storia
1993: VENT’ANNI DI EX

Il 1993 si apre con la lettera di un ragazzo talassemico guarito con il trapianto di midollo.

Leggo da molti anni la rivista ed ogni volta che arriva il mio pensiero è rivolto a quei reparti, medici e infermiere, ai convegni e iniziative atte a discutere sui problemi che oggi hanno i talassemici.

Ho già scritto più lettere alla vostra rivista e puntualmente sono state pubblicate a dimostrazione della vostra attenzione.


L’ultima lettera ha fatto il giro di molti reparti di Genova e di Pesaro ed ha girato in lungo e in largo l’Italia perché un ragazzo di 25 anni è riuscito a fare il grande salto nel buio, ossia il trapianto di midollo osseo, e non sono l’unico, con me c’erano altri, anche stranieri.


Piccole fiammelle nel buio che risplendono sorridenti di gioia e di vita nuova.


Oggi, dicembre ’92, sono passati 11 mesi e la mia vita è cambiata. A dimostrazione che l’ospedale per me non è un luogo di tortura, che aghi e siringhe non sono i colpevoli della nostra sofferenza ho intrapreso la scuola per vigilatori/trici d’infanzia al “Gaslini” di Genova, in quell’ospedale che per 24 anni mi ha tenuto in vita grazie alle trasfusioni e alla terapia ferrochelante.


È difficile dire quante volte in passato avrei preferito scappare dai camici bianchi e quante volte ho mentito (più a me stesso che agli altri) fantasticando di vivere senza aghi e punture ma è altrettanto difficile trovare le parole adatte, quelle più vere e sincere nel ringraziare tutti.


Ora sono dall’altra parte della “barricata” con gli occhi sulle cartelle cliniche, sulle terapie, sui farmaci e il cuore al fianco dei bambini che ricorrono alle cure mediche.


È un’emozione unica vivere al fianco di chi lascia casa, lavoro, parenti e amici di luoghi lontani per avere risposte, certezze e sicurezza che si cercano in uno staff medico/infermieristico preparato e competente in una terapia adeguata e sicura. E la trasparenza, la fiducia si tocca con mano in una stretta di mano, in un abbraccio, in un sorriso dei propri figli. Sino a quando la volontà di vivere e amare è forte e dignitosa ci sarà sempre qualcuno pronto ad aiutarci e ad assisterci nella speranza di nuovi farmaci e di calorosi e umani metodi di cura.

L’editoriale di gennaio ricorda il nostro ventesimo anno di vita.

Scriviamo tra l’altro:

Il 1993 segna l’inizio del 20° anno di vita per EX e le battaglie che abbiamo combattuto sono sempre attuali, con una differenza: oggi parliamo, viviamo e se non guardiamo come questo giovane che offre la sua esperienza, sappiamo che persone come lui ci faranno sognare un domani più sereno.
20 anni fa molti (di noi i più…) si nascondevano. Oggi, anche se ancora qualcuno si emargina (i meno…) la volontà di non accettare supinamente il proprio destino è forte, fortissima!

Dice questo ragazzo: “…la speranza, la fiducia si toccano con mano, anche se invisibili. Si assapora in una stretta di mano, in un abbraccio. Sino a quando c’è una mano tesa, la volontà di vivere e amare è forte”.

Ebbene sì, lo confesso; in questo momento sento l’importanza e ne sono orgoglioso, del lavoro svolto, insieme a tutti coloro che attraverso queste pagine, oggi numerosi, hanno fatto sì che queste conquiste si concretizzassero, nonostante tutto, nonostante la malattia, nonostante i continui tentativi di emarginazione.

Questo non è vivere da malati o handicappati: è VIVERE!

Le lettere sono sempre state la spinta maggiore al nostro lavoro. La signora che scriveva al Direttore Responsabile riceve una risposta diretta, rivolta anche a tutti i lettori. Alla sua lettera diamo il titolo:

Oltre il silenzio….per non lasciarci travolgere

Gentile signor Serdoz, l’ho conosciuta circa cinque anni fa, a Ferrara, e da allora in poi l’ho seguita sempre attraverso le pagine di EX. La sua esperienza è sempre stata per me fonte di incoraggiamento per affrontare la patologia del mio bambino senza dolore, ma solo speranza, ma qualche mese fa è successa una cosa che mi ha sconvolta. È morto mio zio…anche lui emofilico.
È morto di AIDS. Da qualche anno era diventato sieropositivo e non mi aveva detto niente e poi all’improvviso la bomba è scoppiata. Sono stata a trovarlo e sono rimasta sconvolta. Lui che tante e tante volte mi aveva aiutata e incoraggiata, lui mi ha chiesto di farlo morire, tutto era finito non aveva più niente a cui aggrapparsi. Ho paura, signor Serdoz, per tutti i bambini, i ragazzi e gli uomini che un giorno saranno costretti ad affrontare faccia a faccia l’AIDS, ho paura che non riescano a tenere la loro identità, ho paura che si possano perdere nel dolore.

Dalla risposta di Vincenzo prendiamo alcuni passi.

Un uomo muore ed una donna piange. Piange l’assurdità e l’ineluttabilità della morte e piange per la paura che altri possano lasciarsi travolgere dalla paura. Ho visto amici carissimi morire di AIDS; uno di questi, un ragazzo di 16 anni mi disse prima che tornassi a casa, (ero andato in ospedale a trovarlo per scambiare con lui coraggio e speranza e sogni) di stare attento nella strada del ritorno, che badassi a me. Due giorni dopo moriva. Ricordo bene quelle sue parole e ricordo la dignità con cui è morto, quasi si rendesse conto, soffrendo, per il dolore che, involontariamente ed innocentemente, recava alle persone che gli volevano bene.

Ricordo tutto questo ed il ricordo, fermo nel mio cuore, mi aiutava a vivere, ad amare, a sognare.


Non ci lasciamo travolgere, andiamo oltre tutti i silenzi, diamo testimonianza, diventiamo testimonianza e che questo nostro modo di essere diventi il delicatissimo rito del pane e del sale che si dava all’ospite quando entrava in casa. Il nostro vissuto, il nostro amore per la vita, sia il nostro pane e il nostro sale e forse riusciremo a squarciare il velo del silenzio.


È difficile capire il perché del sacrificio, il perché del dolore. Forse se ci rendessimo conto che dentro ogni seme, anche il più piccolo, (come canta una dolcissima canzone) c’è sempre la solenne e sacra promessa della nascita di un fiore.


Forse se capissimo e sentissimo che anche nella morte di ogni uomo, chiunque esso sia, c’è sempre l’inizio di una nuova vita e sentissimo tutto questo con cuore sereno, con animo pronto all’ascolto, forse capiremmo meglio la stupenda possibilità che abbiamo ogni giorno, quella di non essere vili.


Quest’anno che iniziamo sarà per tutti un “momento” di confronto e di sfida, una sfida che ci vedrà impegnati per distruggere tutte le forme, peggiori dell’AIDS, di emarginazione, di intolleranza, di puritanesimo gretto. Dovremo lottare perché si veda con il cuore, e i codici, freddi disumani, servano solo per capire quale stupenda possibilità si abbia nel voler vedere solo con il cuore.


