storia
2011: ANNO NUOVO ARGOMENTI VECCHI

Anche il 2011 pur non discostandosi dagli anni precedenti con i soliti argomenti legati all’emofilia e alla talassemia, la ricerca genetica, la profilassi e l’attività delle associazioni, abbiamo cercato di informare sulle nuove terapie e sull’allarme sempre più pressante della perdita di professionalità per le nostre patologie che rischiano di non avere una continuità nell’assistenza soprattutto perché non c’è un rinnovo da parte dei medici che si interessano di queste due malattie, come anche di altre cosiddette malattie rare.
Non ultimo e sempre in primo piano l’argomento delle cause, delle transazioni e del miglioramento della legge sull’indennizzo. Sì aggiunge poi la novità dell’intervento della Corte Internazionale europea contro lo Stato italiano per i ritardi nelle sentenze.

EX, TRENTASETTESIMO ANNO DI VITA

Il primo numero del 2011 inoltre corrisponde al quattrocentesimo della nostra storia. 

Non è nostra abitudine guardarci alle spalle, impegnati come siamo verso un futuro, che vorremmo sempre meno incerto, sempre più dentro questa società che si ostina a non voler includere i più deboli, anche se deboli non lo siamo più ma ne partecipiamo attivamente tutte le fasi, ma lo facciamo perché avremmo voluto “festeggiare” questo nostro importante traguardo raccontando qualcosa di diverso, soprattutto per coloro che “attendono”.
L’unica novità invece che possiamo offrirvi è la veste grafica del giornale ed una copertina che ingigantisce il nostro numero 400, perché, periodicamente, oltre a sentire la necessità di cambiare “faccia”, ci piace contare quante volte siamo entrati nelle vostre case, nei Centri di cura, nei luoghi dove si prendono le decisioni di sanità e di politica.
Anche se i contenuti non si discostano dalle problematiche sulla cura, sulla vita e sul futuro, sia degli emofilici che dei talassemici, abbiamo sempre cercato di “allargarci”.
Infatti in questi ultimi tempi si sono aggiunti altri che insieme a noi combattono quella battaglia chiamata “giustizia” e che spesso, troppo spesso, occupa le nostre prime pagine.
Ed è proprio su questo fronte che novità, purtroppo non ne abbiamo.
Alla nostra segreteria telefonica, sul sito internet e sul blog dedicato, continuiamo a ricevere chiamate o messaggi ai quali rispondiamo in modo monotono: nessuna novità di rilievo.
La redazione, i nostri corrispondenti, ma soprattutto il nostro avvocato si tengono in costante contatto con i ministeri e con gli altri legali sparsi per tutto il territorio nazionale.
E quali sono attualmente gli argomenti o le novità?
Vediamoli in sintesi.

INDENNIZZO LEGGE 210/92

La questione della rivalutazione ISTAT è quella su cui si stanno concentrando gli sforzi maggiori di avvocati e associazioni.
Pure la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, su ricorso di oltre mille persone, si dovrà e pare che abbia intenzione di affrontare la problematica con urgenza.
Per coloro che hanno sentenze passate in giudicato, ma che non ricevono la rivalutazione, gli avvocati hanno promosso procedimenti giudiziali e/o esecutivi.

ITER TRANSATTIVO (risarcimento danni)

Abbiamo raccolto tante “voci”, ma nessun dato certo.
Siamo entrati nel quarto anno successivo alle leggi del dicembre 2007.
Non possiamo che evidenziare, quindi, il trascorrere del tempo, senza che ad oggi si sia arrivati ad una qualche conclusione.

Indennizzo legge 210/92
RIVALUTAZIONE CERCASI…

Sul “fronte rivalutazione” i prossimi mesi del 2011 saranno decisivi: infatti sulla legittimità delle nuove norme di legge che la negano si dovrà pronunciare la Corte Costituzionale, ed anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo dovrà dire la sua…
Intanto i giudici italiani, nelle cause in corso, stanno in gran parte disponendo dei rinvii.
Invece, per quanto riguarda la rivalutazione maturata e maturanda dopo il 31 maggio 2010 (che ad oggi a nessuno viene data), e i rapporti fra sentenza passata in giudicato e nuova normativa, io ritengo che si debba attendere il responso della Corte Costituzionale italiana e della Corte Europea di Strasburgo.

RIVALUTAZIONE INDENNIZZO LEGGE 210/92: DI RINVIO IN RINVIO…

La Corte Costituzionale, chiamata a decidere sulla legittimità delle norme di legge che negano la rivalutazione istat dell’indennità integrativa speciale, componente prevalente dell’indennizzo legge 210/92, aveva fissato l’udienza al 21 giugno scorso.
Probabilmente per riunire tutti i procedimenti scaturiti dalle 6 ordinanze di rimessione (di 6 giudici di merito) ha però rinviato l’udienza al 4 ottobre 2011.
La situazione di incertezza, quindi, si protrae.

LE TRANSAZIONI SI FARANNO?

Sul sito web del Ministero della Salute il 2 marzo è comparso questo avviso: “La bozza di decreto per la definizione dei moduli transattivi da corrispondere ai soggetti che hanno presentato domanda di transazione, come previsto dal D.M. 28 aprile 2009, n. 132, è stata sottoposta alla valutazione dell’Avvocatura generale dello Stato e l’apposita Commissione ministeriale è attualmente impegnata nella necessaria fase di confronto ai fini di acquisire il definitivo parere. Si informa che per ogni ulteriore informazione è stata ripristinata la linea telefonica dedicata che sarà attiva dal lunedì al venerdì dalle 11 alle 13 al numero 06 59943135 a decorrere dal 7 marzo 2011”.
Associazioni ed avvocati, si stanno muovendo in ordine sparso.
Una cosa è certa: l’iter transattivo non potrà finire in una “bolla di sapone”.
Pare che il problema sia sempre lo stesso, e cioè la prescrizione, la prescrizione del diritto al risarcimento.
Pare che si persegua da parte del Ministero la strategia già comunicataci: emanare un provvedimento “salva-esclusi”, “salva-prescritti”.
Fermo restando che ogni mezzo che raggiunga l’obiettivo va bene, io rimango della mia idea, più volte esposta su questo giornale, e pure comunicata ai responsabili del Ministero della Salute: sia emanato subito un unico provvedimento avente forza di legge che riguardi tutti, che sia cioè erga omnes, che affermi un solo unico concetto: tutti coloro che hanno presentato domanda di accesso alla transazione, che abbiano una causa in corso, e che abbiano avuto riconosciuto il nesso causale, siano ammessi alle transazioni, con modalità e importi definiti da separato decreto.

DENUNCIATA ALLA CORTE EUROPEA L’INERZIA DELLO STATO ITALIANO

Sul sito web del Ministero della Salute l’ultimo avviso comparso relativo alla procedura transattiva per danneggiati da sangue infetto porta la data del 2 marzo 2011: da allora nessuna vera notizia, se non una bozza di decreto legge che il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto approvare il 5 maggio scorso, decreto “misteriosamente” scomparso…
Sono persone con epatite e/o con AIDS, virus contratti a causa di emoderivati (spesso assunti per curare altre patologie come per esempio l’emofilia) o di trasfusioni.
L’accusa che muovono allo Stato Italiano, e in special modo al Ministero della Salute, è quella di non aver controllato, di non aver fatto il possibile per evitare questo contagio di massa degli anni ’80 e ‘90, una vera e propria strage.
Oggi chiedono giustizia, chiedono che almeno venga loro riconosciuto un risarcimento.
Le cause durano anni e non sempre hanno esiti positivi: incombe su molti la scure della prescrizione, quel principio secondo cui dopo 5 anni dalla conoscenza del contagio non si può più chiedere un risarcimento. Non dovrebbe essere proprio così, ma molti giudici sposano interpretazioni restrittive.
Gli avvocati dei danneggiati non ci stanno: “Successivamente alle leggi 222 e 244 del 2007 – dice l’Avv. Marco Calandrino di Bologna, consulente legale di FedEmo – si sono avuti sia at

ti amministrativi, sia impegni in sede istituzionale, e tutto ciò ha certamente creato un’aspettativa giuridicamente fondata e tutelata”.
La Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo), che rappresenta oltre 30 associazioni sparse in tutta Italia, ha aderito alla manifestazione di protesta del 21 giugno scorso a Roma: “È nostro auspicio – afferma il Presidente Dott. Gabriele Calizzani – che anche attraverso iniziative di questo genere si possa giungere quanto prima alla definitiva risoluzione di una vicenda che da troppo tempo attende un’equa risposta”.
Ma FedEmo si è anche rivolta alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo: con un ricorso presentato dall’Avv. Marco Calandrino di Bologna ha denunciato l’inerzia dello Stato Italiano, accusato di aver violato i principi del giusto processo, soprattutto sotto il profilo della ragionevole durata, di aver “abusato” della sua posizione dominante, di non aver garantito l’effettività della tutela giudiziaria, di avere operato discriminazioni fra danneggiati, di aver violato il diritto alla salute.
Accuse gravi dalle quali lo Stato Italiano dovrà difendersi davanti ai giudici europei, a meno che non decida di definire prima la questione dei risarcimenti.

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE SU RISARCIMENTI E TRANSAZIONI

Il 6 settembre scorso alla Camera dei Deputati è stata presentata dai parlamentari Palagiano, Donati e Borghesi, una “interrogazione a risposta immediata” relativa ai risarcimenti e all’iter transattivo al Ministro della Salute Prof. Fazio il quale ha risposto il 7 settembre nella seduta del “question time”.
Riportiamo una parte del testo dell’intervento dell’Onorevole Antonio Palagiano.
“Signor Ministro, siamo ancora in Aula a parlare degli emodanneggiati. Si tratta di un errore di Stato e lo Stato ha il dovere di risarcire questi cittadini.
Lo Stato ha il dovere di intervenire. Il nodo da sciogliere è quello di risarcire altri settemila cittadini malati.
Lei sa bene che il provvedimento era pronto il 5 maggio scorso in Consiglio dei Ministri e adesso è stato fatto slittare a data da destinarsi.
Con questa interrogazione l’Italia dei Valori chiede al Ministro della salute quali siano le misure che il Governo adotterà per questi cittadini e quando si sbloccherà la situazione degli indennizzi”.

Questa la risposta del Ministro Fazio.
“Il Ministero della salute ha seguito con attenzione e convincimento questa tematica e, infatti, ha predisposto lo schema del provvedimento d’urgenza finalizzato proprio ad attribuire un indennizzo straordinario rateizzato ai soggetti che avevano presentato istanza entro il 19 gennaio 2010.
Tuttavia, poiché sulla sostanza il Governo è deciso in questa direzione, un altro motivo per così dire tecnico di rinvio del decreto è stata l’ipotesi di inserire il provvedimento nella manovra, ipotesi che successivamente non ha trovato realizzazione.
Poiché gli ultimi Consigli dei Ministri sono stati sostanzialmente dedicati alla manovra stessa, il decreto in questione verrà calendarizzato in una delle prossime riunioni”.

L’onorevole Palgiano ha ripreso la parola per rispondere ed ha così concluso.
“Signor Ministro, non dico che lei abbia la colpa di ciò che è accaduto, ma lei ha il dovere di intervenire e di fare qualcosa per queste persone che sono state colpite così ingiustamente.
Quindi, le chiedo davvero di mettersi la mano sulla coscienza e di spingere affinché non solo non ci siano ipotesi future, ma effettivamente si riesca a trovare i fondi per risarcire immediatamente queste persone, che giustamente rivendicano il loro diritto”.

