storia
1987: ANNO DI POLEMICHE

Il 1987 si apre con la testimonianza del nostro Direttore Responsabile.
Il titolo de Il Resto del Carlino, che esce con un taglio basso in prima pagina, rappresenta il primo caso in assoluto di una persona che afferma di vivere con il virus dell’HIV.
Il nostro giornale conferma l’autenticità di quell’intervista attraverso un comunicato del Comitato Esecutivo. All’interno un servizio dal titolo AIDS: la stampa ed i medici, in cui interviene il prof. Mario Ferrucci, Primario del Laboratorio di Ricerche Cliniche dell’Università di Ferrara.
Riportiamo una sintesi del suo intervento nei punti salienti legati soprattutto alla corretta informazione.

“Più la gente conosce l’AIDS, più tollerante è il suo atteggiamento”. E inversamente: “l’ignoranza sulla malattia è risultata strettamente legata ad accresciuti pregiudizi e paure”.

In poche parole, chi manifesta esagerati pregiudizi e paure è ignorante, perché se conoscesse veramente da vicino l’AIDS e le problematiche correlate, il suo atteggiamento sarebbe certamente più tollerante.

I problemi delle vittime dell’AIDS sono già abbastanza seri, per essere ulteriormente aggravati da coloro che, senza alcuna vera conoscenza e senza il minimo buon senso e razionalità non fanno che aggravare una situazione indubbiamente già seria.

Se vogliamo essere di aiuto, dobbiamo aiutare le vittime dell’AIDS nel difficile sforzo di vivere il più normalmente possibile, in una società che deve accoglierli senza pregiudizi e nel modo più umano, che è infine quello più razionale.

È già gravoso il compito di vivere, per le vittime di AIDS, senza che ci si aggiungano pregiudizi e minacce di quarantene e discriminazioni, senza ciò che si aggiunga l’opera, oltre che inutile, anche strettamente dannosa, di pseudo-competenti (giornalisti e non) che insistono ad interessarsi di un tema che in sostanza non conoscono e per il quale non manifestano la minima sensibilità e razionalità. D’ora in poi facciamo tutti la massima attenzione alla patente d’ignoranza: ce la può attribuire fondatamente ed inconfutabilmente l’American Psycological Association, quando manifestiamo paure irrazionali e discriminatorie sul problema dell’AIDS.

Temiamo che più di un giornalista, all’estero ma anche in Italia, abbia già meritato il brevetto.

A febbraio inizia la nostra collaborazione con l’AGEOP, un’associazione che segue i bambini affetti da tumori e leucemie, grazie all’appello di una mamma presidente, Lidia Penazzi.
Il suo messaggio, apparso il 15 gennaio del 1987 su Il Resto del Carlino, è rivolto agli organi di informazione.

Amici giornalisti, chiediamo il vostro aiuto

Il Centro Trapianti è negli ultimi anni emerso come una precisa esigenza dell’oncologia moderna ed è stato voluto da noi genitori direttamente coinvolti nel problema del tumore ai propri figli. Le camere sterili del centro sono le prime ad utilizzo pediatrico in Emilia-Romagna e fra le primissime e più moderne in Italia. Il Centro, alla fine dei lavori, costerà mezzo miliardo. Quasi tutti questi contributi sono stati raccolti da volontari, industrie e da associazioni volontarie amiche.

Le nostre associazioni: AGEOP (Associazione Genitori Ematologia Oncologia Pediatrica) e RICERCA DEI TUMORI E LEUCEMIE DEL BAMBINO (nata per iniziativa dei genitori dell’AGEOP ed aperta anche ai non genitori) che hanno promosso e sostenuto questa iniziativa DEVONO arrivare alla copertura della cifra mancante. Amici giornalisti: chiediamo il vostro aiuto perché questo Centro riguarda tutti noi, non solo in quanto è l’unico del genere nella nostra regione ad utilizzo pediatrico, ma anche perché la Clinica Pediatrica Universitaria di Bologna è fra i pochissimi centri leaders nella cura dei tumori infantili.

Chiediamo il vostro aiuto:

  • per ottenere dalle competenti autorità una procedura veloce nell’adeguamento del personale necessario a far funzionare a pieno ritmo il Centro,
  • per informare l’opinione pubblica sugli impegni finanziari a cui dobbiamo far fronte entro dicembre.

