talassemia
Terapia genica

Da un colloquio del presidente dell’Associazione Sarda della talassemia con  il dott. Sadelain

Asserire che oggi i talassemici, che non sono in grado o non vogliono ricorrere al non sempre semplice trapianto di midollo osseo, possono guardare, pur senza facili illusioni, con concreta speranza, all’attività di ricerca che viene portata avanti nel campo della terapia genica applicata alla talassemia dal team di studiosi capitanati dal ricercatore di New York, non può essere utopistico.

Le pubblicazioni di riviste scientifiche di sicuro prestigio come “Nature” nel 2000, e “Blood” nel 2002, sul lavoro svolto, sono la dimostrazione più evidente dell’alto interesse scientifico attribuito.
Quanto riferito dallo stesso Sadelain in occasione delle sue visite in Italia nel 2000 e nel 2002, conferma la convinzione, condivisa da numerosi talassemologi, che la strada da lui imboccata è oltremodo promettente.
Pur trattandosi di studi preclinici condotti su topi transgenici, non va affato sottovalutata la loro portata scientifica.

Al riguardo, senza voler enfatizzare, va ricordato che il sistema ematopoietico del topo è molto simile a quello dell’uomo, essendovi, tra gli stessi, non poca analogia nell’attività di fabbricazione delle varie componenti ematiche, cellule staminali comprese.

Credo che l’importante scoperta meriti di essere riassunta nei suoi aspetti più salienti e di maggior importanza.
L’obiettivo è quello di ripristinare nel talassemico la ridotta espressione del gene beta globinico, fonte, come noto, di grave anemia, attraverso l’introduzione di cellule cosidette bersaglio (staminali) del gene sano della beta globina, tramite un vettore derivato dai lentivirus, un tipo di retrovirus privato della sua funzione replicante al fine di scongiurare qualunque pericolo e ritenuto, rispetto agli altri (adenovirus, altri retrovirus ecc.) sperimentati precedentemente, in grado di conferire più stabilità al vettore, come sostiene lo stesso Sadelain.

L’attività del gruppo può essere suddivisa in tre fasi, di cui le prime due già sviluppate e la terza in corso di sviluppo.
La prima ha riguardato la sperimentazione del vettore lentivirus, in un congruo numero di topi transgenici nei quali, distrutto in laboratorio il gene della beta-globina, è stata quindi indotta una forma di beta-talassemia intermedia.
Dopo di che sono state prelevate dagli animali le cellule staminali, introducendovi il vettore e reimpiantandole negli stessi. Ad attecchimento avvenuto si è proceduto tra le altre cose a determinare il tasso di emoglobina raggiunto, che è risultato essere di 12/13 g/dl, valore non considerato patogeno e di poco inferiore a quello (15g/dl) che viene
riscontrato in topi sani, ma tale da ritenere superato il preesistente stato di anemia ed il relativo ricorso alla terapia trasfusionale. A distanza di oltre un anno, continua l’espressione del gene della beta-globina, oggetto del trapianto.

Onde verificare ulteriormente l’efficacia del descritto trattamento, il gruppo del dott. Sadelain ha continuato, nella fase due, l’esplorazione dei potenziali terapeutici, producendo un nuovo modello di topo nel quale è stata indotta la beta talassemia major.
Su detto modello sono stati eseguiti gli stessi esperimenti eseguiti precedentemente su topi con talassemia intermedia, ottenendo gli stessi incoraggianti ed efficaci risultati.

La terza fase, in corso di avvio, comporta la valutazione dell’efficacia del vettore “…in colture di cellule umane e in vivo, in primati umani”, come precisatomi daw Sadelain.

Lo sviluppo di quest’ultima parte della ricerca ha subito dei ritardi per intervenuti contrattempi relativi, ha affermato Sadelain, sia alle mutate proporzioni del vettore da impiegare nei primati  – diverso da quello per i topi – sia per la quantità (ha parlato di oltre 100 lt. di vettori) di cui vi è necessità.
L’intendimento è di superare l’ostacolo con l’aumento del numero dei collaboratori che prendono parte agli studi.
Ne sapremo di più fra qualche mese.

A questo punto va detto che, a mio giudizio, riporre speranza e fiducia negli sforzi che va compiendo l’equipe diretta dal dott. Sadelain, perchè la talassemia sia debellata, non sia ozioso anche se attualmente nessuno, neppure gli stessi addetti ai lavori, sia in grado di conoscere l’epilogo.

Una cosa però è certa: ascoltando i giudizi ed i commenti di numerosi medici che si occupano di talassemia e anche di genetisti, si ha convinzione che nessun altro gruppo di studiosi, impegnato in analoghi progetti di ricerca,
ha ottenuto questi risultati. Sulla base delle pubblicazioni, dei commenti degli esperti e dalle email che ho ricevuto dai dottori Sadelain e Rivella, si trova la loro spiegazione in queste tre principali intuizioni:

  1. l’uso di un tipo di vettore, il lentivirus, la cui struttura nel suo impiego mantiene rispetto agli altri, una ben maggiore stabilità
  2. l’indispensabile utilizzo, per assicurarsi una più elevata espressione del gene della beta globina, di un kit, da introdurre anch’esso nel vettore, contenente elementi genici di controllo e di stimolo all’espressione stessa
  3. limitare l’attività del gene introdotto alla sola produzione dei globuli rossi inibendo, quindi, da tale attività, tutte le altre originate dalle cellule staminali.

La considerazione finale è che un impegno di tale mole, sorretto da un ingegno d’indubbio spessore, abbia il successo che i più volte citati studiosi meritano e dia, finalmente, ai talassemici la tanto attesa soluzione ai loro problemi.