storia
1999: EX ON LINE

Il 1999, venticinquesimo anno del nostro giornale, si apre con la relazione su una conferenza stampa del Comitato Emiliano Romagnolo delle associazioni degli emofilici alla quale diamo il titolo: Quale cura per gli emofilici?
EX sin dai primi numeri si è contraddistinto per due fondamentali azioni: la ricerca dell’informazione più esatta e obiettiva possibile e il vivere direttamente dentro ai problemi. Prima l’emofilia e poi la talassemia sono stati i nostri principali “campi di battaglia”, in eguale misura. Anni di vittorie, sconfitte, gioie, tragedie, in una parola: vita. Scontri con le istituzioni per ottenere i nostri diritti ma soprattutto, informazione sulle cure adeguate.

Ed è proprio questo primo editoriale che tratta l’ennesima battaglia per ottenere una cura adeguata. Ma perché, ci chiedevamo, si deve sempre “combattere” per ottenere il diritto alla salute? I fatti che vi raccontiamo avvengono in Emilia-Romagna, ma le problematiche riguardano anche molte altre regioni italiane. In primo piano la cura dell’emofilia con un prodotto più sicuro: il fattore VIII ricombinante, dalla cosiddetta “ingegneria genetica”. Citiamo anche alcuni punti importanti in riferimento a un documento pubblicato dai 21 direttori dei Centri Emofilia italiani. Per quanto concerne appunto il fattore VIII e il fattore IX ricombinante, in questa pubblicazione si evidenzia:

Emofilia A: …il F. VIII ricombinante rappresenta il trattamento di scelta per tutti i pazienti. Emofilia B: una volta ottenuta la registrazione del F. IX ricombinante, dovrà essere adottata una strategia terapeutica simile… – E ancora – …dopo studi retrospettivi effettuati, l’uso di concentrato di F. VIII ricombinante non appare associato ad un maggior rischio di sviluppo di inibitore…

Questo è tuttora uno dei principali punti critici nella cura dell’emofilia, anche se va riconosciuto che gli emoderivati non trasmettono più da anni l’HIV, essendo controllati con nuove metodiche virucidiche, pur non concedendo altrettanta sicurezza da possibili infezioni da virus non ancora conosciuti.
Inoltre, in tutto il territorio nazionale si rischia di disperdere, per questioni economiche legate alla programmazione delle aziende ospedaliere, la professionalità dei medici e quindi l’assistenza globale degli emofilici. Per questi motivi le associazioni appartenenti al Comitato Emiliano Romagnolo da anni tentano, attraverso richieste di incontri con l’Assessore alla Sanità, di stabilire alcuni punti fermi, ma non sono mai state ascoltate. La storia inizia nell’aprile ’96 con un comunicato del Comitato al quale appartenevano le associazioni di Bologna, Parma, Ferrara e Ravenna. In quella nota (EX di aprile ’96, pag. 16), spedita all’Assessorato alla Sanità e per conoscenza ai Direttori Generali delle Aziende Ospedaliere, si chiedeva un incontro urgente per affrontare le problematiche relative anche all’impiego del ricombinante. Al silenzio dell’Assessorato, le associazioni si mobilitarono con i Direttori Sanitari delle AUSL.

Finalmente la Gazzetta Ufficiale n.239 del 13 ottobre 1998, pubblica il Decreto del 7 agosto, con cui si autorizza la distribuzione anche in fascia A. Ma si afferma: “Classe A solo su diagnosi e piano terapeutico (posologia e durata del trattamento) di Centri Universitari o Ospedalieri specializzati individuati dalle Regioni”. Le associazioni, che avevano chiesto un ulteriore incontro all’Assessore alla Sanità, in data 5 ottobre, cioè prima della pubblicazione del Decreto, inviano un’altra richiesta in data 10 novembre nella quale si chiede:

…Quali strutture la Regione intende individuare per attuare tale provvedimento? Riteniamo che le più idonee siano quelle che attualmente operano all’interno degli ospedali ed assistono, attraverso una collaudata professionalità, i pazienti della nostra Regione. La nostra speranza si basa sul fatto che si possa dare una risposta concreta a tutti gli emofilici che da anni aspettano i nuovi prodotti frutto della ingegneria genetica.

Il 3 dicembre il nostro giornale si conclude con un articolo dal titolo: Le conquiste ottenute non sono privilegi ma diritto alla cura.

Il 3 dicembre ’98 il Responsabile del Servizio dei Distretti Sanitari della Regione, inviava al Comitato Emofilici il seguente comunicato:

A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Provvedimento di revisione delle note CUF, questo Assessorato ha inviato le aziende sanitarie della regione a comunicare, allo scrivente ufficio, quali strutture operanti nell’ambito dei singoli territori siano ritenute idonee alla prescrizione dei farmaci soggetti alle note che prevedono un piano terapeutico. È ricompresa in questa richiesta l’individuazione delle strutture che predisporranno i piani terapeutici per l’assunzione del Fattore VIII ricombinante. L’assessorato regionale, acquisite tali comunicazioni, provvederà alla definizione delle strutture autorizzate e sarà nostra cura informare anche codesta Associazione.