Due obbiettivi per noi importanti. ANCHE PER VOI.

Da Il Resto del Carlino, giovedì 15 gennaio 1987.

Guerra senza frontiere per Lidia. La mamma di tanti bimbi infelici

Con la dolcezza e l’affetto si possono ottenere molti risultati. Rendere più giocosa e più gradevole quella porzione di vita che resta a bambini colpiti da neoplasia è già sicuramente un importante risultato. È stata la molla della solidarietà che mi ha spinta a questa scelta, a questa guerra cocciuta contro le avversità della vita, contro un male che è la seconda causa di morte per ragazzi fino a 14 anni, sperando prima o poi di spuntarla.

Lidia Penazzi ha 37 anni, due figlie e un figlio con la leucemia. Da cinque anni divide quotidianamente il suo tempo tra la famiglia e l’impegno alla presidenza di due associazioni: L’AGEOP e la Ricerca sui Tumori e la Leucemia del Bambino, da lei stessa fondate e seguite dal 1982.
Con 8.500 soci e la sede presso il reparto di oncoematologia pediatrica del Sant’Orsola, le due associazioni si sono adoperate nel corso di questi anni, non solo sul fronte della ricerca, ma anche e soprattutto per creare una rete di sostegno e solidarietà alle famiglie colpite da questa drammatica realtà, per attrezzare al meglio il reparto, per istituire borse di studio dedicate al personale medico e paramedico che integri quello ospedaliero.
“I momenti più difficili, gli ostacoli più grossi li ho incontrati quando si è trattato di andare all’esterno – sottolinea Lidia Penazzi – è stato molto difficile per me trovare il modo giusto di comunicare agli altri questa realtà, la nostra voglia e la nostra necessità di farla conoscere. Si rischia spesso di apparire vittima o viceversa degli eroi.”

Per evidenziare la collaborazione del giornale con le associazioni sparse nel territorio nazionale, a marzo pubblichiamo la relazione del Segretario Esecutivo dell’Associazione Emofilici di Trento che mette in risalto il lavoro svolto in quell’anno, mentre la Dott.ssa Santoro tiene una relazione al Congresso Internazionale di Milano.

Il 13 dicembre si svolge a Trento l’annuale assemblea dei soci. Il segretario provinciale dott. Giovanni Fumo, nella relazione sull’attività svolta durante l’anno, fa il punto sulla consistenza finanziaria, illustrando le entrate e le uscite nell’anno 1986.

L’anno vede nella Giornata dell’Emofilico Trentino, nella Settimana Bianca, nell’organizzazione del Corso per l’Autoinfusione e in alcune riunioni distrettuali, i punti più qualificanti dell’attività.
Emerge l’impegno a camminare uniti per raggiungere gli obiettivi più importanti per la nostra vita quotidiana: lotta immediata con tutti i mezzi per la prevenzione e la cura della sieropositività AIDS, il riconoscimento dei benefici di legge per l’esenzione dal ticket sui farmaci collaterali e di sostegno all’handicap, la possibilità di un posto di lavoro protetto attraverso un costante collegamento con l’Ispettorato Provinciale del Lavoro.

L’editoriale di aprile è rappresentativo di quella continuità di “contrasti costruttivi” che si susseguono tra il nostro giornale e le associazioni a noi legate e i vertici della Fondazione dell’Emofilia. Riproporre integralmente il testo può aiutare chi legge a comprendere ai giorni nostri come quella polemica non fosse sterile o fine a se stessa.

ASSOCIAZIONI, CONFLITTUALITÀ, DENARO. LA SCELTA DI CHI NON HA CAPITO

Bologna, 8 marzo 1986, al convegno della Fondazione dell’Emofilia il relatore principale il prof. Mannucci, rivolgendosi alle associazioni, chiedeva un impegno per la raccolta di fondi. Lo chiedeva con insistenza, quasi come dovesse diventare il compito primario delle stesse.

Pensammo di aver capito male, ma il senso del discorso cambiò in seguito quando concluse dicendo:

…perché le strutture pubbliche non potranno mai darci uno specialista in esclusiva, ecco quindi quanto è importante l’intervento delle associazioni che devono creare una struttura che dia più forza a se stessa con una maggiore partecipazione.

