriale di maggio appunto denunciava questo sopruso ulteriore.
IL NOSTRO DIRITTO ALL’INFORMAZIONE
Il 31 marzo scorso è entrato in vigore un Decreto a firma del Ministero dello Sviluppo Economico che porta questo titolo: “Sospensione delle agevolazioni fiscali per tutte le testate che ne usufruiscono”, in questo comprendendo anche le associazioni di volontariato “non profit”.
Il Decreto, emanato il 30 marzo (inutile ogni commento sulla tempestività) ne dispone la sospensione fino al 31 dicembre 2010.
È un fatto di inaudita gravità, potenzialmente idoneo a decimare un settore come il nostro che conta centinaia di piccole voci in rappresentanza di altrettante associazioni.
Prima di addentrarmi su quanto è successo nei giorni seguenti, voglio riferirvi le cifre che ci riguardano.
Fino al 30 marzo noi pagavamo 478 per la spedizione di ogni uscita del nostro giornale, per le circa 6.000 copie singole.
Dopo il Decreto, l’ultimo numero di EX che avete ricevuto, improvvisamente ci è costato 1.478 euro.
In pratica, se la tariffa resterà tale, pagheremo in più, in un anno, per le sole singole copie spedite, circa 9.000 euro.
Inutile dirvi che se così continuerà ad essere non potremo resistere a lungo e rischieremo, dopo 36 anni, di vedere cancellata la nostra voce.
Le agevolazioni postali erano previste da leggi che ne fissavano i criteri di applicazione e demandavano ai Decreti ministeriali esclusivamente la misura delle tariffe e delle conseguenti agevolazioni.
I decreti, quindi, non hanno altra funzione che quella di eseguire concretamente la volontà del Parlamento (dal comunicato USPI del 31 marzo).
Questo Decreto quindi ha significato un abuso nei confronti del Parlamento stesso.
La norma quindi, prevede che siano i rimborsi a Poste Italiane a dipendere dall’ammontare dello stanziamento, non le tariffe agevolate.
Questo vuol dire che, venendo meno i fondi, mai dovranno cessare le agevolazioni postali, anche perché il pretesto del venir meno dei fondi determinerebbe la possibilità per qualunque Governo di abrogare di fatto le agevolazioni postali aggirando la volontà del Parlamento (cosa che, per l’appunto, si sta verificando in questo caso).
Il significato della vignetta che riproduciamo in copertina è proprio questo.
Non sappiamo neppure gli importi che pagheremo fino a quando entrerà in vigore la nuova legge, ci verranno rimborsati.
E per quanti numeri dovremo ancora pagare questa tariffa “capestro”.
TALASSEMIE: IL FUTURO NELLE MANI DELLA RICERCA.
I TRAPIANTI PER LA TERAPIA GENICA NELLA TALASSEMIA
ROMA – Ormai è stato detto. Entro la fine dell’anno (o inizio del nuovo) potrebbero prendere il via i primi trapianti genici al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York.
Lo ha affermato il prof. Michel Sadelain nel corso di una conferenza stampa svoltasi lo scorso 7 maggio a Roma in Campidoglio.
L’annuncio dei primi trapianti che saranno effettuati, è stato dato dallo stesso professore franco-canadese, residente da diversi anni a New York al termine del suo intervento.
Era comunque un annuncio che si attendeva da un pezzo. Ed al di là delle date precise, questo significa che comunque i tempi sembrano maturi.
“In primis” si tratterà di tre “trials” clinici ai quali collaboreranno anche tre centri italiani, l’Ospedale Cervello di Palermo, il San Matteo di Pavia ed il Centro di Microcitemia di Cagliari.
Per l’occasione intervistammo la professoressa Adriana Ceci,Coordinatrice della Commissione ‘Terapia Genica’ della Commissione per le Biotecnologie e la Biosicurezza presso la Presidenza del Consiglio.
Professoressa Ceci, come sta procedendo, secondo lei, la ricerca genica, in Italia e nel mondo, per debellare la patologia?
“Oggi il progetto terapia genica, dopo aver superato le numerose tappe preliminari della ricerca in laboratorio e delle prime prove nell’animale, sta per diventare una concreta realtà di cura.
Ci troviamo ora nella fase che immediatamente precede l’inizio della sperimentazione nell’uomo. In pratica cellule staminali dal midollo osseo di pazienti talassemici, anche italiani, vengono selezionate trasportate nei laboratori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York e messe a contatto (transdotte) con il vettore lentivirale, contenente il gene della globina umana.
