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2012: REALTA’ E IMPEGNO DELLE ASSOCIAZIONI DEL VOLONTARIATO

Nel 2012 abbiamo dato particolare risalto all’attività delle Associazioni di volontariato, sia quelle rivolte all’emofilia che a quelle che seguono i talassemici. Non abbiamo dimenticato comunque che il 2011 era stato l’anno europeo del volontariato, tanto è vero che abbiamo aperto con un’editoriale dedicato proprio a questo argomento, ribadendo la necessità di un impegno costante soprattutto da parte dei giovani.

IL 2011 È STATO L’ANNO EUROPEO DEL VOLONTARIATO?

Quanti sapevano che il 2011 era l’anno europeo del volontariato?
Immaginando la risposta, purtroppo, di molti di voi, vi informo che il Consiglio d’Europa ha riferito che questo settore coinvolge 3 persone su 10 nell’Unione Europea, per un totale di circa 100 milioni di persone.
Vi cito un passo importante del documento del Consiglio d’Europa nel quale il volontariato viene definito: “un tipo di attività capace di concretizzare i valori e gli obiettivi della stessa Unione europea”.
Dialogo intergenerazionale ed interculturale, protezione civile, aiuti umanitari ed aiuti allo sviluppo, integrazione dei migranti, promozione dei diritti umani e dello sviluppo sostenibile, tutela dell’ambiente e crescita dell’occupazione.
Questi risultano essere gli ambiti in vario modo influenzati positivamente dall’azione intrapresa dai tanti volontari coinvolti.
Il documento si conclude con questa frase:“Giovani, meno giovani, occupati e non occupati, appartenenti a differenti etnie e credo religiosi, i volontari sono la testimonianza vivente di come sia possibile abbattere quotidianamente barriere sociali, culturali, religiose ed etniche”.
E se la Regione Emilia-Romagna ha ritenuto di dover consegnare questo riconoscimento (non soltanto a noi per fortuna) un motivo ci sarà.
Per noi che compiamo il 40° anno come associazione ed il 38° come giornale, è un messaggio importante che ci stimola a proseguire verso gli obiettivi che si erano prefissi i nostri fondatori ed in special modo colui che ha il nome stampato in caratteri cubitali sull’attestato e, soprattutto, nel nostro cuore, Vincenzo Russo Serdoz.
Pensate che il direttore di questo giornale abbia un poco travalicato quelli che sono i propri semplici confini di giornale che si rivolge a poche migliaia di persone?
Io credo di no, perché non posso dimenticare ciò che affermavamo in quell’ormai lontano 1974: “Quando era un problema reperire semplicemente il sangue fresco per una trasfusione, non potevamo pensare agli altri, ma ora che abbiamo una cura, possiamo rivolgere lo sguardo anche agli altri”.

L’ASSEMBLEA NAZIONALE DELLA FEDERAZIONE DEGLI EMOFILICI

A proposito di associazioni di volontariato la nostra informazione è proseguita in questo 2012, parlando dell’assemblea della Federazione degli emofilici durante la quale si è riproposto il percorso di lavoro di un anno.
La presenza massiccia dei delegati da tutte le Regioni è stata una dimostrazione, se ancora ce ne fosse la necessità, che la Federazione rappresenta oggi veramente tutti gli emofilici italiani.
Un’assemblea che ci piace definire veramente matura e unitaria durante la quale pur non essendo mancate le discussioni anche accese, ci si è trovati di fronte ad una quasi totale univocità di intenti su tutti i punti del programma discussi.

LE INIZIATIVE ED I GIOVANI
C’è poi da rilevare come fatto altrettanto importante per ciò che riguarda la continuità dell’attività delle associazioni, in un momento che viene definito di “crisi delle vocazioni”, la presenza dei giovani, sia all’interno dello stesso esecutivo della Federazione, che nella nascita di una nuova associazione in Calabria della quale diamo notizia in altra parte del giornale.
È una ricorrenza questa che ormai va al di là di una semplice celebrazione, perché le associazioni, FedEmo e Paracelso in testa, hanno preso coscienza dell’importanza di essere visibili per farsi conoscere.
E vediamole le iniziative delle quali ci sono pervenuti i programmi.

“CLOSE THE GAP”
A Roma il 17 aprile organizzata dalla Federazione, nella della biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini”, aula degli Atti Parlamentari, un incontro dal titolo: “Close the gap”, uno slogan che significa “garantire pari opportunità di accesso ai trattamenti”.
Interverranno, oltre al presidente di Fedemo Gabriele Calizzani, i rappresentanti del Ministero della Salute e della Commissione Igiene e Sanità

“POVERI DI MEZZI RICCHI DI RISORSE”
Sempre il 17 aprile presso l’Università di Milano la giornata avrà come tema: “Il terzo settore nella sanità, una riflessione a più voci”
Lo stesso slogan della locandina di presentazione della manifestazione: Poveri di mezzi, ricchi di risorse”, può dare la misura della determinazione e della volontà di entrare in tutti i settori della società.
A Brescia l’11 maggio organizzato dalla locale associazione con il patrocinio dell’Ordine dei Medici, di FeDemo e di Paracelso, come titolo: “Una rarità ma non troppo. Anche a Brescia l’emofilia” e che si svolgerà presso la “Domus Salutis”, nota ormai da diversi anni a tutti gli emofilici, la quale oltre ad essere la sede del progetto “Forte” dedicato ai fisioterapisti che seguono gli emofilici, dispone di professionisti che collaborano con il reparto di ortopedia del Policlinico di Milano.
Alla “Domus Salutis” accedono ormai gli emofilici da tutto il territorio nazionale.

COSTITUITA UNITED (FEDERAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI PER LA TALASSEMIA E LA DREPANOCITOSI)

Abbiamo poi messo in particolare risalto una notizia che attendevamo da troppo tempo e soprattutto il nostro giornale, dopo la fine inopinata della Lega Italiana contro le Emopatie che non aveva avuto un seguito ed ognuno si era chiuso ne proprio “orticello” regionale, un gruppo di rappresentanti di associazioni ha ritenuto fosse giunto il tempo di riunirsi. E se il buon giorno si vede dal mattino…. Vedremo il seguito della storia.
Domenica 6 maggio segna una data importante per le organizzazioni locali a tutela delle talassemie, drepanocitosi ed emoglobinopatie rare poiché si è ufficialmente costituita UNITED Onlus.
UNITED, come federazione italiana delle associazioni, è stata fondata grazie all’apporto iniziale di 14 organizzazioni locali in rappresentanza di buona parte dei 7000 pazienti italiani, provenienti dalla Sicilia, dalla Sardegna e da gran parte del Nord Italia, ma altre se ne stanno aggiungendo.
Garantire un’assistenza globale ai pazienti, ed alle loro famiglie, tutelandone il diritto alla salute, all’accesso alle cure, alla parità sociale, all’opportunità lavorativa, sono scopi prioritari di UNITED così come, la proposizione di interventi legislativi mirati, le campagne di promozione per il sostegno dei Centri di cura, per la ricerca clinica, volte al miglioramento dell’assistenza socio-sanitaria.
La consapevolezza che molte delle politiche sanitarie che saranno attuate nei prossimi anni, riguarderanno le Patologie Rare nella loro totalità, mentre le singole specificità avranno minor attenzione, richiede alle organizzazioni di pazienti una presenza costante, consapevole, preparata ed autorevole a livello nazionale, ma soprattutto europeo.
Per questo scopo la collaborazione con le società scientifiche nazionali, le Federazioni a tutela delle patologie rare, le Fondazioni e le aziende farmaceutiche che sostengono la ricerca clinica nel campo della talassemia, della drepanocitosi e delle emoglobinopatie rare, saranno capisaldi dell’azione di UNITED.
A Roma è stato semplicemente compiuto un primo atto formale ma con la piena consapevolezza che solo l’unione di tutte le associazioni e la condivisione delle risorse umane ed intellettuali presenti all’interno di questa realtà sia in grado di traghettare il lavoro di UNITED verso il raggiungimento degli obiettivi che si è prefissa: la tutela dei pazienti, dei centri di cura ed il progresso costante della ricerca clinica e scientifica.
Diversi gli interventi che si sono susseguiti da parte dei rappresentanti delle organizzazioni locali presenti all’evento.
Tommasina Iorno, dell’Associazione Talassemici e Drepanocitici Lombardi, ha esposto i temi forti del lavoro di questi mesi, ricordando, come premessa, i molti tentativi fatti negli anni per creare una rappresentanza nazionale ed illustrando gli scopi ed il metodo di lavoro che si intende perseguire nei prossimi mesi, per creare unità di intenti, ma anche di comportamenti, nell’affrontare i problemi.
Il confronto aiuta a crescere e consente, sia di trasferire le “best practice”, che di fare lobby”.
Non ha mancato poi di spiegare il significato di “volontariato”, mettendone in evidenza luci ed ombre nello specifico contesto, riconoscendo i picchi di eccellenza ma anche l’eccessiva frammentazione, dovuta a fattori socio-culturali e ad elementi di condizionamento esterni.
In conclusione si è passati alla nomina dei componenti il Consiglio Direttivo, in carica fino al 30 aprile 2013, nel rispetto dello Statuto approvato, che si compone di 7 rappresentanti: Elvira Amato, Marco Bianchi, Loris Brunetta, Loris Giambrone, Tommasina Iorno, Angela Passafiume, Graziella Secci, ed alla identificazione della sede legale che viene assegnata a Ferrara, quale città storicamente più significativa nella lotta alla thalassemia e nel ricordo del professor Rino Vullo quale indimenticabile pioniere.
Il Consiglio Direttivo ha poi nominato per acclamazione Marco Bianchi, presidente e Loris Giambrone, vice-presidente.

La recente creazione della Federazione delle Associazioni per le talassemie, la drepanocitosi e le anemie rare (UNITED Onlus), cui hanno aderito una ventina di associazioni, costituisce un importante punto di partenza verso una nuova unificazione dell’intero movimento nazionale delle organizzazioni che si occupano di queste patologie.
La situazione contingente della sanità, non solo a livello nazionale ma europeo, richiederebbe l’adozione di strategie mirate, e possibilmente condivise, per garantire il rispetto dei diritti dei pazienti, fortemente in discussione.
Ci si presentano davanti anni difficili e molti problemi da affrontare, sia in casa nostra, per la provata difficoltà di alcuni dei nostri Centri di cura nel garantire la prosecuzione della loro attività, sia livello europeo dove si decidono le strategie globali ed i finanziamenti per i progetti di ricerca clinica che rappresentano, forse, l’unica risorsa per migliorare la condizione, anche strutturale, dei Centri italiani e, a ricaduta, il potenziamento dei servizi ai pazienti.
Non possiamo illuderci che in un momento di recessione il Governo renda disponibili risorse economiche che, peraltro, non ha, per sanare anni di mala gestione della politica sanitaria.
Sarà necessario decidere strategie ed obiettivi a corto, medio e lungo termine, avendo cura di tenere un occhio attento anche a quello che succede a Bruxelles. Questo può essere fatto solo mettendo assieme quelle che sono le nostre risorse, umane, esperienziali ed intellettuali, accettando di mettersi in gioco, senza trincerarsi dietro frasi di circostanza o sottraendosi alla dialettica con i nostri interlocutori, che, magari, perseguono i nostri stessi obiettivi.
Le risorse sono rappresentate dalle associazioni, dalle Fondazioni, dai pazienti, dai medici, dalle famiglie che rappresentiamo, da tutti coloro che con noi hanno condiviso le battaglie passate e, sperabilmente, si apprestano a sostenerci anche nel futuro. Diventa indispensabile quindi concentrare le energie per fare in modo che le convergenze siano più forti delle divergenze avendo la certezza che solo attraverso un’azione unitaria si possa ambire al raggiungimento degli obiettivi che ci siamo dati. Per questo motivo è nata UNITED, al termine di un percorso di costituzione partecipato e, talvolta, sofferto, per avere una rappresentanza del nostro movimento capace di dare l’impressione di muoversi compatta verso gli obiettivi, che sappia parlare all’unisono, in cui ciascuno deve dimostrare di saper rinunciare a qualcosa pur di ottenere un vantaggio per tutti.