Nel mese di febbraio, i nostri medici rispondono: “…non sappiamo e non siamo autorizzati a fare ricette o piani terapeutici”. A questo punto ci chiediamo come, a distanza di tre mesi, non fossero stati individuati questi Centri. Le strutture che curavano gli emofilici in Regione dagli anni 70/80 erano in queste città: Bologna, Parma, Ferrara, Ravenna e Cesena. Questo immobilismo e questo silenzio per noi ingiustificati fanno scattare la decisione di una denuncia pubblica attraverso una conferenza stampa organizzata dal Comitato delle Associazioni Emofiliche con la collaborazione del Tribunale per i Diritti del Malato, mercoledì 10 febbraio, alla quale intervengono: Brunello Mazzoli per il Comitato Emofilici; Adriana Gelmini, Segretario Regionale del Tribunale per i Diritti del Malato; Gabriele Calizzani dell’Associazione di Ravenna; Simone Sandri dell’Associazione Emofilici di Bologna e l’avvocato Marco Calandrino. Il tema è: Terapie con i prodotti ricombinanti (non emoderivati): un diritto ancora negato; diffida alla Regione Emilia-Romagna e rifiuto delle terapie tradizionali. Il comunicato fatto pervenire a tutti i quotidiani e alle agenzie di stampa, diceva quanto segue:

Il provvedimento 7 agosto 1998 del Ministero della Sanità pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 ottobre 1998, alla nota 71, ricomprende (autorizzandone la commercializzazione) i preparati ricombinanti, statuendo che le prescrizioni devono essere operate da sedi individuate dalle Regioni: in altre parole tali preparati sono stati ammessi alla libera vendita. I preparati ricombinanti, frutto dell’ingegneria genetica, non presentano i rischi dei prodotti convenzionali a base di emoderivati. La Regione Emilia-Romagna, a differenza di qualche altra regione, non ha ancora provveduto all’individuazione delle sedi che possono operare la prescrizione: in tal modo i pazienti oggi non hanno accesso alla terapia. L’Associazione Emofilici di Ravenna e il suo associato, lo scorso 14 gennaio, a mezzo dell’avv. Calandrino, hanno diffidato la Regione Emilia-Romagna a provvedere entro e non oltre 30 giorni. Tutto purtroppo tace.
Gli emofilici sono pronti a battersi per vedere riconosciuto un loro legittimo diritto, con tutti i mezzi giuridici a disposizione, ed anche, come misura estrema (che può esporli a gravi rischi) a rifiutare il consenso informato alla terapia con emoderivati, ritenendola non sicura di fronte al pericolo di nuovi agenti infettivi trasmessi dal sangue.
In passato quasi 900 emofilici sono stati colpiti dal virus dell’HIV, 450 sono deceduti. Molti dei circa 7000 emofilici italiani sono stati infettati dal virus dell’epatite.
Oggi gli emofilici dell’Emilia-Romagna continuano ad essere privati di sufficienti garanzie di sicurezza.

Per completare l’informazione sull’emofilia in Emilia-Romagna, i nostri inviati si recano a Parma per un’intervista alla dottoressa Annarita Tagliaferri, responsabile del Centro che poi sarebbe diventato il Centro Hub in un progetto di assistenza globale. È una risposta a quanto dibattuto nella conferenza stampa di Bologna. Un paio di domande fanno riferimento appunto al contenuto della conferenza stampa.

Dott.ssa Tagliaferri, lei ha inserito nella scheda tecnica del Centro una voce importante: profilassi primaria e secondaria, nei pazienti più piccoli. Vuole spiegare ai nostri lettori cosa significa profilassi primaria e secondaria?

Profilassi, in generale, vuol dire difendersi dalle malattie prevenendone le conseguenze. Nell’emofilia significa prevenire le emorragie e preservare le articolazioni dei soggetti emofilici. La profilassi primaria si attua nei bambini, l’ideale sarebbe iniziare tra i 12 e 24 mesi di vita, usando regolarmente il concentrato ricombinante tre volte la settimana nell’emofilia B. L’obiettivo è prevenire le emorragie, specialmente nelle grosse articolazioni e di evitare quindi, che si inneschino i processi che portano al danno articolare ed all’artropatia cronica. Iniziando il trattamento quando le articolazioni sono ancora intatte, la profilassi è in grado di preservarne l’integrità. La profilassi secondaria serve in quei pazienti che hanno già un danno articolare e che presentano emartri recidivanti, per arrestare, o comunque rallentare l’evoluzione dell’artropatia emofilica.

Per quanto riguarda la somministrazione del ricombinante per tutti, dopo la nota sentenza di riclassificazione del medicinale in fascia A, la Regione Emilia-Romagna dovrebbe aver individuato anche il vostro Centro per la prescrizione del farmaco. È avvenuto a tutt’oggi, 5 febbraio 1999?

No, non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione.

Marzo, un numero che dedica molto spazio al seminario internazionale di Firenze sulle malattie rare e i farmaci orfani. Prima con l’editoriale e poi con un lungo servizio dei nostri corrispondenti.