Nell’immediato futuro ci attendiamo che, con l’aiuto di tutte le risorse in campo, la sperimentazione abbia finalmente inizio. Si auspica venga corrisposto un finanziamento europeo a cui collaborano i più qualificati centri di ricerca di Italia, Grecia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti e che, se approvato, rappresenterà l’avvio concreto della sperimentazione della terapia genica e della ‘cura’. Si tratterà del primo studio internazionale di una terapia avanzata applicata alla talassemia, in quanto malattia rara, e quindi orfana di trattamenti adeguati! In Italia sono coinvolti i Centri di Palermo, Cagliari e Roma.
Sarà anche indispensabile che la terapia genica ottenga tutte le dovute autorizzazioni dell’EMA (Agenzia Europea dei Farmaci) e venga riconosciuta come un vero e proprio medicinale. Anche questo percorso è già iniziato in collaborazione con EGT, l’azienda che si è fatta carico della produzione del vettore lenti virale che viene utilizzato da Michel Sadelain”.
Che cosa ne pensa dell’opera di Sadelain e della sua previsione di iniziare i trapianti genici entro fine anno, inizio anno nuovo. È ottimista in proposito?
“Ciò che più conta, a mio avviso, è che lo stare a stretto contatto con il Memorial Sloan Kettering Cancer Center ci ha consentito di essere parte attiva e di svolgere una adeguata funzione di controllo su quanto finora svolto. Mi sento oggi di affermare che il lavoro di Sadelain è altamente qualificato e si svolge ai massimi livelli possibili di sicurezza, nel pieno rispetto delle norme volute dall’FDA (Agenzia per gli alimenti e i medicinali degli Stati Uniti) e dall’EMA. Inoltre ho imparato a conoscere Sadelain sul piano umano e professionale, apprezzando una sua innata prudenza che è segno di rispetto per i pazienti e di coerenza scientifica. È questo che mi fa essere ottimista. Guardando indietro ed ai passi che sono stati già fatti, ritengo che le promesse si stiano veramente trasformando in realtà”.
IL LABORATORIO THALLAB E LA ASSOCIAZIONE VENETA DEI TALASSEMICI PER LA RICERCA CLINICA SULLE CELLULE STAMINALI E L’IMPIEGO DEL RESVERATROLO
Domenica 21 Marzo, durante l’assemblea dell’Associazione Veneta per la Lotta alla Talassemia, il Prof. Roberto Gambari, Direttore scientifico del ThalLab (“Laboratorio di ricerca sulla terapia genica e farmacogenomica della talassemia”) ha tenuto una conferenza sul tema: “Impiego clinico del Resveratrolo e altre prospettive terapeutiche”.
A Rovigo il Prof. Gambari ha illustrato come, nel laboratorio da lui diretto, siano stati sviluppati nuovi sistemi sperimentali.
“Per portare un farmaco o una molecola dalla ricerca sulle cellule alla ricerca clinica – ha detto testualmente – un passaggio potrebbe essere basato su sistemi sperimentali costituiti da animali, allo scopo di determinare se un farmaco funziona “in vivo”.
Noi a Ferrara abbiamo iniziato un progetto molto difficile, che è quello di creare delle linee di topolini transgenici che avessero, incorporati nel loro genoma, i geni per la globina beta con le mutazioni della talassemia presenti con grande frequenza, nella nostra regione.
Questo modello si è rivelato di grande interesse perché consente di velocizzare lo screening di centinaia di molecole. A che punto siamo invece con la produzione di animali transgenici? Questo processo è iniziato circa 8-9 anni fa e l’idea primitiva era di usare un approccio di- verso, creando cioè degli embrioni di topo contenenti cellule staminali trasdotte con i geni di interesse. In realtà abbiamo ottenuto i migliori risultati attraverso una collaborazione con Telethon e l’Università di Torino (con il gruppo della Prof.ssa Altruda), microiniettando in ovociti fecondati di topo proprio i geni che a noi interessano, opportunamente mutagenizzati dal nostro gruppo di Ferrara per ottenere i topi transgenici con i geni della beta globina contenenti le mutazioni più frequenti nel nostro territorio.
L’obiettivo è trattare il topolino con molecole in grado poi di essere proposte anche per l’intervento sui pazienti. Adesso entriamo nell’ambito della sperimentazione clinica”.