Ascoltiamo chi ci chiede: “Guarda che ci sono anch’io, aiutami a sorridere, ti prego”.


Abbracciamo la nostra vita, ne abbiamo la possibilità, stretta fra le nostre braccia, amiamola diamole calore e anche quando saremo coscienti, perché “sentiremo” quel momento, che ci sta lasciando continuiamo ad amare, a dare, a sorridere perché comunque avremo dato testimonianza e sarà il nostro gesto del pane e del sale e la certezza che l’AIDS nonostante tutto non avrà vinto perché noi nonostante tutto avremo dato vita agli anni che abbiamo.

A febbraio pubblichiamo le direttive tecniche per l’erogazione e le modalità esecutive previste, al fine di agevolare le procedure per l’indennizzo previsto dalla legge:

Parte la legge sull’indennizzo

Ora è compito e dovere delle associazioni locali di contattare, al più presto, le Commissioni mediche militari non solo per dare la propria più ampia disponibilità, ma, soprattutto, per cercare di sollecitare una procedura veloce e semplificata.
In questa “direttiva tecnica”, oltre al verbale che la CMO dovrà redigere, vi sono delle importanti indicazioni che permettono di avere un più agevole trattamento.
Quindi consiglio vivamente di leggere con attenzione quello che è pubblicato nel giornale.

Comunque gli aspetti da sottolineare sono:

RICHIESTA DI TRATTAZIONE ANTICIPATA

L’interessato può fare domanda, in carta semplice direttamente al Presidente della Commissione di usufruire di visita anticipata se sussistono gravi condizioni di salute e/o particolari situazioni disagevoli sociali.

È consigliabile inviare per conoscenza la richiesta di trattazione anticipata pure al Ministero della Sanità. Inoltre bisogna corredare la domanda di documentazione sanitaria e/o altra documentazione che comprovino la veridicità dell’istanza.

MEDICO DI FIDUCIA

L’interessato ha facoltà di farsi assistere, durante la visita medica, da un proprio medico di fiducia. È importante ricordare che il sanitario suddetto può esprimere un parere sia sul nesso di casualità che sull’ascrivibilità tabellare che verrà messa a verbale.

AGGRAVAMENTO O DECESSO

Qualora vi siano aggravamenti della patologia oppure, malauguratamente, si abbia il decesso bisogna presentare, al massimo entro sei mesi dall’evento, la dovuta documentazione al Ministero della Sanità. Nel caso di aggravamento, ovviamente, la certificazione sanitaria di esso; invece se vi è stato exitus sono necessari l’ultima cartella clinica e il certificato di morte.

VISITE A DOMICILIO

Se l’interessato, per problemi di salute, non può recarsi nella sede della Commissione medica per la visita, allora, previa domanda presentata al Presidente della CMO, può chiedere di effettuare la visita nel proprio domicilio.

MEDICO SPECIALISTA

Il prof. Mannucci, quale presidente del Comitato medico-scientifico della Fondazione dell’Emofilia, ha dato la più ampia disponibilità di tutti i Direttori dei Centri medici di emofilia alla collaborazione e informazione.

Infatti è previsto che, patologie particolari quale è il contagio da HIV, il Presidente della CMO può integrare la Commissione con un medico specialista; ovviamente sarà compito dell’associazione che questo avvenga. Ricordiamo, infine, che il Ministero della Sanità invierà all’interessato la comunicazione che la sua pratica è stata spedita alla CMO di pertinenza. Ormai, quindi, siamo al via della applicazione di una legge che soltanto tre anni fa sembrava un’utopia.

Eppure la legge 210/92 lascia molti dubbi e presenta molte problematiche aperte.

Innanzitutto bisogna chiarire che questa normativa vuole, per quanto possibile, indennizzare un danno subìto. Infatti essa nasce da una sentenza della Corte Costituzionale in cui si esprime l’impegno che lo Stato deve assumersi nei confronti del cittadino danneggiato biologicamente. Pertanto le Commissioni mediche non devono valutare un’invalidità al lavoro o altro, ma essenzialmente il danno biologico che ha comportato un’alterazione dell’integrità psico-fisica del soggetto.

E l’impedimento alla procreazione, nei sieropositivi, e le sofferenze fisiche e psichiche non rappresentano di per sé motivo di indennizzo?

D’altro canto questa legge non vuole essere e non è una sanatoria per chi, non solo ritiene di dovere chiedere un adeguato risarcimento, ma soprattutto sente la necessità di individuare gli eventuali responsabili di questa incredibile tragedia.

Parimenti la Fondazione dell’Emofilia è già al lavoro per presentare, in collaborazione con l’Unione Forense, una proposta di legge migliorativa sia sul piano economico che normativo. Probabilmente questa legge verrà presentata tra qualche mese e, sostanzialmente, è ispirata al documento che l’Assemblea nazionale della Fondazione dell’Emofilia ha elaborato durante il convegno di Napoli. Tanti e tali sono stati gli sforzi di tutti noi che mi preme rinnovare l’invito a tutte le associazioni di contattare subito le Commissioni mediche.

Inoltre è opportuno porre in stato di allerta i medici del proprio Centro per metterli in contatto con le CMO, ma anche perché è consigliabile che gli emofilici sieropositivi che faranno la visita medica portino con loro le analisi laboratoristiche del loro ultimo controllo.

Vivere in prima persona le difficoltà e le sofferenze stimola ognuno a essere sempre vigile e attento. Non bisogna mai abbassare la guardia, perciò sappiate, amici, che ogni traguardo, anche piccolo deve essere, non solo conquistato con sacrifici, ma difeso con forza.

Nel numero di aprile facciamo conoscenza con una nuova Associazione: A.S.M.M.E. L’Associazione per lo Studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie.

Uno di noi, così scriveva nel 1975, ufficializzando gli scopi e gli obiettivi che ci prefiggevamo:

…non accettiamo di essere emarginati e non accettiamo che altri lo siano, ma per ottenere questo dobbiamo dimostrare di essere in grado di inserirci come elementi attivi nella società, dare almeno quanto chiediamo. EX è sorto per discutere queste idee, per sentire su questi argomenti anche “non emofilici”; abbiamo intenzione di trattare su ogni numero una malattia sociale o che tale dovrebbe divenire, per vedere i problemi di tanti, ora che i nostri diritti sono stati riconosciuti.

I bambini, sempre loro, sì. Il domani della nostra società, ha bisogno del nostro aiuto, della nostra solidarietà, della nostra non indifferenza a queste malattie metaboliche congenite.

E con loro i genitori, le famiglie, come le nostre, come siamo stati e siamo noi.

Questo è il momento per voltarsi indietro e misurare i passi che abbiamo compiuto, mettere a frutto la nostra esperienza, anche per questi nuovi amici, ed essere in grado, se ce lo chiederanno, di tendere loro la mano. Perché anche se siamo angeli con un’ala soltanto, unendoci possiamo “volare”.

POTREBBE ESSERE UNA NOTIZIA DEI GIORNI NOSTRI

Ricordando l’anno nel quale pubblicammo queste note (1993) e quello in cui stiamo raccontando la nostra storia e cioè il 2011, ci rendiamo conto che le situazioni non sono cambiate molto.