Ci guardammo in faccia e pensammo: “Beh, avevamo travisato il discorso”.

Questo nostro sospiro di sollievo ebbe una conferma a Ravenna, a settembre, quando l’avv. Randi in rappresentanza della Fondazione partecipò all’assemblea dell’Associazione Emofilici e Thalassemici e, parlando della stessa, ma rivolgendosi a tutte le altre sparse nel territorio nazionale, disse tra l’altro:

…l’associazione rappresenta quello che può e deve essere la partecipazione organizzata di cui tanto parlano le leggi fondamentali, sia quella della Costituzione della Repubblica, sia la legge di Riforma Sanitaria, perché l’associazione ha la capacità di incidere nel reale e di riuscire a costruire un’esperienza che si muove realizzando solidarietà e deve quindi partecipare alle decisioni che scaturiscono dagli enti pubblici come ad esempio le USL, portando il suo bagaglio importantissimo di esperienze dirette.

Mai parole furono più giuste e sono queste parole e questa linea che seguiamo da sempre.

Ma a Roma in aprile, all’Assemblea Nazionale della Fondazione dell’Emofilia, il relatore del marzo 1986 a Bologna torna sui suoi discorsi e questa volta non ci sono equivoci perché ribadisce chiaramente il suo pensiero affermando che: “Le associazioni creano soltanto conflittualità e quindi il loro obiettivo più importante dovrebbe essere quello di raccogliere fondo.”

Per questo motivo riproponiamo il primo numero di EX, agosto 1974.

Uno di noi scrive:

Fino a poco tempo fa dovevamo chiedere alla carità pubblica ciò di cui avevamo necessità, ma ora i nostri diritti sono stati riconosciuti; siamo ex postulanti.

Sono passati 13 anni, duri per tutti, anni in cui le associazioni del volontariato si sono moltiplicate, hanno lavorato, certamente creando tanta conflittualità, ma anche uscendo dalle proprie paure; facendosi conoscere da una società molto distratta, ottenendo risultati importantissimi, aprendo “quella finestra” su un mondo nuovo. E ora, ascoltando queste parole, non possiamo fare a meno di tornare indietro col pensiero, ma soltanto col pensiero, perché ora abbiamo una consapevolezza in più, abbiamo gente pronta a dedicarsi a una causa. La Fondazione Nazionale può ancora rappresentare il vertice, ma si può benissimo fare a meno di coloro che credono di possedere il monopolio della saggezza e della verità.

E concludiamo:

Perché non cercano di mettere un po’ più di cura, nel distinguere e nell’esprimere le proprie opinioni e le proprie azioni, come fanno nel loro campo specifico che li vede primeggiare da anni? Avere insomma il coraggio dei loro dubbi e cercare con più impegno la verità ed il perché certi fatti accadono; tutto questo attraverso rapporti umani più sinceri, più vivi, come abbiamo noi, parti integranti di queste associazioni così piene soltanto di conflittualità.

Si renderebbero così consapevoli che aiutare chi ne ha bisogno, in qualsiasi maniera, è sempre un motivo in più per ritrovarsi dalla parte giusta… e la parte del medico, un medico seguito ai massimi livelli, è quella di non abbandonare a se stessi coloro che oggi hanno bisogno di aiuto e si rivolgono a noi… e noi cosa dovremmo rispondere, che il nostro compito è soltanto quello di raccogliere soldi?

Sempre a Roma, in aprile, Vincenzo Russo Serdoz, espone una relazione alla quale sul giornale diamo il titolo:

I veri nemici della libertà, o della verità, non sono coloro che la opprimono, ma quelli che la deformano.

Se noi modifichiamo leggermente questa frase potremo vedere come si può deformare la verità anche solo affermando che la nostra è l’unica verità, l’unica libertà.

Io, oggi, voglio parlarvi della verità e di come, nel testimoniarla con intolleranza la si possa deformare e rendere sterile ed inutile.