Ho incontrato persone affette da malattie con nomi sconosciuti, a volte difficili da pronunciare. Gangliosidosi, gatroschisi, ipofosfatasia, crioglobulinemia mista. Sono alcune delle 5000 patologie, cosiddette rare che pochissimi conoscono e quasi nessuno è in grado di curare adeguatamente. Una mamma ha pronunciato, nel contesto del suo intervento, questa frase: “Non è facile descrivere agli altri cosa prova un genitore nel momento in cui viene a sapere che suo figlio è affetto da una malattia rara e poco conosciuta. Di colpo ci si trova proiettati in una dimensione di solitudine immensa…”.
Mi sono reso conto come migliaia, milioni di persone, siano in attesa che qualcuno si ricordi di loro o curi i loro figli. Leggo la riproduzione di una nostra prima pagina del gennaio 1975 (che potete leggere anche voi in questa copertina).
Il sottotitolo termina così: “…ora che abbiamo conquistato questa “libertà”, doniamola a quanti come noi ancora non sanno e di conseguenza non hanno”.
La parola “libertà”, cosa significa o che cosa può significare oggi per tutte le persone affette da quelle che sono chiamate “malattie rare”?
Nella stessa prima pagina è riprodotta la copia di una Gazzetta Ufficiale nella quale si legge che finalmente gli emofilici possono curarsi con gli emoderivati rimborsati dal Servizio Sanitario. Un ritrovato che permetterà loro di vivere una vita normale, “libera” dagli impedimenti che la malattia comportava.
Oggi, come allora, qualcuno ha la necessità di affrancarsi dalla malattia e noi tutti, insieme, possiamo “spingere” coloro che fanno le leggi e soprattutto la ricerca scientifica. Alle pagine 8, 9, 10, 11, 12 e 13 si parla proprio di questo.
E continueremo a parlarne in ogni numero di EX, cercando con la riproduzione delle copertine, una celebrazione del nostro venticinquennale che non sia una immagine fine a se stessa, ma un richiamo all’impegno che si rinnova da quel lontano 1974.
Ricordate il nostro motto?
“Siamo angeli con un’ala soltanto, ma se stiamo abbracciati possiamo volare”.

Pubblichiamo una lettera delle Associazioni Talassemiche di Ferrara e di Rovigo nella quale si illustrano progetti di ricerca scientifica finanziati dalle associazioni. Accanto ai già conosciuti Galanello e De Sanctis, conosciamo il prof. Roberto Gambari dell’Università di Ferrara che ritroveremo più avanti.
Diamo spazio anche a una pubblicazione di Brianna Gargallo dal titolo Emofilia dalla A alla Z. Ecco il testo della lettera di presentazione del libro:

Ciao a tutti! Mi chiamo Brianna Gargallo e sono la madre di Andrea, un bambino emofilico di due anni affetto da emofilia A grave, sottoposto ad immunotolleranza per un inibitore ad alto titolo (250 R.U.) con un esito positivo. Sono anche vice presidente dell’Associazione Emofilici del Lazio e corresponsabile del Comitato per la Terapia Genica della Federazione delle Associazioni Emofiliche. Il progetto di scrivere questo libro l’avevo in mente da tanto tempo ma con più di 130 endovenose in soli sette mesi il tempo era poco (ho anche due gemelli di 5 anni).
I genitori posti davanti ad una diagnosi di emofilia devono affrontare tutta una serie di problematiche molto complesse e diverse tra loro. Lo scopo di questo libro è dunque quello di offrire ai nuovi genitori dei piccoli emofilici del 2000 informazioni, consigli, coraggio e anche un po’ di buon umore che nel “nostro” caso non guasta mai! Una parte di questo libro è intitolata: “Consigli degli esperti”, che in questo caso siete voi.
Questa sezione verrà suddivisa per argomenti i quali saranno elencati di seguito. Ognuno di voi ha sicuramente tanti consigli da dare a dei genitori che si affacciano a questa realtà. La vostra esperienza personale ha un enorme valore in questo caso. Scrivete liberamente in questione e spedite la busta non oltre il 1° maggio 1999.

Il numero di aprile tratta in diverse pagine il tema del riconoscimento del danno biologico e la legge 210, diventata poi 238, per l’indennizzo. Preferiamo però riprodurre la lettera che ci ha scritto un nostro lettore. Il vanto di questo giornale è sempre stato quello di dare la parola a tutti coloro che hanno qualche cosa di importante da dire. Proposte concrete o più semplicemente raccontare fatti e situazioni di cui tutti sono a conoscenza, ma delle quali nessuno ha il coraggio di parlare. Questa lettera, firmata, affronta appunto quell’argomento che è diventato purtroppo il più importante di tutti, perfino della cura e dell’assistenza: la legge sull’indennizzo e tutte le cause connesse. Decidiamo di pubblicarla come una sorta di intervallo alle notizie più attese, affinché ognuno di noi abbia un momento di riflessione, e perché no, il modo e il tempo di rispondere. Come detto, la lettera è firmata ma decidiamo di pubblicarla in forma anonima perché, in qualche modo, anche noi vorremmo affrontare questo argomento. Molto più importante che a parlarne sia una persona direttamente coinvolta.