Oggi, 2011, cercano di “scippare” i soldi delle transazioni. Nel 1993 invece, nell’articolo di aprile si legge:

“Spariti” i soldi già stanziati per la legge 210/92

I 19 miliardi stanziati per il finanziamento 1992 della Legge 210/92 sono stati rastrellati dai Parlamentari italiani per altre spese. È l’ennesimo “scippo” di Stato perpetrato verso una categoria di cittadini che già ha subìto danni enormi, financo la morte, per negligenze e ritardi dell’amministrazione pubblica. Eppure il ministero della Sanità agli inizi dell’anno aveva presentato un emendamento di consolidamento che permetteva di utilizzare i fondi per l’anno 1993.

Che cosa è successo nella Commissione Sanità del Senato?

Perché i parlamentari ed il sottosegretario alla Sanità presenti si sono “distratti”?

Vogliamo sapere di chi è la responsabilità di questo vero e proprio furto per gridare in faccia: vergogna!

Le associazioni e la Fondazione dell’Emofilia si sono subito attivate per una interrogazione parlamentare e nel contempo per organizzare una iniziativa politica per reperire immediatamente i fondi “rubati”. Nel frattempo la legge 210/92 va avanti con l’inizio delle visite mediche.

Comunque non bisogna preoccuparsi perché una legge dello Stato non può essere disattesa e perché se saremo uniti e presenti non potremo che essere vincenti.

Nel numero di maggio iniziamo a parlare del chelante orale per i talassemici.

Questi due documenti sono in qualche modo un’anticipazione a una delle novità più importanti nel campo della talassemia, quella di un chelante orale che sarà osteggiato per anni fino a diventare poi estremamente importante per un nuovo approccio alla chelazione del ferro e per eliminarne una quantità sempre maggiore dagli organi importanti come il cuore e il fegato.

Gent.mo On. Raffaele Costa, Ministro della Sanità ROMA

In seguito a presentazione da parte del Comitato Medico Scientifico della “Lega Italiana per la lotta contro le emopatie e i tumori per l’infanzia” della istanza di ottenimento della sperimentazione “Chelante orale Elleuno” necessario alla cura delle thalassemie, a tutt’oggi non è stata fornita all’utenza alcuna risposta. Essendo tale sperimentazione vitale per il futuro dei nostri ragazzi sempre più innamorati della vita, sollecitiamo la S.V. Di prendere in esame la documentazione ed autorizzare quanto chiesto.


Alla scopo ci è gradito ricordare che la questione è stata sollevata anche in Senato mediante due interrogazioni all’ex Ministro (il 15/10/92 e il 10/2/93). Le chiediamo di sensibile responsabilità. Siamo stanchi di attendere.


Ass.ne Prov.le per il Bambino Talassemico di Taranto.

Il presidente dell’Associazione Provinciale per il Bambino Talassemico di Taranto, in una lettera alle associazioni e alla Lega Italiana per la Lotta contro le Emopatie e i Tumori dell’Infanzia, a proposito della sperimentazione del Chelante Orale Elleuno, invita tutti a spedire telegrammi al Ministero della Sanità, di cui pubblichiamo i testi.
Nella sua lettera, con la quale ripercorre le tappe della ricerca di questo nuovo “ausilio terapeutico”, in cui si intrecciano come sempre interessi e dubbi, dice testualmente:

Quella di organizzarsi in ciascun paese per aggirare gli ostacoli ci sembra l’unica strada utile per ottenere la sperimentazione del chelante orale così come è accaduto in Canada dove la dott.ssa Nancy Olivieri lo ha sperimentato su 15 pazienti. Dunque non ci resta che far sentire la nostra voce. In seguito a lungo dibattito, nell’ultimo Consiglio direttivo della nostra Associazione è stato deliberato l’invio di una serie di telegrammi di sollecito al Ministro della Sanità. Tuttavia 1000 telegrammi che giungano da ogni parte d’Italia possono sollecitare più di quanto riescono a fare solo i telegrammi di Taranto. Si tratta pertanto di far giungere sul tavolo del Ministero Raffaele Costa (00144 ROMASANITÀ) una pioggia di messaggi pro sperimentazione del “Chelante orale ELLEUNO” e per l’eventuale produzione.

Per questo caro Presidente contiamo su di LEI e sulla collaborazione della SUA Associazione.


Il tutto allo scopo di risolvere questo problema e per ottenere finalmente chiarezza su questa questione. Gli ematomi sulle braccia e sulle gambe dei nostri figli esigono chiarezza.

Gent.mo On. Raffaele Costa, Ministro della Sanità

La sperimentazione del “Chelante orale Elleuno” per i talassemici dipende anche dalla sua volontà. Nel recente Congresso mondiale sulle talassemie svoltosi a Cipro dal 29 marzo al 3 aprile ci sono stati confermati gli sconcertanti fatti sul boicottaggio di questo preparato del quale eravamo già a conoscenza. In Italia la sperimentazione dell’Elleuno dipende anche da Lei. Autorizzi la sperimentazione in questione quanto prima poiché per noi è un fatto di estrema importanza. Faccia presto. I ragazzi talassemici di Taranto e provincia.

TEMPO DI SCELTE INEVITABILI

A giugno una decisione drastica per continuare a pubblicare il giornale. L’editoriale del Direttore Responsabile spiega i motivi che potrebbero essere attuali anche ai giorni nostri.

Vincenzo dice tra l’altro:

Da quanti anni tanti di voi ricevono EX senza avere mai fatto l’abbonamento, però ci telefonano? Usufruite del lavoro d’informazione che puntualmente e correttamente vi diamo, sfruttate, sì è la parola giusta, lo sforzo che tanti lettori fanno nel rinnovare l’abbonamento che serve anche per voi che non lo fate. Una mano sulla coscienza ve la siete mai messa? EX fa tanto per voi e voi cosa fate perché EX vi possa continuare ad aiutare?

Fino ad ora l’Associazione di Ravenna ha supportato questo sforzo economico non indifferente, aiutata anche da chi si rendeva conto che lavoriamo per lui e con il suo abbonamento ci diceva: “ehi, vi capisco questo è il mio modesto aiuto, grazie!”.

Da mesi vi avvertiamo che l’aumento delle tariffe postali ci sta strozzando letteralmente e vi chiedano di partecipare con noi, e, nonostante tutto, continuiamo ad inviarvi EX al di là del vostro silenzio, rispondiamo alle vostre domande, ma da parte vostra…silenzio.

Ora una circolare del Ministero delle Poste parla di aumenti sensibili che ci danno un’unica possibilità, visto che con la vostra continua indifferenza non ci sostenete, quella di chiudere perché non potremmo spendere più di 5.000.000 (5 milioni) all’anno solo di spedizione. Ma a settembre EX, nonostante tutto, celebrerà il suo ventennale.

UNA SCELTA DOLOROSA MA INEVITABILE

E proprio per queste valutazioni siamo giunti ad una decisione, EX deve continuare ad uscire, per rispetto, se non altro, verso le centinaia di persone che lo sostengono con il loro abbonamento.

Non possiamo e non vogliamo chiudere una testata perché più di 4.000 persone, che lo ricevono (poste permettendo) regolarmente, non sentono l’obbligo di fare l’abbonamento (e non venite a dirci che non potete dare 10 mila lire l’anno come minimo); sarebbe, se lo facessimo, offesa verso i nostri abbonati sinceri e generosi, sarebbe tradirli.