…GIUSTIZIA ANDAVI CERCANDO
…CIAO RICCARDO

Quasi in conclusione con le notizie sulle cause che abbiamo dato in quest’anno uscendo dal solito schema ma riportando lo scritto di un nostro corrispondente che a fine anno ci aveva inviato un suo articolo di commento alla ormai famosissima e maledetta Legge 210/92.
Questo purtroppo sarà l’ultimo scritto di Riccardo. Se n’è andato all’improvviso.
Riccardo era uno degli ultimi entrato a far parte della nostra grande famiglia.
Lo aveva fatto prima da “incazzato. Poi, dopo il nostro incontro per la presentazione del suo libro “Il cielo sulla terra” nel quale racconta la sua esperienza di vita, avevamo aperto un dialogo rivolto ai nostri lettori.
Soffriva soprattutto, come tanti oggi, quella ingiustizia legata al risarcimento attraverso le transazioni.
In novembre dell’anno scorso, in proposito di questo scottante argomento, concludeva il suo articolo affermando: “Non l’ho ancora detto, ma io penso che vivrò esattamente per il numero di anni utili a riscuotere anche l’ultima tranche, perché sono miei, perché mi spettano da una vita e per vederli tutti, vivrò tutta la vita che serve”. Non è stato così purtroppo… e questa è soltanto una parte della sua lettera:
“Io pretendo giustizia, io chiedo vendetta, io urlo la mia rabbia, io non ho più voce nemmeno per un ciao. Io la sera mi addormento e sereno mi alzo la mattina, io invece non riesco più a dormire e al mattino detesto pure il sole.
Per colpa di qualcuno ho l’AIDS e l’epatite, i reni collassati, il sangue che è uno schifo e il fegato a puttane.
Adesso signori, è tempo di pagare. Onorate la cambiale!
Tran.sa.zio.ne. Tran.sa.zio.ne. Tran.sa.zio.ne. Caspita, stasera tutti i Telegiornali delle 20, ne faranno come minimo l’apertura!
“A Roma grande protesta delle vittime del sangue infetto. Diverse decine di persone hanno bloccato Via XX Settembre per chiedere il sollecito riconoscimento delle somme a loro dovute, stabilite dall’iter transattivo proposto dallo Stato”.
Gridano i dimostranti, convinti che qualcuno nei piani alti li ascolti, convinti che le televisioni prima o poi arrivino e puntino le telecamere verso di loro.
Ma loro chi sono? Facce, come migliaia di altre facce, sguardi persi come solo atroci sofferenze possono farti perdere la luce dagli occhi.
Occhi che cercano una telecamera o una macchina fotografica per farsi vedere a casa e tirare via una lacrima ad un marito, una moglie o ad un figlio che magari non vedranno crescere e forse, per dire a un datore di lavoro o ad un conoscente.
Loro, la stragrande maggioranza di questi uomini e donne con il fegato e i reni squassati da virus mangia tutto, non sono mai scesi in piazza, non hanno mai gridato assassini eppure, innocenti muoiono a decine.
Per i manifestanti del 21 Giugno, non parte nemmeno lo scalcinato motorino di un qualsiasi fotografo, non si muove neanche l’ultimo dei cronisti dei quotidiani gratuiti.
Forse non sono fotogenici, forse il colore giallastro del viso di chi è messo davvero male, non regge un primo piano e non mi sento di escludere che il fiato pesante di chi fa le terapie antivirali, può dare fastidio al delicatissimo olfatto del giornalista che deve fare l’intervista.
Viviamo in un Paese e in un tempo dove tutto deve essere bello e sano, giovane e alla moda. Dove l’apparire è il nuovo “essere”, dove è importante sentirsi sempre carichi e caldi…insomma, ”al pezzo”.
Le pance scolpite, gli addominali a tartaruga e, spesso, i cervelli vuoti come i cassetti delle camere d’albergo, sono loro i nuovi modelli di riferimento, sono il bello da ostentare, il sano che piace e che trova spazio nei servizi dei TG.
Forse ho trovato l’uovo di Colombo per richiamare intorno a noi un po’ di stampa e TV… “L’Associazione per la Tutela dei Diritti e della Salute dei Fermenti Lattici, organizza a Roma alle ore 10.30, presso la Sala della Lupa in Campidoglio, una conferenza stampa per richiamare l’attenzione dei media nazionali e dell’opinione pubblica, sull’indecorosa carneficina che viene perpetuata ai danni dei fermenti che ogni giorno a miliardi vengono mangiati vivi”.
Non mi meraviglierei che intorno alle dieci e un quarto, arrivassero otto o nove giornalisti pronti a fare “il pezzo” e magari, al telefono col direttore del loro TG, sono lì a decidere se metterlo in coda alla fame in Somalia o prima della manovra economica.
Che dite, ci proviamo?”

Poi, per concludere veramente sull’argomento indennizzi e transazioni pubblico questa lettera ricevuta da un padre.
“…Sono sieropositivo all’HIV e all’HCV.Il mio fegato a causa dell’epatite e poi di un tumore, sta cedendo.
Non posso neppure tentare l’ultima possibilità, quella del trapianto, sono troppo “vecchio” e malandato, non sopravviverei neppure quei pochi mesi che mi rimangono da vivere in questa condizione.
Ho due figli che studiano ed una moglie e per la mia famiglia sarebbe vitale poter ricevere quella somma della transazione.
Io certamente non li vedrò quei maledetti soldi, ma i miei figli e mia moglie avranno la possibilità di riceverli. Ma quando… e come?”…
Ho chiesto la sua autorizzazione a pubblicare la nostra conversazione e lui mi ha risposto: “Quando lo scriverai, fai in modo che le mie parole arrivino con urgenza a coloro che devono decidere, perché credo di non essere il solo in questa situazione.
Soprattutto vorrei andarmene con la certezza di non lasciare i miei cari in condizioni economiche precarie. Stanno soffrendo con me da troppi anni ormai e ci deve essere un minimo di giustizia…almeno per loro.
Chiedo forse troppo…?”.

Ecco, caro amico che mi hai scritto.
La voglia di vivere e di combattere la troveremo anche per te, per la tua famiglia e per tutti coloro che non vogliono sentirsi soli, anche se dimenticati spesso da una società che non è propensa a “fermarsi” per attendere coloro che hanno necessità di rallentare prima di riprendere il cammino.

RICONOSCIUTA LA RIVALUTAZIONE DELL’INDENNIZZO

La Corte Costituzionale con la sentenza n.293, pubblicata il 9 novembre 2011, riconosce l’integrale rivalutazione dell’indennizzo legge 210/92.

L’8 novembre ero a Ferrara e, intervenendo al “Workshop Talassemia”, avevo risposto a chi mi chiedeva una previsione sulla decisione della Corte Costituzionale che ero fiducioso in punto di diritto, perché ritenevo illegittime le norme che negavano la rivalutazione dell’indennità integrativa speciale (componente prevalente dell’indennizzo legge 210/92), ma che allo stesso tempo ero preoccupato per la possibilità che la Corte si facesse influenzare da considerazioni relative al possibile impatto della propria decisione sul bilancio dello Stato.
Ebbene, la Corte non si è fatta influenzare, e ha depositato un’importante sentenza, il cui testo integrale potete trovare sul sito di FedEmo http://fedemo.it oppure alla pagina documenti del mio sito http://www.studiolegalecalandrino.it .
La Corte ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.11, commi 13 e 14, del DL 31.05.2010, n.78, convertito, con modificazioni, dall’art.1, comma 1, legge 30.07.2010, n.122; la Corte ha cioè dichiarato illegittime le norme di legge introdotte con una della “manovre finanziarie” del 2010 che negavano ai danneggiati da sangue infetto l’integrale rivalutazione istat dell’indennizzo legge 210/92 che queste persone percepiscono.
Dopo una battaglia legale durata oltre un anno, la Corte Costituzionale ristabilisce ora un principio di giustizia e di equità.
A questo punto si torna alla situazione precedente all’entrata in vigore delle norme ora dichiarate illegittime, ma con un vantaggio: prima del maggio 2010, infatti, eravamo in presenza di un contrasto giurisprudenziale, essendosi la Corte di Cassazione pronunciata prima a favore (della rivalutazione), poi contro, e quindi spettava al singolo giudice decidere: eravamo quindi nell’incertezza più totale.
Invece, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, che implicitamente ha affermato che – per il principio di uguaglianza – la rivalutazione, dovuta a chi è affetto da sindrome da talidomide, è dovuta anche agli emotrasfusi, la strada è ora in discesa.
Tutti coloro che percepiscono l’indennizzo legge 210/92 potranno subito attivarsi per chiederne la rivalutazione, nonchè gli “arretrati” (la rivalutazione non percepita in passato), mentre chi ha già ottenuto una sentenza favorevole potrà subito chiedere che venga integralmente rispettata; chi ha una causa in corso, infine, otterrà sicuramente una sentenza positiva.

Marco Calandrino

Il secondo e terzo argomento del 2011, ma non secondi per importanza, che abbiamo trattato in modo continuativo, riguarda il miglioramento della cura per gli emofilici, è stato quello della profilassi e della diagnosi attraverso l’ecografia.
Ogni anno che passa ci si rende sempre più conto di quanto sia importante, soprattutto per il mantenimento di una qualità di vita sovrapponibile a quella di chi non è malato.
Anche per gli adulti si è capito che la profilassi significa meno emartri e quindi meno difficoltà nel muoversi, non solo, ma anche (lo diciamo alle istituzioni) un risparmio nella spesa della cura di questi pazienti.

LA PROFILASSI NEL PAZIENTE EMOFILICO IN ITALIA
CONFRONTO FRA REALTÀ E NECESSITÀ

Dal simposio medico dal titolo: “La profilassi nel paziente emofilico in Italia: confronto fra realtà e necessità”. che si è volto a Roma, nei giorni 11 e 12 novembre 2010
Il prof. Mannucci, presidente dell’AICE è intervenuto, affermando: “…continua il progresso della ricerca, in cui siamo avanti rispetto ad altri Paesi. Ci sono diversi progetti in cantiere. Purtroppo, a livello locale l’età media di coloro che si occupano di emofilia aumenta”.
È un grido d’allarme che il nostro giornale ha fatto suo già da diversi anni paventando il rischio concreto di perdita di una professionalità di altissimo livello raggiunta in tanti anni di studi. E allora perché non cercare di “approfittare” attraverso proposte nei confronti di giovani medici che vogliano impegnarsi offrendo loro non soltanto miglioramento di professionalità, ma anche un futuro, e questo con la partecipazione delle associazioni di volontariato coinvolgendo le autorità sanitarie, i Direttori Generali delle strutture ospedaliere. Prima offrire un’occasione e poi chiedere posti specifici per non dover trovare, un domani neppure tanto lontano, gli emofilici “sbattuti” (questo purtroppo sta già avvenendo) in reparti anonimi dove l’emofilia è quasi una perfetta sconosciuta.

“La profilassi nel paziente emofilico: conviene?”
La Dott.ssa Angiola Rocino del Centro Emofilia dell’Ospedale S. Giovanni Bosco di Napoli.
È intervenuta informando di un gruppo di lavoro, il cui compito è quello di focalizzare l’attenzione sullo stato della profilassi in Italia, ma soprattutto su come la profilassi viene utilizzata in Italia, quali sono i problemi che i clinici incontrano in relazione a questo trattamento e, per meglio definire i vari aspetti, suddividendo l’attività dei partecipanti in 3 sottogruppi.

  • La profilassi nel bambino (fino a 18 anni);
  • La profilassi nell’adulto;
  • La profilassi in rapporto agli interventi chirurgici (pre e post operatoria).

Sono venuti fuori dei parametri sui quali non c’è stato molto accordo tra i clinici perché la variabilità delle risposte era estremamente ampia. È sorto, quindi, l’interrogativo: perché non proviamo, allargando la platea dei partecipanti, se si riesce a raggiungere un migliore accordo su determinati parametri? Oppure rinforziamo le informazioni che abbiamo ricevuto se non si raggiunge un accordo e continua a persistere un’ampia variabilità. In quel caso si tratta di parametri sui quali non è possibile raggiungere un accordo.
Sono emerse maggioranze significative fra tutti i medici dei Centri di cura italiani sulla necessità della profilassi nei bambini anche se spesso si scontra con la scarsa disponibilità dei genitori e questo nei bambini da 0 a 2 anni ed anche oltre quell’età, rappresentata soprattutto dalla difficoltà dell’accesso venoso.
Nel profilo del bambino tra i 6 ed i 12 anni compare l’attività ludico sportiva e quindi la necessità di un’altra qualità di vita come motivo importante per la profilassi. Per quanto riguarda i ragazzi dai 12 ai 18 anni la presenza di un elevato score ortopedico influisce nella decisione da iniziare la profilassi. Oggi quindi la profilassi per quanto riguarda i bambini è quasi unanimemente riconosciuta indispensabile.