Loris Brunetta

QUALI PROSPETTIVE PER LE TRANSAZIONI DOPO L’INCONTRO CON IL MINISTERO?

Anche il 2012 è stato un anno di battaglie per il riconoscimento dei propri diritti da parte di coloro che hanno subito le infezioni e che attendono da anni (troppo anni) una risposta definitiva dal ministero competente.
Fedemo e le altre associazioni dei danneggiati, ha avuto un incontro con il Ministro Balduzzi.

IL COMUNICATO DELLA FEDERAZIONE DEGLI EMOFILICI
Le considerazioni sull’incontro si leggono nel comunicato che Fedemo ha emesso il 3 febbraio: “Il decreto firmato dal Ministro della Salute e in attesa della firma del Ministro dell’Economia, prevede una prescrizione quinquennale che esclude la maggior parte dei 7 mila contagiati da sangue ed emoderivati infetti tra gli anni ’60 e i primi anni ‘90. Di fatto, si stima che solo il 20-30% resterebbe incluso nella transazione. Il decreto prevede, inoltre, la riduzione delle cifre dei trasfusi occasionali rispetto a quelle comunicate in passato.
FedEmo esprime il proprio fermo dissenso per un atto che, disconoscendo il risarcimento a gran parte delle vittime, non rappresenta in alcun modo la conclusione auspicata del difficile percorso transattivo iniziato quasi 5 anni fa (dicembre 2007).
Anche il Governo, d’altro canto, non sembra ritenere questo atto adeguato a sanare una delle pagine più brutte della nostra storia e ha aperto un tavolo di lavoro con le associazioni per cercare insieme delle soluzioni
Durante l’incontro si è toccato anche l’altro tema della rivalutazione dell’indennizzo legge 210/92 ed è stato comunicato che il Ministero, con un provvedimento avente valore dal 1° gennaio 2012, recepirà quanto deciso dalla Corte Costituzionale.
Ci aspettano tempi difficili.
Se il decreto esce così come è stato “descritto”, fioccheranno i ricorsi al TAR, che nella migliore delle ipotesi bloccheranno l’iter, nella peggiore (se il Tar desse ragione al Ministero, cosa sempre possibile) i “prescritti” diventerebbero irrecuperabili.
Meglio quindi insistere sin da subito per un decreto-legge “politico”, sulla scorta di quello presentato in Consiglio dei Ministri il 5 maggio 2011 (ma mai approvato), che preveda un super-indennizzo a tutti coloro che hanno fatto domanda di accesso alla transazione.

E LA RIVALUTAZIONE DELL’INDENNIZZO CHE FINE HA FATTO?
Anche sulla rivalutazione potrebbe esserci di nuovo la necessità di rivolgersi ai giudici, sicuramente per ottenere gli “arretrati”, ma anche per dare una “scossa” al Ministero, che annuncia provvedimenti, ma ad oggi non ha rivalutato.
Non possiamo esimerci dal ricordare che quando uscirono le norme di legge che negavano la rivalutazione, il Ministero fu velocissimo ad emanare una circolare per dare indicazione di decurtare subito la rivalutazione dagli indennizzi. Invece oggi che si tratta di fare “l’operazione inversa”, dal 9 novembre non è successo nulla.

LA FEDERAZIONE EMILIANO-ROMAGNOLA DEGLI EMOFILICI SI RIVOLGE ALLA REGIONE
Sempre per l’argomento della rivalutazione dell’indennizzo 210/92, la Federazione degli Emofilici questa volta quella dell’Emilia-Romagna ha incaricato il proprio legale avv. Marco Calandrino di spedire una lettera alla Regione:
“La Federazione Regionale delle Associazioni Emofilici dell’Emilia per chiederVi come e in che tempi intendete dare applicazione alla sentenza n. 293 della Corte Costituzionale del 9 novembre 2011 in materia di rivalutazione indennizzo legge 210/92.
Gli importi dovuti a titolo di rivalutazione ne rappresentano una parte significativa.
È quindi improcrastinabile una Vostra decisione sul punto, e non ci pare che la mancanza di “direttive” ministeriali possa di per sè sola giustificare la Vostra perdurante inerzia.
Stigmatizziamo la solerzia che ebbe il Ministero della Salute nel voler dare esecuzione al decreto legge n.78 del 31 maggio 2010 (che negò il diritto alla rivalutazione), ancora prima che fosse convertito in legge, mentre analoga solerzia non pare oggi avere nel volersi uniformare alla citata sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionali tali norme.
Come FedRed, come Associazioni Emofilici dell’Emilia Romagna, ci aspettiamo che la “nostra” regione, le “nostre” Ausl, sappiano dare una risposta positiva e celere ai beneficiari dell’indennizzo ex lege 210/92”.

SULLA RIVALUTAZIONE DELL’INDENNIZZO

SENTENZA DI CONDANNA DEL TAR MARCHE CONTRO IL MINISTERO DELLA SALUTE
Il ministero deve rispettare la sentenza della Corte Costituzionale del 9 novembre 2011.

Il TAR Marche il 30 gennaio 2012 si è pronunciato con 3 sentenze relative a 3 distinti ricorsi per ottemperanza, condannando il Ministero della Salute a corrispondere la rivalutazione di entrambe le componenti dell’indennizzo legge 210/92 a persone che già avevano ottenuto sentenze favorevoli (nella specie del Tribunale di Ancona), ma alle quali il Ministero aveva smesso di corrispondere la rivalutazione, facendo leva sulle norme del maggio 2010 che avevano negato il diritto alla rivalutazione.
Ora si inserisce questa ennesima “farsa” sul non rispetto di quelli che sono diritti acquisiti, quelli della legge 210/92 modificata come 238 nel corso degli anni.
Diritti che erano stati “scippati” non riconoscendo la rivalutazione secondo le tabelle complete.

Rivalutazione dell’indennizzo legge 210/92
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha provveduto a pagare il 2° bimestre 2012 integralmente rivalutato, e ha corrisposto come “arretrati” la rivalutazione relativa al 1° bimestre 2012: quindi a decorrere dal 1° gennaio 2012 tutti coloro che ricevono l’indennizzo dal Ministero Economia lo ricevono integralmente rivalutato. Anche alcune Regioni e molte Ausl lo stanno corrispondendo integralmente rivalutato, e prevedo che tutte si adegueranno a breve. Sono questi gli effetti della nota sentenza della Corte Costituzionale del 9 novembre 2011, effetti che riguardano tutti.
Rimane aperto il problema degli “arretrati” anteriori al 1° gennaio 2012, che possono essere, a seconda dei casi, di importi variabili da qualche centinaio di euro fino a circa 20 mila euro (per fare i conteggi delle differenze maturate potete consultare le tabelle pubblicate sui siti web di Hemoex e di FedEmo).
Ritengo che sia necessario da parte di coloro che mai hanno promosso un giudizio sul punto fare una causa avanti il Giudice del Lavoro: dal 9 novembre 2011 tutte le cause hanno avuto infatti esito positivo (sul mio sito www.studiolegalecalandrino.it alla pagina DOCUMENTI trovate alcune sentenze in pdf).
A coloro, invece, che hanno sentenza favorevole passata in giudicato consiglio di aspettare ancora un poco: è possibile che a costoro gli “arretrati” vengano corrisposti prossimamente. In difetto, anche queste persone dovranno attivarsi con atti di precetto o giudizi di ottemperanza.

Avv. Marco Calandrino

Modalità di pagamento indennizzo legge 210/92
Il 20 marzo scorso l’Associazione Emofilici e Talassemici di Ravenna, come altre associazioni, e il nostro giornale EX, hanno ricevuto dal Ministero dell’Economia il fax, che qui pubblichiamo, in relazione alle modalità di pagamento dell’indennizzo di cui alla legge 210/92. In realtà le novità esposte non si riferiscono solo al pagamento dell’indennizzo ex lege 210/92 ma a tutti i pagamenti di importo superiore ai 1.000 euro effettuati dalle Pubbliche Amministrazioni, pagamenti che dal 1° maggio prossimo non potranno essere effettuati in contanti, ma solo con modalità di natura bancaria e con strumenti di pagamento telematici. E’ importante quindi che ogni beneficiario dell’indennizzo legge 210/92 comunichi al più presto al Ministero le nuove modalità di pagamento, pena il rischio di disagi e problemi.

Rivalutazione dell’indennizzo legge 210/92
Dopo la nota pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza 16 novembre 2011, n. 293), tutte le cause promosse da coloro che percepiscono l’indennizzo di cui alla legge 210/1992 per ottenere la rivalutazione anche della voce “indennità integrativa speciale” danno esito favorevole.
Sebbene i giudici delle Leggi siano stati chiari nell’affermare l’incostituzionalità dell’art. 11, commi 13 e 14, del Decreto Legge n. 78/2010, convertito con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, Legge 122/2010 (il quale prevedeva, in particolare, che “la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale non è rivalutabile secondo il tasso di inflazione”), in centinaia di cause tuttora pendenti in tutta Italia l’Avvocatura dello Stato continua a sostenere due tesi: da un lato, ritiene che il Ministero della Salute non debba essere convenuto in giudizio, affermando che unici soggetti legittimati passivi in tali cause siano le Regioni e/o le Aziende Sanitarie Locali; dall’altro lato, interpretando parzialmente il complesso ragionamento compiuto della Corte Costituzionale, sostiene che, avendo la Corte Costituzionale dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 11, commi 13 e 14, del Decreto Legge n. 78/2010, utilizzando come metro di paragone l’art. 2, comma 363, della Legge 244/2007 (il quale ha riconosciuto che l’indennizzo percepito dai soggetti affetti da sindrome di talidomide debba essere interamente rivalutato), la rivalutazione dell’indennità integrativa speciale debba essere riconosciuta soltanto dal 1° gennaio 2008, data di entrata in vigore della Legge 244/2007.
A parere di chi scrive, tali tesi difensive sono errate.
In secondo luogo perché la rivalutazione della voce indennità integrativa speciale deve essere riconosciuta sin dall’iniziale decorrenza dell’indennizzo Legge 210/1992. Questo per tre ordini di motivi: 1) l’illegittimità costituzionale di una norma equivale alla dichiarazione di illegittimità del contenuto della norma stessa (la norma interpretativa censurata stabiliva che “l’indennità integrativa speciale non è rivalutabile”); 2) se la Corte Costituzionale avesse voluto limitare nel tempo l’illegittimità costituzionale della norma lo avrebbe espressamente stabilito e avrebbe emesso una sentenza di accoglimento parziale; 3) se la Corte Costituzionale avesse voluto limitare nel tempo l’illegittimità costituzionale della norma avrebbe esaminato gli altri profili di illegittimità costituzionale ad essa sottoposti, invece ha stabilito “ogni altro profilo assorbito”.
In tal senso si sono già espressi alcuni giudici: fra tutti si segnalano il Tribunale di Torino, Sezione Lavoro, sentenza n. 1782/2012, e il Tribunale di Bologna, Sezione Lavoro, sentenza n. 654/2012, i quali hanno giustamente riconosciuto la rivalutazione dell’indennità integrativa speciale anche anteriormente al 1° gennaio 2008, sull’assunto che “la pronuncia della Corte Costituzionale non ha indicato alcuna delimitazione temporale nella sua pronuncia di illegittimità costituzionale e che, di conseguenza, in applicazione dei fondamentali principi in materia di efficacia delle sentenza dichiarative di illegittimità costituzionale l’art. 11 non può avere spazio applicativo”.