Caro direttore, ho contato fino a 100, ho respirato profondamente ma non è bastato. Ho deciso allora di aspettare qualche giorno ma niente da fare. Il malessere non passa e quindi sono costretto a sfogarmi scrivendo.
L’argomento è sempre il solito: la legge 210/92. Credo che sia importante ricordare come e perché è nata questa legge.
Mi sia permesso di farlo per due motivi: il primo, perché ho perso quasi tutti gli amici che ne beneficiavano; il secondo perché conosco uno dei papà della legge, ed ho vissuto con lui tutte le tappe che hanno portato al tanto agognato traguardo.
C’è stata una strage, ecco perché è nata la legge! Diciamoci la verità; senza morti questa legge non sarebbe mai esistita. Questo è un dato di fatto certo, assoluto ed incontrovertibile. Bisognava “aiutare” chi era caduto in pieno dramma.
I familiari dei deceduti, ed i malati di AIDS molti dei quali già sofferenti per le epatiti. Ma è giusta legge e soprattutto, è equo indennizzo? Perché le cause nei tribunali ed i contatti col Ministero o con i politici non danno serenità e soddisfazione a chi ne ha diritto? Semplice la risposta: siamo (siete) troppi da soddisfare! Eppure quando ci siamo contati anni fa, prima della legge, eravamo appena qualche centinaio e quindi qualsiasi tabella risarcitoria assegnata sarebbe stata facilmente modificata a nostro favore in quanto poco più di un milione al mese per un’infezione che dà morte e trasmette morte non sono certo un equo indennizzo. Ma siamo in Italia ed ecco che in sede di stesura della legge, “all’ultimo minuto”, un politico, per la prima e credo ultima volta in Europa fa inserire, in questo contesto, anche le infezioni da epatiti.
Ci sono due testimoni oculari del fatto e sono stati portati rispettivamente il Presidente e il Segretario della Fondazione dell’Emofilia.
È bastata questa aggiunta perché oggi ancora non sia data pace alle vittime di quella strage. Decine di migliaia di domande per le infezioni da epatiti hanno minimizzato e ridicolizzato la situazione di coloro che aspettavano giustizia. Pensate solo ad un malato di AIDS che per compensare l’indennizzo promuove una causa sulla retrodatazione e vincendola al massimo può arrivare a farsi pagare dal 1985 (nascita del KIT per l’individuazione del virus).
Non solo, ma quello che è più grave è il fiorire di idee da parte di aderenti alle associazioni di volontariato che non sanno o sembrano ignorare la realtà di chi soffre e la memoria di chi non c’è più. Oggi è facile incontrare di nuovo tanti di quegli emofilici che dopo il “big-bang” dell’AIDS sparirono dalla circolazione per la paura che il solo contatto con i fratelli più sfortunati poteva essere pericoloso.
A livello associativo qualcuno mostrò la cosiddetta “puzza sotto il naso” quando si parlava dei nuovi e seri problemi.
Ora che il ciclone è passato e chi ha avuto ha avuto… è tutto un fiorire di buone proposte da parte di tutti come ad esempio quella di poter estendere il riconoscimento della legge a tutti quelli che il beneficiario dichiarava di aver infettato. Giustissimo! Ma siamo in Italia ed in poco tempo, un po’ per pietà verso un altro malato sieropositivo, o un po’ per aiutare l’amico dell’amico, saremmo diventati il paese al mondo con il più alto numero di infettati risarciti dallo Stato.
Ma non è finita, su EC 1 / 2 del 1999, leggo che ci stiamo “dimenticando” degli operatori sanitari e bisogna inserirli in questa legge anche per le epatiti.
Il solo inserimento per l’HIV e tutte le garanzie che esistono per gli infortuni sul lavoro dunque non sono sufficienti per chi ha scritto in proposito. A questo punto ognuno faccia come crede, però non ci si dimentichi che dalle nostre azioni dipende anche la gioia o il dolore di chi ci sta vicino anche se non lo vediamo e non sappiamo chi è.

La copertina e l’editoriale di maggio per ricordare uno dei tanti inviti all’informazione puntuale.
Pubblichiamo un servizio dal 4° meeting medico-scientifico sulla talassemia svoltosi a Milano, nel quale si è trattato (finalmente) il tema dei risultati preliminari dell’uso controllato del Deferiprone L1.
Una necessità rimarcata dal dott. Piga e dalla prof.ssa Ceci, che ci potessero essere più farmaci in grado di agire sull’accumulo di ferro oltre all’ormai obsoleto Desferal. Ancora in giugno, in un articolo dal convegno di Parma si ribadisce l’efficacia del Deferiprone L1.

Nell’editoriale e nella prima pagina di luglio la notizia che il nostro giornale da settembre sarà anche on line.