La profilassi nel paziente adulto
Il dott. Alessandro Gringeri ha affermato che molto spesso ci si affida alla speranza o alla protezione del cielo di non sanguinare, quando invece bisognerebbe iniziare ad imparare ad applicare la prevenzione. La profilassi va continuata nell’adulto perché l’età adulta rappresenta i 3/4 delle fasi della vita. Gli adulti non sono persone da rottamare.
Per ultima è stata presa in esame la profilassi pre e post operatoria. Per quanto riguarda entrambe, al di là dei pareri diversi sono emerse per entrambe le situazioni, le necessità di una adeguata profilassi adattata ad ogni singolo paziente.
Qual è il profilo del paziente emofilico che necessita di una profilassi anti trombotica durante un intervento chirurgico?
Il paziente anziano, con rischio cardio vascolare, il paziente che viene mobilizzato a letto. In genere io non adotta la profilassi anti trombotica salvo casi rari (paziente di 80 anni, con emofilia lieve, sottoposto ad intervento di protesi d’anca). Bisogna porre attenzione ai fattori di rischio generali e monitorare i livelli di FVIII e FIX tutti i giorni nel post operatorio. Comunque, anche nelle protesi di ginocchio, il paziente inizia la mobilizzazione passiva in III giornata con il Kinetec, il rischio è minore. Si tratta sempre di pazienti emofilici e quello che più ci preoccupa è il rischio emorragico più che il rischio trombotico.
Quando il paziente è sottoposto ad un intervento chirurgico, la profilassi dovrà essere portata avanti a lungo. In questo ambito, per quanto tempo bisogna prolungare la profilassi?
In genere si continua la terapia per 1 mese. Nel periodo riabilitativo raccomando una profilassi continua per 1 mese – 2 mesi fino a che non riacquista una sufficiente mobilità.

Cosa cambia nei pazienti con inibitore?
L’emartro dopo un intervento di protesi di ginocchio è quasi la regola. Va contenuta la perdita di sangue attraverso l’utilizzo degli agenti bypassanti. Per quanto riguarda la profilassi post operatoria, si continua la terapia con i bypassanti.
È importante ricordare che c’è anche la profilassi meccanica.
Un paziente emofilico, con una sindrome coronarica acuta, che deve essere sottoposto a trombolisi, quale profilassi è raccomandabile?
È comune effettuare delle angioplastiche in pazienti emofilici, anche in pazienti emofilici con inibitori. Il paziente deve essere messo in condizioni normali.
La maggior parte dei responders è d’accordo nell’offrire la profilassi in relazione allo stile di vita del paziente.

Qual è il rapporto costo – beneficio?
Il problema farmaco-economico è un problema altamente etico. C’è chi ritiene che nell’adulto si possa rinunciare alla profilassi.
Tuttavia, altri esperti sostengono che bisogna effettuare una profilassi che consenta al paziente di avere una qualità di vita che egli stesso sceglie. I consigli da parte dei medici sono dei consigli di buon senso ma non possono condizionare l’atteggiamento terapeutico.
C’è chi sottolinea l’importanza del problema delle emorragie articolari, che determinano un danno anche nell’adulto. È necessario distinguere la fascia di età dell’adulto che parte dai 18 anni. In un paziente con più di 1 emartro al mese, al di là che possa o non possa fare sport, questa è una ragione per iniziare la profilassi.
La maggior parte dei responders ha ritenuto che più di un emartro al mese è una indicazione ad eseguire la profilassi.
È importante, inoltre, evitare le protesi di ginocchio in uomini di 30 anni. E questo accade nei pazienti che non sono stati sottoposti a profilassi fin da bambino.
Emerge che ci sono opinioni discordanti perché l’evidenza clinica di riuscire a prevenire una grave artropatia non c’è.

“La profilassi nel paziente emofilico: conviene?”.
La prima domanda è stata rivolta al dott. Gabriele Calizzani, presidente della Federazione Nazionale Emofilici il quale ha detto testualmente:
“Convenienza per il paziente emofilico significa avere davanti a sé un’aspettativa di vita simile a quella della popolazione generale. La consapevolezza di poter invecchiare è un elemento di tranquillità. I dati pubblicati recentemente mostrano che l’aspettativa di vita di un paziente emofilico si sta avvicinando a quella della popolazione generale. L’altro aspetto importante riguarda la qualità della vita grazie alla possibilità di regimi terapeutici come quello della profilassi che permettono una riduzione dell’impatto della malattia sulle articolazioni e di prevenzione dell’artropatia. Mentre in passato si parlava di una malattia invalidante, oggi è possibile vivere una vita normale. Da quando ho iniziato a sottopormi a profilassi, la mia qualità di vita è cambiata drasticamente, anche se all’inizio ero un po’ scettico”.
Da dove nasceva questo scetticismo?
“Dall’abitudine forse. Era diventata un’abitudine avere 1 o 2 volte alla settimana la caviglia gonfia, avere dolore. Dopo i primi mesi in profilassi, ho avuto un netto miglioramento della mia qualità di vita, oltre alla sicurezza di andare al lavoro senza la preoccupazione di eventuali sanguinamenti.
Ti riduce gli alibi anche nei confronti della società civile perché non hai più alibi”.

 

L’ECOGRAFIA RIVOLUZIONA LA DIAGNOSI DELL’ARTROPATIA EMOFILICA

L’artropatia emofilica è la più comune manifestazione infiammatoria dell’emofilia. È causata da sanguinamenti ricorrenti a livello dell’articolazione, che provocano rapidamente ed inevitabilmente danni irreversibili. Nell’80% dei pazienti colpisce il sistema muscolo-scheletrico ed è in grado di compromettere gravemente la capacità di movimento e la possibilità di svolgere una vita attiva.
Per favorire la diagnosi precoce e la prevenzione dell’artropatia emofilica, parte il progetto HEAD US, Haemophilia Early Arthropathy Detection with Ultrasound, promosso da Pfizer, e patrocinato dall’Associazione Italiana Centri Emofilia – AICE, e dalla Federazione delle Associazioni Emofilici – FEDEMO, volto a promuovere l’uso dell’ecografia come il necessario complemento della visita di check-up effettuata dallo specialista.
“In termini di diagnosi, personalizzazione delle cure e successivo follow up, l’ecografia si è rivelata una tecnica estremamente precisa che consente di evidenziare i primi segnali di alterazione della cartilagine articolare e della membrana sinoviale prima che le lesioni siano visibili con la radiografia tradizionale, e di quantificarne l’importanza” – afferma Massimo Morfini, Vice Presidente AICE e Direttore del Centro Emofilici, Azienda Ospedaliera Careggi di Firenze.
“L’ecografia permette di valutare i tessuti molli, la presenza di sinovite, la distensione dei recessi articolari da parte di versamento e lo stato delle superfici ossee e cartilaginee delle articolazioni – continua Carlo Martinoli, Professore Associato di Radiologia, Università degli Studi di Genova – Grazie ad apparecchiature ecografiche sempre più sofisticate, oggi siamo in grado di identificare lesioni di dimensioni inferiori al millimetro, porre quindi una diagnosi precoce di danno articolare e ottimizzare la terapia conseguentemente allo scopo di evitare una progressiva compromissione della funzione articolare che può portare, negli stadi avanzati, alla necessità di ricorrere ad impianti protesici. Il progetto HEAD US consentirà ai pazienti di accedere gratuitamente al servizio ecografico durante la normale visita programmata periodicamente presso il proprio Centro di riferimento”.
La precocità delle manifestazioni dell’artropatia dipende dalla gravità della patologia: negli emofilici gravi i livelli dei fattori di coagulazione sono inferiori all’1%, laddove i valori normali vanno dal 50 al 150%.
Questo grave deficit espone il paziente al rischio di emartri non appena inizia a muovere i primi passi, verso i 15-18 mesi. Alla base della prima manifestazione sembra vi sia proprio il trauma della deambulazione. Le articolazioni più colpite sono, infatti, le caviglie e le ginocchia, che sopportano il peso del corpo, oltre al gomito, che è un’articolazione molto mobile.
“Gli emofilici godono oggi di trattamenti molto efficaci che permettono a queste persone di condurre una vita normale e di essere membri attivi e produttivi della società. – precisa Pier Mannuccio Mannucci, Presidente AICE – La profilassi con il fattore di coagulazione mancante, che è attualmente raccomandata a tutti, bambini e adulti, è in effetti la chiave di volta che consente a questi pazienti di fare anche attività impensabili fino a 30-40 anni fa, come ad esempio le attività sportive che tra l’altro costituiscono una difesa contro la complicanza più frequente della malattia, l’artropatia, per prevenire danni muscolari e articolari”.
Luigi Mastrangelo, campione di volley e testimonial d’eccezione della campagna afferma: “L’attività fisica gioca un ruolo fondamentale per gli emofilici, specialmente per i più giovani.
Grazie allo sport gli emofilici possono rendere il proprio corpo più forte, flessibile, agile, esponendosi meno a rischi di danni articolari e muscolari e possono anche imparare a lavorare in gruppo, sviluppare il senso di appartenenza a una squadra, un sano spirito di competizione e una maggiore fiducia in se stessi”.
In Italia si stimano circa 8.000 persone affette da patologie della coagulazione, di queste, 4.000 sono affette da emofilia, quasi esclusivamente maschi. Le emorragie a carico del sistema muscolo-scheletrico rappresentano la grande maggioranza delle manifestazioni emorragiche che possono verificarsi nei pazienti con emofilia. Gli emartri rappresentano circa l’80% degli episodi emorragici, mentre gli ematomi a carico dei muscoli scheletrici rappresentano circa il 20%.
L’incidenza fra i pazienti emofilici è di 12,3 emartri l’anno nella fascia di età 6-34 anni e di 6,2 emartri l’anno nella fascia di età 35-65 anni.
“L’integrazione dei pazienti emofilici è oggi più facile – afferma Gabriele Calizzani, Presidente FEDEMO – ma restano comunque retaggi del passato da cancellare: come ad esempio l’apparente non idoneità dell’emofilico alle attività sportive agonistiche. Ecco perché la nostra associazione si batte da anni per il riconoscimento di questa opportunità nella consapevolezza che, comunque, lo sport, con le dovute cautele, può portare dei vantaggi non solo dal punto di vista fisico ma anche psicosociale. Questi temi saranno oggetto anche del progetto HEAD US che prevede fra l’altro la distribuzione di materiali informativi e la creazione di spazi di dialogo e confronto sui social network”.

HEAD US
Il progetto HEAD US, partito ufficialmente in occasione della Giornata Mondiale dell’Emofilia il 17 aprile, coinvolgerà 18 Centri Emofilia. Ad ogni Centro è stato donato uno strumento ecografico di ultima generazione, se non già disponibile, e gli specialisti hanno partecipato a training specifici.
Il percorso di formazione continuerà per dare loro la possibilità di acquisire ulteriori esperienze tecniche per eseguire correttamente l’ecografia.
A supporto dell’ematologo, inoltre, ci sarà anche un sito web dedicato, che conterrà materiale educazionale, un database di immagini ecografiche e un counselling online.
I dati raccolti costituiranno la base del primo studio multicentrico italiano sulla prevenzione dell’artropatia emofilica attraverso la diagnosi precoce con l’ecografia.

Fegato e talassemia

Il miglioramento delle cure passa anche attraverso l’assistenza ai talassemici e ce ne siamo occupati con diversi articoli. In questo caso però abbiamo preferito prendere una relazione da un convegno sulle problematiche legate al fegato.