Avv. Marco Calandrino – Dott. Alberto Marin

Il decreto sui moduli transattivi
Il 13 luglio 2012 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo del decreto 4 maggio 2012 del Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze: lo trovate in formato pdf sui siti di Hemoex e di FedEmo.
Decreto comunemente definito “decreto moduli” oppure “decreto sui moduli transattivi”.
Il testo presenta alcune disposizioni poco chiare e/o variamente interpretabili.
Poi c’è il tema degli importi fortemente differenziati fra le varie categorie.
Giudico l’art. 5 “devastante”, in quanto introduce una rigida applicazione del principio di prescrizione (senza tener conto dei giudizi in corso, dove l’eccezione potrebbe non essere stata avanzata dal Ministero della Salute, senza tener conto di eventuali sentenze positive, senza tener conto di lettere interruttive della prescrizione, senza tener conto dell’analogia e coerenza con la transazione del 2003 e, per emofilici e talassemici, dei criteri della precedente transazione, etc. etc.), e in quanto introduce una “barriera” (fuori i contagiati ante-1978) che è in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

DECRETO TRANSAZIONI: DOPO LE ESCLUSIONI COME CONTINUARE?…

Purtroppo lo strumento attraverso il quale si amministra la giustizia sulla terra è il Diritto, un’nvenzione umana, quindi splendidamente imperfetta, che porta con sé tutta una serie di criteri per i quali non è sempre detto che ad un danno procurato corrisponda un pronto risarcimento.
Uno di questi criteri è proprio quello che, a norma di legge, statuisce che ogni tipo di reato possa cadere in prescrizione, con il risultato di rendere illegittima una, pur sacrosanta, pretesa risarcitoria se è passato “troppo tempo” dall’evento. Come se procurare un danno che si ripercuote gravemente sulla qualità e sull’aspettativa di vita delle persone, sia da considerarsi alla stregua di una banale richiesta danni a seguito di un tamponamento stradale.
Sarebbe interessante, a livello puramente accademico, capire quale sia stato il percorso che, partendo dalla Legge 244/2007, nella quale si sanciva il diritto al risarcimento per le categorie danneggiate da sangue infetto, hanno portato alla emanazione di un Decreto, attuativo di quella stessa legge, che sotto molti aspetti ne contraddice i contenuti delegittimando la decisione di un Governo e di un Parlamento, democraticamente eletti.
Così si è celebrato un vero e proprio sopruso, ancor più grave perché a danno di categorie deboli, di malati, già sbeffeggiate qualche anno prima, ma rigorosamente a “norma di legge” per cui difficilmente attaccabile sotto l’aspetto legale.
Da quanto si prefigura con questo Decreto, sembrerebbe, quindi, che si stia per celebrare una ennesima esclusione, sempre a danno delle medesime categorie.
Durante un incontro svoltosi al Ministero lo scorso mese di febbraio il Prof. Balduzzi ebbe a dire ai rappresentanti delle Associazioni che il Decreto, questo Decreto, era stato firmato, “obtorto collo”, a causa delle azioni sconsiderate di alcuni legali, i quali ottenendo una sentenza favorevole al TAR, avrebbero costretto il Governo ad emanare quello che, almeno per emofilici, thalassemici e drepano, suona come una sentenza senza appello.
Può darsi che sia vero, anche se, leggendo il testo del Decreto appare chiaro che questo documento non sia il frutto dell’improvvisazione di qualche burocrate ministeriale che si è visto costretto ad agire frettolosamente minacciato dalla mannaia del TAR Lazio, quanto piuttosto di un paziente, e sapiente, lavoro di cesello degno del miglior mastro orafo fiorentino di Ponte Vecchio.
Eppure, ad onor del vero, fin dal primo minuto in cui l’allora Ministro Storace istituì il tavolo tecnico, nel 2006, per discutere dell’argomento, le nostre categorie sono state presenti e più che degnamente rappresentate in ogni circostanza, anzi in molti casi, grazie ad una dedizione impagabile da parte della dottoressa Iacono, ne ha scandito addirittura i tempi.
In questa partita, qualunque cosa si pensi, nessuno di noi ha mai avuto buone carte da giocare, ma, nonostante questo, abbiamo coltivato forte la speranza di spuntarla illusi da una serie di piccole conquiste, da una “consecutio” di eventi costruita apposta per lasciarcelo credere, ma soprattutto dalla grande vittoria costituita dalla emanazione della Legge 244/2007, con stanziamento economico ed affermazione del diritto al risarcimento del danno.
Il sopraggiungere di una crisi economica senza precedenti che ha seguito temporalmente tutta una serie di calamità naturali che si sono abbattute sul nostro paese, ha reso via via sempre più complessa la materia e difficile l’accesso alle cifre che, per legge, si stavano accantonando per risarcire le pretese degli aventi diritto.
Ma se era impossibile pensare di lottare contro eventi imprevedibili doveva essere una precisa responsabilità di ciascuno di noi, associazioni, pazienti, familiari e legali, fare in modo che il fronte restasse compatto, come nei primi momenti, teso al raggiungimento di un risultato che, considerati i tempi, sarebbe stato storico.
A conti fatti è stato proprio così, sebbene non nel senso sperato, perché quanto messo in atto ha fornito al Ministero il pretesto che aspettava per estrarre dal “cassetto” il Decreto che aveva oculatamente predisposto per togliersi dagli impicci.
Va ribadito che sarebbe stato comunque il Ministero ad avere l’ultima parola e che la partita era già compromessa ben prima che partissero quei ricorsi, ma avrebbe dovuto prendersi la responsabilità della sua decisione senza che gli venisse fornita alcuna giustificazione formale.
Adesso il “busillis” sta nel capire come procedere per non dichiarare la sconfitta senza nemmeno provare a mettere in campo tutta la forza del nostro diritto, ripetutamente violato, ad ottenere quella giustizia già riconosciuta ad altri nostri sfortunati compagni di vita.
Per continuare a coltivare una qualche speranza affinché le attese di molti pazienti si realizzino, il terreno offerto da un Governo tecnico, come l’attuale, non sembra sia quello più fertile per consentire di rilanciare le nostre aspettative.
Il buon senso suggerirebbe di attendere un nuovo Governo politico, ritrovando nel frattempo lo spirito unitario iniziale e definire una strategia comune volta, se mai sarà possibile, a recuperare il terreno perduto senza incorrere nuovamente nella tentazione di personalismi, o di azioni sporadiche e non condivise, che altro non fanno se non alimentare l’idea di un gruppo diviso con il quale nemmeno valga la pena di trattare.

TRANSAZIONI: IL MINISTERO INIZIA A MANDARE LE PEC

Il 17 e il 18 ottobre 2012 ho ricevuto 7 pec (messaggi di posta elettronica certificata) dal Ministero della Salute, con oggetto “Transazioni di cui alle leggi 29 novembre 2007, n.222 e 24 dicembre 2007, n.244”: tali comunicazioni contenevano una sorta di “preavviso di rigetto” di 7 domande di accesso all’iter transattivo avanzate da miei clienti.

Il testo recita così: “Con riferimento alla domanda di adesione alla procedura transattiva indicata in oggetto per l’accesso alla successiva fase di stipula delle singole transazioni, si rappresenta che la domanda non è accoglibile in quanto risulta che sia decorso il termine di cui all’art.5 comma 1 lettera a) del D.M. 4 maggio 2012.
Entro venti giorni dal ricevimento della presente, la S.V. ha diritto di presentare per iscritto le sue osservazioni, eventualmente corredate da documenti, al seguente indirizzo: …. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni sarà data ragione nella motivazione del provvedimento finale. …”.
Le previsioni più pessimistiche si stanno avverando: potete leggere i successivi aggiornamenti sui blog del sito web di HEMOEX.

Avv. Marco Calandrino

NOTIZIE SULLA RIVALUTAZIONE DELL’INDENNIZZO

Dopo la nota pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza 16 novembre 2011, n. 293), tutte le cause promosse da coloro che percepiscono l’indennizzo di cui alla legge 210/1992 per ottenere la rivalutazione anche della voce “indennità integrativa speciale” danno esito favorevole: si veda a titolo esemplificativo la pagina documenti, sezione sentenze, del sito web www.studiolegalecalandrino.it
Tutte le tesi ministeriali su legittimazione passiva, prescrizione, decorrenza del diritto alla rivalutazione, vengono sistematicamente smentite sia dalla Corte di Cassazione, sia da Tribunali e Corti d’Appello, che condannano il Ministero della Salute a pagare la rivalutazione per il futuro, nonché gli “arretrati” (rivalutazione non corrisposta in passato).
Non si capisce pertanto la ratio della linea del Ministero che continua a resistere nei giudizi per poi venire condannato a pagare anche le spese legali, e non si comprende come non cerchi, invece, di procedere ai pagamenti spontaneamente, prima che i singoli beneficiari ricorrano ai giudici (il Ministero, infatti, viene sempre “messo in mora” con diffide stragiudiziali, alle quali neppure risponde).
Mentre coloro che ricevono l’assegno dal Ministero Economia da quest’anno lo ricevono rivalutato (senza però aver ricevuto gli “arretrati”, per ottenere i quali è necessario promuovere una causa, come appena detto), la situazione è ancora più grave per molti beneficiari pagati da Regioni o Ausl che, anche in presenza di sentenze positive passate in giudicato, continuano a ricevere l’indennizzo non rivalutato, sulla base dell’assunto che non ci sarebbero fondi…

Avv. Marco Calandrino

Abbiamo dato ancora una volta ampio spazio alle celebrazioni della Giornata Mondiale dell’emofilia attraverso alcune iniziative e soprattutto le più significative per l’impegno profuso dalle associazioni locali.

A MIRABILANDIA LA GIORNATA MONDIALE DELL’EMOFILIA

“CAMBIANDO L’ORDINE DEI FATTORI IL RISULTATO NON CAMBIA?…”
Parco divertimenti di Mirabilandia, domenica 22 aprile organizzato dalla Federazione Emiliano Romagnola degli Emofilici con il patrocinio della Regione Emilia Romagna, dedicato alle famiglie e soprattutto ai giovani.
La scelta del Parco di Mirabilandia non è casuale ma vuole anche in questa occasione inserirsi in tutti gli ambienti della società.
Volevamo che fosse una giornata dedicata alle nostre vite, alle tante cose che avevamo da dirci e che continueremo a dirci. Certo, non ci conoscevamo tutti e, a dire il vero, qualcuno probabilmente si è anche “perso nel bosco”. Forse non avrà condiviso lo spirito che ci animava, appartenendo alla categoria di chi non ha bisogno di confronti? Peccato. Quelli che sono rimasti, però, di cose ne hanno sentite! C’è stato, tra l’altro, l’interessante progetto presentato da Renata, dedicato alla figura della donna, questo “fantasma che ogni tanto appare nel castello” e al quale pochi in altre occasioni si sono presi la cura di dare degno ascolto. Stavolta mi sembra che le premesse siano buone e che la volontà di far uscire le intenzioni dal mondo delle sole parole, possa finalmente dare i suoi frutti.

LA CRONACA
Le circa trecento persone presenti nel teatro del parco di Mirabilandia, hanno ascoltato, in rappresentanza dei nostri medici, la dott.ssa Annarita Tagliaferri responsabile del Centro Regionale Hub di Parma, illustrare l’attività svolta in questi anni in Emilia Romagna.
Le iniziative rivolte ai pazienti per facilitare l’accesso alla cura ed ai controlli, il progetto di facilitazione per l’accesso ai pronto soccorso, la chiavetta consegnata ad ogni paziente per il controllo accurato delle cure.