Nel mese di maggio del 2009 in un altro incontro il prof. Gambari aveva parlato ancora dell’induzione dell’emoglobina fetale, ricordando che erano state discusse presso l’INH (l’equivalente americana dell’Istituto Superiore di Sanità) le linee guida per incentivare una sperimentazione a livello mondiale sull’induzione di emoglobina fetale.
“Devo dire con soddisfazione che, dopo l’esperienza di ITHANET, siamo presenti in un progetto europeo che sta partendo.
Questo Progetto, dal punto di vista dei pazienti è molto interessante, avendo come obiettivo la creazione di quella che viene chiamata “human virtual pathology” cioè un malato virtuale, nel nostro caso di talassemia, aiutando il clinico nel definire il management del singolo paziente talassemico, indirizzandosi eventualmente a quella che potremmo definire terapia personalizzata”.
Sull’argomento degli inibitori dell’emoglobina fetale, il Prof. Gambari ha ricordato molecole “interessanti come la Rapamicina e l’Everolimus che, tra l’altro, sono state recentemente sperimentate a Palermo in vitro.
“Abbiamo dati molto interessanti – ha detto – che sostengono l’eventuale utilizzo di molecole già sfruttate nella terapia di altre patologie per indurre l’emoglobina fetale nel paziente talassemico. Che cosa bisognerebbe fare in questo caso? Bisognerebbe mettere insieme tutti i dati clinici già disponibili al mondo sull’induzione dell’emoglobina fetale, discutere in modo critico tutte le molecole proposte da tutti i gruppi universitari e non interessati nella sperimentazione preclinica, compreso il nostro, per cercare di capire quali molecole meritano di essere incentivate per la sperimentazione clinica, controllata e multicentrica”.
E veniamo all’argomento oggetto del titolo della relazione e cioè ad una terza classe di molecole potenzialmente interessanti, della quale fa parte il Resveratrolo.
“Ci sono tre punti che vanno attentamente considerati:
- Molti prodotti come il Resveratrolo sono di libero accesso sul mercato
- Hanno costo basso
- Hanno una via di somministrazione semplice.
“Noi dobbiamo riflettere – ha affermato – con grande accuratezza e serietà su un possibile rischio che si corre usando queste molecole. È quello che, per intendersi, definirei il “fai da te in terapia”, cioè una terapia che il paziente si auto procura senza controllo clinico perché chiunque è in grado di ordinare il Resveratrolo o altri prodotti naturali simili su internet e chiunque è in grado di andare a verificare qual è la dose consigliata dalla ditta che commercializza questi prodotti. Ben capite che questo approccio noi non lo condividiamo, perchè iniziative di questo genere devono comunque essere eseguite sotto il controllo clinico, altrimenti si ottiene una sorta di anarchia dell’auto-somministrazione, che non è quello che noi vogliamo per arrivare alla risposta clinica.
Per quanto riguarda il Resveratrolo, la sua storia inizia nel 2001 da un articolo in cui questa molecola è stata saggiata sul sistema K562, che il nostro laboratorio ha contribuito nel diffondere come sistema molto utile per individuare molecole di interesse nelle applicazioni sul differenziamento eritroide. Il Resveratrolo è presente nel vino rosso e in altri prodotti naturali e viene commercializzato da molte ditte essenzialmente come antiossidante.
L’anno scorso abbiamo nel nostro laboratorio valutato l’effetto di molte preparazioni di Resveratrolo, commercializzate di differenti ditte, e abbiamo dimostrato che diverse preparazioni hanno un effetto diverso sul differenziamento eritroide e sull’induzione dell’emoglobina fetale.
Ovviamente, va ricordato che la via che dalla ricerca di base ci permette di arrivare al trial clinico è molto lunga. Dalla ricerca di base si passa alla ricerca applicata preclinica sulle cellule del paziente, alla ricerca utilizzando modelli animali (anche se quest’ultima può essere evitata in particolari situazioni). È molto importante arrivare ad identificare un gruppo clinico interessato ad iniziare un percorso di trasferimento alla clinica delle ricerche applicate che abbiamo ottenuto impor- tanti riscontri pre-clinici.
Diamo un po’ più di particolari sui trial clinici: il numero dei pazienti dovrebbe essere intorno ai dieci, la lunghezza del trattamento di novanta giorni e il dosaggio di 500 mg di Resveratrolo al giorno. Eseguiremo periodicamente prelievi di sangue per verificare se abbiamo, durante il trattamento, una modifica di livello di emoglobina fetale prodotta. Inoltre, saranno valutati eventuali effetti collaterali, perché ovviamente ogni comitato etico esige che in presenza di un minimo effetto collaterale il trattamento venga interrotto”.