“Fegato e talassemia” è il titolo del Convegno che si è svolto lo scorso 9 Aprile nell’Aula Multimediale del Poliambulatorio Giovanni Paolo II della “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo (in provincia di Foggia).
Dopo il saluto delle autorità e degli organizzatori la parola è passata ai dottori Stefàno e Cascavilla che hanno moderato la prima sessione dei lavori.
Ha aperto i lavori di questo incontro scientifico (realizzato con il contributo educazionale della Novartis) il dottor Di Mauro di San Giovanni Rotondo che è intervenuto sul tema della sicurezza della trasfusione in relazione all’infezione da HCV. A questo proposito, tra le altre cose, ha detto che la pratica trasfusionale oggi è al massimo della affidabilità.
Se ci può essere qualche ipotetico imprevisto, esso potrebbe dipendere da un incidentale errore umano. Della relazione tra danno epatico dovuto all’HCV nei talassemici ed accumulo di ferro ha parlato invece la dott.ssa Pietrapertosa di Bari.
L’esperienza di un caso clinico di danno epatico in thalassemia è stato illustrato dal dottor Michele Santodirocco “medical director” della Banca del Sangue Cordonale della Regione Puglia sita nella Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Santodirocco da circa due anni si occupa anche della cura di 47 thalassemici in terapia presso lo stesso centro.
Santodirocco ha detto che il caso da lui studiato è giunto nel reparto di capitanata all’età di 15 anni. La patologia epatica in questo soggetto era stata diagnosticata in un altro centro tre anni prima ed era stato trasfuso, per la prima volta, all’età di 14 anni. Siamo dunque all’inizio degli anni ’80. Il paziente era in trattamento con desferroxamina (4 flaconcini da 500 mg. sottocute per 6 giorni alla settimana) ma il paziente era scarsamente “compliante”. L’intervallo trasfusionale di allora si aggirava intorno ai 20 giorni circa. Il ragazzo era stato splenectomizzato all’età di 14 anni.
“Alla nostra osservazione – ha detto Santodirocco – il paziente si presentava con subittero e colorito bronzino della cute, epatomegalia e transaminasi nella norma. In seguito il paziente è stato perso al follow-up per poi ripresentarsi presso il nostro centro all’età di 24 anni. Epoca in cui gli è stata diagnosticata una epatite cronica attiva HCV-relata a cui si associava un aumento di depositi di ferro epatico alla biopsia epatica. L’anno successivo è stato deciso di intraprendere il trattamento antivirale con Interferon 3 milioni di unità s.c. 3 volte alla settimana e dopo 4 mesi di terapia si sono osservati già i primi risultati con riduzione dei livelli delle transaminasi. Su questa base è stato consigliato al paziente di proseguire la terapia, ma purtroppo – prosegue il dott. Santodirocco – per il verificarsi di iperpiressia il paziente ha interrotto spontaneamente la terapia e fu nuovamente perso al follow-up. Quando si ripresenta, dopo 4 anni, gli vengono riscontrate oltre all’ipertransaminasemia e all’iperferritinemia (in assenza di trasfusioni), anche diabete, osteopenia, insufficienza mitralica e tricuspidale e ipogonadismo, con una carica virale (HCV) alta. Pertanto, si decide nuovamente di intraprendere un trattamento con Interferon, questa volta con l’aggiunta di Ribavirina (siamo nel 2004) previa diminuzione della ferritina, poiché come dimostrato in letteratura, le possibilità di una rapida risposta virale sono maggiori in pazienti ben chelati (Goubran HA, Essmat G, Morcos HH, et al. Pilot Result: pre-Treatment with deferasirox Increases the Chances of Rapid Viral Response in Patients with Cronic Hepatits C Infection treated vith PEG-Interferon/Ribavirin. Blood, Ash Annual meeting abstract, 2007 110: Abstract 2281).
Così il paziente comincia un trattamento in regime combinato con desferoxamina e deriprone (9 compresse al dì di L1 + 3mila mg per 4 settimane di desferoxamina). Purtroppo però la terapia combinata viene di nuovo interrotta per intolleranza ed il paziente viene perso di nuovo al follow-up, nonostante le ripetute sollecitazioni a tornare presso il Centro e riprendere la cura.
Nonostante il breve periodo di questo trattamento – conclude il dott. Santodirocco – è stata osservata una normalizzazione dei valori di transaminasi”.
Importanti sono stati in tema di dibattito i contributi offerti da i vari interventi. In particolare il dott. Ippazio Stefàno ha detto che l’organizzazione e lo svolgimento di queste giornate servono a confrontarsi ed a maturare la consapevolezza che i nostri ragazzi devono ricevere il meglio dei nuovi orientamenti terapeutici. Il dottor Pietro Violi ex dirigente del Centro di Microcitemia di San Giovanni Rotondo ha invece fatto notare che le cure devono essere adeguate alla storia clinica del paziente. La patologia infatti non è la stessa per tutti i casi e pertanto la filosofia da seguire è quella della cosiddetta “centralità” del paziente.
Tra le relazioni in programma grande attenzione ha registrato quella della responsabile scientifica di questa manifestazione, la dott.ssa Alessandra Mangia che nel pomeriggio ha parlato di “Terapia con Interferone e Ribavirina”.
“Oltre all’accumulo di ferro – ha esordito la dott.ssa Mangia – il danno epatico nei pazienti thalassemici dipende in larga parte dall’infezione cronica da HCV e la concomitanza dell’accumulo di ferro e dell’HCV è causa di riduzione della sopravvivenza. Per questo è importante la diagnosi precoce e del trattamento del virus della epatite C. Il 30% dei pazienti con thalassemia major nel Sud d’Italia è portatore di HCV, e circa il 14%, sviluppa cirrosi epatica come conseguenza dell’infezione da HCV. L’eliminazione del virus mediante la terapia antivirale basata sulla combinazione di Interferone e Ribavirina è l’unico modo – commenta la dott.ssa Mangia – per bloccare la progressione della malattia verso la cirrosi.
Presso l’Epatologia di Casa Sollievo della Sofferenza, abbiamo cominciato sin dal 2000 a trattare i pazienti con thalassemia major associando l’Interferone alla Ribavirina. Quest’ultima spesso provoca anemia emolitica e, fino allo scorso anno, la sua somministrazione veniva considerata rischiosa in questo tipo di soggetti.
La terapia combinata con Interferone Peghilato e Ribavirina è però in grado di assicurare la guarigione in percentuali doppie rispetto alla monoterapia (con solo Interferone Peghilato). Questa convinzione ci ha indotto – dice la dott.ssa di San Giovanni Rotondo – ad assumerci la responsabilità di questi trattamenti già da diversi anni (nonostante l’indicazione all’attuabilità del trattamento combinato sia stata inserita nella scheda tecnica dei farmaci, solo di recente).
I thalassemici sono pazienti giovani che presentano co-morbidità, ma che possono guarire nella stessa percentuale dei non talassemici con infezione cronica da HCV. Nei pazienti con genotipo 1 – specifica l’epatologa – il virus viene eliminato nel 50% dei casi. Migliori sono invece le prospettive per i pazienti infettati con genotipo 2 e 3. Fra questi oltre il 70% guarisce dopo il trattamento con Interferone Peghilato e Ribavirina . La guarigione però si può conseguire solo se i pazienti vengono curati in maniera adeguata e attentamente monitorati durante il trattamento. Ad essa contribuisce la stretta aderenza alla terapia ed una forte interazione (sia in campo diagnostico che terapeutico) tra thalassemologo ed epatologo.
La selezione dei pazienti da avviare al trattamento combinato, l’interpretazione dei risultati del fibroscan, un nuovo presidio diagnostico che può essere utilizzato per definire l’entità del danno epatico senza ricorrere alla biopsia, ed il successo terapeutico vanno quindi affidati allo spirito critico degli esperti. Questi – conclude la relazione la dott.ssa Mangia – hanno costruito nel corso degli anni il loro bagaglio di esperienza in un settore così delicato come quello della Thalassemia, dove soggetti giovani e spesso affetti da patologie multi-organo richiedono un accurato intervento personale e specialistico”.
Dopo gli interventi di altri relatori il convegno si è concluso con un interessante dibattito sulla chelazione ed altre tematiche specifiche del morbo di Cooley.

Giuseppe Mele

 

Ed a proposito di emofilia, come ogni anno abbiamo dato spazio alle varie iniziativa per la Giornata Mondiale dell’Emofilia.
È entrata ormai di diritto nelle manifestazioni più importanti la Giornata Mondiale dell’emofilia con manifestazioni in tutto il territorio nazionale. Non significa soltanto farsi conoscere o far conoscere una delle tante malattie rare, ma rendere consapevoli tutti che le problematiche legate ad una patologia se risolte in maniera adeguata possono rendere questi cittadini uguali agli altri.

LA GIORNATA MONDIALE DELL’EMOFILIA

Visibilità e quindi partecipazione attraverso una giornata all’interno del parco di divertimenti come “Mirabilandia”, scelta dalla Federazione Emiliano Romagnola delle Associazioni degli Emofilici (FedRed), in questo caso con la partecipazione ed il sostegno economico della stessa Regione Emilia-Romagna.
Un convegno dedicato alle famiglie coinvolgendo tutte le componenti, dalla scuola, alla rappresentanza politica istituzionale, ai medici, in una sorta di opportunità di stare insieme e del conoscersi attraverso esperienze “forti” vissute giorno per giorno, oltre che condividere progetti che vedono protagonisti i genitori, i bambini, gli adolescenti ed anche gli adulti emofilici.
“Lo stare insieme”, la conoscenza reciproca e il gioco, sono strumenti che permettono di creare “una rete preziosa” ed il “senso di appartenenza” quali fonti di benessere e sostegno reciproco ma anche di giocare insieme ai propri figli.
Il titolo della giornata:

IO MI RACCONTO…. EMOZIONI E DINTORNI 

Un incontro dedicato alle famiglie degli emofilici della Regione Emilia-Romagna, organizzato dalla Federazione delle Associazioni Emofilici (FedRed) con il contributo della Regione.
Il successo della manifestazione ha superato anche le più rosee aspettative, con la presenza di circa 300 persone tra cui una cinquantina di bambini che hanno avuto il loro piccolo spettacolo in una sala diversa, allietato dai giochi di un mago.
Giornata, come detto, dedicata alle famiglie, alle loro esperienze di vita. E le persone hanno parlato anche di fronte a chi la malattia non l’ha mai conosciuta e soltanto in questa occasione ne è venuto a conoscenza.
Questo era ed è uno degli scopi della celebrazione della Giornata, in tutto il mondo.

Fabrizio

Tra le tante testimonianze scegliamo per il nostro riassunto quella del papà di Federico, 8 anni con emofilia A grave. Ha raccontato la sua esperienza con lo stesso gruppo di genitori ed è venuto alla conclusione che: “…dopotutto a mio figlio manca soltanto una proteina!.
La mia storia comincia nel 2003. Dopo l’attesa per ciò che c’è di più bello al mondo, ossia un figlio, la dura sorpresa della diagnosi di emofilia e per giunta in forma grave. Sorpresa perché un figlio ti cambia la vita. L’emofilia invece, almeno all’inizio, te la sconvolge!
Dovevamo imparare a capire quale grado di normalità concedere a nostro figlio nelle sue esperienze motorie.
Eravamo supportati in maniera straordinaria dallo staff medico di Parma (e di questo non smetteremo mai di esserne grati).
Avevamo la forza di essere una coppia unita e affiatata.
Serviva avere informazioni da chi quelle esperienze, le aveva già vissute o le stava vivendo, sulla propria pelle, con i propri figli. In questo faticoso percorso, abbiamo incontrato il “gruppo”.
Confrontarsi con gli altri genitori ha significato confrontarsi con chi già sapeva cosa vuol dire lasciar correre un bambino emofilico grave, magari con gli inibitori, come è accaduto, per un periodo, al nostro Federico.
Già dai primi incontri ho percepito conforto e solidarietà.
Ho imparato ad ascoltare di più le emozioni ed i bisogni di Federico, anche oltre i problemi legati all’emofilia, e questo sono convinto mi abbia permesso di prendermi meglio cura di lui.
Mi sforzo di crescere, giorno dopo giorno, insieme a lui.
Nonostante i sui momenti di rabbia, nonostante i suoi “perché proprio a me?” Federico è tranquillo e io più sereno. Ricorderò sempre quando, dopo aver tolto il catetere fece nuovamente il primo bagnetto nella vasca e sommerso nell’acqua fino al collo, con le braccia dietro la nuca, disse: “Questa sì che è vita!”.
Dentro di me una vocina diceva :”Ma quale Vita!?”.
Vedo la vita con occhi diversi, perché l’emofilia mi ha aiutato e mi aiuta ogni giorno a mettermi più in discussione e perché ho avuto l’opportunità di conoscere persone straordinarie come certi medici, infermieri, addetti ai lavori, come certi bambini, e soprattutto… …questi genitori, i miei amici, che mi hanno migliorato la vita”.