Perciò dal mese di agosto EX arriverà solo nelle case degli abbonati, tutti gli altri saranno tolti dall’indirizzario. Chi lo vorrà ricevere farà il versamento sul bollettino di conto corrente postale e sarà così reinserito.
Dobbiamo e vogliamo, fare questo, per rispetto ai nostri venti anni, ai nostri abbonati e a tutti coloro che non si limitano a chiedere senza dare, ma a coloro che chiedono e danno e partecipano e aiutano ad aiutare anche voi, sì anche voi, che vi limitate a chiedere…

C’era anche lo spazio per gli appelli in favore di nostri fratelli meno fortunati.

418 EMOFILICI TRA CUI 64 BAMBINI CHE LOTTANO PER SOPRAVVIVERE
IL MONDO NON DIMENTICHI QUESTI FIGLI

Dall’Istituto trasfusionale di Belgrado un appello alla solidarietà a favore degli emofilici.

Questo è un appello del Centro per l’Assistenza Medica degli Emofilici, l’Istituto per la Trasfusione del Sangue, Repubblica di Serbia, che si trova davanti alla drammatica situazione dei suoi pazienti, emofilici, che cercano disperatamente con il nostro appoggio morale e professionale di sopravvivere in queste terribili condizioni di blocco e di sanzioni ingiunte al nostro Paese, che ora stanno superando definitivamente le nostre capacità.

Il nostro Centro ha 418 pazienti registrati, di cui 363 affetti da emofilia A e 55 da emofilia B. Abbiamo 64 bambini fino a 10 anni di età. Due pazienti sono bambine, il resto è composto da ragazzi e uomini. Non hanno mai prestato servizio militare ed avendo acquisito una condizione invalidante non potranno mai essere soldati. In tutta la loro vita hanno lottato soltanto per la sopravvivenza.

LE SCORTE SONO FINITE

Fino a poco tempo fa siamo in qualche modo riusciti ad aiutarli professionalmente e moralmente ed a rifornirli delle quantità necessarie dei preziosi concentrati di fattore VIII e IX, indispensabili per mantenerli relativamente in buone condizioni di vita.

Non abbiamo più rifornimenti di concentrati di fattore VIII e IX e nessun mezzo per acquistarli o ottenerli dall’estero.

Speriamo che comprenderete il nostro stato d’animo quando quei genitori disperati ci chiedono di aiutarli e si presentano ogni giorno. Nella speranza che sarete così gentili da considerare la nostra situazione ed aiutarci, desideriamo sottolineare nuovamente che la nostra posizione è veramente critica e necessita un intervento urgente.

A luglio l’ultimo scritto del nostro Direttore Responsabile, quasi un testamento spirituale.

VITA A TUTTI NOI… SEMPRE

Sogni? Non dimentichiamo che il sogno spesso, diventa realtà.

Numero di luglio, “pieno” delle realtà, belle e brutte, che quotidianamente viviamo, subiamo e, con volontà, vinciamo. Il dialogo che da anni, ho, abbiamo con i nostri lettori, si amplia, diventa “pieno” ed è testimonianza di voler – nonostante tutto – andar avanti, con le nostre paure ma anche con il nostro coraggio.

Ecco, appunto: il dialogo, l’informazione, il cercare di fare cultura che parte dal prendere coscienza di noi stessi, di come stiamo, di quello che siamo.

Quante volte, rivolgendomi a voi, ho cercato, caparbiamente, di far capire come l’auto emarginazione sia altrettanto, se non di più, pericolosa dell’emarginazione.

Mi rendo conto che a volte può sembrare un sogno, pura utopia quello che dico, ma mi rendo conto che è realtà, vera, della quale noi possiamo e dobbiamo diventare interpreti primari.

Il convegno di Berlino sull’AIDS ha lasciato, a chi si aspettava clamorose rivelazioni e scoperte, l’amaro in bocca, ma è anche vero, a sapere e voler leggere, che ha dimostrato l’imponenza e l’impegno che gli scienziati di tutto il mondo impiegano per cercare di risolvere questo problema.

Ecco, appunto: l’impegno, lo sforzo congiunto, la collaborazione, la fiducia.

Ecco allora l’importanza dell’intervista al professor Moroni che diventa dialogo, momento di fiducia e speranza per il futuro e possibilità di costruire una realtà vera.

Scaturisce, da questo dialogo, l’importanza di fare, periodicamente e regolarmente, gli esami e non di nascondere, come molti fanno tutt’ora, la testa sotto la sabbia. Non bisogna fuggire la realtà e bisogna accostarsi con fiducia, in un rapporto di reciproco dialogo, alle terapie che i medici ci presentano.

Ricordiamo che se non faremo così non avremo la possibilità di costruire la nostra realtà e nemmeno quella, altrettanto importante e bella, di sognare.

Sogni?…dirà qualcuno con ironia. Realtà, dico io. E non dimentichiamo che a volte la realtà può rasserenarsi nel sogno e il sogno può concretizzarsi nella realtà. Ecco l’importanza, allora, della serena accettazione del nostro ruolo nella vita, nella società, nella famiglia. L’importanza della testimonianza. Noi possiamo e dobbiamo, attraverso il nostro vissuto, dare certezza che la vita, nonostante tutto vince sempre e che merita (sempre) di essere vissuta, amata, coccolata, difesa. Certo tanti di noi, troppi, ci hanno, dolorosamente, lasciato fisicamente, ma sono presenti nei nostri ricordi, nei nostri sogni, la nostra “memoria”.

Cerchiamo, allora, con quello che rimane delle nostre vite, di dare un significato, vero e pieno di amore, alla nostra esistenza. Allora possiamo capire meglio l’importanza di certi valori, l’amicizia e l’amore, valori e sentimenti che ci danno la forza di andare avanti, ci aiutano a costruire la nostra realtà. Certo l’anno che stiamo vivendo è per tutti noi particolarmente doloroso, per le perdite che abbiamo, ma è anche l’anno della nostra certezza e della nostra realtà. Deve diventare l’anno della nostra testimonianza, della presa di coscienza, perché, non dimentichiamolo mai, noi che siamo vivi abbiamo un duplice debito con la vita e con i nostri cari che non ci sono più.

Rendiamoci conto che il nascondersi o il nasconderci non debbono dar parte della nostra vita, della nostra realtà, dei nostri sogni. È solo la testimonianza vera, sentita, “vissuta”, che ci dà la possibilità di andare avanti e sopportare le paure e le ansie. Il resto è nulla. Non dobbiamo vivere, vogliamo vivere, sempre anche con questo nostro vissuto, soprattutto con questo vissuto, di sieropositivi. Una scala di valori, la stessa scala di valori che faceva sì che i soldati ucraini, durante la battaglia di Orel e Kursk, li facesse cantare, mentre a plotoni affiancati si lanciavano contro le sezioni di mitragliatrici, ma “sapevano” e “sentivano” che dal loro sacrificio, dalla testimonianza della loro morte, sarebbe scaturita la libertà della loro terra. Noi non dobbiamo affrontare sezioni di mitragliatrici, forse armi ancora più pericolose e subdole, il virus dell’HIV, l’AIDS, l’emarginazione, l’ignoranza e la paura, l’auto emarginazione, il rifiutare di lottare contro questa libertà. Ma è vero che se non abbiamo fucili abbiamo però un’arma altrettanto, se non di più, forte, la nostra parola, le nostre persone, il nostro vissuto e perché no, i nostri sogni.