PRESENTATO UN PROGETTO RIVOLTO AI RAGAZZI E ALLE FAMIGLIE
Si è fatta interprete in qualche modo una delle mamme, Felicita Coscioni.
“Oggi sono qui – ha esordito Felicita – con un obiettivo ben preciso: ci piacerebbe attraverso il racconto della nostra esperienza, essere di stimolo ad altre famiglie e ci piacerebbe che altre famiglie avviassero un progetto simile al nostro. Il nostro gruppo ha cominciato a formarsi più di dieci anni fa. Si è allargato negli anni ed oggi partecipano agli incontri dieci famiglie. Il desiderio di chi ha ideato questo progetto era far conoscere le famiglie, farle incontrare al di fuori del Centro Emofilia, quindi in un luogo dove ci si potesse sentire liberi di condividere anche emozioni, bisogni, oltre che situazioni.
Negli anni abbiamo avuto, ciascuno con i propri tempi, l’occasione di esprimere le nostre preoccupazioni, le nostre ansie e tante situazioni personali; condividere con gli altri con spontaneità, perché sai di avere di fronte a te persone che vivono la tua stessa esperienza, senza il timore di essere giudicati, aiuta ad alleggerire il peso di una situazione, talvolta anche molto pesante. Abbiamo condiviso tanti momenti della nostra vita con l’emofilia, alcuni non proprio allegri, ma altri di grande soddisfazione: la sconfitta degli inibitori, la prima vacanza in autonomia e ciascuno di noi ha potuto esprimere il proprio bisogno, ovviamente le nostre storie sono diverse.
Tra di noi ci sono bambini, ragazzi con emofilia lieve, grave, chi aveva già vissuto l’esperienza dell’emofilia nella propria famiglia di origine, chi è vittima di una mutazione genetica sporadica.
Le storie sono diverse e quindi anche i bisogni sono diversi.
L’intrecciarsi delle nostre storie diverse ha fatto si che tra di noi si creassero legami forti, abbiamo posto le basi per creare una rete. Il gruppo è diventato un luogo dove tessere relazioni esterne alla cerchia ristretta di amici e parenti e questo è molto importante, soprattutto per chi vive una malattia cronica, con cui dovrà fare i conti per tutta la vita.
Con il contributo di una pedagogista, la dr.ssa Maria Domenica Losio siamo usciti dalla patologia per affrontare i diversi temi che riguardano l’educazione dei figli.
È emerso quasi subito che le nostre preoccupazioni, i nostri dubbi come genitori erano quelli che nutrono anche gli altri genitori, solo un tantino amplificati: per esempio se parliamo di autonomia è chiaro che per i genitori di un bambino emofilico è più difficile lasciar andare il proprio figlio, però è altrettanto vero che, in quanto più preoccupati, abbiamo anche una sensibilità maggiore rispetto ad alcuni rischi: diventare eccessivamente apprensivi, ossessionati dalla malattia, siamo in pratica più motivati a cercare di migliorare il nostro modo di essere genitori.
Il tema degli incontri di quest’anno è la comunicazione. Attivare una buona comunicazione sin da quando i nostri figli sono piccoli vuol dire saper ascoltare i loro bisogni; comunicare in maniera efficace consente anche di renderli più responsabili e collaborativi e noi genitori di bambini emofilici sappiamo quanto sia importante per la cura dei nostri figli, che loro collaborino con noi.
Abbiamo imparato a conoscerci, abbiamo stretto legami di amicizia e così pure hanno fatto i nostri figli. Abbiamo creato una rete, che desideriamo allargare.
Il nostro desiderio oggi è che altre famiglie facciano la nostra esperienza: condividere i problemi con chi ha le tue stesse ansie, preoccupazioni, con chi sa cosa vuol dire affrontare il dolore di un emartro, il pianto disperato di un bambino che non vuole fare la puntura e deve farla magari tutti i giorni per combattere gli inibitori, può davvero rendere tutto un po’ meno pesante.
I consigli di genitori più esperti, perché hanno già affrontato quello che tu devi affrontare sono di grande aiuto.
Quello che serve è continuità e motivazione ed il desiderio di guardare all’emofilia non come un limite, ma quasi come un’opportunità … Esagero? me lo ha insegnato mio figlio”.

I GIOVANI E IL LABORATORIO TEATRALE

Il momento più emozionante della manifestazione lo hanno creato Enrico, Jacopo, Luca, Federico, Tommaso, Simone, Lorenzo, Lori piccolo e Fiammetta, il gruppo del laboratorio teatrale.
Una rappresentazione/informazione sull’emofilia che si può spiegare soltanto guardando oppure ascoltando i due ragazzi che si sono raccontati.
Abbiamo scelto quello di Lorenzo estrapolando alcune delle sue affermazioni più significative.
“Io non posso dire di aver scoperto la malattia in un momento preciso, molti momenti della mia infanzia con l’emofilia me li raccontano i miei genitori anche se qualcosa mi è rimasto impresso.
Un mio ricordo invece era che odiavo a quando le infermiere dell’ospedale mi dovevano fare l’infusione e mi tenevano il braccio immobilizzato, anche se piccolo per me era una mancanza di rispetto nei miei confronti.
Non sono rimasto traumatizzato a causa di questo periodo della mia infanzia, perché tutte le persone vicine a me, nonostante stessi passando un brutto periodo, non si demoralizzavano anzi cercavano sempre di tenermi allegro.
In breve sulla vita di un emofilico penso sia importante non vivere in una campana di vetro.
Non bisogna aver paura del giudizio degli altri, non si può vivere avendo paura di camminare, bisogna prendere al volo le opportunità, perché secondo me, quello che mi dice sempre un mio caro amico, la vita è una si deve vivere con quello che ci è stato dato.
Mi permetto assenze giustificate a scuola e faccio vacanze fantastiche in più gratis. Grazie gli organizzatori della vacanza in Romagna, lì, oltre a divertirmi moltissimo, conoscere persone fantastiche e farmi tantissimi nuovi amici, ho imparato ad infondermi da solo. Questo mi permette di viaggiare senza quei due rompi scatole dei miei genitori. L’anno scorso sono andato da solo 2 settimane In Inghilterra.

PARACELSO – POVERI DI MEZZI RICCHI DI RISORSE

Un 17 aprile dedicato a una riflessione sul terzo settore, quello delle organizzazioni non profit in cui opera Fondazione Paracelso.
È certo che la questione della sostenibilità economica alla luce delle difficoltà di bilancio della pubblica amministrazione vada affrontata, evitando dispersioni di risorse e distorsioni legate a interessi commerciali ma al contempo salvaguardando i servizi assistenziali.
Contro la soluzione drastica e punitiva dei tagli indiscriminati alla spesa, che vanno ponderati con attenzione e sguardo rivolto non solo all’immediato per scongiurare danni alle persone senza che si ottengano sostanziali e rilevanti risparmi, Fondazione Paracelso sostiene con forza la necessità di coinvolgere nei processi decisionali e nella scelta delle priorità i professionisti delle cure mediche e i pazienti, unici e veri portatori di legittimo interesse: un altro buon motivo per riproporre la centralità del paziente, non soltanto come scelta di qualità attenta ai bisogni di chi è portatore di una patologia, ma anche come virtuosa modalità gestionale.
La nostra tesi è che, parlando di salute, un diritto essenziale dell’individuo, il punto di partenza debba essere l’analisi dei bisogni invece che la mera valutazione dei costi, a maggior ragione in considerazione della rarità dell’emofilia e del numero limitato di pazienti, costosi sì, ma pochi.
Ed è proprio partendo dai bisogni che Fondazione Paracelso ha sviluppato e condotto con successo negli ultimi tre anni il programma di aiuti umanitari a favore degli emofilici afgani, costituendo un centro specialistico di cura attraverso la formazione di medici e tecnici, dotando l’indispensabile laboratorio delle necessarie apparecchiature e stimolando la nascita di un’associazione nazionale di pazienti; tutto ciò consentirà a luglio 2012 l’ingresso dell’Afghanistan nella World Federation of Hemophilia, organismo mondiale di cooperazione per l’emofilia, aprendo la strada a percorsi formativi in ambito sia clinico che sociale e a donazioni di farmaco, da cui dipendono le possibilità di cura.

PARI OPPORTUNITÀ DI ACCESSO AI TRATTAMENTI

Si è celebrato il 17 aprile, a Roma, nella Biblioteca del Senato, l’ottavo incontro, dedicato alla Giornata Mondiale dell’Emofilia. Slogan scelto dalla World Federation of Hemophilia è stato “CLOSE THE GAP- 100% CURE”, per evocare l’impegno a colmare le differenze tra le Regioni, in modo da assicurare pari disponibilità di trattamento in Italia e, nel mondo, rendere accessibili le cure al 100% dei malati emofilici.
La tavola rotonda, organizzata da FedEmo, ha affrontato numerosi temi, con la partecipazione di istituzioni, esperti clinici e rappresentanti del mondo accademico.
Dall’impegno politico a favore di chi soffre, all’accordo interministeriale a supporto dei progetti di utilizzo del FVIII da plasma nazionale, dal contributo delle Regioni alla cooperazione internazionale, alle pari opportunità di accesso ai trattamenti a livello nazionale ed internazionale
Il Presidente di FedEmo, Calizzzani ha dichiarato: “L’Italia è un paese molto generoso nella donazione di sangue, molto competente sul piano scientifico e sempre in prima linea nell’ambito della ricerca.
Tuttavia, sebbene il nostro sia un Paese all’avanguardia, non in tutte le regioni italiane esiste pari livello di qualità dei trattamenti e medesimo accesso ai farmaci per i pazienti emofilici. Per questo FedEmo si è fatta promotrice, presso la Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, di un progetto finalizzato alla definizione dei requisiti minimi strutturali tecnologici ed organizzativi e di Linee Guida per l’accreditamento istituzionale dei Centri”.
A livello nazionale “Obiettivo 100% cure” significa impegno a promuovere, in tutte le Regioni italiane, pari livello di qualità dei trattamenti e medesimo accesso ai farmaci per i pazienti emofilici.
Per questo motivo, nel 2009 FedEmo si è fatta promotrice, presso la Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, di un progetto finalizzato alla definizione dei requisiti minimi strutturali tecnologici ed organizzativi e di Linee Guida per l’accreditamento istituzionale dei Centri e Servizi per la diagnosi e la cura delle malattie emorragiche congenite (MEC) sul territorio nazionale.
Il Prof. Gringeri inoltre ha ritenuto importante sottolineare “La partnership nell’erogazione della cura dell’emofilia, cioè clinici e rappresentanti dei pazienti dovrebbero partecipare al processo decisionale. Non bisogna parlare di costi, perché il rischio nel cambiare prodotti, provoca conseguenze che saranno a carico dello Stato, cioè di ognuno di noi. Quindi per risparmiare ora, pagheremo di più domani”.

Abbiamo poi ricordato colui che ha creato tutto ciò che c’è oggi per quanto riguarda la cura dell’emofilia e le associazioni di volontariato. Un pioniere che nonostante abbia negli anni pagato il prezzo più alto con la perdita di un figlio non ha mai lasciato che altri svolgessero il suo compito che ora prosegue dopo la sua eredità.

UMBERTO RANDI NELLA NOSTRA STORIA

Umberto. Vent’anni fa, a Milano, una giornata di aprile o comunque di primavera. Una trentina di persone più o meno fra i venticinque e i cinquant’anni, che Umberto chiamava insistentemente i giovani sorridendo malizioso con quei suoi occhi vispi, sotto i baffetti a spazzolino.