Spiegare il perché della decisione di un nostro sito ci sembra inutile.
Tutti sappiamo che questo è il linguaggio del futuro, di un futuro che è lì, presente ed “appoggiato” alla nostra finestra, sempre proiettata sul mondo. Cogliere l’occasione significa creare infiniti canali d’informazione che esulano dal solito giro della carta stampata, che per altro è ancora di una inutilità insostituibile. Inserirsi nel grande giro internazionale, avere la possibilità di dare informazioni in tempo reale, creare un archivio consultabile da chiunque in qualsiasi momento.
Ed “EX”, lo affermiamo senza falsa modestia, è una miniera di informazioni e di esperienze che il volontariato può vantare. In questo ultimo periodo inoltre, molte associazioni e persone, soprattutto giovani, si sono avvicinate a questo modo nuovo di informarsi e di comunicare.
Dialogano, si aggiornano, ricercano quotidianamente gli argomenti che interessano. E noi, che siamo stati e siamo tutt’oggi, per molti, l’unica fonte di informazione, ci stiamo adeguando.
È certamente il modo migliore per ricordare che “ci siamo” da venticinque anni. È il modo migliore per ricordare chi fece nascere questo giornale, del quale proprio in questo mese ricorre il sesto anniversario della scomparsa, Vincenzo Russo Serdoz, lui stesso oggi sarebbe promotore di questa nuova iniziativa editoriale.
È il modo migliore per dire che è il nostro preciso obiettivo continuare ad essere in “prima linea” a fianco delle persone che si battono per i propri diritti, per essere curati bene ed hanno necessità di un’informazione il più tempestiva possibile.

Sempre in luglio e questa volta da Palermo, Maria Serena Russo ci parla della presentazione di un progetto da parte di Alessandro Marchello della Federazione Nazionale degli Emofilici.

IL PROGETTO PUER.

“Puer” (finalmente qualcuno si ricorda delle nostre radici linguistiche): che bella iniziativa!… Quanti anni sono stati “spesi” a parlare esclusivamente della legge 210. quanti emofilici si sono ricordati di essere tali o di appartenere ad una associazione solo per informarsi sugli indennizzi?
È tempo di pensare ai piccoli, alle loro famiglie, perché come ha ricordato Merchello: gli emofilici purtroppo o fortunatamente, continuano a nascere. E su di loro dovremo convogliare buona parte delle nostre energie, affinché non vada perduto lo spirito che dette vita trent’anni fa alla Fondazione dell’Emofilia ed in seguito alle associazioni aderenti. Il progetto è nato per far maturare le famiglie, favorendo incontri, confronti e dibattiti.

Settembre è il mese nel quale entriamo ufficialmente nel mondo di internet attraverso l’apertura del sito www.hemoex.it.

Pubblichiamo poi tre servizi sul X Convegno Triennale dell’Emofili. Il primo firmato dal nostro Direttore Andrea Mazzoli, il secondo da Andrea Buzzi, Segretario Generale della Federazione degli Emofilici, al suo primo bilancio dalla nascita avvenuta tre anni fa a Sorrento, il terzo firmato da Maria Serena Russo. Mazzoli evidenzia come questa Federazione sia un esempio del come poter lavorare fra medici e associazioni.

Che EX non sia soltanto il giornale degli emofilici ormai lo sanno tutti. Lo spazio che concediamo ci sembra equamente distribuito anche alle problematiche della talassemia o alle leggi che interessano altre categorie di persone.
In questo ed in altri numeri di EX però documenteremo particolarmente, e lo faremo con i servizi più ampi, come le associazioni emofiliche ed i loro medici, al X Convegno Triennale sui problemi dell’emofilia, abbiano dimostrato che è possibile lavorare “insieme” ed ottenere risultati importanti.
Un messaggio per coloro che non hanno una rappresentanza nazionale.
Il volontariato deve essere soprattutto questo.

Buzzi illustra l’attività svolta, sottolineando in particolare la credibilità guadagnata nei confronti delle istituzioni, e un progetto importante, il PUER, acronimo di Progettiamo Una Esperienza Ripetibile.
Nell’articolo si parla dell’esperienza di Mauro e Alessandro.

In Toscana, esattamente nella valle della Garfagna, è stata eretta, su di una montagna, una struttura chiamata “Ciocco ragazzi”.
Io ho avuto la fortuna di essere stato invitato dalla mia associazione, in questo posto stupendo. Lungo la strada, circondata da alberi alti e dal fusto robusto, sorgono delle villette con nomi diversi fra loro in cui vi sono delle stanze dove alloggiano i bambini ospitati. Io per la prima volta, ho fatto sport che non potevo fare. Lo sport che mi è piaciuto di più è il tennis perché l’istruttore, secondo il mio parere, è il più bravo.
Poi c’era il basket, il calcio, la mountain-bike, il volley. Un altro sport che mi è piaciuto è stato il tiro con l’arco. La sera più divertente tra tutte le sere è stata quando siamo andati di notte nel bosco, con le torce elettriche, perché era una cosa emozionante che non avevo mai fatto. Poi siamo andati in discoteca dove mi sono divertito molto con i ragazzi come me.
Il Ciocco è un posto dove socializzare con i bambini di tutto il mondo, sia emofilici che non. Io spero di poter tornare anche il prossimo anno.
Un grazie particolare lo devo al dott. Arceri ed a sua moglie Cinzia che mi hanno insegnato a infondermi il fattore VIII”2.