Ecco allora l’impegno che quest’anno e per gli altri che andremo a vivere, la mia, la tua, la nostra testimonianza perché si sappia che noi ci siamo e continueremo ad esserci.

Certo i momenti saranno duri, la tentazione di lasciarsi andare sarà forte. Ci saranno momenti in cui ci sembrerà di essere soli e di non sapere dove andare, lo scoramento dovuto all’ignoranza dei mass media che pensano solo allo scoop, le nostre stesse istituzioni ed associazioni che non sempre ci tutelano come dovrebbero, non ultimo il fatto di essere stati tolti dalla Consulta dell’AIDS. Quali ne siano i motivi, ma nonostante tutto e tutti noi ci siamo “Mir Zainen Do”, e noi quel ci siamo continueremo a gridarlo a dispetto di tutto e di tutti, anche di noi stessi.

Cerchiamo con caparbietà, con fede, di dare vita agli anni che abbiamo davanti ed aiutiamo chi non ne ha la forza, è nelle nostre, non dimentichiamolo mai, possibilità e potenzialità. Andiamo a testa alta incontro alle nostre paure e il nostro canto sia la nostra parola di “persone” che soffrono, amano e gioiscono.
Liberiamo la nostra terra, che è il nostro corpo, dalle paure e andiamo, comunque, nonostante tutto, avanti.

Sogni? Certo alcuni ironicamente diranno così; i cosiddetti realisti che vedono con gli occhi dimenticando troppo spesso che l’essenziale è invisibile agli occhi e si vede solo con il cuore. Sogno e realtà. Cosa dice quella dolce nenia? “Quale è la differenza fra realista e sognatore? Il realista, sa dove deve andare, ma il sognatore – ed è bellissimo – c’è già”.

Ecco io, tu, noi, ci siamo già e solo se sapremo con serenità e dolcezza fare questo, accettarci così come siamo, potremo, e sapremo, sempre vedere sorgere il sole, ecco la nostra realtà. Vita a tutti voi che ci leggere, vita sempre.

Nel mese di giugno Vincenzo era andato a Parigi per quello che sarebbe stato il suo ultimo viaggio per un’importante intervista al prof. Luc Montagnier.

La prima domanda fu rivolta ad una considerazione sul futuro della malattia. Riportiamo, in sintesi il significato del suo pensiero.

Si sa che alcuni evolvono molto rapidamente in AIDS in tre/cinque anni. I motivi li stiamo comprendendo ora, ma possiamo dire che presto avremo le combinazioni terapeutiche che potranno rallentare o arrestare completamente l’evoluzione.

Gli argomenti spaziavano dal come la manipolazione genetica avrebbe potuto influire per cercare una cura, ai vaccini che erano allo studio per impedire l’espansione di quella che sembrò da subito una vera e propria pandemia. L’ultimo argomento era quello della necessità di realizzare nuovi test diagnostici per cercare di individuare i ceppi di virus variati. Vincenzo rispose testualmente:

Penso effettivamente che l’estrema variabilità del virus dia origine a dei ceppi che attualmente è difficile individuare con le tecniche correnti. È quindi importante isolare questi virus ed incorporare le loro proteine nei test diagnostici.

Parlò poi della diffusione del virus traendo conclusioni non catastrofiche che purtroppo si sono poi rilevate errate soprattutto per i paesi in via di sviluppo, in particolare l’Africa.

E arriva il mese di agosto in cui Vincenzo ci lascia, quasi in punta di piedi.
Ci lascia un’eredità di vent’anni di battaglie combattute sempre in prima persona.

Ha pagato il prezzo più alto a quell’infezione che pochi giorni prima aveva affrontato con il prof. Montagnier, ma soprattutto che aveva combattuto mettendosi di fronte al mondo dell’informazione per darne testimonianza, come anche aveva dato energia e testimonianza di tutto il lavoro svolto a favore degli emofilici e poi dei talassemici.

Per l’apertura del numero di agosto scegliamo le parole di Angela Venturini, nostro Direttore Responsabile, la quale dice tra l’altro:

Avevo conosciuto Vincenzo circa quattro anni fa, nella sala stampa di un congresso internazionale dedicato ai temi dell’Aids. Mi conquistò subito, fu capace di motivare così tanta stima che nel mio primo articolo per EX lo descrissi come un “cercatore di sole”. Quante volte abbiamo cercato di far splendere il sole su un viso sofferente… Per Vincenzo era una ragione di vita. Io non sono mai stata brava quanto lui, non avevo la stessa costanza, lo stesso coraggio, lo stesso spirito. E molte volte è stato lui a far coraggio a me, che stavo bene…

Io devo tanto a Vincenzo: gli devo la serenità in momenti di sconforto; la voglia di aiutare gli altri, la forza di superare l’egoismo per guardare fuori dalla finestra. Quante volte ho avuto la tentazione di lasciar perdere tutto, perché tanto non ne valeva la pena. Ma bastava parlare con Vincenzo per ritrovare il bandolo della matassa e ricominciare.

Ora Vincenzo non c’è più. Di lui mi è rimasta una rosa messa ad essiccare tra le pagine di un libro ed un ricordo dolcissimo.

Il nostro Comitato Esecutivo riunito in seduta straordinaria emette un comunicato:

Grazie, Vincenzo…

Venerdì sera (13 agosto) riuniti come solitamente usiamo fare per i nostri incontri periodici, attorno alla tavola imbandita, con l’immancabile piadina, abbiamo percepito, forse per la prima volta, in maniera forte, la presenza di un vuoto, un vuoto fisico che ha dato corpo, espressione, ad un vuoto interiore che ciascuno di noi sentiva in maniera profonda e personale. In quegli istanti abbiamo condiviso il dolore che più o meno tacitamente provavamo, ma che i nostri occhi un po’ smarriti non potevamo nascondere. Abbiamo condiviso con Vincenzo tanti momenti di vita: è stato un amico, un fratello, un padre. Vincenzo era come un albero dai lunghi rami alla cui ombra rinfrescarsi nelle giornate calde e afose come spesso vi sono in questi giorni a Ravenna.

Ora la sua assenza ci spinge a crescere più in fretta, ad assumerci le nostre responsabilità, a continuare a fare ciò in cui crediamo, in cui lui per primo aveva creduto.

Più soli anche se ancora ricchi dei tanti doni di cui lui ci ha saputo riempire, aiutandoci a conquistare, giorno per giorno, una nostra libertà. Ed è in nome di quella libertà che oggi vogliamo dedicare quasi interamente a lui il numero di agosto del giornale, convinti come siamo che raccontare un poco di lui, anche attraverso le testimonianze di chi lo ha conosciuto, sia fare cultura. Vuole essere anche il primo documento ufficiale nel quale ribadiamo che “questo giornale” è di tutti come lo è da vent’anni, ma che “nessuno” pensi di poter stravolgerlo approfittando di questo nostro momento di “smarrimento”.