Maria Domenica Losio
, la pedagogista che ha organizzato gli incontri di cui abbiamo sentito descrivere dai due genitori.
Ed è proprio qui che ha portato a tutto il pubblico presente la sua esperienza.
“Io penso che questo gruppo sia diventato nel tempo forte, resistente, competente e ciò grazie a quel senso di appartenenza a cui faceva riferimento Antonella; sentirsi parte di un gruppo di adulti o per i nostri figli sentirsi appartenenti al gruppo di amici o sentirsi appartenenti alla propria classe a scuola, ci fa stare bene, è fonte di benessere, è “un fattore di protezione” che non ci impedisce di entrare in situazioni problematiche ma ci permette di uscirne più velocemente. Loro sono riusciti a fare una cosa per me non comune: hanno recepito le competenze genitoriali che appartengono o meglio che devono appartenere a tutti i genitori, le hanno fatte proprie e sono riusciti a concretizzarle nella loro quotidianità che non sempre è facile ma a volte critica e dolorosa. è ovvio che molta strada è ancora da fare!
Ogni incontro, ogni domenica, la condivisione di bisogni che appartengono a Lorenzo (il piccolo), a Iacopo, a Federico ma che prima sono appartenuti a Tommaso, a Lorenzo (grande), a Fiammetta, a Matteo, a Simone, a Luca e ai due “grandoni” i famosi adolescenti Michele ed Enrico, ci hanno dato l’opportunità di affrontare volta per volta le tematiche necessarie e da esse estrapolare il principio educativo che sta sotto l’azione, il comportamento utile e la comunicazione efficace. Il filo conduttore che ci ha accompagnato nei nostri incontri rappresenta uno dei principi fondamentali della pedagogia: la conquista dell’autonomia. Il compito dei genitori è quello di dare radici solide e successivamente dare le ali per volare; non ci sono ali se non ci sono radici (da Gibran, il Profeta la poesia “Figli” “ …voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi…”).
La famiglia è “un porto sicuro” e il bambino è la navicella che esce dal porto e va a perlustrare il mare perché è certo che se trova una tempesta sa dove ritornare per ripararsi. L’autonomia si conquista giorno per giorno, chi si sente autonomo, si sente bene, capace ed adeguato. Ricordiamo sempre che il percorso di crescita di ogni individuo non è mai lineare ma è un percorso ad ostacoli e superarne uno ci da gli strumenti per superare il successivo. Ora voglio fare una riflessione personale.
Mi auguro che l’esperienza continui, che si moltiplichi, che “contagi” altre associazioni, che sia da esempio anche per la nostra scuola che arranca malamente e senza soldi ma con una grande e unica ricchezza: l’individuo”.
Al termine delle relazioni si è svolto un dibattito fra i partecipanti al quale sono intervenuti i pazienti, i genitori, ma anche i medici dei Centri regionali di cura che erano stati invitati, una volta tanto, soltanto per ascoltare”.

LE INIZIATIVE DELLA FONDAZIONE PARACELSO

8 Aprile presso la Sala Napoleonica dell’Università Statale di Milano il primo convegno interamente organizzato da Fondazione Paracelso, dal titolo “Una nuova idea di centralità del paziente emofilico negli interventi clinici e sociali”.
L’idea della giornata di studi nasce dagli sviluppi positivi in termini di ricaduta diretta sul paziente del nostro “Sistema Benessere”, ovvero l’insieme coerente e circolare di interventi in ambito clinico e psicologico concentrati sulla persona prima che sul malato, per garantire, in sinergia con i medici, le strutture ospedaliere e le aziende farmaceutiche i migliori benefici assistenziali e psicofisici a pazienti e famiglie in Italia, con l’erogazione del bando 100K ed il progetto di coordinamento degli interventi di chirurgia ortopedica e riabilitazione fisioterapica, e all’estero con l’intervento umanitario in Afghanistan che, dopo il primo invio di famaci sta vivendo la fase di spedizione degli strumenti e dei macchinari di analisi che garantiranno il pieno funzionamento dell’unità di ematologia dell’Ospedale Esteqlal di Kabul.

Nuova idea di centralità del paziente emofilico negli interventi clinici e sociali

La Giornata Mondiale dell’Emofilia“ acquista per noi un significato particolare che va oltre una semplice ricorrenza.
Presentarsi di fronte alla società ed ai media per far comprendere che non si deve ridurre ad una semplice giornata il messaggio che cerchiamo di dare, soprattutto dalle colonne di questo giornale, a favore di tutti coloro che “soffrono” di cosidette “malattie rare”.
Entriamo nelle case della gente per raccontarci ma soprattutto per fare da avanguardia per tutti coloro che ancora oggi non hanno una cura e “sopravvivono” ai margini di una società che molto spesso, troppo spesso, non trova il tempo da dedicare a chi combatte con la malattia e con l’emarginazione.
Iniziative rivolte alla conoscenza ma anche alla ricerca, alla condivisione, attraverso esempi di impegno concreto e lungimirante, proprio da parte di chi questa condizione la vive.
Ecco, quindi che abbiamo voluto dedicare una buona parte di questo nostro numero del giornale alle iniziative che si sono svolte per ricordare questa giornata.
In ordine di tempo ed anche d’importanza partiamo dall’iniziativa della Fondazione Paracelso.

“UN CONVEGNO NARRATIVO”. .

“L’emofilico è cittadino, – ha affermato Buzzi – oltre che paziente, e questa doppia appartenenza è in sé la migliore garanzia che abbia a cuore tanto l’assistenza sanitaria quanto l’efficienza e la tutela delle istituzioni da cui essa dipende.
Il riposizionamento del paziente al centro del sistema per noi non è una rivendicazione di diritti, ma una proposta gestionale: coinvolgendo il paziente in una cornice di competenze integrate (servono certamente quelle degli amministratori pubblici, ma anche degli specialisti e dei pazienti) si migliora il funzionamento dell’intero sistema.
La medicina tecnicizzata perde la visione d’insieme, non è una medicina umanistica, paracelsiana”.
Ci chiediamo in quanti abbiano colto la forza di parole dette con l’intento di scuotere, parole come monito ad una giusta e mai pretesa richiesta di ascolto e adempimento di quanto dovuto.
Perché comprendere e fare propri principi che troppo esulano dalla quotidianità cui siamo avvezzi, rende estremamente difficile il dialogo fra le caste.
Se il termine casta può offendere qualcuno, ricordiamo che non è necessario andare in India per imbattersi negli stessi limiti e divieti imposti dalla società nella suddivisione dei ruoli.
Riteniamo sia casta decidere nel nome del profitto, come il tornare indietro di 20 anni nell’assistenza e riteniamo sia casta rinunciare alla concorrenza in nome del risparmio.
È casta dire che non ci sono gli intoccabili.
Ci sono eccome, solo che non occupano l’ultimo gradino della scala sociale, bensì quello più elevato su cui il privilegio diventa diritto di pochi.
“Tutti ci adoperiamo per fare il nostro dovere e per questo siamo consapevoli delle difficoltà, sapendo che le difficoltà producono pazienza e la pazienza genera integrità e l’integrità produce speranza e la speranza non tradisce mai”.
Le parole di Padre Uriel diventino un percorso di riflessione per quanti ancora oggi si chiedono: “…ma insomma cosa fa Paracelso?”.
Questa la risposta di Andrea. ”Dopo anni di impegno nel settore del volontariato, continuiamo a pensare che per operare nel no profit gli ingredienti indispensabili siano la passione per ciò che si fa e la convinzione nel perseguire i fini verso cui si tende: che si tratti di offrire un’assistenza clinica migliore, collaborando con le istituzioni e sostenendo ricerca e centri di cura, di essere vicini alle famiglie in cui è presente l’emofilia o di estendere i benefici dell’assistenza socio-sanitaria di cui godiamo nel nostro paese a chi dispone di risorse scarse o nulle.
Abbiamo scoperto che il poco ha significato e valori diversi a seconda di chi lo riceve: per qualcuno il poco è tanto, a volte può essere tutto”.
Sulla base di questi principi sono partiti i progetti della Fondazione, “…sia quelli internazionali, attraverso i quali si intende offrire, anche ai bambini emofilici che vivono in paesi a risorse limitate, l’opportunità di usufruire di cure adeguate, con l’invio di farmaci e materiale sanitario, sostenendo in certi casi il costo delle terapie, sia i progetti per sensibilizzare sul nostro territorio l’opinione pubblica e i più alti livelli istituzionali, promuovere la ricerca scientifica nel settore della prevenzione, diagnosi e cura dell’emofilia e l’assistenza, accompagnando gli emofilici e i loro familiari nel percorso non sempre facile di accettazione della malattia”.
Ma c’è un argomento cui vorremmo venisse dato più spazio in sede di convegni ed è quello inerente la terapia del dolore e che proprio in questa occasione il Dott. Gringeri ha sottoposto all’attenzione dei presenti: “Ci sono pochi lavori medici sulla gestione del dolore, che è parte fondamentale della vita del paziente emofilico, eppure ci sono solo una decina di lavori che affrontano questo argomento”.
Un invito forse o un suggerimento garbato a non sottovalutare un aspetto della malattia, di cui i portatori della stessa e i familiari conoscono le trame. Una madre seduta accanto a me ha sussurrato: ”finalmente qualcuno ne parla”. E noi che siamo qui da parecchi anni a raccogliere i mormorii nelle sale, abbiamo imparato che l’arte più difficile è quella di cogliere l’essenziale.

Maria Serena Russo

FEDERALISMO E SALUTE: COME MIGLIORARE L’ASSISTENZA AI PAZIENTI EMOFILICI IN TUTTE LE REGIONI ITALIANE

Emofilia, insieme facciamo rete! è lo slogan scelto dalla FedEmo per celebrare la GME 2011.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Emofilia, che si è celebrata il 17 aprile, la Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) ha promosso il 14 aprile in Senato la tavola rotonda dal titolo “Federalismo e salute: come migliorare l’assistenza ai pazienti emofilici in tutte le Regioni italiane?”. Esponenti delle Istituzioni nazionali e locali, clinici e rappresentanti del mondo associativo si sono confrontati mettendo in luce le criticità attuali ed esaminando le strategie comuni da intraprendere per migliorare l’assistenza ai pazienti emofilici. Convinti che sia necessario accrescere la capacità dell’Italia di far fronte a una malattia che presenta una bassa incidenza ma un’elevata intensità di cure. Temi all’ordine del giorno sono stati: accreditamento dei Centri Emofilia, continuità delle cure, approccio alla patologia globale e multi-specialistico ma soprattutto omogeneità di trattamento su tutto il territorio nazionale.
In molte Regioni italiane, infatti, ad oggi mancano Centri in grado di fornire un’assistenza multi-specialistica. Ciò costringe spesso i pazienti a spostarsi in località a volte lontane molti chilometri da casa, con grave rischio per la vita del malato in casi di emergenza emorragica. Di fatto l’Italia che assiste gli emofilici è ‘strutturata’ a macchia di leopardo. Per ovviare a tale disomogeneità, attraverso la Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, la FedEmo si è fatta promotrice dell’avvio di un percorso per la definizione di linee guida organizzative per la programmazione regionale e l’accreditamento istituzionale dei Centri Emofilia sul territorio italiano. La Commissione Salute ha dato mandato al Centro Nazionale Sangue di coordinare i lavori.
Oggi, grazie alla disponibilità dei farmaci (concentrati dei fattori della coagulazione di origine plasmatica e ricombinante), ai progressi della ricerca e ai nuovi regimi di trattamento (profilassi e immunotolleranza) il paziente emofilico ha un’aspettativa di vita simile a quella della popolazione generale.
Ma è la qualità di vita, intesa come benessere fisico, integrazione sociale, salute mentale ed emotiva, ad essere fortemente condizionata dall’accessibilità ai farmaci, dai regimi di trattamento, dalla continuità terapeutica, dalla presenza e qualità dei Centri Emofilia e dalle politiche e programmazioni regionali.
Ad esempio nella metà delle Regioni non esiste una legge per il trattamento domiciliare dell’emofilia: il paziente di fatto per curarsi è messo nelle condizioni di essere un fuori legge!
“Abbiamo voluto fortemente questo incontro per far capire l’importanza della partecipazione di tutti, cittadini, associazioni e soprattutto istituzioni per garantire alla comunità di pazienti emofilici standard di cure adeguate ai principi europei e omogeneità di trattamento su tutto il territorio nazionale”, spiega Gabriele Calizzani, presidente FedEmo.
“Emofilia, insieme facciamo rete!”, è lo slogan che abbiamo scelto in occasione del 17 aprile proprio per esprimere la volontà e la necessità del coinvolgimento di tutti, a livello locale e nazionale, per garantire sicurezza e qualità della cura. In altri termini, garantire a tutti i pazienti emofilici italiani la miglior cura possibile nell’intero percorso che va dalla diagnosi al trattamento”.
Ma lo slogan non si ferma alla celebrazione della giornata mondiale dell’emofilia. Diventerà infatti una campagna di comunicazione che accompagnerà FedEmo e le associazioni locali durante tutto il 2011 nel percorso che, con il coinvolgimento diretto delle Istituzioni, mira a rendere l’Italia un Paese all’avanguardia da un punto di vista clinico e ‘strutturato’ da un punto di vista dell’organizzazione delle risorse. Non più ‘a macchia di leopardo’ ma ‘in rete’ per rispondere al meglio ai bisogni di tutta la popolazione emofilica.

