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TERAPIE INNOVATIVE E COMPLICANZE ENDOCRINE NELLA TALASSEMIA

Pubblichiamo in ritardo, e ce ne scusiamo, l’articolo inerente l’assemblea straordinaria di United svoltasi a Roma lo scorso gennaio.
Una attenta lettura è doverosa perché aiuterà sicuramente qualcuno a comprendere meglio l’attuale situazione delle emoglobinopatie sul territorio nazionale.
Buone intenzioni, progetti, differenze territoriali che necessitano di un continuo monitoraggio e soprattutto della consapevolezza di camminare insieme, istituzioni, mondo associativo e comunità scientifica per ottenere risultati nel minor tempo possibile.

L’assemblea straordinaria di United tenutasi a Roma il 22 ottobre scorso ha affrontato tematiche su terapie innovative e complicanze endocrine.
Il Dott. Piccioli, Direttore Generale dell’ISS ha affermato come sia fondamentale che ogni possibile occasione di confronto come questo e il dialogo su tematiche tanto importanti, vengano non solo poste ma anche favorite e supportate e sui traguardi raggiunti tra cui la creazione del Registro Nazionale della Talassemia e delle Emoglobinopatie.
“Uno strumento fondamentale – ha affermato – al servizio di assistenza sanitaria regionale delle associazioni dei pazienti, per migliorare costantemente la qualità assistenziale, con l’obiettivo di raggiungere lo standard dell’assistenza delle emoglobinopatie come prevenzione, diagnosi sicura, in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale, ma resta la carenza di sangue, soprattutto in alcune parti d’Italia.
Il Centro Nazionale Sangue sta lavorando fortemente in questa direzione, migliorando l’appropriatezza prescrittiva della terapia trasfusionale, soprattutto in ambito chirurgico, per aumentare la capacità di risposta ai fabbisogni dei pazienti cronici che hanno bisogno di trasfusione”.

Ha ribadito che ulteriori progressi saranno compiuti nel futuro perché l’istituzione non può fare a meno di ascoltare istanze, come quelle presentate dal Presidente Valentino Orlandi, il quale ringraziando le autorità per essere intervenute, ha confermato l’intenzione di avere una rete specifica della talassemia in quanto, con la drepanocitosi, rispetto alle altre malattie rare, consta di un numero superiore di pazienti e richiederebbe una sua specificità.

Il Dott. Dionisio Direttore Ufficio VII Trapianti, Sangue ed Emocomponenti del Ministero della Salute, ha ribadito: “Una migliore integrazione per quelle che sono le attività di approvvigionamento rispetto a quelle dell’organizzazione sanitaria che sappiamo spesso avere manchevolezze, specialmente nel periodo estivo. Ci sono iniziative poste in essere per cercare di ridurre questo problema ma c’è ancora da lavorare perché la risorsa sangue è l’unica che consente ai pazienti affetti da emoglobinopatie di poter avere un’assistenza degna di questo paese e in prospettiva garantisca una qualità di vita che altrimenti non sarebbe possibile. La criticità legata ad alcuni aspetti organizzativi, dei quali le regioni sono autonome nelle loro decisioni, ci spinge a prevedere di instaurare un tavolo di confronto insieme alla direzione generale della programmazione sanitaria del ministero, al fine di valutare insieme, noi sulla produzione e loro sulla programmazione. Ascoltare istanze dei pazienti e dei donatori che sono interconnesse, proprio per trovare soluzioni che diano a coloro che sono affetti da emoglobinopatie, garanzie.
Si ribadisce la disponibilità anche in futuro ad accogliere le considerazioni della UNITED e per quanto riguarda le altre associazioni, ci si possa attivare, per ridurre le criticità”.

Nel suo intervento, Cannella, tesoriere UNITED e medico che ha lavorato in Sicilia nei Centri talassemia ha affermato: “Quest’ultimo anno abbiamo contato parecchi decessi dovuti al rallentamento del controllo e monitoraggio delle complicanze legate al Covid, e soprattutto da carenza di sangue in alcune regioni, che non ha permesso il giusto regime trasfusionale. Un altro aspetto riguarda i clinici. L’età dei pazienti è avanzata e, di conseguenza, il livello di guardia dovrebbe essere sempre alto.
Un monito ai medici che collaborano con la SITE, che oltre ad occuparsi della parte scientifica, di ricordare ai clinici, di non mollare e di andare avanti pretendendo determinate cose.
Noi come United li affianchiamo in qualunque difficoltà possano trovare. Ai pazienti mi preme ricordare che la salute la dovete tenere cara voi, dovete essere voi a pretendere che i protocolli siano rispettati. Dobbiamo cercare, per chi non ha ancora istituito l’équipe multidisciplinare, di pretenderla”.