Anche Alessandro ci ha voluto descrivere la sua esperienza:

Ci stavamo avviando verso il Ciocco, io ero un po’ timoroso ma anche molto felice di stare sette giorni lontano da casa e da tutti i problemi del mondo esterno. Al punto di ritrovo c’erano bambini di tutte le età, dai più piccoli di cinque anni ai più grandi di quindici. Dopo avermi fatto vedere la mia camera mi hanno dato subito un programma delle attività che avremmo fatto per questi sette giorni. All’improvviso ho sentito una voce che ci diceva di recarci subito sul piazzale per prendere il pullman che ci avrebbe portato a cena in una specie di self-service. Al termine del pranzo ho colto l’occasione per fare amicizia con i miei nuovi compagni di stanza (Nicola e Paolo) per tutta la sera ci siamo presentati con tutti gli altri ragazzi, mentre ci spiegavano le regole del Ciocco.
I primi due giorni sono stati i più faticosi perché sono stati pieni di attività come ad esempio il calcio. Intanto avevo fatto amicizia anche con Mauro. Dopo essermi abituato alla fatica di quei primi due giorni siamo andati in discoteca per una serata diversa dalle altre. Con l’andare avanti dei giorni ci sono stati molti altri sport, come per esempio il tiro con l’arco.
Quando è arrivato il momento di partire sono stato molto dispiaciuto. D’altro canto non so se rivedrò tra poco tempo i miei amici, sia italiani che turchi. Infine voglio consigliare questa esperienza a tutti i bambini emofilici per avere un’esperienza unica nella vita.

Sul fronte della talassemia il presidente della Fondazione Futuro senza talassemia, Giacomo Siro Brignano, scrive come finalmente il chelante orale Deferiprone L1 abbia concluso l’iter per l’approvazione, pronto quindi per la registrazione.
Anche una lettera sull’argomento del presidente della Consulta dei Talassemici, il dott. Ippazio Stefàno, inviata al Ministero della Salute.

Al Ministro della Sanità On. Rosy Bindi e.p.c. Dott. Nello Martini Direttore della Commissione Unica del Farmaco.

Taranto, 20 settembre 1999
Nel ringraziare per l’intenso lavoro che ha permesso che il farmaco Deferiprone (L1) venga regolarmente distribuito ai pazienti affetti da talassemia, sottopongo alla Sua attenzione la necessità assoluta che il farmaco venga distribuito dalle farmacie e non dagli ospedali. Tale richiesta è motivata dal fatto che centinaia di persone per raggiungere il proprio ospedale di riferimento, devono percorrere decine e decine di chilometri. I Centri di Microcitemia in Italia, nella stragrande maggioranza sono con pianta organica insufficiente e non potrebbero sopportare un ulteriore carico di lavoro per cui si potrebbe far fronte al problema solo creando delle fasce orarie con evidente disagio per le famiglie dei pazienti. Confidiamo nella Sua comprensione e certi della correttezza delle prescrizioni dei Centri di Microcitemia, ringraziamo per quanto potrà essere fatto per ridurre il disagio delle nostre famiglie.

In ottobre un servizio di Gabriele Calizzani sul Forum delle malattie rare, svolto a Firenze.
Questo il documento ufficiale approvato dall’assemblea.

Il “Forum permanente sulle malattie rare” nasce come struttura di rete, confronto rappresentanza delle associazioni e del malati di malattie rare.
Nasce con gli obiettivi di:
– favorire l’incontro e l’attivazione di una rete fra le associazioni;
– dare visibilità al problema delle malattie rare;
– confrontarsi con enti del pubblico, del privato e del terzo settore che si occupano del tema (Ministero della Sanità, Ministero per la ricerca Scientifica, Ministero per gli Affari Sociali, Istituto Mario Negri, ecc).
Come prima iniziativa a carattere nazionale il Forum ha organizzato la giornata di incontro sulle malattie rare del 16 ottobre a Firenze.
Lo hanno promosso le seguenti associazioni: ASITOI (Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta Associazione), Ibis per la sclerosi laterale amiotrofica e le malattie rare di Bergamo, Coordinamento sull’infanzia e l’adolescenza dell’Antoniano di Bologna, Coordinamento toscano gruppi di auto aiuto di Firenze, Fondazione Futuro senza Talassemia di Firenze, Gruppo di auto per la sclerosi laterale amiotrofica di Bergamo

In novembre la cronaca e i risultati dell’incontro al Ministero della Sanità sulla legge 210/92.