L. R.

LA SETTIMANA BIANCA

Abbiamo voluto documentare anche attraverso alcune immagini questa vacanza che da quasi quarant’anni si svolge nelle Dolomiti fra le famiglie che hanno parenti emofilici.
Negli anni poi si sono aggiunti anche famiglie di amici che con noi desiderano passare una settimana di serenità nella neve. Chi sciando, chi invece preferisce passeggiate nei boschi nonostante la neve alla ricerca del silenzio.
Finalmente, nuovamente, in settimana bianca “la nostra settimana bianca”
L’atmosfera sa di rimpatriata, alle spalle un anno, per alcuni più difficile che per altri, l’emofilia non è una compagna di viaggio gradevolissima, avremmo tutti preferito viaggiare soli, si sa!!
Ma oggi è bello incontrarsi, oggi siamo felici di esserci conosciuti seppure per colpa di quel gene disertore.
Eccoci qui tra le grida e le corse dei bambini e gli sguardi sempre un po’ apprensivi delle giovani mamme, perché come dice Brunello, le generazioni si susseguono, i tempi cambiano, l’emofilia è più “gestibile” ma: le mamme sono sempre le stesse, non cambiano mai!
È bello, quasi commovente, ritrovarsi sotto questo cielo incredibile, per sciare, ciaspolare, o semplicemente camminare, chiacchierando: qualche accenno alle inevitabili difficoltà del nostro percorso, ma sorrisi, risate, tanti!
Poi si organizza la ciaspolada, che ci unisce tutti; la più affaticata, è certamente la dolcissima Maria, placidamente appesa alle spalle della guida che ci conduce, attraverso sentieri nei boschi innevati, ad ammirare un paesaggio mozzafiato, lungo il percorso ci sono i” bambini grandi” che si tuffano e rotolano nella neve fresca, trascinando nella divertente lotta i bambini veri, uscendone trafelati sudati e imbiancati!
Meta meritata: Malga Ritorto per gustare polenta funghi formaggio…e un grappino.
C’è chi ritorna a piedi e chi si fa pigramente portare dalla slitta, trainata dai cavalli.
La sera, a cena, le lunghe tavolate, dove ci si stringe un po’ per poter stare tutti assieme, dove le conversazioni, le discussioni, si intrecciano e gli accenti si confondono..
Qui si uniscono e si mescolano, la Campania al Veneto, la Lombardia all’Emilia-Romagna, la Toscana alla Calabria, al Lazio, al Trentino… da anni e l’esperienza di uno diventa ricchezza, aiuto e confronto per l’altro.

Luisa Rinaldi

L’ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE DEGLI EMOFILICI

A Firenze il XIV Convegno Triennale sui problemi clinici e sociali dell’emofilia.
In un documento della Federazione degli Emofilici si dice:
“I difetti ereditari della coagulazione, tra cui l’emofilia, sono inseriti nell’elenco delle malattie rare (Decreto Ministeriale n. 279 del 18 maggio 2001).
A differenza di molte malattie rare dove l’assistenza sta compiendo ancora i primi passi, l’emofilia può contare su una rete di Centri di diagnosi e trattamento a livello nazionale – e continua – “Nonostante questo, proprio uno studio recente della Fondazione Paracelso ha però evidenziato un aumento dei fenomeni di pendolarismo della salute: i pazienti portatori di Malattie Emorragiche Congenite (MEC) sono costretti a sostenere significativi costi socio-sanitari dovendosi spostare da una regione all’altra per mancanza di un omogeneo livello di assistenza inter-regionale.
Per ovviare a tale disomogeneità nel 2009 FedEmo si è fatta promotrice di un progetto di ricerca finalizzato alla definizione dei requisiti minimi strutturali tecnologici ed organizzativi e di Linee Guida per l’accreditamento istituzionale dei Centri e Servizi per la diagnosi e la cura delle MEC sul territorio nazionale.
L’obiettivo del progetto attualmente in essere è di supportare la produzione e condivisione di raccomandazioni/linee guida a carattere organizzativo che permetta alle Regioni di dotarsi di strumenti di programmazione, organizzazione e governo in grado di consentire un’efficace risposta ai bisogni socio-sanitari della comunità dei pazienti (e delle loro famiglie), favorendo l’integrazione sociale e riducendo l’impatto della patologia e delle sue complicanze”.

IL PROGETTO LAZIO
È un progetto di FedEmo in collaborazione con l’Associazione Emofilici del Lazio (A.E.L.).
L’AEL ha chiesto il supporto di FedEmo per lo sviluppo di un progetto di ricerca clinica e assistenziale su base regionale in grado di favorire il reclutamento e la motivazione di giovani professionisti dotati di alta professionalità e specializzazione nel campo delle Malattie Emorragiche Congenite.
Nell’ambito del progetto, saranno promossi in prima istanza bandi destinati a personale medico”.

IL PROGETTO SAFE FACTOR
“è un progetto con la Società Italiana Medicina Emergenza Urgenza (SIMEU) e la Federazione Italiana Medicina Emergenza Urgenza (FIMEU).
Abbraccia a 360 gradi le esigenze di sicurezza che un emofilico incontra nel corso della propria vita. Aspetti che vanno dalla qualità e disponibilità dei farmaci, alla loro distribuzione, all’assistenza offerta dalle strutture sanitarie, alla promozione della terapia domiciliare.
L’obiettivo principale del progetto SAFE Factor è tuttavia la promozione della sicurezza del paziente affetto da emofilia con particolare riferimento alla gestione dell’emergenza emorragica.
L’esigenza fondamentale è quella di promuovere nei medici dei servizi di emergenza una maggiore conoscenza dell’emofilia in modo tale che quando un paziente si presenta al pronto soccorso in conseguenza di un evento traumatico, o spontaneo, sia che si possa manifestare o meno un sanguinamento (ematoma o emartro), si proceda alla somministrazione della terapia sostitutiva prima di condurre i necessari approfondimenti diagnostici onde evitare di perdere tempo prezioso che potrebbe condizionare seriamente la prognosi del paziente”.
Si propone di creare in tutte le Regioni una struttura di supporto per garantire una gestione condivisa e sicura delle emergenze.
Nella Regione Emilia-Romagna è stato realizzato un “Percorso per l’accesso e il trattamento dei pazienti con malattia emorragica congenita nei Pronto.
Il progetto, che è all’avanguardia nel campo dell’assistenza a questi pazienti e che è stato finanziato dall’Assessorato alla Salute della Regione, si compone di una serie di elementi: innanzitutto sono state sviluppate raccomandazioni pratiche su come gestire gli episodi emorragici in urgenza che poi sono state condivise con i medici e gli infermieri che lavoravano nelle varie strutture di emergenza mediante riunioni tenute nelle principali sedi.
Inoltre è stato ideato e messo in rete un sito Web specifico (www.emofiliaRER.it) costituito da due parti: una pubblica con la descrizione delle malattie e dei farmaci e con una mappa interattiva che illustra le caratteristiche e la dislocazione delle strutture di emergenza disponibili in Romagna; un’altra parte invece è riservata ai Pronto Soccorso e contiene informazioni più dettagliate sugli stessi argomenti oltre a un software in grado di indicare istantaneamente al medico responsabile il tipo e la dose del farmaco da usare per ogni emergenza emorragica nello specifico paziente che gli si presenta davanti.
Infatti tutti i pazienti della Regione sono stati forniti di una speciale chiavetta USB con la quale, nel rispetto della sicurezza dei dati, si possono consultare le informazioni sanitarie essenziali di ciascuno, presenti in una apposita cartella clinica informatizzata, anch’essa all’avanguardia dei tempi”.

IL PROGETTO “FORTE”
Nel biennio 2009-2010 si sono tenuti due corsi di formazione, presso la Casa di Cura “Domus Salutis” di Brescia, una realtà da molti anni all’avanguardia nel campo del trattamento riabilitativo postoperatorio del paziente emofilico, e l’Istituto “Don Carlo Gnocchi” di Milano che si è recentemente affiancato alla “Domus Salutis” come struttura qualificata a fornire una adeguata riabilitazione al paziente emofilico.
22 fisioterapisti e 3 fisiatri, provenienti da tutta Italia, hanno ricevuto nel corso dei 7 incontri formativi realizzati nel biennio approfondite nozioni in merito al trattamento del paziente, potendo svolgere anche sessioni pratiche di lavoro con emofilici presenti nelle due strutture e venendo messi a conoscenza di tutti gli aspetti ematologici, ortopedici e psicologici che rendono l’emofilico un paziente peculiare, da trattare solo con adeguata preparazione.
Nel 2011 è stata sviluppata una piattaforma web dedicata ai partecipanti al progetto, per consolidare la rete dei fisioterapisti coinvolti, favorendo lo scambio di esperienze e l’aggiornamento professionale.
Il progetto FORTE ha rappresentato e rappresenta un grosso impegno che, nell’auspicio di tutti, potrà in futuro consentire a molti di poter contare sulla professionalità di specialisti della riabilitazione con elevata competenza nel trattamento del paziente emofilico, e di avere accesso a un servizio che è al momento disponibile solo in pochi Centri.

IL PROGETTO “DNA”
Nel solco tracciato dal programma “PUER”è il progetto DNA (Di Nuovo Assieme), che ne rappresenta l’ideale continuazione ed ha mosso i primi passi con l’incontro svoltosi l’11-12 settembre dello scorso anno al Ciocco (vedere EX di novembre, pagine 14-16 – N.d.R.) al quale hanno partecipato circa 100 persone, vuole riproporre, attualizzandola, la formula dell’incontro tra le famiglie.
Il progetto Di Nuovo Assieme (DNA) nasce con l’obiettivo di (In)formare una rete di figure di riferimento – genitori e adolescenti – che a loro volta diventino promotori di un percorso formativo in ambito regionale. L’obiettivo principale è la promozione e la tutela del benessere psico-fisico dei genitori e dei bambini attraverso l’azione congiunta e mirata di diverse professionalità e di gruppi di lavoro multidisciplinari. Nel 2010 il primo incontro con le famiglie e gli adolescenti ha cercato di Stimolare una riflessione comune sul presente, per valutare ed individuare, facendo tesoro delle esperienze passate, i futuri strumenti di sostegno da mettere a disposizione di tutti.

IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE ASSOCIAZIONI
L’articolo editoriale del nostro giornale richiamò puntualmente ai ruoli delle associazioni di cui riproponiamo qui un riassunto.
“Vogliamo ricordare a questo punto gli incontri e le assemblee di metà anni ‘90, che si conclusero con la nascita della attuale Federazione delle Associazioni emofilici in quel convegno del 1996 a Sorrento.
Sono passati quindici anni ma, in proposito, vogliamo ricordare quanto scrisse nel nostro speciale, l’allora primo segretario generale Andrea Buzzi.
Parole che, a nostro parere, sono valide tutt’ora.
“…ecco, abbiamo fatto riunioni, incontri, consultazioni, assemblee e telefonate a decine.
Ma alla fine siamo arrivati ad uno statuto che garantisce un’operatività ampia e agile, il che significa efficienza e nello stesso tempo un vigile controllo delle decisioni prese, il che significa democrazia.
È questo dunque l’assetto che, alla luce dei contributi apportati da tutti coloro che hanno ritenuto di partecipare a questo lavoro a partire da Bologna, appare il più idoneo ad accontentare gli esigenti e a rassicurare i garantisti.
Infine, ricordiamoci che gli statuti non sono gabbie senza uscita e che se alla prova dei fatti si dimostrano carenti o inadeguati, li si può sempre cambiare.
Il risultato raggiunto, comunque, ci sembra più che soddisfacente, tenuto conto che far felici tutti è cosa che, come disse un Papa, non sempre riesce nemmeno a domineddio.
Forti di questa consapevolezza e della serietà del lavoro svolto, ci sentiamo ora pronti ad affrontare i nostri veri problemi, quelli di ieri e di oggi, perché non siano anche quelli di domani…”.
E “quel” domani è qui davanti a noi non soltanto nel ricordo di quei giorni ma soprattutto in ciò che è stato fatto e nella perdurante incertezza a molti livelli, nonostante i notevoli progressi della cura.
Il piccolo riassunto del lavoro svolto dal Direttivo Fedemo in questi ultimi tre anni, lo pubblichiamo innanzitutto per poter rileggere il percorso ed anche e soprattutto per portare ognuno un contributo di proposte e, soprattutto, di impegno in un momento molto difficile, sia nel settore della sanità che in quello del volontariato.
Abbiamo con noi alcune associazioni giovani con l’entusiasmo giusto e non possiamo permetterci di lasciarle da sole.
Le proposte di modifica degli statuti mirano proprio ad un cambiamento per un coinvolgimento maggiore e le risposte che fino ad oggi sono state date (molto poche purtroppo) alle proposte di modifica degli statuti, non facilitano certo il compito di chi è preposto, perché eletto dall’assemblea, a lavorare in serenità”.