Il Dott. Algeri, pediatra dell’ematologia oncologica dell’ospedale Bambin Gesù di Roma è così intervenuto: “Negli ultimi 10-15 anni fortunatamente abbiamo visto incrementare e diventare finalmente realtà, anche se al momento solo dal punto di vista sperimentale, approcci di terapia genica che prevedono invece la raccolta delle cellule staminali del paziente e la loro reinfusione dopo correzione del difetto genico secondo vari meccanismi. La terapia genica necessita di un condizionamento, di una chemioterapia mieloablativa per distruggere il midollo osseo prima dell’infusione di cellule staminali emopoietiche e questo comporta un inevitabile profilo di tossicità a livello di alcuni organi quali fegato, polmoni e una tossicità che può tradursi poi in un’infertilità in età adulta.
Ci sono vari approcci di terapia genica in corso di sviluppo alcuni già in fase avanzata comunemente distinti sotto i nomi di terapie geniche e genome editing, ma all’interno, questi possono essere ulteriormente suddivisi in altri sottogruppi, a seconda della specifica tecnica che viene adottata per modificare le cellule staminali.
Ci sono altri studi che sono stati avviati come quello del gruppo del San Raffaele del Tiget, che utilizza un vettore differente e anche un condizionamento differente. Di questo approccio abbiamo risultati preliminari su di un numero limitato di pazienti e negli adulti è stato capace di ridurre il fabbisogno trasfusionale ma non di ottenere l’indipendenza trasfusionale mentre in quelli pediatrici ha determinato indipendenza trasfusionale in tre soggetti su quattro. Altri approcci in corso di sperimentazione ad esempio nelle drepanocitosi prevedono il silenziamento di BCI11A (gene che spegne la produzione di emoglobina fetale presente dalla nascita) mediante vettori lentivirali collegati a micro RNA a forcina corta, anche questi in fase embrionale di sviluppo ed i risultati preliminari su sei pazienti con drepanocitosi sono stati sicuramente positivi. Cinque su sei hanno completamente interrotto le crisi vasocclusive. Ma quando si parla di ripristino dell’emoglobina fetale, l’approccio in fase più avanzata e con risultati più consistenti è quello con piattaforma CRISPR-Cas9 di genome editing che va a disgregare questo gene BCI11A e va a ripristinare la produzione di emoglobina fetale. Lo schema di manufacturing e infusione è sovrapponibile a quello per terapia genica, ossia raccolta delle cellule staminali mediante fattore di crescita e Plerix per pazienti talassemici, solo fattore di crescita per pazienti con drepanocitosi e manipolazione genetica delle stesse, con la differenza che non c’è il vettore antivirale, ma viene introdotto il costrutto che va a fare un taglia e cuci sul gene tramite elettroporazione. Di nuovo le cellule tornano al centro clinico dove il paziente inizia il condizionamento, si effettua l’infusione e il paziente viene monitorato per l’attecchimento in fase di ricovero, poi il follow up in regime ambulatoriale di day hospital. I dati dello studio dei 44 pazienti con talassemia e 31 pazienti con drepanocitosi dimostrano che 42 pazienti hanno ottenuto l’indipendenza trasfusionale, mentre per due pazienti si è ridotto il fabbisogno trasfusionale del 75/90% rispettivamente. Per i pazienti con drepanocitosi tutti e 31 hanno abolito gli episodi vasocclusivi dopo il trattamento. La barriera più grande è quella di rendere disponibili queste terapie a tuttiinfatti la terapia genica con vettori lentovirali non è disponibile in Europa al momento perché l’azienda Bluebird Bio che produce il vettore, per difficoltà nel tenere accordi rispetto alla negoziazione del rimborso della terapia con le agenzie governative sistemi sanitari europei, ha deciso di ritirare le proprie attività dall’Europa e di concentrarsi esclusivamente sugli Stati Uniti d’America”.

La Dott.ssa Ambrosio endocrinologa di Ferrara così è intervenuta: “Abbiamo bisogno di sentire il parere dei pazienti e sottolineo l’importanza di specialisti dedicati.
Facendo riferimento ai tempi di attesa, trattare le complicanze della talassemia, non è trattare quelle complicanze come in altri ambiti, perché vuol dire interfacciare il talassemologo con il medico che ha in carico il paziente.
Trattare le endocrinopatie non è traslare quello che nella popolazione generale abbiamo imparato ma le dobbiamo portare in un ambito diverso. La SITE nell’ambito delle endocrinopatie ha prodotto un documento, disponibile sul sito, dove si riportano le modalità di diagnosi di terapia delle endocrinopatie, che può essere utilizzato anche da chi è nei Centri distaccati.
L’osteoporosi è già una condizione che è multi fattoriale, nell’ambito della talassemia altri fattori si aggiungono sia in termini di diagnosi che di trattamento ed è fondamentale conoscere le peculiarità della talassemia perché non si possono commettere errori in fase diagnostica e consigliare un farmaco magari non necessario”.