TALASSEMIE: IL FUTURO NELLE MANI DELLA RICERCA
“Oramai il motore è stato acceso adesso bisogna correre e, nel frattempo, fare bene le terapie che stiamo facendo”.
Con questa frase del Dott. Ippazio Stefàno Sindaco di Taranto e pediatra esperto di talassemia, si è concluso il convegno “TALASSEMIE: il futuro nelle mani della ricerca” che si è svolto lo scorso 29 ottobre.
Ecco dunque spiegata la presenza del Dott. Santodirocco, responsabile della Banca del Sangue Placentare di San Giovanni Rotondo (punto di eccellenza in Puglia della donazione del sangue ombelicale) e del Prof. Aurelio Maggio, genoterapista dell’Ospedale Villa Sofia-Cervello di Palermo.
“Queste sono – ha detto Stefàno – le nuove frontiere della terapia per la talssemia. Cosi abbiamo scelto di restare aggiornati sui suoi progressi”.
LA BANCA DEL SANGUE OMBELICALE
Il Dott. Michele Santodirocco parlando della “Banca del sangue ombelicale” ha annunciato che attualmente il trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE), prelevate dal midollo osseo o dal sangue venoso periferico, rappresenta una procedura terapeutica largamente impiegata nel trattamento di numerose patologie.
Ma seguiamo alcuni passaggi salienti della relazione del Dott. Santodirocco.
“Negli ultimi anni, si è assistito anche in Italia ad un aumento del numero dei trapianti effettuati con cellule staminali cordonali, che sono passati da 72 nel 2007 a 124 nel 2008.
L’obiettivo da perseguire è incrementare il numero delle unità bancate effettivamente disponibili all’uso trapiantologico per il fabbisogno nazionale ed internazionale garantendo i livelli di qualità e sicurezza.
La donazione del sangue placentare è un atto di solidarietà.
Il sangue del cordone ombelicale, detto anche “sangue placentare”, è il sangue che rimane nei vasi sanguigni del cordone ombelicale e della placenta al termine del parto.
Alla nascita, dopo la recisione del cordone ombelicale, il sangue che rimane al suo interno viene di norma scartato assieme alla placenta, gettando con esso una nuova speranza di cura per i pazienti in attesa di trapianto di midollo osseo che non hanno un donatore compatibile.
Ha capacità di riprodursi indefinitamente senza differenziarsi e, nelle condizioni opportune, di dare origine alle linee cellulari differenziate che costituiscono la parte corpuscolata del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). Lo scopo della raccolta del sangue cordonale, è quello di approvvigionarsi di cellule staminali, utilizzabili a scopo di trapianto. Perché donare?
La sopravvivenza di molti pazienti affetti da alcune patologie oncologiche, ematologiche, immunologiche e dismetaboliche dell’infanzia e dell’età adulta, a volte rare e gravissime, dipende appunto dalla possibilità di effettuare un trapianto di cellule staminali e per i pazienti che non hanno un donatore familiare compatibile, il sangue cordonale donato rappresenta un’efficace alternativa al trapianto di midollo osseo.
Tra i grandi vantaggi va detto che le unità bancate sono già tipizzate e disponibili. Inoltre sono fonte di cellule staminali per pazienti appartenenti a quelle minoranze etniche poco rappresentate nei registri di donatori volontari”.
LA TERAPIA GENICA
Il Prof. Aurelio Maggio dell’Ospedale Cervello di Palermo che come è stato ampiamente detto (anche nei mesi passati da queste colonne) collabora con gli USA e con i centri italiani di Cagliari e Roma. Questo progetto di genoterapia ha preso il via diversi anni fa al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York dove opera il Prof. Michel Sadelain.
“Quella della genoterapia – ha esordito Maggio – non è una terapia applicata sistematicamente ma allo stato attuale si presenta come quando Freud inventò la psicoanalisi. Una terapia alternativa a quella convenzionale.
Ma allora – ha obiettato – se c’è una terapia convenzionale, fatta di trasfusioni, chelazione del ferro e quant’altro, perché devo chiedere qualcosa alla terapia genica?