Non era l’inizio della nostra conoscenza, l’Avvocato Randi era una figura e un nome a me familiari fin da marmocchio; ricordo fra l’altro la sua presenza, all’epoca con i capelli appena brizzolati e una gran pancia che poi negli anni avrebbe smaltito, alla prima emosettimana bianca, anno 1975, in posa davanti all’albergo di Panchià, accanto al sindaco del paesino e a un Mannucci vestito e pettinato come Paul McCartney.
Era però la prima volta in cui i trent’anni che ci separavano non costituivano più una barriera insormontabile, consentivano una relazione, lui un signore sulla soglia dell’età anziana, io un trentenne o poco più che fin lì mai si era occupato di vita associativa ed emofilia, ad ascoltare concentrato e un po’ spaesato quell’eloquenza torrenziale, ricca di incisi spesso oscuri, carica di enfasi e vivacità. Finì che capii ben poco, se non che quell’uomo, di cui mi era ben chiaro il ruolo avuto nella costruzione di tutto ciò che componeva la rete di assistenza clinica e sociale agli emofilici italiani, stava facendo né più né meno che una chiamata alle armi, e che a tale chiamata era doveroso rispondere: se non altro, in riconoscimento del generoso e più che ventennale impegno da lui profuso, mai scalfito nemmeno da immani tragedie personali e familiari.
Era doveroso e, come mi resi conto ben presto, stimolante, formativo: si apriva un nuovo mondo di partecipazione e responsabilità, e la possibilità di accedervi portati per mano da quell’uomo cocciuto, determinato e combattivo; accedervi, soprattutto, nell’ambito di quella relazione ora possibile, di un rapporto umano anche quello stimolante, formativo.
Umberto: in questi vent’anni per me un piccolo padre.

Un altro organo importante per quanto riguarda l’emofilia e cioè la rappresentanza mondiale chiamata World Federatio of Hemophilia che ogni tre anni tiene il suo congresso. Noi come sempre eravamo presenti con i nostri inviati.

IL CONGRESSO DELLA FEDERAZIONE MONDIALE DELL’EMOFILIA

Nel corso della prima settimana di luglio, si è svolto a Parigi il Congresso Mondiale della World Federation of Hemophilia con un’alta affluenza di partecipanti.
E grazie alla loro presenza, all’inevitabile scontro-incontro delle molteplici realtà, così divergenti a volte, si riesce a mantenere alto il significato di questi eventi che, altrimenti, sarebbero sterili.
Abbiamo ritrovato i sogni di chi è arrivato con una speranza, la forza e la rabbia per un progetto che non decolla, la delusione, le incomprensioni e i tentativi, maldestri a volte, di chiarire un malinteso.
E rancori che permangono.
E poi debolezze e incredulità, coraggio e solitudine, spavalderia, ma timidezza, anche.
E infine, ancora, una buona dose di entusiasmo.
Quello buono e non ciarlatano, che somiglia tanto alla spezia aggiunta all’ultimo momento, per dare sapore ad una pietanza.
Quell’elemento che salva, qualcosa in più che dà sapore e toglie l’assenza di gusto.
C’è la vita insomma.
E allora, nonostante tutto, si guarda avanti con meno paura, anche se, in molte occasioni, le parole pronunciate dai relatori nei loro interventi, non sono state propriamente adeguate.
Nessuno affronta un lungo viaggio per ascoltare favole, soprattutto penso a coloro che al disagio devono aggiungere gli enormi sacrifici per essere stati lì.
Durante questi incontri, si vivono le storie vere, insieme a chi ce le ha raccontate, perché si è lì per incontrarsi.
Succede di condividere quella pena, di voler fare una cosa, anche una piccola cosa, pur di non restare indifferenti.
E poi capire, che quel che conta, è non dimenticare, è tornare a casa, serbando nella mente, la promessa fatta, di non cancellare quel nome, quella persona.

LA STORIA DI MEGAN
Vorrei raccontarvi di Megan, una madre che potrebbe arrivare da uno di tanti paesi dove la povertà la fa da padrona.
Nel nostro caso l’80% della popolazione totale delle persone affette da questa patologia. Tanto per non dimenticare i numeri.
Ma torniamo a Megan, donna-madre, forte e coraggiosa. Lei non si è arresa alla condanna di un medico ignorante, in quanto non a conoscenza, che non sapeva e poteva nemmeno fare una diagnosi.
Non si è fatta spaventare dalle parole, dalle braccia alzate in segno di resa (leggete il suo libro), dalla stupefacente scoperta che un farmaco esiste, ma costa troppo, IN SHA ALLAH! E “se DIO vuole”, Megan è riuscita in parte nel suo intento, bussando, ribussando, chiedendo e chiedendo ancora.
Sapere che Megan arriva dalla Nigeria, non conta poi tanto, non aggiunge altro. Se non che è un paese come tanti ancora, dove il diritto, inizialmente negato, comincia lentamente a farsi strada.
Come lei stessa scrive “il mio motto è diventato che se nessuno può insegnarti, devi imparare da sola”.

L’INTERVENTO DI MARC SKINNER
Presidente uscente della WFH: “da quando fu fondata nel 1963, la Federazione Mondiale dell’Emofilia, il trattamento terapeutico ha fatto tanta strada. Siamo all’apice di una nuova rivoluzione nella cura, con le conquiste fatte su tutti i fronti, dai prodotti biosimilari, a più lunga durata, fino alla reale prospettiva della terapia genica.
È ora il momento di chiarire la corretta definizione di cura ottimale e adottare un nuovo modello organizzativo per il XXI secolo, per aumentare le risorse di cui disponiamo”.
Questo piano decennale pone esattamente tali paesi e regioni del mondo, precedentemente sotto assistite, come obiettivo e dove il Gap nella cura è più grande.
Queste nazioni, poste nel punto più basso dello spettro economico, saranno le fondamenta su cui il futuro sviluppo potrà avvenire.
Il Presidente uscente ha inoltre affermato che: “lavorando insieme ogni giorno, come una grande famiglia, noi faremo un passo in più per il GAP nella cura e raggiungere l’obiettivo del trattamento per tutti”.
E non più solo emofilia, perché ormai l’obiettivo è rivolto alla consapevolezza e all’istruzione per migliorare la cura nei pazienti affetti da malattie emorragiche rare (RBDs).
Infatti molti sono i progressi raggiunti nella diagnosi e terapia dei pazienti RBDs, ma c’è ancora molto da fare.

LE PATOLOGIE EMORRAGICHE RARE
In occasione del congresso è stata dedicata una sessione a tre di queste patologie emorragiche rare: la carenza di FXI, di FVII e l’afibrinogenemia congenita. “La più comune delle quali è la prima” – ha affermato la Dott.ssa P. Bolton-Maggs, presidentessa della Commissione per i von Willebrand e RBDs della WFH dal 2006 – ed è particolarmente presente nei giudei askenaziti.
Essa tende a manifestarsi con emorragie di media intensità, anche quando la patologia è grave. In questo differisce sia dall’emofilia grave, che dalle forme gravi di carenze di altri fattori.
Per di più, pazienti con carenze parziali, possono avere una tendenza emorragica che non è ben correlata al livello del fattore presente e la ragione di ciò, è sconosciuta.
Queste malattie vengono poco riconosciute, perché rare e le persone che ne sono affette, possono sentirsi molto isolate.
È difficile quando hanno problemi emorragici, perché i medici hanno poca o addirittura nessuna esperienza e così molti non possono essere gestiti in modo appropriato.
Infatti a causa della rarità, non c’è stata una grande pulsione a produrre fattori sostitutivi per la loro patologia, anche se qualcosa sta cambiando”.

IL PROBLEMA DELL’INIBIORE
Altro argomento largamente dibattuto, è stato quello sull’inibitore che, come sappiamo “si sviluppa su un terzo dei pazienti emofilici ed è probabile che ciò accada nei primi cinquanta giorni di esposizione, nei pazienti precedentemente mai trattati.
L’immunotolleranza (ITI), può avere successo nell’eliminare l’inibitore nella maggior parte dei pazienti, se si provvede ad iniziarla nel più breve tempo possibile, quando cioè l’inibitore insorge”, ha affermato il Dott. C. Hay del Manchester Royal Infirmary , aggiungendo che “l’ITI è raccomandata agli emofilici A gravi con un persistente inibitore che interferisce sia con la profilassi che col trattamento a dosi standard degli episodi emorragici con FVIIJ”. Egli considera riuscita la ITI sia nel caso di un recupero maggiore al 66%, sia con un’emivita inferiore a 6 ore, o con il tratto più basso di FVIII misurabile dopo le 48 ore.
Ha sostenuto inoltre che “il parziale successo, è determinato dalla buona e stabile risposta clinica al FVIII, senza una crescita anamnestica dell’inibitore, ma con una farmacocinetica non normale.
C’è fallimento se fallisce la tollerabilità o la continuità al trattamento.
Si fallisce se non si raggiunge la tolleranza entro i 33 mesi e non raggiunge un 20% di riduzione nel titolo dell’inibitore, negli altri sei mesi, oltre i primi tre.
Naturalmente si ottiene un esito migliore, iniziando l’ITI il più presto possibile e che anche interromperla, può danneggiare significativamente la percentuale di successo”.
Il Prof. Alessandro Gringeri di Milano ha precisato che “nel trattamento di un’emorragia acuta in un paziente con inibitore, entrano in gioco molte variabili: il costo, la localizzazione e gravità dell’emorragia, il livello di inibitore, l’efficacia del prodotto, la sicurezza e l’età del paziente.
Tutto deve essere considerato.
E il tempo è una componente cruciale nella gestione dell’emorragia. Possiamo continuare lo stesso trattamento, ma se non otteniamo una risposta, dobbiamo aumentare o diminuire la dose, se non addirittura prendere in considerazione un altro prodotto”.

Andrea ci racconta la sua esperienza a Parigi
Quando mi chiedevano cosa fosse l’emofilia ho sempre risposto con la frase standard: “l’emofilia è una malattia ereditaria che consiste nella mancanza di uno dei fattori della coagulazione e per cui il sangue non coagula in maniera normale”.
Ora, dopo il Congresso Mondiale dell’Emofilia svoltosi nella bellissima città di Parigi, posso aggiungere alla mia definizione che l’emofilia è una malattia che unisce: vedere migliaia di persone intente a discutere del “mio” problema mi ha fatto sentire importante e, soprattutto, compreso.
Non è stata solo una questione di conferenze, tenute da ricercatori e dottori, ma di un punto di incontro tra emofilici, tra medici e pazienti, un modo, insomma, per scambiare dubbi e perplessità, esperienze e nuove idee.
Ne parlo in termini così entusiastici anche perché è stata la mia prima esperienza di questo tipo e di questa risonanza e la cosa mi ha decisamente elettrizzato.
Far parte di un gruppo di ragazzi e ragazze denominato DNA (acronimo di “Di Nuovo Assieme”) è stato fantastico!
Certo, forse all’inizio siamo stati un po’ timidi, per quanto alcuni di noi si conoscessero già, ma subito la timidezza è stata vinta e dopo cinque giorni insieme non ci volevamo separare e pensavamo solo al prossimo incontro.
Molto utile è stata la giornata dedicata all’incontro con giovani (e meno giovani) provenienti da tutto (o quasi) il mondo: Svezia, Canada, Colombia, Iran, Marocco, Francia e Austria.
È stato un incontro illuminante che ci ha fatto scoprire come gli altri Stati e le loro popolazioni concepiscono e si comportano riguardo l’emofilia.
Salta all’occhio la differenza fra le varie Nazioni: in Svezia fanno campi estivi per emofilici divisi in fasce di età, in Colombia quasi non hanno il farmaco e chissà quante saranno le situazioni analoghe nel mondo.
Dal nostro gruppo di italiani, gli altri hanno scoperto che è utile avere una pagina in un qualsiasi social network (come noi l’abbiamo in Facebook e Twitter) per rimanere in contatto: in questa pagina, infatti, si possono scambiare opinioni, dubbi, paure, notizie e ci si può sentire davvero all’interno di una grande famiglia.
Comunicazione è stata la parola-chiave di quella giornata!
Perché, in Italia, la comunicazione si trova alla base di tutto, oggi che la parte “sanitaria” è praticamente al sicuro grazie al farmaco e alle varie cure disponibili.
Questo incontro non si deve, assolutamente, considerare come un punto di arrivo, ma un punto di partenza per uno scambio di informazioni continue che possono portare alla crescita e al progresso non solo individuale, ma soprattutto collettivo.
Per un ragazzo, come me, che non ha la possibilità, nella propria città, di parlare faccia a faccia con altri emofilici, esperienze di questo tipo sono ossigeno puro, perché, in questi incontri, con i propri coetanei, non c’è bisogno di spiegare nulla, ci si capisce davvero con un gesto o uno sguardo.
Come ho detto durante uno degli incontri nel gruppo DNA: “Non ho mai scherzato così tanto sulla mia malattia” e questo è importantissimo, perché è solo così che non si rimane chiusi, ma, anzi, si cresce.