Brunello Mazzoli

IL XIV CONGRESSO TRIENNALE SULL’EMOFILIA

Il XIV Congresso triennale dell’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE) e della Federazione Nazionale delle Associazioni degli Emofilici (FEDEMO) che si è svolto a Firenze dal 4 al 6 novembre sarà senz’altro annoverato come quello del “passaggio di consegne”. Ma avremo modo di parlare di questo nei prossimi mesi, attraverso resoconti medici ed interviste.
In questo numero abbiamo scelto di raccontare ai nostri lettori i fatti che in aula ci hanno più emozionati e che anche in questo caso hanno segnato alcune novità di non poco conto.
Un ricordo su tutti, primo in assoluto: il Prof. Mannucci che si alza in piedi per applaudire Andrea Buzzi, presidente della Fondazione Paracelso, al termine del suo intervento nel quale ha illustrato, in un viaggio a Kabul, l’iniziativa intrapresa per creare un Centro per gli emofilici afghani che sono alla preistoria del trattamento.
Naturalmente la cosa straordinaria non è stata il fatto di chi per primo abbia voluto dare quel segno di riconoscimento, che nei convegni, è già di per se cosa ben rara, quanto lo stupore di quanti hanno percepito e ripetuto quel gesto.
Forse la distrazione non ha permesso a tutti di comprendere veramente quello che Andrea andava mostrando e dicendo. Forse non erano troppo forti le foto mostrate, non c’era abbastanza sangue e disperazione e miseria e totale nulla.
Ma compostezza, il viso di un bambino sorridente, una piccola stanza pulita, persone intorno a un tavolo, silenzio.
Il silenzio cui non siamo più abituati, costretti come siamo a divorare con forza immagini che parlano come pugni nello stomaco.
Il silenzio che aiuta a capire come si possa pensare, costruire, progettare un’idea in cui ognuno avrà un ruolo e un compito da assolvere. Certo qualcuno ha pensato fosse giusto dire che anche noi abbiamo tante criticità e che non serve andare tanto lontano per trovarne.
La differenza è qui, nel poter esprimere democraticamente il proprio pensiero e difenderlo.
E noi rispettiamo chi non condivide.
Probabilmente il metro con cui viene misurato il nostro dolore e quello degli altri non è lo stesso per tutti.
Chi si è alzato ha voluto dimostrare al contrario che a Kabul, la Fondazione Paracelso ha portato un pezzetto di ciascuno di noi per dire a gente che non ha nulla, che noi sappiamo che esistono e nostra responsabilità è stata quella di mettere nelle loro mani un contributo dignitoso e non pietoso.
Scegliendo questa immagine per aprire il convegno di Firenze abbiamo voluto dire a tutti che ora siamo in grado di guardarci attorno, abbiamo gli strumenti e, soprattutto gli uomini per non essere più egiosti.
Ci sono state altre cose poi nel corso del triennale che ci hanno fatto riflettere ed è di quelle che intendiamo raccontare.
Il lavoro è sempre tanto, le idee si accavallano, le criticità si modificano, ci confondono, ma gli obiettivi sono chiari e se pur complessi, raggiungibili.
Crediamo che tanti giovani siano maturi per cominciare a muoversi attivamente per sostenere attività e lavoro.
Ne è prova l’ingresso nel consiglio di FEDEMO di Stefania Farace e il breve filmato trasmesso a chiusura dei lavori, frutto dell’impegno di un gruppo di giovani che mostriamo in copertina, alcuni dei quali sono cresciuti con la vacanza estiva organizzata dall’Associazione di Ravenna e che si sono messi a disposizione per i progetti legati prima a PUER e poi alla sua naturale continuazione, il progetto “DNA”.
Vogliamo infine ricordare il messaggio forte della Prof.ssa Flora Peyvandi sulla necessità, più che mai impellente, di essere vigili e controllori della nostra salute.
Una sorta di farmaco-vigilanza collettiva, resa necessaria dal momento di particolare crisi e confusione sociale ed economica.
Cerchiamo quindi di seguire l’invito di questa ricercatrice e di predisporre tutte le energie a difesa di una cura sempre più idonea e destinata a tutti, anche a quel 80% di popolazione dimenticata come ad esempio abbiamo visto nelle immagini da Kabul.

L’EMERGENZA EMORRAGICA
Un’altra giornata, anzi, una mattinata da ricordare è stata quella della tavola rotonda dedicata all’emergenza emorragica, un progetto sviluppato dalla Regione Emilia Romagna che sarà esportato in altre regioni che ne hanno chiesto l’intervento.
E quello dell’emergenza emorragica è il problema legato alla non conoscenza dell’emofilia e quindi il rischio che in un Pronto Soccorso non si pratichino tempestivamente le cure adeguate ad un emofilico.
A questo proposito è stato distribuito un libretto “Safe Factor” realizzato da FedEmo, dal titolo: “La gestione dell’urgenza nei pazienti emofilici nei Pronto Soccorso”, realizzato dal Centro Hub dell’Emilia Romagna nelle persone della dott.ssa Annarita Tagliaferri responsabile del Centro e dei medici dott.ssa Gianna Franca Rivolta, dott.ssa Caterina Di Perna e dal dott. Corrado Pataccini, dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma. Hanno colaborato alla realizzazione anche i medici del Centro Regionale del Gaslini di Genova dott. Claudio Molinari e dott.ssa Laura Banov.
In questo contesto ed argomento è stato distribuito un numero speciale dell’organo ufficiale della Società Italiana di Medicina d’Urgenza (SIMEU), nel quale intervengono molti medici dell’AICE ed anche i rappresentanti di FedEmo.

PROGETTO “FORTE”
In un’altra sessione è stato presentata l’attività svolta nel 2009 e nel 2010 dal “Progetto F.O.R.T.E. Dedicato alla formazione di operatori della riabilitazione per il trattamento degli emofilici.
In un apposito libretto edito da Fondazione Paracelso e FedEmo, distribuito al convegno, sono illustrati il lavoro e gli obiettivi di questo importantissimo progetto ed i nomi dei professionisti che hanno partecipato.
Elena Boccalandro, osteopata e fisioterapista del Centro di Milano, che ha contribuito a formare i gruppi di fisioterapisti presso la “Domus Salutis” di Brescia, nella pubblicazione ha scritto tra l’altro:
“Per me in particolare il progetto FORTE ha rappresentato l’occasione di trasferire tutto ciò che fino ad oggi ho acquisito in termini soprattutto d’esperienza e mi ha ricordato la passione, l’energia, la volontà, la fatica, il coraggio, la paura e l’incertezza che ho vissuto e vivo ancora oggi ogni qualvolta mi trovo a lavorare con loro, “i miei pazienti”.
L’entusiasmo che mi ha accompagnata in questi anni è sicuramente il frutto di un’esperienza che non è solo professionale ma soprattutto umana, vera e autentica in ogni sua sfaccettatura. Mi auguro che questo entusiasmo possa contagiare a lungo termine anche tutti questi nuovi professionisti specializzati”.

IL PROGETTO D.N.A.
Altra interessante pubblicazione anche questa presentata da FedEmo è stata quella del progetto DNA, il cui significato è: “Di Nuovo Assieme”, per ricordare una continuità del lavoro rivolto alle famiglie nato più di dieci anni fa con il progetto PUER (progettiamo un’esperienza ripetibile), ideato per rispondere ai bisogni più importanti manifestati dalla comunità dei pazienti emofilici, la richiesta di sostegno da parte dei genitori dei bambini.
E’ stato illustrato il primo incontro, riportato nel libretto, svolto nei giorni 10, 11 e 12 settembre 2010 al Ciocco, al quale hanno partecipato adolescenti e famiglie provenienti da tutte le regioni italiane.
Questo “Di Nuovo Assieme” per porre nuovamente le basi della progettualità comune, per formare ed informare una rete di figure di riferimento, sia genitori che adolescenti a livello regionale e attivare percorsi di promozione per la tutela del benessere psico-fisico di genitori e figli, attraverso l’integrazione fra diverse professionalità e gruppi di lavoro multidisciplinari.
In questo caso abbiamo assistito al racconto delle tre animatrici che hanno lavorato con i gruppi al Ciocco, la dott.ssa Silvia Carcasci, con il suo gruppo composto da 35 persone fra adulti e bambini, dalla dott.ssa Gianna Bellandi con un gruppo composto da 11 coppie di genitori e ragazzi di età compresa tra 13 e 8 anni, la dott.ssa Alessandra Tartarelli con un gruppo costituito da 11 ragazzi più 3 sorelle e un fratello non emofilico, da 13 a 26 anni.
Se volevamo fare un triennale rivolto al futuro, questi sono veramente argomenti che ci hanno dimostrato come la presenza dei giovani, sia padri che figli, potranno dare un impulso ulteriore al lavoro di tutti.
E quindi, perché non concludere proprio con una di questi giovani che ha già preso un impegno preciso all’interno del Direttivo di Fedemo?
Il suo nome è Stefania Farace, 22 anni, sorella di un ragazzo emofilico, la quale, quando si concluse la sua prima esperienza al Ciocco così scriveva tra l’altro:
“Quando bisogna scrivere di un evento che ha lasciato il segno dentro di noi non è mai facile. Le parole verranno da sole, ma non si tratta di semplici parole, si tratta di emozioni.
L’esperienza “Di Nuovo Assieme” è stata fantastica: ho avuto modo per la prima volta di confrontarmi con dei coetanei, di notare che, pur non conoscendoci e vivendo lontani, abbiamo le medesime opinioni.
E’ stato quindi incredibilmente facile fare gruppo con gli altri affrontando, divertensodi, comunque argomenti importanti….”.
Questo è stato il triennale che preferiamo ricordare rimandando i nostri lettori ai prossimi mesi nei quali tratteremo in modo più approfondito le più importanti relazioni che non hanno trovato spazio nella nostra prima cronaca, primi fra tutti il gruppo di medici-ricercatori che hanno ottenuto riconoscimenti e borse di studio a dimostrazione che esiste un ricambio generazionale che va seguito e rivalutato, per non disperdere il grande patrimonio che è stato lasciato loro dai medici e ricercatori che hanno fatto la storia dell’emofilia dagli anni 70 ad oggi.

NASCE IL COORDINAMENTO NAZIONALE DEI THALASSEMICI

Anche la talassemia ha una sua rappresentanza ufficiale in campo nazionale. Il nostro giornale ne da notizia con particolare soddisfazione essendo stato un fautore della primissima ora.
ROMA – “Solo quando è tanto buio si possono vedere le stelle”.
Una frase che sembra essere fuori dal contesto. Che è parte di una piccola raccolta di versi buttati giù e letti, a sorpresa, alla platea. Parole che sembrano estranee ai discorsi del momento. Eppure, Domenico Ferrullo, il giovane presidente dell’Associazione di Bari, in pochi istanti non ci fa diventare più uniti, ma ci cementa proprio. Parla con il tono della meditazione che di solito fa dire le cose essenziali.
Infatti conclude invitandoci a diventare tutti padroni del nostro movimento.
E così sarà. Infatti siamo li, a Roma, nella Sala della Mercede (nel cuore della Camera dei Deputati) per ricostruire, dopo tanti anni, il Coordinamento Nazionale dei Talassemici.
Finalmente ci siamo incontrati. Provenienti da tutte le regioni d’Italia e provati da problemi di varia sfumatura, ma con una unica vera matrice, la talassemia.
Soltanto due gli argomenti da discutere, ma sono due punti che dicono tutto.
Il primo è la programmazione della tutela del paziente thalassemico.
Il secondo la proposta della nascita di un Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Talassemici.
E ce l’abbiamo fatta! Il sodalizio si è costituito. Ne fanno parte soggetti affetti da morbo di Cooley, genitori e medici impegnati nella cura.
L’incontro è stato organizzato dal dott. Ippazio Stefàno (già responsabile del Centro di Microcitemia dell’Ospedale Ss. Annunziata di Taranto ed attualmente sindaco della città pugliese) e dal prof. Paolo Cianciulli (direttore del Centro di riferimento regionale del Lazio, Ospedale S. Eugenio di Roma).
Finalità di questo organismo di collegamento tra i pazienti italiani sono la messa a punto di nuove linee guida per la cura della patologia e il riconoscimento dei diritti sanitari e sociali per il miglioramento della qualità di vita delle persone interessate da questa malattia.
Si tratta dunque di una autorevole rappresentanza nazionale e potrà essere anche un valido collegamento con la T.I.F. (Talassemia International Federation).
E proprio dell’esigenza di creare al più presto nuove linee e protocolli condivisi su tutto il territorio nazionale, hanno parlato Stefàno e Cianciulli aprendo i lavori della conferenza.
In particolare quest’ultimo ha ricordato che allo stato attuale, nel mondo della thalassemia si leggono segnali positivi e negativi.
Il 60% della popolazione si trova nella fascia tra i 40 – 50 anni e vive gran parte delle complicanze di questa patologia. Non va trascurata anche, secondo Cianciulli, l’Anemia falciforme, vera e propria cenerentola.
Infine ha auspicato la messa in rete delle nostre associazioni allo scopo di creare una vera aggregazione e poter finalmente “scendere dalla torre di Babele”.
Tantissimi sono stati gli interventi che si sono succeduti nel corso della mattinata.
Al termine della stessa è stata deliberata la nascita del Coordinamento che si è dotato di due organismi strettamente in simbiosi tra loro.
Un Comitato medico-scientifico e un Comitato di pazienti (rappresentanti delle cinque aree geografiche del Paese).
Grande è dunque l’attesa per i pazienti (che in questi anni hanno visto aumentare in maniera esponenziale la spettanza di vita) e dei loro medici che, insieme, chiedono allo Stato ed alle Regioni, pari opportunità terapeutiche sul territorio nazionale.