Quando dicevo della realtà di Ravenna, del suo Centro della cogestione che abbiamo con le nostre autorità mediche, non intendevo che questa fosse la verità, ma una delle tante “verità” che fanno parte del nostro modo di vivere e di essere emofilici; ma nel contempo sarei ingiusto se non dicessi che per noi, questa realtà, è verità indiscutibile ma sempre nella tolleranza di apprendere e di sapere cercare nelle altre verità e realtà quello che potrebbe migliorare la nostra. Ma tutto questo è tolleranza. In tutto ciò emerge una sola indiscutibile verità e cioè che mentre noi parliamo e discutiamo su quale realtà sia la migliore, gli emofilici soffrono e continuano a morire, indipendentemente dalle nostre beghe e questa è la “verità”.

Oggi noi ci stiamo allontanando da quegli ideali che ci hanno permesso di essere qui e di parlare e di ricordare di tener sempre presente l’unica “verità” che
c’è sempre dietro una persona sofferente; non dimentichiamolo mai.

Ma la paura è una parte della verità, come la sofferenza e la speranza come lo stesso coraggio. Tutto fa parte di una sola grande “verità”, la persona umana, colui che parla, che vive, che spera.

Ed è per questo motivo che io non posso parlarvi di metodologie e costi dell’emofilia, perché fino a quando noi staremo a discutere su quale verità debba prevalere e con intolleranza discuteremo e con arroganza ci imponiamo agli altri noi non potremo mai cambiare la “verità” che la PERSONA non ha prezzo e che la verità va rispettata e presentata con profonda umiltà; allora, ma solo allora noi potremo parlare di metodologie e costi dell’emofilia, oggi, qui, no!

E nel concludere io mi chiedo e vi chiedo, con molta umiltà, quanti di noi dovranno ancora morire perché si smettano di proiettare fredde diapositive e si incominci a sentire “parlare” l’emofilico ricordando che ascoltare è volere udire?

VACANZA IN ROMAGNA

Anche quest’anno l’Associazione Emofilici e Talassemici di Ravenna ripropone la tradizionale vacanza libera in ambiente libero, lungo la splendida Riviera Romagnola.
Pubblichiamo inoltre una cartina, ulteriore testimonianza dell’attenzione con la quale la nostra Associazione segue queste problematiche.
All’insegna del Come gli altri fra gli altri, riporta alberghi ospitali, persone preparate, medici competenti e libertà di scelta tra i vari emoderivati termoinattivati, con farmacie di riferimento.

L’editoriale di maggio torna sull’argomento del ruolo delle associazioni e insistiamo affinché, anche a distanza di tanti anni, ci si possa rendere conto del ruolo che
ci era stato dato.

Il titolo dell’editoriale è significativo:

Oggi siamo consapevoli della nostra forza e per questo motivo…LA SALUTE NON SI MENDICA

A distanza di un mese, a mente fredda, riteniamo sia importante riprendere il filo del discorso sul ruolo delle associazioni; lo riprendiamo più che mai convinti del nostro ruolo; lo facciamo per chiarire alcuni concetti fondamentali. Tanto per sgomberare il campo da possibili equivoci o per far capire a chi legge che l’articolo “la scelta di chi non ha ancora capito” non era lo sfogo di un momento ma la voce di un coro unanime, di tutte le persone che lavorano con noi, da anni, in tutti gli angoli del Paese ed anche fuori dai nostri confini.
Tanta gente a suo tempo “raccolta” attorno alla Fondazione Nazionale dell’Emofilia che per prima ha dato coscienza di quella che poteva essere la forza delle Associazioni.

Ora però non guardiamo soltanto a noi stessi; i nostri orizzonti si sono allargati e siamo entrati a far parte a pieno diritto di quel grande movimento che è l’associazionismo volontario, tutti armati della stessa volontà.

Guardiamoci attorno, oggi e che cosa scopriamo: che senza le associazioni del volontariato le istituzioni dello Stato, a tutti i livelli, sarebbero quasi alla paralisi.

Uno di noi, un anno fa, da queste pagine scriveva: “È vero che occorrono fondi per un’adeguata “ricerca” ma forse non è giusto che si piatisca un aiuto dai “pazienti” anziché lottare politicamente affinché il supporto economico per la ricerca scientifica sia affrontato con atto pubblico.