La dott.ssa Gamberini moderatrice dell’evento, ha ribadito: “Inoltre è essenziale che venga fatto un uso corretto dei chelanti, i dosaggi devono essere appropriati all’entità dei depositi, in quanto un eccesso di ferro a livello degli osteociti e una chelazione eccessiva provocano uno squilibrio delle cellule dell’osso, di conseguenza una terapia chelante più possibile corretta, dovrebbe essere legata ai depositi di ferro, ai livelli di ferritina e all’entità dei depositi epatici e cardiaci, per non esagerare con una sovra chelazione”.

L’intervento del Dott. Poggi, endocrinologo afferente all’Istituto Sant’Andrea di Roma, definisce l’osteoporosi come un’alterazione di quello che è la micro architettura dell’osso che è importante perché aumenta la possibilità di avere un evento fratturativo anche per traumi particolarmente inermi.
È una problematica maggiore nelle donne rispetto ai maschi, richiede ospedalizzazioni frequenti e lunghe, se si considera fratture di femore e tende ad aumentare con l’età.
Le risorse e strategie sul pianeta osseo, in quanto tessuto, in cui c’è un continuo lavoro di differenti tipi di cellule, che vanno a togliere le parti vecchie del tessuto osseo e altre che vanno a metterne di nuovo, richiedono rispettivamente settimane e mesi, e di conseguenza differenti approcci terapeutici.
Per valutare la presenza di osteoporosi il paziente è sottoposto a esami diagnostici come la MOC/DEXA che valuta e quantifica l’osteoporosi rispetto alla popolazione generale, ma essendo una malattia secondaria per la talassemia, sarebbe necessario fare una lastra della colonna, una morfometria, una misurazione dei corpi vertebrali per una valutazione più qualitativa della situazione dell’osso.
Un’altra metodica promettente è la TBS (Trabecular Bone Score), un software che elabora la scala dei grigi ed è affidabile nella valutazione della qualità dell’osso. Sono esami Dexa in cui viene refertato insieme al T-score e lo Z-score, anche la TBS.
Un’altra tecnologia, la REMS è una metodica ecografica che dà buone indicazioni anche per le forme di osteoporosi secondaria e sarebbe interessante sperimentarla per la talassemia perché al momento non ci sono dati.

Continua il Dott. Poggi: “Purtroppo la maggior parte di questi ormoni così importanti, spesso li troviamo alterati nel paziente talassemico e comportano un’ulteriore difficoltà sia nel fare diagnosi che nel trattare un osso di questo tipo. Tra i farmaci a disposizione per l’osteoporosi citiamo i bifosfonati (in grado di contrastare la perdita di densità minerale ossea), il Denosumab un anticorpo monoclonale che agisce sull’assorbimento e che presenta grandissima sicurezza avendolo sperimentato da 10 anni; il Teriparatide, un analogo del paratormone PTH estremamente importante nel rimodellamento osseo.
Ma la percentuale di pazienti che tendono ad abbandonare la terapia per effetti collaterali è ancora troppo alta.
Infine il Romosozumab, di cui non ci sono studi sull’applicazione nella talassemia, pare, presenti numerose limitazioni nella popolazione generale per problematiche legate ad un aumentato rischio cardiovascolare.
Il trattamento dell’osteoporosi riconosce oggi terapie efficaci soprattutto se usate in modo combinato, modulando le diverse capacità di azione. Si sta valutando l’applicazione di farmaci con un uso combinato, attualmente si parte con i bifosfonati. Potrebbe essere invece molto più adeguato partire con la Teriparatide, un anabolico, da stabilizzare con un Demosumab e con un bifosfonato, per creare una situazione molto più stabilizzata nel tempo con un’adeguata somministrazione di vitamina D ed eventualmente di calcio.
L’applicazione combinata di questi farmaci si scontra con i criteri di rimborsabilità che spesso non si adattano al paziente talassemico.
Bisognerebbe lavorare con le associazioni di pazienti e le società scientifiche, per poter condurre dei trials in modo da valutare trattamenti con linee di utilizzo differenti, per portare successivamente i numeri in sede di organismi regolatori e chiedere delle specifiche per la patologia.
Tra gli aspetti avversi di questi farmaci, quello che desta più paura è legato al bifosfonato, ossia l’osteonecrosi della mandibola, che consiste nella possibilità di avere l’esposizione nella regione maxillo facciale di un osso necrotico, che può dare delle complicanze importanti.
E’ un’evenienza temibile, che può essere prevenuta con un’adeguata valutazione odontoiatrica ed un adeguato controllo nel tempo.
Già dai 18 anni, quando avviene il picco di massa ossea, è importante la valutazione della Dexa insieme alla lastra della colonna ed è fondamentale ridurre i fattori di rischio: evitare il fumo, implementare attività fisica e assunzione adeguata di vitamina D, per correggere l’eventuale carenza e la valutazione di una corretta quantità di calcio nel sangue”.