G. M.

IN CINA QUALCHE SEGNALE POSITIVO PER LA CURA AGLI EMOFILICI

Dopo aver partecipato alla nostra vacanza Ge Meng, un emofilico cinese al quale abbiamo dato la possibilità di avere un’assistenza che gli ha permesso di uscire da quella che era una vita in carrozzina, è tornato a Pechino e ci racconta come anche in Cina la vita degli emofilici, piano piano stia cambiando.
Il nostro corrispondente dalla Cina ci presenta, ad ogni articolo, un mondo, molto lontano dal nostro, nel quale il problema emofilia è ancora legato alla difficoltà di reperimento del prodotto esclusivamente per tentare di fermare l’emorragia.
Concentrati nella stragrande maggioranza emoderivati che le famiglie sono costrette ad acquistare e quindi ben lungi, per la maggior parte di loro, poter pensare ad una profilassi.
Costi proibitivi ed anche costi per gli eventuali ricoveri.
Ma qualcosa sta cambiando, anche se lentamente, nel sistema sanitario cinese.
Si sta iniziando a parlare di parziali rimborsi. E’ ancora limitato a grandi città ed ai residenti ma l’inizio è promettente.
Lo scorso anno ci sono stati numerosi progressi nella cura dell’emofilia in Cina e la situazione generale è migliorata rispetto a prima. Per esempio, l’emofilia è stata inserita in molte parti nel sistema assicurativo sanitario ed è ora molto più facile per gli emofilici ricevere assistenza.
A Beijing da settembre l’emofilia è sotto copertura assicurativa. Da allora, circa l’85% del costo dei fattori concentrati, dovrebbe essere rimborsato dall’assicurazione sanitaria locale per le persone affette da emofilia, che abbiano una registrazione di residenza permanente ( in cinese HUKOU) in città.
Tuttavia, sebbene molte persone affette da emofilia, abbiano beneficiato a Beijing della nuova politica assistenziale medica, molti altri pazienti, pur vivendo in città, restano esclusi. Semplicemente perché questa assicurazione medica è usufruibile solo da coloro che sono in possesso di un certificato di residenza permanente a Beijing: coloro i quali non lo posseggono sono esclusi dall’assicurazione. Queste persone appartengono normalmente alla schiera di coloro che, nati in altre parti della Cina, sono venuti in città per vivere o lavorare e per varie ragioni, molti di loro non hanno ottenuto il permesso di residenza permanente. Molti di loro vivono qui da lungo tempo, ma non possono comunque accedere al sistema assicurativo sanitario pechinese, a meno che non abbiano trovato un ottimo lavoro e i loro datori abbiano sottoscritto per loro un’assicurazione sanitaria.
Per queste persone la situazione è molto differente. Alcuni di loro hanno sottoscritto un’assicurazione medica nella loro città natale. Se il costo della cura, è coperto da queste assicurazioni, una parte del costo dei prodotti, dovrebbe essere rimborsato. Ma normalmente queste assicurazioni sanitarie, coprono solo la spesa medica negli ospedali dislocati nella propria città o regione. Così diventa per loro veramente difficile ottenere il rimborso, se fanno uso del farmaco negli ospedali della capitale, la città dove cioè essi risiedono. Altre persone se non hanno affatto né l’una né l’altra forma assicurativa sanitaria, o se l’assicurazione della loro città natale, non copre il costo della cura per l’emofilia non hanno altra scelta se non quella di pagare personalmente la cura.
In altre parti della Cina, le riserve dei fattori concentrati variano enormemente, nelle differenti provincie, giacché la Cina è un grande paese. In alcune provincie la scorta di fattore è relativamente stabile, mentre in altre i concentrati sono disponibili solo in uno o due ospedali e farmacie della capitale della provincia ed è molto arduo poter comprare il prodotto nelle città piccole. Spero che tutta la popolazione cinese affetta da emofilia possa avere sufficiente farmaco e trattamento in futuro e che inoltre la cura possa andare avanti e che le assicurazioni sanitarie siano perfezionate in Cina.

Ge Meng

Per chiudere il 2011 abbiamo parlato di “noi” e del come sia difficile sopravvivere come tante altre testate del volontariato quando si cerca in tutti i modi di tarpare loro le ali, non ultimo questo provvedimento iniquo e ingiusto.

IL DANNO E LA BEFFA

Cari amici lettori, mentre scrivo queste note (9 giugno) il numero del nostro giornale spedito il 18 maggio, in molte delle vostre case non è ancora stato recapitato (anche all’indirizzo del sottoscritto che abita a non più di un chilometro dall’Ufficio Spedizioni delle Poste Italiane).

Perché vi chiederete, ancora una volta “spendo” alcune pagine di editoriale per raccontare di questa vergogna tutta italiana: il (dis)servizio postale?
Questa volta abbiamo scelto la metafora della quercia caduta e vi spiegherò il motivo.
Il volontariato in Italia, a detta di tutti, compresi coloro che ci governano, è una forza che si è affiancata alle istituzioni, sostituendole, in molti casi, con vantaggi e benefici che sono davanti agli occhi di tutti.
Anche noi siamo parte di questo variegato, importantissimo e cruciale settore.
Facciamo la nostra parte senza quasi mai “chiedere” senza prima aver “fatto” (vi sovviene la parola: “il Governo del fare”?).
In questo momento, la quercia del volontariato, soprattutto l’informazione, dopo che sono state tolte le agevolazioni per le spedizioni è di fronte ad un bivio. Continuare a resistere con il vostro aiuto, oppure lasciarsi andare ai colpi inferti dalle accette di coloro che ci governano. Continuano a lodarci, ma ci tolgono la possibilità di sopravvivere (se volete andate a rileggervi la poesia “La quercia caduta” di Pascoli).
E così, come spesso succede nel nostro Paese, dopo le prime prese di posizione a nostro favore, è calato il silenzio.
Chi sta cercando di fare qualcosa in questo momento è l’Associazione della Stampa Periodica.
Nell’articolo “Basta! Serve una soluzione urgente” in un numero del “Notiziario USPI”, si proponevano alcuni possibili suggerimenti per risolvere il problema delle tariffe di spedizione postale per gli editori no-profit, ancorate tuttora alla “Tariffa piena”.
Soluzioni che prevedevano il ripristino del fondo di 30 milioni di euro del 2011 a sostegno delle tariffe postali per le ONLUS, oppure una legittima interpretazione normativa che almeno consentisse agli editori no-profit di avvalersi della “Tariffa ROC”, o il sostegno governativo e del Dipartimento editoria per istituire un tavolo di confronto con Poste che potesse portare ad una soluzione tariffaria, equa e sostenibile, concordata tra le parti.
Suggerimenti che nessuno ha ancora accolto, né i politici né da parte le Istituzioni e tanto meno la pubblica amministrazione.
L’interpellanza si conclude con la nota in cui si afferma che: “il Governo ha accolto un ordine del giorno che lo impegna a prorogare l’efficacia del decreto tariffario per le ONLUS ed a mantenere in bilancio, per l’anno 2011, le somme già stanziate per il 2010;
Nulla, a tutt’oggi, è stato più fatto per risolvere il problema delle tariffe postali delle onlus, perdurando il totale e generale disinteresse del governo ed in particolare del Dipartimento per l’informazione, che non si è ancora attivato per ripristinare le tariffe agevolate per i soggetti no-profit né per consentire loro di accedere alla tariffa prevista per le imprese commerciali, costringendo le associazioni di volontariato a pagare una tariffa postale di gran lunga superiore a quella riservata ai quotidiani e periodici dei grandi gruppi editoriali”.  
Intanto le Poste Italiane hanno formulato una nuova proposta tariffaria, in sperimentazione fino al 31 luglio 2011. Si rivolge principalmente ai “no-profit” che sono ancora obbligati a spedire con la “tariffa piena”.
La premessa delle Poste, bontà loro, è questa: “Siamo ben consapevoli che questa non è la soluzione al gravoso problema delle tariffe postali del no-profit, ma è un aiuto a risolverlo.
La nuova proposta, che ricalca in gran parte la precedente offerta denominata “Postatarget Creative sperimentale” (in vigore fino a gennaio 2011) si chiama “POSTATARGET DAY”, ed è valida dal momento della sottoscrizione del nodulo di adesione fino al 31/07/2011”.
Leggendo anche soltanto una parte delle condizioni di accesso alla sperimentazione, anche un inesperto si renderà conto di quale proposta a dir poco “assurda” sia, in considerazione che viene rivolta indistintamente a tutti, compresi soprattutto coloro che spediscono piccoli giornali di categoria e che sono la stragrande maggioranza di questo bacino di utenza.
Basta soltanto leggere questi punti: “possono aderire a Postatarget Day i clienti che si impegnino a: 
spedire fino al 31 luglio 2011 – almeno 100.000 invii di Postatarget Creative prelavorati secondo le modalità dei prodotti di Direct Mailing;

  • spedire almeno il 70% degli invii nel medesimo macro-bacino di accettazione (Nord/Centro/Sud Italia);
  • postalizzare gli invii obbligatoriamente solo il martedì e mercoledì;
  • postalizzare unicamente solo dopo prenotazione della spedizione sul sito PS online e la conferma da parte dei Centri Accettazione (CMP o Centri Provinciali, a seconda dei quantitativi).

Obiettivi di consegna
Entro 8 giorni lavorativi successivi alla data di postalizzazione (J+8) per l’85% degli invii, entro 10 giorni (J+10) per il 99% degli invii.
I prezzi sono differenziati in funzione del formato, delle quantità spedite e del peso, e vanno da un minimo di 0,18 ad un massimo di 0,23 (fino al peso max di 200 grammi).
È una sperimentazione che ha la finalità di verificare le possibili ottimizzazioni del processo operativo, con particolare riferimento all’utilizzo della rete di trasporto e di recapito, riducendo i costi di lavorazione.
Nello specifico, l’obiettivo perseguito è quello di verificare quanto la combinazione tra i livelli di servizio inferiori allo standard e la concentrazione territoriale delle spedizioni, unitamente al massimo impiego degli strumenti di pianificazione ed alla postalizzazione di quantitativi rilevanti nei giorni della settimana di minor affollamento della rete, consente il raggiungimento di efficienze produttive”.
Non potevo credere ai miei occhi quando ho terminato di leggere questo “comunicato”, soprattutto in funzione delle proteste continue dei nostri lettori che non ricevono il giornale o, se lo ricevono, dopo mesi di ritardo… quando non ci viene restituito con la scritta “sconosciuto”.
Esempio: il numero di settembre 2010, restituito a noi in maggio 2011, dopo sette mesi.
E non una copia, ma pacchi di decine di giornali.
Avevamo pensato di farlo anche noi ma ci siamo resi conto che il 60% dei lettori non usa abitualmente internet e veicolarlo attraverso le associazioni non è praticabile perché quelle che funzionano a livello informativo sono purtroppo pochissime.
Ora mi chiedo: se per i quotidiani ed i periodici commerciali in ottobre è stato raggiunto un accordo con tariffe più abbordabili, perché le testate del volontariato non ottengono almeno lo stesso trattamento?