EX resta è e resta dell’Associazione Emofilici e Talassemici di Ravenna, e chi vuole aiutarlo può farlo collaborando con noi, anche con un semplice abbonamento, perché questa è l’unica difficoltà oggi, ed abbonarsi significa aiuto economico.

Nessuno di noi, a Ravenna, intende rilassarsi, tirarsi indietro. Dobbiamo e vogliamo onorare chi ci è stato di esempio vero nella vita, chi ha percorso per primo una strada che ora ansimiamo nel percorrere, ma nella quale sentiamo con chiarezza le sue parole a non arrendersi, a non stancarsi di lottare, ma soprattutto l’invito ad amare. Anche se per questo possiamo dire: “caro Vincenzo, grazie!”.

È un numero speciale questo e ci perdonino i lettori ma l’uomo che ci lascia vale bene venti pagine per quei mille anni di vita che lui ha regalato a tutti noi.
Vincenzo se n’è andato, partito per quel viaggio che tutti (presto o tardi) dovremo intraprendere. E ha scelto proprio il mese d’agosto dell’anno 1993.
Esattamente 20 anni fa, nell’agosto del 1974 nasceva EX, lo strumento che gli ha permesso di concretizzare i suoi sogni, i suoi progetti.
No, non piangete, perché un uomo giusto ci ha lasciato, non siate tristi se non udirete più le sue parole di speranza, se non combatterete più insieme a lui le tante battaglie quotidiane. Facciamo tesoro del patrimonio che ci ha lasciato ed è qui, in questi vent’anni di lavoro, di esperienze, che lo portiamo nelle nostre menti ma soprattutto nei nostri cuori, tutti insieme, come una grande famiglia, come lui ha sempre voluto che fossimo.

UNA GRANDE FAMIGLIA

Nel suo primo scritto, in quell’agosto del 1974 diceva:

Ci guadagniamo da vivere con quel che riceviamo; ci costruiamo una vita con quel che diamo. Tutti i nostri iscritti sanno che siamo una grande famiglia e che è sempre presente in noi la responsabilità dell’uomo nella sua umanità, nella sua profonda presenza in un mondo in cui a volte si perde di vista che è l’essenza stessa, la sua anima. Il giornale è aperto a tutti e con quello spirito di semplicità e di delicata preoccupazione verso i problemi dei nostri simili che ci stanno attorno, chiediamo umilmente e serenamente la vostra collaborazione, chiediamo molto semplicemente di fare in modo che il giornale sia di tutti noi, che esca dall’ambito ristretto ed egoistico dei nostri problemi e affronti le esigenze di tutti. Noi emofilici non siamo, non vogliamo e non dobbiamo essere dei privilegiati.

Accanto giustamente ai diritti vi debbono essere i doveri ed il nostro dovere è di stendere amichevolmente una mano che non vuole prendere ma che vuole dare.

È il primo numero, con le sue ingenuità, le sue grandi aspirazioni, le sue speranze, facciamo che siano di tutti, perché noi siamo tutti, apparteniamo a tutta l’umanità.

UN MAESTRO DI VITA

Dio quanta nostalgia, quanti ricordi, quanta strada percorsa insieme dopo questo primo “trafiletto” scritto timidamente, quasi in punta di penna. Ma quanta forza sprigionava già allora, ancor prima di costruire questa “voce”. E qui chiedo perdono ai lettori affinché permettano a me, suo collaboratore, di crogiolarmi nella tristezza egoistica di chi ha perso un “maestro di vita” e cerca di captare, nel ricordo delle sue parole e soprattutto del suo esempio, la sua presenza ancora così viva. Perché la sua è stata una vita vissuta veramente e che lui stesso diceva di amare così intensamente. Lo diceva ancor prima di costruire questo giornale, nei suoi scritti.

Da Un po’ di cielo

Dio se desidero vivere, lo desidero con tutte le mie forze, con tutto me stesso, ma vorrei che la mia vita servisse a qualcosa, se non altro a insegnare agli altri a vivere.

Sfido chiunque lo abbia conosciuto a essere così presuntuoso da pensare che lui non abbia davvero in qualche modo imparato a vivere. La sua storia nasce negli anni ’60 quando fonda l’associazione di Ravenna, uscendo da quell’isolamento al quale allora la malattia obbligava, quando cioè non esisteva altro che la sofferenza e qualche trasfusione di sangue. Di lui parla per primo Bruno in occasione del decennale di EX, Bruno Serdoz che lo ha preceduto e che è stato per noi un padre inimitabile.

IN RICORDO DI BRUNO SERDOZ

È l’anno 1984 e io gli chiedo di raccontare la storia della nascita del nostro giornale.

Lui così scrive:

C’era una volta, circa quarant’anni fa, un bambino. Avrà avuto sì e no un anno; mi veniva incontro con le braccia tese. Non era ancora molto sicuro nelle sue gambette, inciampò e cadde battendo la fronte. Era emofilico. Il giorno dopo la sua fronte era gonfia, blu e viola, gli occhi erano quasi tutti chiusi. Ridotti ad una sottile fessura da cui brillava lo sguardo.

Quel bambino mi sorrideva. Ecco, forse allora, anche se nessuno poteva immaginarselo, è nato EX.

Sei anni più tardi io e mia moglie partivamo per un giro in montagna. Quel fanciullo mi guardava partire tristemente.
“Andiamo in città, torneremo subito” lo consolammo mentendo. Ecco perché a nessun piccolo si possa rifiutare la gioia di vivere una vita normale. Un altro balzo di sei anni. Quel bambino, quel fanciullo ora è diventato un ragazzo. Quando può va a scuola, soffre spesso, per gli emartri ai gomiti e non c’è altro che gli impacchi freddi.

Specialmente le notti sono lunghe a passare, il dolore si fa sentire di più nel buio, quando tutto attorno tace. Ma quel ragazzo ha un’agenda dove scrive le sue esperienze: “perché possano servire agli altri”. Ecco senz’altro, allora è nato EX.

Scorrono i giorni, i mesi, gli anni punteggiati da continue trasfusioni di sangue. Si comincia a sentir parlare timidamente di globuline antiemofiliche. Tredici anni fa (il riferimento è al 1971 – n.d.r.) un’indicazione ed un indirizzo: esiste una Fondazione dell’Emofilia a Milano in via Lattuada. Una mattina presto partiamo. Prima sorpresa: Via Lattuada era un semplice recapito. Il custode, gentilissimo, ci diede vari numeri telefonici, ma nessuno rispose.

Era un sabato mattina. Infine ci consigliò di recarci al Policlinico.
Lunga attesa, più di tre ore, ma poi finalmente tornammo trionfanti: eravamo riusciti a farci vendere un flacone di concentrato di Fattore VIII. Ecco perché è nato EX: perché nessuno fosse più costretto a fare 600 chilometri per poter avere un farmaco, perché tutti potessero farsi curare a casa propria.