Il volontariato lo intendiamo strumento atto a contrastare l’emarginazione e ad integrare l’azione dell’Ente Pubblico, non a sostituirsi ad esso.

Il volontariato va inteso come testimonianza di vivacità e di creatività della società civile e quindi di tensione ideale per la conquista di più alte dimensioni di umanità, di giustizia e di democrazia.

Deve quindi spiegare pienamente le sue energie integrando l’attività dell’ente pubblico.

Il volontariato è un bene che, male usato, rischia di essere sempre più compromesso dai modelli di comportamento quasi generalmente proposti dalla società moderna”.

Si dice della nostra continua conflittualità?

Si deve anche dire però di quando avevamo soltanto una sensazione di “impotenza” o quasi una consapevolezza di essere “sporchi” ed è da qui che diamo ancora una volta testimonianza non rifiutando né la lotta né la realtà perché non vogliamo ritornare in quel ghetto fisico e morale dal quale siamo usciti e nel quale non ci farà precipitare neppure questa nuova paura che si chiama AIDS. No, non vogliamo mendicare la nostra salute, vogliamo viverla allo stesso modo in cui viviamo la malattia, con la consapevolezza di essere “tra gente senza che questa se ne accorga”.

A giugno, sempre nello spirito di dare il massimo risalto all’informazione sull’HIV/AIDS, senza nascondersi, ma uscendo a testa alta per combattere al meglio ,non soltanto la “tragedia” in sé, ma anche la disinformazione e il nuovo tentativo di emarginazione, Vincenzo Russo Serdoz concede un’intervista al grande giornalista RAI Enzo Biagi.
La rubrica è intitolata Spot.
Il nostro titolo è: Oggi non possiamo più nasconderci dentro la nebbia dell’ignoranza: accettiamoci e saremo accettati.
Vincenzo afferma:

Guardiamo in faccia la realtà e ci renderemo conto che questa intervista è uno spaccato di vita che può essere vissuta da ognuno di noi, senza drammi, con consapevolezza ma senza nascondersi alla vita di tutti i giorni e soprattutto senza allontanarsi da tutti gli altri.

Più che le richieste dei lettori, a convincerci a pubblicare l’intervista sono, come sempre succede in questi casi, le voci di dissenso anonime riportate da altri, che ci accusano, velatamente per la verità, di “protagonismo”.

Queste voci non hanno voluto afferrare il significato vero di un gesto che aveva preventivamente alle spalle l’appoggio pieno e incondizionato non della sola associazione responsabile, ma anche di tante altre, coscienti che questo sarebbe stato un ulteriore modo per fare cultura.
Certo, ci sarebbe stato anche il pericolo di essere usati, si era consapevoli di questo, ma i risultati ottenuti, il “dopo”, hanno fatto sì che la convinzione di essere nel giusto si trasformasse in certezza.

Questa testimonianza e questa premessa non vogliono quindi essere polemiche, ma vogliono essere chiarezza per chi da tanti anni apprezza il lavoro e l’onestà della persona e di tutti quelli che insieme sono usciti prima dall’isolamento e ora non vogliono ripiombare nella ghettizzazione o nell’emarginazione tanto faticosamente combattute e non ancora vinte definitivamente.

L’ultima domanda di Enzo Biagi fu: Di che cosa ha più paura?

Vincenzo rispose:

Onestamente, ho più paura della gente, quella paura dettata dall’ignoranza, dalla non conoscenza del problema. Perché il fatto della siero-positività so esattamente cosa vuol dire, so che potrebbe esserci la possibilità di contrarre l’AIDS e quindi di morire ma mi spaventano molto di più le notizie dei giornali dettate molto spesso da mancanza d’informazione, dall’isolamento che possono creare e soprattutto dall’autoemarginazione che possono creare.

L’intervista termina e qui inizia la nostra riflessione, il dialogo. Su come si affronta la vita di tutti i giorni, forse con qualche problema in più, ma certamente con un amico in più sul quale contare, che sa trasformare quella terribile sigla in un innocuo ammasso di lettere usando un additivo vecchio come il mondo: l’amore per gli altri e per la propria vita.