Enrico Mazza

Aris, uno dei ragazzi del progetto DNA
“Non ho mai scherzato così sulla mia malattia” dice un mio compagno.
Come non dargli ragione?
Sono stati giorni fantastici in cui abbiamo avuto sia la possibilità di seguire importanti interventi del congresso, ad esempio sulla parte medica (articolazioni, artropatie, il problema degli inibitori, ecc) o la parte sull’assistenza (il punto di vista di infermieri, fisioterapisti, ecc…), sia di conoscerci l’un l’altro, cercando di portare a termine un progetto finale da poter mostrare proprio come avevamo già fatto a Firenze in occasione del congresso nazionale.
Questa volta, però, abbiamo avuto più tempo ed il risultato non poteva che essere positivo.
Si è creato un gruppo fantastico, D.N.A.. Abbiamo raccolto pensieri al termine di ogni incontro, di ogni intervento e, alla fine, li abbiamo messi insieme.
Indovinate il risultato?
Molti pensieri e frasi che ci avevano colpito erano, guarda caso, le stesse per molti di noi, a dimostrazione del fatto che abbiamo creato un gruppo unico e forte.
Personalmente, la cosa più bella è stata l’incontro internazionale con realtà diverse dalla nostra: abbiamo avuto modo di renderci conto del divario tra i vari paesi, delle diversità nel trattamento, dell’esistenza o meno di centri emofilia, di come un emofilico vive la propria patologia, ma, soprattutto, a me è servito a capire che, al giorno d’oggi, il vero problema non è più l’emofilia come patologia, ma il “gap” che si è creato tra le varie nazioni.
Concludo ribadendo quanto sono fortunato e ringrazio tutti quelli che ci hanno dato la possibilità di partecipare.

UN TRIAL CLINICO SULLA TERAPIA GENICA NELLA TALASSEMIA

Inauguriamo questo spazio dedicato alla talassemia affrontando un argomento tornato di grande attualità in queste ultime settimane, prettamente scientifico, ma determinante per le eccezionali ricadute sociali che può creare in un prossimo futuro.

Lo scorso mese di luglio il Professor Michel Sadelain, ricercatore dello Sloan Kettering Cancer Center di New York, ha presentato, in conferenza stampa, l’avvio del primo trial clinico per la terapia genica su pazienti talassemici.
Studio di fase 1, si concluderà entro un paio di anni ed ha lo scopo di valutare la sicurezza della metodica e la sua tollerabilità da parte dei malati.
Inutile dire che questa notizia è stata lungamente attesa da chi ha quotidianamente a che fare con la talassemia, che è stata, ma in alcune parti del mondo continua ad esserlo, all’origine di molte sofferenze per malati e familiari.
Non è una novità in senso assoluto in quanto già un paio di anni fa il Professor Leboulch eseguì un trapianto genico su un paziente talassemico, ma questo studio ha un duplice aspetto che ne amplifica la portata: è disegnato specificamente per la popolazione talassemica, e l’Italia vi ha giocato, e continua a farlo, un ruolo di grande rilievo.
Vi sono poi differenze tecniche, dettagli sui quali non pare il caso di addentrarci, val solo la pena di evidenziare come l’intera procedura sia esente da quelle implicazioni morali che hanno animato il dibattito sulla ricerca in questi anni.
È bene inizialmente riconoscere i meriti ad un gruppo di lavoro che ha saputo perseguire con innegabile capacità l’obiettivo che si era prefisso, superando le molte difficoltà che si sono presentate sulla strada di quella che qualcuno ha già definito la realizzazione di un sogno.
Per nostra parte va sottolineato lo straordinario impegno, economico ed umano, con il quale la Fondazione Italiana “Leonardo Giambrone” ha pervicacemente sostenuto il lavoro del gruppo di Michel Sadelain, riuscendo a coagulare la smania di ottenere rapidamente un risultato alla metodicità che comporta la ricerca scientifica, verso un obiettivo che, col passare degli anni, si faceva sempre più vicino.
Lo studio prevede una fase iniziale dedicata al reclutamento dei primi pazienti da sottoporre a questa metodica che, considerati i restrittivi criteri di inclusione, non sarà problema di poco conto.
Quindi la vera e propria procedura di estrazione delle staminali, la correzione del difetto genetico in vitro, un leggero trattamento chemioterapico, la re-infusione nel paziente delle nuove cellule capaci di indurre, una volta radicate nel midollo, la produzione di una emoglobina normale.
Certo, è una prova da cuori forti e da far tremare i polsi anche al più impavido dei pazienti, allo scienziato più prudente od al clinico più esperto, perché il buon esito della procedura dipenderà da come, quanto e per quanto tempo il nuovo gene riuscirà a produrre emoglobina corretta.
Ma non solo, questo trattamento dovrà garantire sicurezza e tollerabilità, cioè che al paziente non accada nessun incidente irreparabile e che la metodica non induca troppi effetti collaterali.
La prudenza all’approccio di questo trial da parte degli scienziati, solo pazienti privi di complicanze saranno inizialmente candidabili, deve essere di esempio per l’atteggiamento, altrettanto prudente, con il quale il “fantasmagorico” universo dei pazienti sappia coglierne il reale significato.
Siamo ancora abbastanza lontani dall’applicazione clinica routinaria, per non farci indurre in pericolosi quanto improvvidi salti in avanti, anche se l’auspicio è quello che, una volta ottenute le risposte attese, si possa puntare decisamente a standardizzare questa terapia. Tutto ciò assume una straordinaria importanza, e rende ulteriore merito a chi ha sostenuto questa ricerca, per le possibili ricadute sociali di questo nuovo approccio, perché se la metodica avrà successo per la talassemia, pazienti con altre malattie genetiche potranno beneficiarne.
La sanità pubblica dovrà sentirsi autorizzata ad investire denaro in questo genere di ricerche, anziché lasciare i finanziamenti totalmente a carico dei privati, perché potrà dare risposte definitive di cura a pazienti ai quali, altrimenti, dovrebbe garantire cure costose per tutta la vita.
Molti sono i punti interrogativi che devono trovare risposte adeguate, attendiamo fiduciosi i risultati di questo studio confidando nel rigore e nell’onestà intellettuale di questo straordinario gruppo di ricercatori e clinici guidati da Michel Sadelain. Risposte dovranno arrivare alle legittime aspettative dei pazienti, riguardo all’accesso a questa metodica, chi potrà usufruirne e chi no, dell’opinione pubblica, circa la copertura dei costi, non strettamente legati alla terapia ma anche quelli relativi ai centri che dovranno essere attrezzati per praticarla.
Tutto questo ci interroga come esseri umani e ci induce a riflettere sulla percezione che avremo di malattie oggi capaci di generare veri e propri incubi in un domani ormai non più così lontano.
Se queste metodiche troveranno una propria affermazione ed anche agli ultimi tra gli uomini sarà consentito goderne, forse sarà possibile costruire una società diversa, più solidale e più giusta, dipingendo uno nuovo scenario sociale, inimmaginabile solo qualche anno fa.
Insomma il primo passo è stato compiuto, e che passo! con l’avvio di questo studio si sta concretizzando la possibilità della correzione definitiva del difetto all’origine della talassemia e la sua applicazione sui pazienti.

Loris Brunetta

IL VII CONVEGNO DELLA FONDAZIONE EMO ONLUS

“Nel 1995 – ha affermato la dottoressa Carloni – abbiamo cercato di riprendere le fila del discorso partecipando alle riunioni AICE, ricontattando i pazienti e proponendo la istituzione dell’Associazione Emofilici delle Marche, organizzando incontri annuali con pazienti e clinici inserendo i pazienti nei registri.
Oggi abbiamo anche ottenuto il riconoscimento come Centro di Riferimento regionale.
Grazie alla Fondazione EMO possiamo usufruire di borse di studio per medici o biologi che sono un aiuto indispensabile per far funzionare Servizi con personale sempre più scarso.
Dopo aver ottenuto la delibera regionale per sull’autoinfusione abbiamo ottenuto un fisioterapista esperto, un infettivologo di riferimento ed un ecografista.
Avremo anche un ortopedico di riferimento.
I pazienti finalmente vengono con regolarità al follow-up e per chi deve essere sottoposto ad intervento ortopedico organizziamo il percorso presso Centri di eccellenza.
Il dott. Pasta del Policlinico di Milano, a marzo ha visitato i nostri pazienti con artropatia più grave, ha suggerito la terapia più idonea e ha messo in lista alcuni pazienti per interventi chirurgici ortopedici.
Partecipiamo ad incontri nelle scuole per l’ inserimento corretto del bambino emofilico e abbiamo iniziato ad inviare qualche bambino alle vacanze organizzate.
Abbiamo organizzato il primo corso di autoinfusione e garantiamo la disponibilità generica notturna e festiva del personale del Laboratorio di coagulazione in modo di poter consentire diagnosi in tre ore”.
Ha poi affrontato il tema scottante della disomogeneità dei Centri e dei servizi offerti nel territorio nazionale, che ha spinto L’AICE a promuovere l’accreditamento professionale dei Centri, uno strumento importante per i pazienti, soprattutto per l’omogeneità di percorso e trattamento.
Per gli operatori invece la possibilità di superare le difficoltà gestionali e organizzative, una maggiore contrattualità con le amministrazioni e la possibilità di riconoscimento.
Il dott. Gianluigi Pasta del Reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ha svolto il tema: “La diffusione delle competenze ortopediche: un esempio di collaborazione tra Centri Emofilia e associazioni dei pazienti”, durante il quale ha illustrato uno dei tre progetti vincitori del bando 100k indetto dalla Fondazione Paracelso, intitolato “Progetto muoviamoci”, che si propone come scopo principale di fornire assistenza a pazienti che non hanno regolare accesso ad un chirurgo ortopedico, effettuando una approfondita valutazione specialistica.
L’obiettivo è quello di stendere linee guida cliniche e chirurgiche rivolte a tutti i professionisti sanitari impegnati nell’assistenza ai pazienti emofilici sul territorio nazionale.
Molti Centri hanno aderito al programma ed i professionisti del Policlinico di Milano guidati dal dott. Solimeno, stanno raccogliendo informazioni sullo stato muscolo-scheletrico, indicando un programma riabilitativo o un eventuale intervento.
Le informazioni raccolte serviranno per istituire un Registro Italiano che forniranno dati chiari sullo standard terapeutico attualmente disponibile ed il potenziale miglioramento che si potrà ottenere.