La cosa che più infastidiva Vincenzo era l’essere definito un “poeta” perché era convinto (e io con lui) che quella definizione, pronunciata in una certa maniera, contenesse un messaggio poco lusinghiero. I poeti vivono in un loro mondo, a volte lontani da quella realtà che lui ha vissuto intensamente, combattendo quotidianamente, prima per gli altri e poi anche per se stesso. E lo dimostra tutto ciò che ha fatto, prima da solo alla ricerca dei primi emofilici, poi con Giorgio, Arrigo e Bruno. Ora, senz’altro con lui da qualche parte, in mezzo a noi, li sento.

In effetti l’animo del poeta lo aveva, nel modo di osservare la natura, gli altri, ma soprattutto in quel suo essere così felice di vivere, nonostante la malattia.

I RICORDI DELLA GIOVINEZZA

Sempre da una sua pubblicazione dell’aprile del 1967 si legge:

Tra pochi giorni compirò 24 anni, anni della mia giovinezza, della mia vita. Non so ad essere sincero se ci arriverò, ma una cosa è certa, non li avrò perduti.

Ogni giorno, ogni ora, si può dire ogni minuto della mia vita è stato vissuto intensamente, goduto al massimo grado, come se non avessi avuta più la disponibilità di goderne. Sono stato troppe volte vicino alla morte, troppe volte vicino alla mia coscienza, di fronte a me stesso per non sapere sfruttare ogni breve attimo della vita che mi si presentava davanti con la sua somma di dolori e di gioie, più dolori che gioie.

Ma devo essere sincero, debbo dire di non essere mai stato veramente infelice, il semplice fatto di vivere dava al mio essere una gioia profonda, una gioia che non si può descrivere con delle semplici parole, è troppo dentro di me perché io possa descriverla, la sento ma non la vedo, la vivo, ne sono partecipe ma non posso toccarla, è troppo difficile descriverla, è mia, la sento come una buona amica che ogni tanto mi viene a trovare e mi tiene un poco di compagnia, non rimane mai molto tempo con me fedele al motto che tutte le cose per essere apprezzate devono essere gustate poco a poco, centellinate.

Ed io so che se anche trascorre parecchio tempo, anche se sembra che non debba venire mai questo atto di felicità poiché sembra tanto lontano, esso viene, magari quando meno me l’aspetto ma viene e rimane con me e lo vivo.

Sì, sono felice e sono arrivato alla conclusione che se potessi ripartire da zero e senza la presenza della mia non troppo simpatica emofilia, cioè se fossi sano, se potessi fare tutto quello che i ragazzi normali fanno, forse e il forse è per i miei genitori non per me, forse dicevo sceglierei la vita che sto vivendo, poiché se è vero che ho avuto molti dolori devo dire che le gioie che ho provato la rendono degna di essere vissuta.

O forse lo farei perché non sono capace di viverne un’altra, non credo, perché anche se la mia vita di fronte a quella di tanti altri che stanno peggio di me non si possa dire eccessivamente malvagia bisogna riconoscere non già perché me ne voglia vantare, che non è certamente molto facile. Un filosofo ha detto che disprezzare la morte è un atto di coraggio, ma quando la vita è più terribile che la morte il vero coraggio consiste nell’osare viverla. Io non ho molto coraggio ma voglio osare di viverla, voglio affrontarla con tutta la somma delle passioni, delle mie paure e del mio orgoglio, della mia fede.

Ho sempre creduto in quest’uomo, ho sempre fatto tesoro, anche inconsciamente, dei suoi insegnamenti, convinto com’ero e come sono, oggi più che mai, che la strada tracciata e poi percorsa da Vincenzo e da tutti noi non si debba interrompere con la sua scomparsa.
La nostra faccia (di coloro che restano) è e sarà sempre quella serena e disponibile che lui ci aveva insegnato a mostrare, ma le nostre azioni saranno altrettanto decise senza assoggettarci ai compromessi, come lui voleva.

Informazione corretta, precisa e soprattutto onesta.

ATTRAVERSO LE LETTERE

Scelgo a caso una delle tante lettere che riceveva.

Carissimo Vincenzo, dare informazioni esatte fa parte del tuo stile, della tua etica, della tua onestà. Chi ti conosce, chi da tempo ti segue sa benissimo quanto amore e fiducia diffondi attraverso EX. Il tuo modo chiaro di comunicare, di informare, ha fatto si che questo “mostro” di cui si parla tanto, non sia mai stato sbattuto in faccia a chi ti segue, così come avviene ormai da tempo attraverso i mass-media. Tu vivi sulla tua pelle i danni del mostro, siano essi di natura sociale che di natura epidemiologica, per questo lo hai sempre affrontato senza timore ed hai sempre preferito farlo in modo diretto e incisivo. Questo parlare chiaro, questo parlare da persona responsabile con conoscenza approfondita, dei vari problemi, è sempre stato per chi vive il dramma dell’emofilia e dei gravi problemi ad essa connessi, di grande aiuto e di continua speranza. Il mio invito è di continuare con sempre maggiore impegno a dare informazione sempre più tempestiva e attenta ai problemi attraverso EX senza timore di censure o disapprovazioni per quello che si può, si sa e non si deve dire e fare. Solo chi ha perduto una persona cara sa cosa vuol dire “SILENZIO”. Troppi silenzi ci hanno colpito. Vincenzo carissimo la “LIBERTÀ” è costata cara e nessuno può pensare che questa parola sia solo un luogo comune.
LIBERTÀ è vita, rispetto, correttezza, informazione, AMORE verso i diversi e non imposizioni e silenzi amari.

Un abbraccio affettuoso

Silvana

VITA…SEMPRE!

Ecco amici, abbiamo percorso un piccolo cammino nel ricordo del fratello con il quale abbiamo condiviso dolori, gioie, sconfitte e tante vittorie. Ma soprattutto abbiamo vissuto insieme a lui vent’anni pieni, irripetibili, per questo voglio terminare ancora una volta con le sue parole, l’ultima frase del suo ultimo “editoriale”: “Vita a tutti voi che ci leggete, vita…sempre!…”.

A settembre, sotto il titolo: Gli emofilici e l’informazione insufficiente, risponde alla lettera della sorella di un emofilico il dott. Antonino Mancino, Direttore Medico del nostro giornale.

Gentile Direttore,

sono la sorella di un ragazzo diciottenne, emofilico A grave.

Già da alcuni anni riceviamo la sua utilissima rivista, che, purtroppo è la nostra unica fonte di informazione, e, giacché i problemi sono tanti e le conoscenze poche, colgo l’occasione per rivolgerle alcune domande ed inoltrare (qualora le fosse possibile) la richiesta per ottenere materiale informativo.

Le mie domande sono queste:

  • Quali sono i metodi per eliminare l’inibitore? L’eliminazione è definitiva o c’è il rischio che si riformi? Ci sono dei rischi?
  • È possibile avere pubblicazioni riguardanti la “Fisioterapia nell’emofilico” ed altri temi?

Dunque, gentile Direttore, vogliamo sapere ed essere informati poiché ritengo che in questo modo mio fratello può affrontare meglio, i problemi legati alla sua malattia. Infatti, ripensando al passato, a volte alcuni episodi emorragici sono degenerati, proprio perché non sapevamo. Colgo infine l’occasione per ringraziarla e rivolgerle i migliori auguri per il prosieguo del suo lavoro.

Cordiali saluti

Costantino Sara

In ottobre un servizio sul convegno triennale della Fondazione dell’Emofilia di Vicenza che aveva come titolo: 1993-2003 Gli anni della speranza.