LA LEGA SICILIANA DEI TALASSEMICI

EX è diventato a pieno titolo anche la voce dei talassemici e in occasione della presentazione della proposta di Legge regione in Sicilia a favore dei talassemici, il presidente della Lega Siciliana scrive un articolo per il nostro giornale pubblicato nel mese di settembre.

Queste in sintesi, le sue parole:

Corre l’obbligo ringraziare anzitutto la redazione di EX che puntualmente collabora con la diffusione dell’attività svolta dalla Lega con effetti meravigliosi, visto che puntualmente ad ogni iniziativa largamente diffusa e partecipata alle Associazioni locali corrisponde un contributo dalle stesse sovente arido e talvolta polemico attraverso il vostro giornale quasi per ostentare presenza e appelli collaborativi che non trovano poi riscontro nella prassi. Tanto da domandarsi quali ragioni spingono a censire, insinuare o peggio demolire nonostante gravi latitanze in ordine ad inviti, convegni, riunioni.

È troppo facile dal pulpito della propria coscienza fare riflessioni a volte moralistiche che nulla hanno a che fare con un processo di maturazione delle utenze. Né tampoco, si può pensare di essere rappresentanti allorquando ci si dissocia o peggio si conducono battaglie personali.

È da ascrivere alla Lega l’immane impegno che ha consentito alla Regione Siciliana di emanare un piano regionale che disciplinasse la complessa materia del piano sangue con l’istituzione dei Centri di raccolta, dei Servizi Trasfusionali e dei Servizi di immunoematologia trasfusionale e l’istituzione di 17 centri dislocati su tutto il territorio siciliano per la cura, l’assistenza e la prevenzione della talassemia e delle emopatie in generale sono una realtà costruita sull’utopia poiché tale era considerata negli anni che partono dal 1974 al 1985.

Mi pregio ricordare presenze che hanno lottato e lottano ancora per una qualità della vita del talassemico che sia sempre migliore si chiamano Pavone, Venturino, Monello, Ciancio, Guggino, Vasile, Collerone, Giammusso, Falci, Scalia, il caro Pippo Lo Presti che non è più fra di noi e tutta quella schiera di giovani talassemici sempre pronti a mobilitarsi in nome di vita migliore.

Altri traguardi ci aspettano. Potranno essere lontani se si continuerà a giocare sugli equivoci velleitarismi che nulla hanno a che fare dentro la Lega. Possono essere vicini se i tavoli attorno a cui si vuole discutere non saranno tavoli di discordia e tanto meno tavoli aerei, se si vogliono ricercare sulle pagine dei giornali, ma ovunque vi siano fratelli riuniti in nome della vita degli ammalati e per il nome dei quali non è più consentito ad alcuno patenti facili di pseudo-difensori.

In queste pagine si può anche leggere il testo del disegno di Legge che è stato sottoscritto e presentato da numerosi parlamentari regionali all’Assemblea siciliana in seguito alla proposta elaborata dalla Lega. Come si vede anche i politici a volte vivono nel mondo dell’illusione, o forse, hanno capito che alla forza derivante dal legittimo desiderio di avere Diritto alla vita non può contrapporsi altro se non, risposte acquiescenti, capaci di trasformare le magiche FIABE in possibili realtà relegando a secondaria importanza le motivazioni finanziarie o di ragion di stato in nome della vita consentendoci così di credere ancora nell’utopia per costruire la SPERANZA.

A ottobre, il dott. Franco Bencivelli, Primario del Servizio Trasfusionale di Ravenna e dei Centri di Cura dell’emofilia e della talassemia ci concede un’intervista, pubblicata anche in novembre sull’argomento della plasmaferesi: “una strada irrinunciabile da percorrere con cautela e scelte sicure”.

Si affronta l’argomento della scelta, pur con le idee non ancora molto chiare. Soprattutto perché manca un dialogo aperto e costruttivo tra legislatori e amministratori e le associazioni dei donatori volontari. Ricordiamo che viviamo ancora sotto l’incubo delle infezioni.

Si parla anche della definizione “economicamente conveniente” perché implica un lavoro di preparazione alta a tutti i livelli e del problema dell’approvvigionamento e lavorazione del plasma. Si pensa di dover seguire la “logica” aziendale considerando comunque che ancora si è lontani dall’autosufficienza.