LA FISIOTERAPIA NON E’ PIU’ SOLO POST OPERATORIA
Perché diventa tecnica capace di prevenire e di mantenere ciò che di funzionale è rimasto, la prevenzione e il mantenimento di escursione articolare, l’elasticità muscolare, la funzionalità dei gesti quotidiani

QUANDO INIZIARE AD ANALIZZARE L’APPARATO LOCOMOTORE?
Dalla nascita attraverso l’informazione, seguendo quattro regole importanti che sono:
l’informazione, le tappe di sviluppo neuromotorio, gli stimoli adeguati all’età del bambino e l’osservazione dei genitori.

PREVENZIONE UGUALE A CHECK-UP
Qual è il significato di check-up: effettuare una visita annuale che preveda l’analisi del paziente, evidenziare le articolazioni a rischio, muscoli ipotrofici e funzionalità alterate.

PROGETTO RIABILITATIVO PER PREVENIRE
Il fkt in combinazione con l’ortopedico concerta un programma riabilitativo che può essere: di mantenimento, o di preparazione ad un intervento chirurgico o di ripristino di una o più funzioni attraverso l’esecuzione di esercizi ad hoc per ogni paziente.
Se possibile vengono assegnati dei programmi riabilitativi da eseguire al domicilio.
Ad ogni paziente viene poi assegnata una serie di esercizi che deve eseguire in modo costante presso il proprio domicilio seguendo un dvd fatto ad hoc sulle articolazioni bersaglio

LO SPORT E’ IMPORTANTISSIMO
Tenendo sempre in considerazione le aspirazioni dei bambini si sceglie uno sport da effettuare almeno due volte a settimana eventualmente da abbinare al programma riabilitativo.

OSSERVAZIONE NEL TEMPO
Il controllo e la verifica rispetto all’esecuzione di questo programma viene effettuata presso il Centro di appartenenza entro un lasso di tempo concordato con il paziente.
La relatrice ha poi evidenziato che il primo e più importante stimolo è quello dei genitori.
Ha ricordato anche che il movimento non è un ostacolo ma è la vita.
I genitori sono il primo esempio di mobilità.
Sono loro i veri allenatori.
Per stimolare ed educare al movimento il primo concetto è quello legato soprattutto al divertimento.
In questo modo si migliorano le strategie del corpo, si motivano le ripetizioni.
Grazie agli stimoli motori il bambino diventerà capace di esplorare il mondo esterno senza timori o preconcetti.
La conoscenza delle proprie potenzialità e dei propri limiti lo renderanno sempre più responsabile e capace di prevenire i danni provocati dall’immobilità.
Leonardo Nucci, che è stato formato ad uno dei corsi indetti al Centro Domus Salutis di Brescia attraverso il progetto “FORTE”, ha completato idealmente l’informazione di Elena Boccalandro intervenendo come esperto sul campo e ritornando ad inizio di intervento proprio su un argomento chiave: la prevenzione.

PREVENZIONE
La prevenzione è l’insieme di azioni finalizzate ad impedire o ridurre il rischio, ossia la probabilità che si verifichino eventi non desiderati.
I trattamenti di prevenzione e mantenimento servono per combattere l’insorgenza di dolori e problematiche posturali.
Una corretta prevenzione è fondamentale quanto un corretto trattamento.
Attraverso l’utilizzo di tecniche di dimostrata efficacia, sarà possibile sia prevenire future patologie, sia mantenere i risultati acquisiti dopo le sedute.
Effettuando sedute preventive con una certa regolarità, si potrà infatti conservare una corretta e continua mobilità delle fasce del corpo.

PREVENZIONE NEI BAMBINI
Un’adeguata prevenzione e una corretta igiene motoria e posturale effettuate già in età infantile, permettono di limitare efficacemente la comparsa di patologie muscolo-scheletriche in età adulta.
Combinando la terapia con il gioco, è possibile correggere nel bambino gli iniziali problemi di postura, prevenendo scoliosi, ipercifosi, l’insorgenza di dolori articolari precoci e far apprendere al bambino una maggiore consapevolezza del proprio corpo, favorendo uno sviluppo psico-fisico il più possibile sano.

PREVENZIONE SUL LAVORO
La prevenzione viene attuata attraverso: l’insegnamento di corrette tecniche di mobilizzazione dei carichi; la correzione ergonomica delle posture mantenute e dei gesti motori errati; l’insegnamento di esercizi posturali preventivi.

VALUTAZIONE DEI RISCHI
Si dovrebbero effettuare: valutazioni della postura mantenuta e del gesto motorio utilizzato durante lo svolgimento delle attività, calcolo dei livelli di rischio e analisi delle criticità, al fine di effettuare una correzione/eliminazione di tutti fattori di rischio, effettivi e potenziali.

PREVENZIONE ATTRAVERSO L’ALLENAMENTO
L’esperienza acquisita nella riabilitazione sportiva, è il migliore riferimento per sviluppare programmi di allenamento destinati a recuperare più in fretta e mantenere lo stato ideale di forma dei nostri pazienti, anche in assenza di manifeste complicanze, aiutandoci a prevenire problemi motori ad ogni età.

IN FISIOTERAPIA COME IN MEDICINA, LA MIGLIORE CURA E’ LA PREVENZIONE
Nella società contemporanea e più specificatamente nel nostro ambiente (emofilia), le attenzioni dedicate a prevenire specifiche patologie che interessano la parte motoria sono spesso troppo poche o inadeguate, a volte inesistenti.
Da parte del fisioterapista ci sono l’esperienza ed il metodo per fare del movimento un elemento di prevenzione fondamentale per la salute e il benessere, una componente essenziale per rallentare l’invecchiamento e mantenersi dinamici e attivi anche in età avanzata.
Si arriva a formulare programmi modellati sulle capacità, sugli obiettivi, sulle potenzialità e su eventuali limiti del singolo, e pensati per evolvere con il miglioramento delle performance.
L’allenamento deve essere costantemente monitorato, preceduto da un’accurata analisi fisiologica per diagnosticare la situazione fisica e muscolare di partenza e seguito da una periodica verifica dei risultati per il mantenimento o il potenziamento degli obiettivi.

COSTRUZIONE E PIANIFICAZIONE DELL’ALLENAMENTO
Analisi fisiologica, individuazione degli obiettivi, piano di allenamento, piano nutrizionale e di integrazione alimentare, monitoraggio dei progressi e verifica dei risultati, analisi fisiologica di verifica, individuazione dei nuovi obiettivi, nuovo piano di allenamento.

QUALI COMPLICANZE?
Un tempo, i pazienti andavano incontro a problemi particolari: anche piccoli traumi che si verificano normalmente quando si cammina che non vengono nemmeno avvertiti dalle persone “normali”, nell’emofilico causavano ripetuti sanguinamenti (nascosti all’interno dell’articolazione stessa).
L’articolazione allora, si gonfiava, rimanendoci per alcuni giorni. Questi episodi, ripetuti piuttosto spesso, portavano, negli anni, ad un blocco anche completo con l’impossibilità di camminare o di muovere normalmente le braccia e compiere le proprie attività quotidiane. insomma l’emofilia era (ed è, se non adeguatamente curata) una patologia altamente invalidante.
Più raramente (per fortuna) i sanguinamenti riguardavano, anziché le articolazioni, il tratto respiratorio gli organi interni o il sistema nervoso e in questi casi, il paziente si trovava in immediato pericolo di vita.
Perché tali situazioni divengano (e restino) un semplice ricordo, è però necessario che gli emofilici ed i loro familiari siano costantemente aggiornati sui progressi della medicina e sulle nuove possibilità che a loro si aprono.

I VANTAGGI DELLA PROFILASSI
Grazie alla profilassi il paziente del nuovo millennio si trova ad affrontare delle condizioni e delle prospettive di vita totalmente differenti rispetto ai decenni precedenti. È in questo contesto che si è sviluppata la necessità di introdurre il trattamento fisioterapico.
Interazione tra terapia medica (fattore sostitutivo) e trattamento fisioterapico, inteso anche come prevenzione del danno muscolo/scheletrico, è indubbiamente l’arma vincente ma affinché tale approccio risulti efficace occorre che si realizzino alcuni presupposti indispensabili.
Il ruolo del paziente emofilico ed il suo approccio psicologico non deve essere soltanto un ruolo passivo di chi riceve un programma terapeutico da eseguire ma al contrario deve essere parte attiva, deve essere l’attore principale che opera in sinergia con l’equipe sanitaria.
Si richiede quindi che si instauri un buon rapporto di fiducia tra paziente e fisioterapista per poter raggiungere i traguardi preposti e controllare il mantenimento dei risultati nel tempo.
Il mantenimento di una buona funzionalità del distretto articolare e di un buon trofismo muscolare è un valido mezzo per la prevenzione delle recidive, pertanto i piani di trattamento per risultare efficaci occorre che siano eseguiti con costanza nel tempo.

L’ATTIVITA’ SPORTIVA FA BENE ALLA SALUTE
Migliora le condizioni fisiche potenziando la muscolatura, aumentando la resistenza alla fatica e aiutando il mantenimento di una postura corretta e la coordinazione dei movimenti.
Ha inoltre un ruolo fondamentale nello sviluppo emotivo e psicologico degli individui soprattutto in età scolare e/o adolescenziale perché favorisce la socializzazione, consentendo al singolo di mettersi alla prova.

“COMINCIAMO DA PICCOLI”

Una casa.
Una mamma e un papà.
Una famiglia.
Un bambino che viene al mondo. Che cosa succede se nel fluire dei passaggi della vita irrompe, improvvisa e crudele, la malattia del nuovo nato?
Chi arriva era istintivamente atteso come un’occasione di gioia, di futuro, ed eccolo qua, sull’orlo di un abisso: quello che si è aperto nel mondo interno dei suoi genitori, dove all’amore si è aggiunta l’angoscia per questo figlio, per se stessi, per ciò che verrà.
È emofilico, sopravviverà?
Che vita avrà?
Potrà correre, giocare, stare con gli altri bambini?
E se cade, se si fa male?
Riuscirà ad andare a scuola, a diventare grande, a essere felice?
L’emofilia, patologia rara e poco conosciuta, porta con sé un immaginario di grande diversità, di paura, ed è facile comprendere come questo possa accrescere e alimentare il senso di solitudine e di impotenza di chi con la malattia deve ‘fare i conti’.
Forte di tale sentire, Fondazione Paracelso ha realizzato il progetto “Cominciamo da piccoli” che prevede, fin dal momento traumatico della diagnosi e per i primi anni di vita del bambino emofilico, l’affiancamento di una mediatrice familiare ai genitori. Un aiuto prezioso, dunque, che può accompagnarli per mano a prendere contatto con i propri vissuti, così come con la realtà della malattia e con le cure, per garantire al bambino la possibilità concreta di una vita normale.
Insieme si potrà provare a superare timori ingiustificati ed eccessivi, a evitare che le sorti di tutto il nucleo familiare ruotino attorno alla malattia di uno dei suoi componenti, a non rifugiarsi nell’occultamento e nella negazione, meccanismi difensivi che costituiscono un intralcio nell’affrontare il problema con la necessaria consapevolezza.
Il sostegno in primo luogo ai genitori del piccolo emofilico diviene così un’occasione importante anche per lui: solo loro potranno trasmettergli una visione equilibrata della malattia, condizione che costituirà un’esperienza fondamentale nella sua vita di adulto.

LO SAPEVATE CHE IL VOSTRO COSTO NON È SOSTENIBILE?

Un altro anno si chiude.
Lo abbiamo raccontato anche questo, in tutti i suoi avvenimenti più importanti, come facciamo ormai da 39 anni.
Avvenimenti, per intenderci, che fanno parte del nostro mondo, non più tanto piccolo, quello dell’emofilia, della talassemia e del volontariato.
Questo 2012 che era iniziato soprattutto con un richiamo, in occasione dell’anno europeo del volontariato ad una maggiore e più presente attività da parte delle associazioni.
Abbiamo messo in risalto l’attività della Federazione delle Associazioni degli Emofilici.
Abbiamo anche insistentemente evocato la costituzione di una Federazione delle Associazioni Talassemiche che puntualmente è avvenuta dopo diversi incontri ed è la UNITED, costituita ufficialmente il 6 maggio a Roma.