La nostra presentazione è come sempre ancorata al presente ma con la speranza nei giovani per il futuro.
Lo slogan, anche se efficace, poteva sembrare una semplice enunciazione per coloro che hanno vissuto nel mondo dell’emofilia da sempre. Ma ciò che tutti ci aspettavamo, lo avevamo e lo abbiamo tuttora nel cuore. Il rinnovamento. Ma come, con chi?

Poi, quando nella sede del congresso abbiamo visto questi ragazzi indaffarati, sorridenti, presenti ovunque, siamo rimasti piacevolmente sorpresi.
Abbiamo ascoltato la loro voce, i progetti per il lavoro futuro e abbiamo capito che c’è la componente più importante: l’entusiasmo.

Eravamo e siamo coscienti dei tanti progressi e del tanto lavoro svolto in modo encomiabile in questi anni, però al cospetto della tragedia di quest’ultimo decennio tutto sembra passato in secondo piano e ancora siamo diffidenti, incerti, anche se gli incontri, le telefonate, i propositi sono “veri”.

Il tocco decisivo lo dà Andrea Buzzi parlando a nome di questi giovani e la sua relazione, che pubblichiamo quasi integralmente, ci convince.

Il 24 aprile scorso l’avvocato Randi invitò un gruppetto di noi a riunirsi nei locali dell’Istituto Il Focolare e ci spiegò per sommi capi struttura e funzionamento delle Associazioni regionali e della Fondazione nazionale. Quando, a pomeriggio inoltrato, la seduta fu tolta, forse non tutti avevano afferrato appieno il senso di quanto in quel momento ci affollava la testa in un turbine di norme statuarie, comitati speciali e cariche di sapore misteriosamente aziendale. Ciò che però non poteva essere sfuggito a nessuno era che si trattava di una richiesta di partecipazione. Da una parte c’eravamo noi, pressappoco giovani, quasi tutti emofilici, che guardavamo tra lo spaesato e l’incuriosito. Dall’altra loro, non propriamente giovani, anche se spesso più aitanti di noi, entusiasti e apparentemente freschi nonostante i trent’anni di battaglie alle spalle. La nostra risposta, a questo punto, non poteva che essere un’offerta di disponibilità.

Nei pochi mesi trascorsi da allora, abbiamo dovuto darci un’organizzazione formale, stabilire orientativamente i ruoli e prendere contatto con la materia. Attualmente il comitato conta una decina di membri effettivi, con un’età media che si aggira sui trent’anni, ma numerose altre persone si sono già offerte di darci una mano.

Il Comitato dei giovani nasce con uno scopo ben preciso: occuparsi assiduamente, in primo luogo, di promuovere e agevolare l’attuazione dei progetti legati all’ingegneria genetica che già ora sfiorano le possibilità di una guarigione dall’emofilia. In tal senso il Comitato svolgerà un’azione informativa e logistica, facilitando i contatti all’interno dei vari rami della comunità scientifica (biologi molecolari, ematologi e via dicendo) e assicurando quindi quelle comunicazioni che ragioni di tempo o di altro genere non sempre rendono facili.

Dopo il primo momento di disorientamento, le proposte hanno cominciato a fiorire. Fra quelle che ci stanno particolarmente a cuore ce n’è una che partendo da un’analisi della geografia dei centri di aiuto e delle lacune vorrebbe coprire quelle categorie che finora sembrano trascurate. Pensiamo soprattutto alle mogli, sorelle e compagne di sieropositive, nei casi più sfortunati divenute sieropositive anche loro e comunque spessissimo desiderose di informazioni, rassicurazioni, indicazioni, insomma di un punto di riferimento. Già in questo convegno è disponibile un notiziario che per il momento appare sotto la testata di “DS – diritto alla salute”, di cui proseguiremo la compilazione con regolarità e cureremo la distribuzione presso le associazioni regionali. Suo scopo è quello di fornire ragguagli in forma chiara e comprensibile su farmaci, progressi in campo medico, questioni sociali e legali. Ci sarà una rubrica scientifica curata da un medico, contenente notizie di carattere più specialistico.

Stiamo inoltre promuovendo una piccola indagine sul funzionamento dei centri emofilia e delle associazioni regionali, che servirà ad aggiornare dati esistenti, ma talvolta superati dal lavoro finora svolto. In questa, come in altre attività, il Comitato agisce di conserva con altri organismi consimili della World Federation of Hemophilia. Prima delle vacanze estive abbiamo risposto a una lettera proveniente dal Cile che chiedeva la compilazione di un formulario da inserire in una banca dati, della quale si sta occupando un giovane d’oltreoceano. I nostri obiettivi, come cellula di un corpo più grande, coincidono evidentemente con quelli del piano decennale della WFH. Nel 1975, a Panchià, si tenne per la prima volta una settimana bianca per emofilici. Da allora tutti gli anni si è rinnovato questo appuntamento, con gruppi sempre più allargati dei quali gli emofilici sono soltanto una parte. Anche queste occasioni di vicinanza prolungata con persone lontane dai problemi dell’emofilia e che spesso avevano saturato la propria curiosità con un’informazione succinta al momento dalla coscienza dell’amico emofilico si sono rivelate proficue e stimolanti, tanto che a riunioni dal carattere piuttosto improvvisato e quasi spontaneo tenute alle settimane bianche di quest’anno e di quello passato la partecipazione di queste persone non direttamente coinvolte è stata sorprendentemente folta e i riscontri calorosi. Sembrava che improvvisamente molti scoprissero ciò che magari per discrezione, non avevano osato chiedere.

Visti i risultati, si è pensato di dare un aspetto più definito a questi incontri. In fondo, quale momento migliore per scambi e comunicazioni di quello che vede riuniti con il festoso pretesto di sette giorni sulla neve quindici o venti emofilici, di tutte le età?

Concludendo: anche se questo Comitato più che giovane deve dirsi neonato, ci stiamo muovendo su diversi fronti. Accanto alle indicazioni, diciamo così, istituzionali, di chi cioè si incarica della crescita in seno alla Fondazione, accetteremo volentieri suggerimenti e proposte da parte del popolo degli emofilici e di chi è loro vicino, cercando di porre tutta la nostra attenzione, quell’attenzione di chi è dentro le cose, alle esigenze e alle richieste di aiuto.

Nel Comitato dei giovani troviamo alcuni nomi che sono presenti ancora oggi, 2011, ai vertici delle nostre associazioni e della Federazione.

Cristina Alpoarone e Flavio Azzalini di Mantova, Andrea Buzzi, Chiara Crepaldi, Alice Mantovani, Alessandro e Giovanna Marchello di Milano, Romano Arcieri, Walter De Sieno, Isabella Moavero, Maurizio Troiani di Roma, Carlo Barzaghi di Firenze, Gabriele Calizzani e Stefano Cicognani di Ravenna, Francesco Ceglie di Bari, Giovanni Lupezzi e Antonio Piccinelli, Walter Passeri di Brescia, Angelo Meschis di Palermo, Alberto Miglietta di Alessandria, Luca Montagna di Parma, Tiziana Pertile di Verona, Vincenzo Speciale di Taranto.