Giovedì 4 novembre al Ministero della Sanità si è svolto un incontro al quale erano presenti il sottosegretario alla Sanità senatrice Monica Bettoni, la dott. Alita Bisignani e la dott.ssa Dottorelli per il ministero e i rappresentanti delle associazioni Federazione delle Associazioni Emofiliche, Tribunale per i Diritti del Malato e Fondazione Futuro senza Talassemia.
La senatrice Bettoni ha sintetizzato, in apertura, il lavoro svolto dall’Ufficio Speciale dal 1996.
“All’inizio del 1996 – ha detto – avevamo 28.000 domande di indennizzo da esaminare. A tutt’oggi in questo ufficio ci sono 15.000 domande restituite dalle regioni per essere esaminate e liquidate. Abbiamo aumentato il personale dipendente con sette nuovi dipendenti e quanto prima lo aumenteremo di altre quattro unità per l’esame delle pratiche di liquidazione.
Contiamo, entro il prossimo anno, di completare il pagamento delle domande che sono state ritenute idonee”.
La dott.ssa Bisignani, dirigente dell’Ufficio Speciale, confermò che le domande completate, le una tantum e le doppie patologie definite, sarebbero state liquidate entro il 1999 o nei primi mesi del 2000. In pratica, coloro che avevano ricevuto l’assegnazione della categoria.
“Per tutte le domande oltre queste 15.000 – proseguiva la senatrice Bettoni – la competenza passerà alle regioni.
È stato presentato un Decreto Ministeriale sul decentramento di alcune funzioni alle regioni, tra le quali appunto quelle che riguardano le pratiche dell’indennizzo. Il “pacchetto”, abbastanza corposo, sarà verosimilmente completato entro gennaio del 2000. Per quanto riguarda invece le domande di ricorso, queste resteranno di competenza del Ministero”.
È stata richiesta una spiegazione sul come avverrà questo passaggio, ed il perché è facilmente intuibile. Quando si decise di passare la competenza alle regioni sulla compilazione delle domande e delle pratiche ci si rese conto come la maggior parte delle stesse fossero a corto di informazioni e quindi ancora oggi molti ritardi di anni sono dovuti proprio a questo.
La senatrice Bettoni ha risposto che in attesa di una codificazione ufficiale e per governare la cosiddetta “fase transitoria”, il Ministero spedirà circolari applicative e chiede alle associazioni che partecipano a questo tavolo di lavoro, di fare opera di informazione. Informazione ed incontro anche con le commissioni mediche ospedaliere (CMO).
A questo proposito ha detto: “Ci eravamo assunti l’impegno di convocare le CMO per tentare di dare pronunciamenti univoci in tutto il territorio nazionale, date le notevoli e palesi difformità in patologie simili. Vi confesso che non siamo riusciti a metterli attorno ad un tavolo. Chiediamo ora alle associazioni di richiedere incontri con le CMO locali e per questo invieremo circolari nelle quali chiederemo che questi incontri avvengano. Saranno seguiti da riunioni indette da noi per fare il punto delle varie situazioni. Per l’istruttoria delle pratiche crediamo che ci sarà un miglioramento perché queste già vengono fatte dalle autorità locali”.
Altra domanda che è stata posta al sottosegretario alla Sanità è stata sul come si cercherà di risolvere la questione di coloro che non hanno presentato la domanda nei termini di legge e quindi non è stata accettata pur essendo la documentazione perfettamente in regola.
“Chi dice che avevo promesso la riapertura dei termini non dice il vero, per il semplice motivo che non ci sono le condizioni. C’è una legge, e soltanto modificandola si potrà fare giustizia anche per coloro che non erano stati informati. Bisogna continuare ad informare i parlamentari affinché ci sia un intervento politico e quindi i cambiamento di questa legge che potrebbe ulteriormente essere migliorata”.
Ha poi preso formale impegno che ci sarà un altro incontro in vicinanza dei trasferimenti delle pratiche alle regioni ma soprattutto per fare il punto sull’intervento presso le CMO per ottenere univocità di giudizi.
Questo soprattutto in riferimento alle sostanziali differenze che esistono fra le CMO del territorio nazionale. In mattinata, sempre presso il Ministero della Sanità c’era stato un incontro con il Capo di Gabinetto del Ministro, prof. Lusi, per la “ripresa del dialogo” da tempo attesa e più volte sollecitata a diversi livelli con l’Unione Forense per i Diritti dell’Uomo e la Federazione delle Associazioni Emofilici. Abbiamo chiesto al dott. Giovanni Nicoletti, presidente della Federazione e invitato all’incontro, di tracciarci in sintesi, quanto è scaturito dall’incontro.
Questa la sua risposta: “Si è aperto un nuovo capitolo della trattativa, avviata all’inizio dell’anno con il Ministero della Sanità, per valutare la possibilità di una soluzione negoziale delle controversie intraprese dagli emofilici per il riconoscimento del loro diritto all’equa riparazione del subito danno biologico. Pur in un clima di massima cordialità e disponibilità, l’incontro sin dall’inizio ha evidenziato posizioni molto diversificate. Ciascuno, per quanto di competenza, ha riaffermato le linee già emerse nei precedenti colloqui dimostrando, qualora fosse necessario, la difficoltà di una soluzione che compendi gli aspetti sociali, legali e soprattutto economici connessi all’intera problematica. Un passo avanti comunque è stato fatto: la costituzione di un gruppo di lavoro, che in tempi brevi e prestabiliti offra ipotesi di soluzioni dell’intricata vicenda. Dopo pochi giorni il Ministero della Sanità ci ha richiesto di designare i rappresentanti, che d’intesa sono stati formalizzati nelle persone degli avvocati Lana Mario, Orestano Salvatore e Randi Umberto”.
Più “chiaro” di così non poteva essere (sic!). La nostra modesta interpretazione che rilanciamo ai lettori è questa. La soluzione delle cause o quant’altro sta succedendo, sempre nell’ambito legale, sta diventando un vero “guazzabuglio”, sempre più intricato. Dopo la sentenza di condanna in primo grado dello Stato nei confronti delle 385 persone che avevano intentato la causa, avevamo pensato ad una soluzione, ma non sarà così, o almeno ci sembra che non sarà così facile. Tante le domande che spesso “giriamo” agli avvocati dell’Unione Forense. Francamente, di questo passo, non sappiamo più cosa consigliare a tutti coloro che ci leggono e che hanno intrapreso cause o ricorsi e si attendono anche un minimo riconoscimento per i danni subiti. E le associazioni di volontariato? La Federazione sta certamente facendo la sua parte, ma tutti gli altri? Qualcuno addirittura complica ulteriormente le cose pubblicando schemi di domande ed ingiunzioni. Ed i politici? E le istituzioni? È soltanto una questione di soldi? Quanti interrogativi dopo tanti anni di lotte. Una sola realtà certa: l’incertezza ed i dubbi da parte di tutti coloro che comunque stanno spendendo soldi e non vedono come si possa arrivare ad una soluzione “giusta” in tempi ragionevolmente brevi.