I CENTRI DI CURA
Per vedere poi nello specifico, abbiamo rivolto la nostra attenzione e documentato, i Centri di cura della talassemia in Emilia Romagna, nell’ottica della istituzione di una rete “Hub & Spok”, seguendo l’indirizzo e l’esempio dei Centri emofilia.
Altrettanto abbiamo fatto per quelli dell’emofilia.

I CONVEGNI E LA RICERCA
I nostri corrispondenti ci hanno poi raccontato gli avvenimenti e le conferenze mondiali.
Abbiamo documentato gli studi e le sperimentazioni sulla terapia genica della talassemia e la ricerca e le iniziative per migliorare la cura e l’attenzione verso le persone affette da emofilia.
Poi, forse la parte più seguita, le testimonianze di vita e l’attività delle associazioni sparse nel territorio nazionale.
Perché sono proprio quelle che debbono porsi di fronte ai rappresentanti dello Stato e delle Istituzioni in genere, da quelle politiche a quelle sanitarie.
Abbiamo dato spazio ai giovani, al loro coinvolgimento, inviati ai congressi internazionali attraverso il progetto “DNA”, una sorta di passaggio di testimone del precedente progetto, sempre rivolto agli emofilici che era “PUER”, seguendo il significato dell’acronimo che era Progettiamo una Esperienza ripetibile.

LA FONDAZIONE PARACELSO E LA FEDEMO
Abbiamo documentato, sempre per quanto riguarda l’emofilia, i progetti e le iniziative della Fondazione Paracelso che, non si è limitata ad una attività nazionale ma ha rivolto lo sguardo ai paesi meno fortunati con iniziative come quella a favore dell’Afghanistan.
In sostanza una bella vitalità, senza però mai distogliere l’attenzione sulle difficoltà oggettive e sulle disparità di trattamento ancora esistenti nel nostro Paese.

E’ QUESTO IL FUTURO CHE SI PROSPETTA?
Nonostante questi fatti negativi, mai ci saremmo immaginati di ascoltare a fine novembre, una dichiarazione del Presidente del Consiglio (poi smentita ma ciò non ci impedisce di pensare che i palazzi abbiano preso in considerazione tale ipotesi) che ha affermato:
“la salute costa troppo”.
Soprattutto il sistema sanitario costa troppo.
Costano troppo le malattie e tutte le disabilità”.

Una affermazione come: “…non sostenibilità dei costi della salute”, lasciano senza parole.
Poi invece impariamo che lo Stato ha intenzione di spendere dai 10 ai 20 miliardi di euro per l’acquisto di aerei da combattimento F35.
Proviamo ad immaginare, alla luce di queste dichiarazioni e di questi propositi, come potrebbe essere lo scenario della nostra sanità fra qualche anno, in riferimento alla cura delle patologie delle quali ci occupiamo noi e che, a livello internazionale, sono unanimemente riconosciute come indiscutibili livelli di eccellenza.
Noi lo stiamo denunciando da anni ormai il pericolo di perdita di quelle professionalità non rinnovate ed il motivo è proprio sotto gli occhi di tutti oggi, ed è la voce più importante che stiamo ascoltando ormai in modo quasi ossessivo: “spending review”, che significa riduzione della spesa pubblica e quindi anche e soprattutto di quella sanitaria, in modo indiscriminato.
Questa è la prima eclatante smentita alla smentita sull’affermazione “La salute costa troppo”… Il sistema sanitario costa troppo”.
Noi italiani siamo maestri nell’usare linguaggi di moda come “spending review”, ma che nella nostra lingua madre, in questo caso, altro significato non ha che questo: “…non ci sono più soldi, quindi arrangiatevi”.
L’articolo di fondo di un quotidiano di qualche settimana fa così titolava: “Sei malato?” Ti tirano le pietre”.
Nella copertina, alla vignetta che vorrebbe essere satirica ma è tragica, abbiamo aggiunto anche i nostri medici perché anche loro saranno (lo sono già) sottoposti a questa autentica sassaiola, dall’alto dei palazzi che ci dovrebbero governare ma che in realtà governano soltanto i loro smisurati privilegi.
Quelle pietre cadranno (stanno già cadendo) nel mucchio, senza distinzione.
E noi, che cosa facciamo?…
Intanto non perdiamo la speranza e rileggiamoci la parte finale dell’articolo di Marco Calandrino alla pag. 6, aggrappandoci a quanto lui si auspica: “…che non siano sempre i più deboli e i più indifesi a dover pagare…”.

QUALE FUTURO PER LA TERAPIA DEGLI EMOFILICI?

Nella premessa si afferma che: Il paziente affetto da Malattie Emorragiche Congenite è protagonista attivo del percorso diagnostico terapeutico e protagonista imprescindibile dell’equipe assistenziale nell’ambito dei modelli di gestione delle malattie croniche.
I farmaci utilizzati nel trattamento sostitutivo dell’emofilia e delle malattie congenite ereditarie rientrano nella lista dei farmaci ritenuti quali essenziali dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in quanto costituiscono “farmaci salvavita”.
I pazienti si auto-somministrano il farmaco nell’ambito della terapia domiciliare (laddove sia autorizzata) ma NON si auto-prescrivono i farmaci!
Hai poi trattato le questioni aperte sulle

EVIDENZE SCIENTIFICHE
Che sono:

  • Superiorità o inferiorità clinica tra i farmaci plasmaderivati e quelli ricombinanti
  • Affermare l’equivalenza biologica tra farmaci plasmaderivati e ricombinanti e tra farmaci di generazioni diverse all’interno della stessa classe
  • Associazione tra cambiamento del farmaco di trattamento con un altro della stessa classe e aumento dell’incidenza di complicanze quali l’inibitore.

Altro argomento fondamentale affrontato, quello dei

PRINCIPI GUIDA PER IL TRATTAMENTO
In questo ha affermato che:
“In attesa di raccogliere ulteriori evidenze, si afferma il principio che la terapia dell’emofilia debba essere personalizzata in modo che ciascun paziente possa beneficiare del farmaco per lui più appropriato, efficace e sicuro. È fondamentale non interrompere la continuità terapeutica in assenza di motivazioni cliniche, al fine di garantire una maggiore adesione ai trattamenti da parte dei pazienti stessi e una attenta farmacovigilanza”.

Ha affrontato anche l’argomento del rischio di razionamento dei prodotti evidenziando come FEDEMO abbia attenuto visibilità nei quotidiani attraverso un comunicato del 4 marzo di quest’anno dal titolo significativo:
“Allarme crisi economica: rischi per i malati di emofilia”.

Per quanto riguarda invece i

PRINCIPI GUIDA PER L’APPROVVIGIONAMENTO DEI FARMACI
Ha ribadito che: “Si deve garantire la disponibilità di tutti i prodotti per la cura dell’emofilia al fine di permettere la scelta del farmaco più indicato per ciascun paziente, in scienza e coscienza dal medico specialista
È auspicata la costituzione di una Commissione Regionale / Nazionale per l’approvvigionamento di tali farmaci che preveda la partecipazione di almeno di un rappresentante dei pazienti e di due clinici esperti di Malattie Emorragiche Congenite (anche ai fini del monitoraggio dell’appropriatezza).
Al fine di garantire il principio della continuità terapeutica è necessario garantire l’accesso a tutti i farmaci disponibili sul mercato.
Opportuno, quindi, una valutazione scrupolosa delle gare di acquisto di tali farmaci quando esse ne prevedano l’esclusività.
È auspicabile procedere a modalità alternative che consentano la presenza di tutti i prodotti, quali ad esempio la negoziazione con singoli fornitori”.
Nel caso, in seconda istanza, si proceda a gare di acquisto bisogna implementare criteri e sistemi di pesatura che tengano conto delle caratteristiche farmacologiche dei prodotti, dell’efficacia e della sicurezza dei prodotti, della capacità di fornitura a medio-lungo temine, degli eventuali servizi forniti in associazione alle terapie, e non solo del mero criterio del prezzo più basso.
In alcuni casi, in particolare, come ad esempio il trattamento di pazienti con inibitori, è raccomandabile l’adozione di policy di risk sharing e pay for perfomance* con le Aziende fornitrici
È raccomandabile la sperimentazione e adozione di strategie che tengano conto di prezzi per UI inversamente proporzionali ai volumi di fornitura, non solo totale ma anche per singolo paziente.
Il principio che guida questi accordi è di rimborsare il farmaco innovativo in base alla sua efficacia, lasciando nei casi di fallimento terapeutico (failures) il costo della terapia a carico dell’azienda produttrice. Il risk sharing si inserisce nel contesto più ampio del payment by results o for performance cioè un pagamento sulla base dei risultati, volto a promuovere una più alta qualità delle cure e dell’assistenza sanitaria, evitando sprechi”.

Per quanto riguarda invece la

PIANIFICAZIONE E ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI
Ha messo in guardia su un argomento delicato come: “l’accesso alla diagnosi e terapia è fortemente a rischio in alcune aree del territorio nazionale”.
Altri due punti fondamentali per la cura degli emofilici sono: “L’appropriatezza prescrittiva che può essere raggiunta solo nell’ambito di un’appropriatezza organizzativa ed è urgente e improrogabile l’adozione e implementazione delle raccomandazioni sulla programmazione regionale e accreditamento dei Centri di Malattie Emorragiche Congenite”.
Sui rischi per la spesa farmaceutica, di nuovo sui quotidiani del 17 aprile, un comunicato nel quale si ribadiva che pur essendo per gli emofilici italiani le cure migliori, rimane alto il divario dei livelli di assistenza fra le regioni.

Quali possono poi essere le aspettative sul

SISTEMA ITALIANO PLASMA E PLASMADERIVATI?
“Apertura effettiva e non procrastinata del mercato al fine di garantire un aumento dell’offerta di prodotti in termini quantitativi e qualitativi (“portafoglio” di prodotti)
Promozione degli investimenti in Ricerca e sviluppo ai fini del miglioramento della sicurezza (prioni, parvovirus, epatite A, etc) e qualità dei prodotto
Sviluppo di progetti finalizzati all’offerta di farmaci orfani (FII,FV, etc)
Fornitura di prodotti eccedenti il fabbisogno nazionale nell’ambito di progetti di cooperazione internazionale”.

In conclusione del suo intervento ha affermato che: “Soprattutto in un periodo di crisi economica, è auspicabile la condivisione e la partecipazione alle scelte di programmazione sanitaria di tutti gli attori del sistema; la promozione e adozione di politiche di razionalizzazione della spesa a discapito di quelle di razionamento.
Nella scelta del prodotto si deve preservare la superiorità del criterio clinico (comprensiva anche della aderenza del paziente ai trattamenti) rispetto a quello economico.
È necessario promuovere la raccolta di dati e la ricerca nelle aree del trattamento ove permangono incertezze nonché sull’organizzazione dei servizi e fornitura di farmaci; promuovere fra i clinici una cultura del confronto circa le scelte terapeutiche adottate e sviluppare attività di benchmarking; promuovere investimenti industriali in qualità e sicurezza;investire nella programmazione e mantenimento delle competenze; adottare strumenti per garantire l’accesso ad un’informazione tempestiva e adeguata sul tema della sicurezza.
È auspicabile l’adozione di un codice deontologico da parte delle aziende di settore al fine di promuovere azioni di ricaduta sociale e prevenire comportamenti marketing oriented lesivi degli interessi dei pazienti nonchè della comunità; investire in qualità e sicurezza; incentivare la sperimentazione e l’accesso ai nuovi farmaci e regimi terapeutici”.