In conclusione si definiscono i ruoli importanti delle associazioni di donatori, in considerazione del fatto che non si potrebbe comunque fare affidamento sulle esperienze di altri paesi, ma solo su un motto stampato a lettere chiare: idee chiare, meditate e convinte.

E le risposte le avremo nel corso degli anni: autosufficienza e sicurezza fino all’esportazione in altre regione a sostegno dei talassemici.

A novembre la nostra Redazione incontra i responsabili ministeriali per avere i prodotti emoderivati sicuri. Dopo l’incontro con Dulio Poggiolini (proprio lui) il 30 ottobre, vediamo il prof. Brenna il 15 novembre. Questo solo dopo aver avuto la notizia di nuovi prodotti più sicuri in corso di registrazione, come da articolo del prof. Mannucci apparso su Panorama, e del Kryobulin TIM 3-1 già ampiamente noto in Italia per essere stato utilizzato come oggetto di studio policentrico e discusso anche durante il Convegno di Milano e che è tuttora distribuito gratuitamente ai numerosi emofilici “vergini”. Ci siamo mossi per i tre prodotti in corso di registrazione che erano la tappa finale del CIP. Abbiamo contattato, in questa nostra azione, il Prof. Brenna (Pres. Commissione Prezzi CIP), il Prof. Poggiolini (Direttore Generale del Servizio Farmaceutico del Ministero della Sanità) e con il Ministro della Sanità, che era indisposto, tramite il suo segretario particolare Dr. Affronti.

Abbiamo inoltre intervistato le Case Farmaceutiche interessate per avere il loro parere e prospettive future sulla situazione che si è venuta a creare con la normativa CIP. Abbiamo parlato con l’Alfa Farmaceutici di Bologna, importatrice del prodotto USA Profilate HT; con la Behring, produttrice dell’Haemate P e con la Ditta Immuno, produttrice del Kryobulin TIM 3-1.

I responsabili dell’Alfa Farmaceutici, da noi interpellati, ci hanno risposto: “I nostri prodotti sono sicuri ma il prezzo assegnato fino ad ora non ci consente di commercializzare.”

Il dott. Mottola della Behring afferma: “Il Ministero della Sanità non può ignorare i costi di produzione sapendo che la nostra ditta è una garanzia in campo mondiale.”

Il dott. Di Giuliomaria della Immuno ci ha risposto: “Abbiamo per anni fornito prodotti anche gratuitamente per favorire la ricerca; ora il Ministero non può chiederci ulteriori perdite. Il prodotto è sicuro e lo sanno.”

Il prof. Poggiolini: “Per quanto riguarda i prodotti della Behring e della Immuno abbiamo un quadro molto chiaro di come si collocano in termini di sicurezza; non abbiamo invece un quadro preciso sull’altro prodotto (Alfa Farmaceutici – n.d.r.), per il quale sono necessarie ulteriori documentazioni ed ulteriori valutazioni che saranno fatte al più presto.”

LA DISTROFIA MUSCOLARE

Sempre a novembre, raccontando la storia di Mario Spik, iniziamo a parlare anche della distrofia muscolare.

Il nostro titolo è: La distrofia muscolare era la sua malattia ma forse ciò che più ha pesato è stata l’assenza di coloro che l’avrebbero collegato alla vita.

Il 1987 si conclude con la pubblicazione di un’esperienza di vita, quella di un emofilico piemontese di nome Ernesto Simionato che ci racconta la sua emofilia A grave, la sua ricerca di un lavoro, le delusioni patite perché non sempre si poteva trovare la cura giusta e poi il frutto dell’esperienza che si concluse con una frase che abbiamo fatto anche nostra:

Cercavo, ho cercato qualcuno che risolvesse i miei problemi; ho vissuto lottando ogni giorno per me e per i miei…ora ho scoperto che donare qualche cosa significa anche a volte ricevere di più.

Era una storia forse non unica perché altri hanno lottato e lottano ogni giorno per un posto nella società e anche per essere utili agli altri. La sua testimonianza è uno di questi esempi e noi siamo fieri che lui abbia scelto il nostro giornale per pubblicarla.

Quanto dicevamo nel 1987 vale anche oggi, 2010. Ernesto è rimasto un nostro amico e un esempio per noi.