Da pagina 16 l’interessante testimonianza di un gruppo di genitori di bambini emofilici sull’assistenza psicologica alle famiglie. Un percorso che parte dalla diagnosi, alla negazione della malattia, poi la ricerca della tranquillità dei genitori in prospettiva del rapporto con il figlio e il primo pericolo, quello cha la madre diventi una campana di vetro a sua protezione. Il problema negli anni futuri sarà affrontato sempre più consapevolmente.

L’editoriale di dicembre illustra il lavoro svolto, le promesse mantenute e i progetti futuri.

Il 1999, mi sia permesso dirlo, è stato una sorta di anno zero, soprattutto per coloro che rappresentano il futuro delle nostre battaglie ed il desiderio più forte di affrancarsi dalla malattia. I giovani, i bambini e le loro famiglie. Sempre più assidua la loro presenza, sempre più convinta la loro testimonianza, sempre più concreto il loro impegno.
E le pagine del nostro giornale testimoniano tutto questo, ad ogni numero. La copertina che vedete sull’ultimo EX del 1999 è la dimostrazione visiva di due fatti: quanto è avvenuto a Firenze in settembre ed a Telethon in dicembre. Un anno e mezzo fa, in una copertina di aprile ’98 che riportava due fotografie con tre bambini, avevamo ripetuto tre volte la frase: “Evviva la vita”.
Dicevamo che i bambini sarebbero stati il simbolo del nostro lavoro, perché rappresentano il futuro. Avevamo “dimenticato” i genitori che soprattutto oggi rivestono un ruolo fondamentale, mettendo al servizio di tutti l’esperienza che acquisiscono affrontando la malattia dei loro figli in famiglia e dando la possibilità ad altri, attraverso il loro lavoro di gruppo, di non “nascondersi” più. L’esempio in questi casi è sempre contagioso.
In copertina abbiamo scelto, appunto, due casi da mettere nel nostro ideale albero di Natale. Quello di Lahiri, un bambino talassemico, che ha raccontato a Telethon, la sua vita, i suoi progetti, il suo futuro.
E quello dei bambini emofilici che hanno aderito al progetto “PUER”, attraverso la testimonianza di due genitori, Mario e Maria. (Le pagine che ci parlano di loro vanno dalla 4 alla 8 – n.d.R.). Senza dimenticare poi che nei numeri precedenti ed anche in questo, abbiamo trattato e tratteremo tutte le altre malattie cosiddette “rare” (vedere servizio alle pagine 22 e 23 – n.d.r.) che purtroppo non hanno ancora una cura efficace e nelle quali, quasi sempre, sono coinvolti i bambini, i giovani e le loro famiglie. Ma ciò che più è importante, per documentare quanto ho detto, sono le lettere, le telefonate ed i colloqui agli incontri ai quali periodicamente partecipiamo con le associazioni e nelle interviste con i Centri di cura. C’è sempre qualcuno che, prima timidamente e poi più concretamente, si interessa e poi partecipa con entusiasmo a questa “rivoluzione”.
È una parola forte ma ci piace darle un risalto perché non significa soltanto “rivoluzione” nel pensiero, ma soprattutto nei fatti. Questo è ciò che più conto, in un momento importante in cui si sta decidendo sul come e dove istituire Centri di riferimento per le patologie di cui ci occupiamo, e quelli che vengono definiti “utenti” svolgono un ruolo determinante.
Il nostro desiderio, i nostri obiettivi, in fondo, sono sempre stati proprio questi, fin dall’inizio, quando siamo nati, nel 1974. Basta semplicemente andare a rileggersi i primi articoli che scrivevamo.
Ecco che, in conclusione di questo ulteriore anno di lavoro, sia per noi particolarmente gratificante constatare che dopo gli “anni bui” della paura e dei dubbi, del rifiuto della cura e della emarginazione, il messaggio e la novità venga da coloro che, come ho detto in apertura, rappresentano un futuro che stiamo costruendo “insieme”.
Cari amici lettori, permettetemi, in conclusione, di ringraziare tutti coloro che ci aiutano, concretamente ed anche chi in qualunque modo ci fa capire che siamo importanti nel contesto di questa che, paradossalmente, può essere considerata una “rivoluzione”. In fondo, tutti coloro che “spendono”, come noi, buona parte della loro giornata nel volontariato, hanno una necessità impellente, quella del riscontro, positivo o negativo, del lavoro che svolgono, da parte di coloro che, in qualche modo, questo lavoro lo valutano.
L’immagine che abbiamo scelto per concludere il numero del nostro venticinquennale non poteva essere che questa, nel ricordo di chi si è battuto per tanti anni per sé e per gli altri e se n’è andato con la speranza, non soltanto, semplicemente, di un futuro, ma di uno migliore.