Le motivazioni sono presto date. Questa terapia di guarigione potrebbe liberare i talassemici dalle trasfusioni e dalle complicanze (che conosciamo, e da quelle che ancora non conosciamo) che avanzano con l’età e che colpiscono organi bersaglio vitali, come il cuore e il fegato.
Inoltre, bisogna tenere presente che ogni anno muoiono, nel mondo, 22mila e 500 pazienti per la mancanza di trasfusioni e molti di più per la mancanza di chelazione”.
Lo scopo della terapia genica è quello di inserire nell’organismo del paziente un vettore che porta dentro alla cellula il messaggio genetico corretto. Il vettore è un lentivirus (si tratta di un elemento piccolissimo con un recettore specifico) che viene depauperato della parte nociva. Dentro ci inseriamo un materiale genetico che ha la capacità di replicarsi. Inseriamo il gene dell’emoglobina con la parte che gli consente di esprimersi.
E dove lo inseriamo? Quale è la cellula bersaglio?
È la CELLULA STAMINALE, cellula madre da cui derivano i linfociti e gli eritrociti. L’obiettivo è che consenta la correzione in tutte le cellule.
La svolta si è registrata quando si è cominciato ad usare il vettore lenti virale.
Questo vettore ha dimostrato sul modello animale, di guarire la talassemia nel topo.
I primi trapianti di terapia genica sono già stati effettuati in Francia su due casi di emoglobina e beta-talassemia.
A Palermo abbiamo messo a punto un modo per poter rendere le terapia più efficace e più sicura. utilizzando un isolatore proveniente dal riccio di mare. Questo è stato ricavato dal DNA del riccio di mare. La sua funzione è proprio quella di isolare il gene dagli altri elementi che gli stanno accanto per renderlo più efficace e sicuro.
Inoltre è bene ricordare che quando si parla di terapia genica, parliamo sempre di autotrapianto.
Gli effetti collaterali sono minimi. Si sono registrate delle cefalee.
Il protocollo sembra abbastanza sicuro”.
Abbiamo scelto una tra le tante domande rivolte al Prof. Maggio, quella di una giovane donna talassemica che ha chiesto se c’è una età minima per l’avvio al trapianto genico.
Aurelio Maggio ha risposto che per il momento l’arruolamento si effettua soltanto al di sopra dei 13 anni.
Chiudiamo questo anno ricordando che la nostra associazione ha rivolto lo sguardo anche all’estero, in questo caso abbiamo aiutato un emofilico cinese con la collaborazione della Fondazione Paracelso.
Dopo averlo fatto partecipare alla vacanza con i ragazzi emofilici abbiamo fatto in modo di organizzare un viaggio e finanziargli due corsi di lingua italiana e diventare così nostro corrispondente per il giornale.
LA PAROLA A PARACELSO
PICCOLI PASSI VERSO LA NORMALITÀ
Fondazione Paracelso, in collaborazione con l’Associazione Emofilici e Talassemici “Vincenzo Russo Serdoz” di Ravenna, ha organizzato il viaggio in Italia e garantito un ciclo di cure di Je Meng, giovane emofilico cinese con gravi problemi alle articolazioni inferiori e croniche difficoltà deambulatorie causate da frequenti emorragie.
Il paziente è stato accolto calorosamente dall’intero staff della nostra Fondazione e subito accompagnato al Centro Emofilia, per incominciare il trattamento multidisciplinare e la cura.
Gli esami e le radiografie preliminari hanno rivelato la presenza di un vasto ematoma alla coscia che ha obbligato ad elaborare una strategia di cure mirata al contenimento dell’ematoma e al sostegno alle sedute di fisioterapia.
Nel frattempo, Fondazione Paracelso predisponeva, in collaborazione con il Centro di Riabilitazione Onlus Don Gnocchi di Milano, lo svolgimento delle sedute di riabilitazione.
Je Meng è stato assistito da una fisioterapista personale, Roberta Fasan che non solo ha eseguito e verificato il progresso della terapia ma anche dato un prezioso contributo affinché Je Meng potesse continuare gli esercizi da solo, una volta rientrato in Cina.
Il trattamento si è rivelato un tale successo che, durante l’ultimo giorno di fisioterapia, il nostro nuovo amico ha compiuto alcuni passi, tra l’emozione di tutti, con l’ausilio di un deambulatore.
Pieno di entusiasmo Je Meng è rientrato a casa determinato a proseguire il potenziamento muscolare per essere pronto ad affrontare l’intervento di protesi al ginocchio, previsto per l’estate del 2010.